CAMILLA
P.NOVE
Tornai brevemente dai miei
genitori e li misi al corrente delle decisioni che avevo preso. Ormai erano
rassegnati, avevano capito che la mia vita non sarebbe più stata con loro, e mi
augurarono ogni bene. Dopo baci, abbracci e promesse di scriverci me ne tornai
a Londra pronta per seguire la mia nuova esperienza.
Il fatto che parlassi tre
lingue mi aiutò molto. In più, la mia “bella presenza” accompagnata dalla mia
naturale riservatezza mi aprirono molte porte a lavori importanti e divenni
stretta collaboratrice del console. Lo seguivo nei viaggi, nelle riunioni,
nelle cene ufficiali e negli incontri politici importanti, dove c’era lui,
dietro un passo o al suo fianco c’ero anch’io.
Lorna e Linda mi avevano
chiesto di rimanere da loro ed io accettai, anche se in casa ci stavo poco.
I primi due anni furono molto
frenetici. Il lavoro mi piaceva e appassionava, anche se avevo poco tempo da
dedicare a me. Nelle città che visitavamo per lavoro mi ritagliavo spazi per
visitare musei, palazzi, chiese e mi feci una cultura non indifferente. La
ragazzina timida innamorata della musica beat ora era una giovane donna di 24
anni felice e appagata.
Ritorno al presente e mi
sembra di essere ancora la giovane ragazza di quel tempo. Non è possibile che
mi separino quasi cinquant’anni da quei momenti! Com’è stato che la vita è
corsa avanti così in fretta? Ho settant’anni e mi commuovo ancora al pensiero
di quello che ho provato nella mia giovinezza. Non so voi se siete giovani,
vecchi o ragazzi, ma vi do’ un consiglio: godetevi la vita, tutta e fino in
fondo, perché un giorno vi sveglierete e vi accorgerete che gli anni sono
passati talmente in fretta che non ve ne siete accorti. E, se non avete ricordi
ed esperienze piacevoli da ricordare, non vi rimane niente. Questi album di
fotografie e di ritagli di giornali, ora, insieme ai miei ricordi, sono tutto
quello che resta a farmi compagnia. Certo ci siete anche voi che mi state
ascoltando e vi ringrazio di dare tanta attenzione ad una vecchia signora quale
io sono.
Ritorno ai quei meravigliosi
giorni della mia giovinezza.
PARTE QUARTA
Era il 1965 e viaggiavo in
macchina con Lorna e Linda insieme verso la città. Avevo pochi giorni di
vacanza e loro ne approfittarono per girovagare in centro.
La città era tappezzata da
grandi poster che pubblicizzavano l’incontro di pugilato dell’anno, e sui quei
grandi tabelloni il viso sorridente di Rocco salutava tutti.
Raccontai alle sorelle che
conoscevo Rocco, che non lo vedevo da quasi 10 anni e che eravamo stati molto
amici. Sarei andata a quell’incontro di boxe, e loro si unirono prontamente a
me. Non avevano mai assistito a niente di simile e non volevano perdere
l’occasione per esserci.
La mia posizione sociale mi apriva
molte porte, se poi la si sommava a quella delle sorelle non trovavamo
ostacoli. Procurammo tre biglietti per l’incontro nei posti migliori.
Intanto che si avvicinava la
data del match continuavo a pensare a Rocco e alla nostra amicizia. Avevo davvero
molto desiderio di rivederlo, ma non avevo trovato il coraggio di contattarlo
per un incontro riservato. C’era talmente tanta gente che lo circondava che non
ci sarei di certo riuscita.
Insieme a Lorna e Linda stavo
seduta in attesa dell’inizio dell’incontro. Il suo avversario incuteva paura
solo a vederlo.
Quando Rocco fece il suo
ingresso ci fu un grande boato. Riamasi meravigliata di quante ragazze di ogni
età erano presenti e di come urlavano il suo nome. In prima fila, poco distante
da noi, c’era la sua attuale fidanzata: bellissima, bionda e con un fisico
mozzafiato. Ora Rocco si poteva permettere solo il meglio, in ogni campo.
Era uno spettacolo sia sul
ring che al mio fianco. Le mie accompagnatrici urlavano come delle “grezze
popolane” e si divertirono davvero. Io ero molto tesa, mi sembrava di rivedere
quel primo match al nostro paese e di come mi ero sentita quando Rocco mi aveva
regalato la sua prima coppa, coppa che custodivo nella mia stanza come dolce
ricordo dei tempi andati.
Tutto sembrava interminabile
e mi sembrava anche molto doloroso per quei due campioni.
Finalmente, alla fine, fu
proprio Rocco ad essere proclamato vincitore. E quando si portò quella mano al
cuore in mio ricordo, non riuscii a trattenere le lacrime.
Ci furono le premiazioni, le
interviste, le fotografie con tante ragazze, ma io non ebbi il coraggio di
avvicinarmi.
All’uscita, l’autista ci
aspettava per portarci a cena in un esclusivo ristorante. Le mie amiche avevano
prenotato la cena per me che da tanto tempo non stavo con loro.
Erano da poco passate le
undici e fummo introdotte in un grande salone affollato. Come era consuetudine
di Lorna e Linda avevamo un tavolo talmente in vista che era impossibile
passare inosservate.
Salutarono molte persone, si scambiarono
soffici baci sulle guance praticamente con tutti i presenti e prendemmo posto
ad un tavolo con quattro coperti.
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