KATRIN, la sua storia
parte trentadue
Fu Katrin a
prendere la parola.
Siediti, Miriam e presta molta
attenzione a quello che ti chiedo. Le disse.
La giovane
donna si sedette comodamente sul letto, incrociò le splendide gambe ma non
degnò di uno sguardo la ragazza, i suoi occhi non abbandonavano il bel viso del
soldato.
Katrin se ne
accorse ma non distolse l’attenzione. Voglio
vedere i documenti che mio padre ti ha affidato. Le chiese senza mezzi
termini.
Miriam ne fu
sorpresa e la sua espressione la tradì. Il padrone le aveva assicurato che
nessuno era a conoscenza del loro patto, per il quale riceveva particolari privilegi.
Cercò di mentire ma il soldato le si avvicinò, sguainò la spada e gliela puntò
alla gola.
Rispondi alla tua padrona, ti ha
fatto una richiesta. Miriam
si stava preoccupando per la sua incolumità. Si alzò e aprì uno stipetto
prendendo una cartella, la posò sul tavolino e aspettò.
Robin la
prese. La aprì facendo in modo che la cameriera non potesse vedere, nemmeno
Katrin sapeva cosa avrebbe fatto. Cercò due particolari fogli e li sostituì con
quelli che aveva sotto la divisa. Rimase con Katrin alcuni minuti fingendo di
leggere, richiuse la cartella e la restituì alla donna.
Noi non abbiamo bisogno di altro. Sai
bene quello che ti può succedere se solo aprirai bocca. Le disse con fare truce. Mi sono spiegato? Aggiunse.
La donna
tremava visibilmente, sapeva fin troppo bene cosa le avrebbe fatto il padrone
se fosse venuto a conoscenza di quell’incontro. Ripose i documenti senza dire
una parola, e quando si voltò non c’era più nessuno nella stanza.
Robin e
Katrin non parlarono fino a quando non furono all’aperto.
Hai tutto quello che ti serve? Gli chiese la ragazza.
Sì, finalmente tuo nonno potrà
dormire sonni tranquilli. Le rispose.
Entrambi
tornarono ai loro compiti.
Katrin
raggiunse Sara e si sedette con lei sorseggiando una bevanda fresca.
Luglio era
nel pieno del suo caldo soffocante. I lavori nei campi procedevano speditamente
e i raccolti erano davvero molto abbondanti. Le giornate di Katrin procedevano
secondo la tabella di marcia concordata.
Era la fine
del mese. Robin e Katrin stavano scoccando frecce contro dei bersagli mobili.
La ragazza era davvero brava ma ancora non aveva imparato a trattenere
l’impazienza. Il soldato la incitava, spesso la derideva e la faceva andare su
tutte le furie, e lei, invariabilmente sbagliava.
Deve imparare a gestire la rabbia,
l’impazienza, qualunque cosa le accada intorno e qualunque frase le venga
rivolta. Glielo ripeto ancora una volta: se non salva prima se stessa non può
aiutare nessuno. La prima regola di un soldato e combattere e salvare, ma nel
suo caso è già sufficiente che salvi se stessa. Impari a dominare il suo
istinto. Ribadì
anche quel giorno.
Katrin si
impegnava molto e in quel poco tempo era davvero migliorata. Robin era duro ma
era un ottimo maestro, lei gliene era grata ma non glielo avrebbe ancora detto,
non fino a quando lo avesse battuto, come aveva intenzione di fare.
L’arrivo di
due carrozze li distrasse e si fermarono ad osservare quell’insolito arrivo.
Non era un posto quello dove molte persone venivano in visita. Ne
approfittarono per dissetarsi e asciugarsi il sudore.
Dalla prima
carrozza scese una donna seguita da un giovane uomo. Katrin capì subito di chi
si trattava. Un sguardo al soldato le fece capire che anche lui sapeva chi
erano i due nuovi arrivati.
Nessuno uscì
dalla porta di casa e quelli rimasero indecisi ad osservare quel castello e
tutto quello che c’era lì intorno.
Tu, chiama il tuo padrone. Si rivolse perentoria a Katrin che si
stava avvicinando.
Perché dovrei farlo? Lei chi è? Le rispose senza mostrare nessun
rispetto.
Gli occhi
della nuova arrivata mandavano scintille. Che una serva potesse rivolgersi a
lei con quel tono non era tollerabile. Dimmi
il tuo nome, screanzata e farò rapporto al mio grande amico lord Semple, saprà
come rimetterti al tuo posto. Le rispose rabbiosa.
Ho altro da fare. Le disse raggiungendo Robin.
Il soldato
aveva assistito all’incontro ma non disse niente. Possiamo uscire a cavallo? Non ce la faccio a rimanere. Presero le
loro armi e uscirono dalle mura sotto gli occhi sbigottiti dei due.
I cocchieri
aspettavano di essere pagati prima di scaricare i bagagli ma loro non avevano
più denaro. La donna alzò il mento ed entrò in casa come se fosse casa sua. La
prima cameriera che incontrò stava sistemando della biancheria e si spaventò
alla vista della sconosciuta. Vai dal tuo
padrone e avvisalo che missis Susan lo vuole vedere. E fai in fretta! Ordinò
come se fosse la padrona del mondo.
Cristofer la
raggiunse, finalmente un po’ di refrigerio dopo il lungo e scomodo viaggio in
carrozza. Erano in piedi, in attesa di essere ricevuti dal padrone di casa, da
quell’incontro sarebbe scaturito quello che poteva o non poteva essere il loro
futuro in quella dimora.
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