mercoledì 27 febbraio 2019

ESTERINA


ESTERINA

P. TRE





Mio fratello viene a chiamarmi per la colazione. Mi guardo allo specchio e ancora si notano i segni degli schiaffi. Non mi importa. Mi faccio la treccia, mi vesto e mi preparo allo scontro.

Sono già tutti seduti. Mia madre col suo sguardo così torvo e cattivo sembra aver voglia di riprendermi a schiaffi. Mio padre è meno manesco ma molto severo e non l’ho mai visto sorridere nemmeno a noi che siamo i suoi figli. Alfredo è l’unico nella stanza che mi mostra un briciolo di comprensione, ma nemmeno lui si azzarda a dire qualcosa.

Tutti e quattro, in silenzio assoluto, facciamo colazione. Io ho molta fame, la cena che ho saltato ieri sera ha lasciato un grosso buco nel mio stomaco e mi riempio il piatto fino all’orlo. Non mi importa di quello che diranno o di quello che potranno farmi: io ho una promessa sacra da mantenere e non potranno fare niente per cambiarla.

“Tuo padre ti deve parlare, se hai finito di mangiare, lui non ha molto tempo.”

Allontano il piatto e aspetto.

“Tua madre mi ha messo al corrente delle tue scappatelle, che ti disonorano e disonorano il nostro nome. Visto che non possiamo fidarci di te, abbiamo deciso che non potrai più usare la bicicletta e che non ti allontanerai più da sola dal cascinale. L’istruzione verrà intensificata e non avrai molto tempo da perdere se non per studiare. Ti prepari per il tuo futuro, noi abbiamo deciso che sposerai solamente un uomo che risponda ai requisiti che noi vogliamo, pertanto, che ti piaccia o no, dovrai fare quello che ti chiediamo, oppure diventerai una zitella come tua zia Sofia. A te la scelta ora. Hai solo 15 anni e noi siamo i tuoi genitori, hai voluto lanciare la tua sfida, ma qui si fa come diciamo noi”.

“Avete finito? Questo è tutto?”

Li guardo tutti e tre con occhi fiammeggianti. “Se non c’è altro vado nella mia camera. Potete tenermi prigioniera, potete anche torturarmi, ma io aspetterò e non cederò. Alla mia maggiore età non potrete più costringermi a niente ed allora me ne andrò da questa prigione. Non affannatevi a cercarmi marito, io l’ho già trovato e non cambierò idea. Un’ultima cosa desidero che sappiate, ogni volta che mi picchierete o mi maltratterete io vi odierò sempre di più, e mi ricorderò di come mi avete trattato quando sarò libera di andarmene: non aspettatevi niente da me, qualunque sia il corso della vita, qualunque evenienza si verificherà non avrete da me nessuna considerazione, vi restituirò solo quello che avrò ricevuto. Come mi avete ricordato anche voi, sono una Celerini, e voi sapete quanto cocciutaggine c’è nella nostra famiglia, sarà davvero una bella battaglia.”

Guardo mio fratello che è rimasto con la bocca aperta. Lui a 20 anni non ha mai avuto il coraggio di contrariare né mamma né papà. Mi manda un tacito assenso e capisco che ho, almeno in lui, un alleato dentro casa. Ne avrò molto bisogno, se conosco bene i miei genitori non mi renderanno per niente la vita facile.
Volutamente giro loro le spalle e con la schiena dritta torno in camera mia a sfogare rabbia e lacrime, lacrime che loro non vedranno mai, e mi prometto di odiarli per sempre.

Nella mia camera, prendo il mio diario e scrivo:” Caro Diario, Oggi, 20 maggio 1914, parlerò solo con te, e solo con te mi confiderò, sono sola e tu mi terrai compagnia.”

E nella desolazione e solitudine della mia camera da letto mi accompagna il sorriso e la carezza di Alberto. Solo il suo pensiero mi rende felice, solo il nostro amore mi culla nella solitudine, solo la mia fermezza mi dà la forza di iniziare una battaglia che sarà lunga e piena di insidie.

Caro Diario, quante volte ricorrerò a te. A presto”.


foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

Nessun commento:

Posta un commento