ESTERINA
P. TRE
Mio fratello viene a chiamarmi per la colazione.
Mi guardo allo specchio e ancora si notano i segni degli schiaffi. Non mi
importa. Mi faccio la treccia, mi vesto e mi preparo allo scontro.
Sono già tutti seduti. Mia madre col suo sguardo
così torvo e cattivo sembra aver voglia di riprendermi a schiaffi. Mio padre è
meno manesco ma molto severo e non l’ho mai visto sorridere nemmeno a noi che
siamo i suoi figli. Alfredo è l’unico nella stanza che mi mostra un briciolo di
comprensione, ma nemmeno lui si azzarda a dire qualcosa.
Tutti e quattro, in silenzio assoluto, facciamo
colazione. Io ho molta fame, la cena che ho saltato ieri sera ha lasciato un
grosso buco nel mio stomaco e mi riempio il piatto fino all’orlo. Non mi
importa di quello che diranno o di quello che potranno farmi: io ho una
promessa sacra da mantenere e non potranno fare niente per cambiarla.
“Tuo padre
ti deve parlare, se hai finito di mangiare, lui non ha molto tempo.”
Allontano il piatto e aspetto.
“Tua madre
mi ha messo al corrente delle tue scappatelle, che ti disonorano e disonorano
il nostro nome. Visto che non possiamo fidarci di te, abbiamo deciso che non
potrai più usare la bicicletta e che non ti allontanerai più da sola dal
cascinale. L’istruzione verrà intensificata e non avrai molto tempo da perdere
se non per studiare. Ti prepari per il tuo futuro, noi abbiamo deciso che
sposerai solamente un uomo che risponda ai requisiti che noi vogliamo,
pertanto, che ti piaccia o no, dovrai fare quello che ti chiediamo, oppure diventerai
una zitella come tua zia Sofia. A te la scelta ora. Hai solo 15 anni e noi
siamo i tuoi genitori, hai voluto lanciare la tua sfida, ma qui si fa come
diciamo noi”.
“Avete
finito? Questo è tutto?”
Li guardo tutti e tre con occhi fiammeggianti. “Se non c’è altro vado nella mia camera.
Potete tenermi prigioniera, potete anche torturarmi, ma io aspetterò e non
cederò. Alla mia maggiore età non potrete più costringermi a niente ed allora
me ne andrò da questa prigione. Non affannatevi a cercarmi marito, io l’ho già
trovato e non cambierò idea. Un’ultima cosa desidero che sappiate, ogni volta
che mi picchierete o mi maltratterete io vi odierò sempre di più, e mi
ricorderò di come mi avete trattato quando sarò libera di andarmene: non
aspettatevi niente da me, qualunque sia il corso della vita, qualunque
evenienza si verificherà non avrete da me nessuna considerazione, vi restituirò
solo quello che avrò ricevuto. Come mi avete ricordato anche voi, sono una
Celerini, e voi sapete quanto cocciutaggine c’è nella nostra famiglia, sarà
davvero una bella battaglia.”
Guardo mio fratello che è rimasto con la bocca
aperta. Lui a 20 anni non ha mai avuto il coraggio di contrariare né mamma né
papà. Mi manda un tacito assenso e capisco che ho, almeno in lui, un alleato
dentro casa. Ne avrò molto bisogno, se conosco bene i miei genitori non mi
renderanno per niente la vita facile.
Volutamente giro loro le spalle e con la schiena
dritta torno in camera mia a sfogare rabbia e lacrime, lacrime che loro non
vedranno mai, e mi prometto di odiarli per sempre.
Nella mia camera, prendo il mio diario e
scrivo:” Caro Diario, Oggi, 20 maggio
1914, parlerò solo con te, e solo con te mi confiderò, sono sola e tu mi terrai
compagnia.”
E nella desolazione e solitudine della mia camera
da letto mi accompagna il sorriso e la carezza di Alberto. Solo il suo pensiero
mi rende felice, solo il nostro amore mi culla nella solitudine, solo la mia
fermezza mi dà la forza di iniziare una battaglia che sarà lunga e piena di
insidie.
“Caro Diario,
quante volte ricorrerò a te. A presto”.
foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti
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