sabato 16 febbraio 2019

CAMILLA


CAMILLA

P. DODICI






C’erano ragazzi e ragazze con capelli tinti di ogni colore, pettinati in modi stravaganti e originali e, tutto questo, visto dopo aver visitato seri palazzi e opere d’arte molto tradizionali mi riportava nel mondo dei giovani.

Avevo 25 anni, non ero vecchia, ma mi era sempre mancata quella spensieratezza e libertà di cui godevano quei giovani, e mi divertivo a starli a guardare.

Era piena estate e il caldo era piuttosto fastidioso, per questo mi ero vestita con un semplice abito senza maniche e avevo raccolto i capelli in una coda. Sbocconcellavo distrattamente il mio panino e guardavo tutta quella gioventù, i bambini che giocavano, le mamme che leggevano o giocavano con i loro bambini e tutto quel vociare mi rendeva allegra.

“Buon giorno signorina Camilla”. Mi girai di scatto. Ero talmente distratta che non mi ero accorta che qualcuno si era avvicinato.

La mia sorpresa fu totale e non riuscii a simularla: quel bel giovane russo era al mio fianco.

“Mi scusi signorina, mi presento subito”. Snocciolò una serie di nomi che non riuscii ad afferrare ma capii che si chiamava Andrej.

“Posso accompagnarla nella sua passeggiata? Anch’io ho portato un panino e le farò compagnia.” Chiese dandomi galantemente la mano aiutandomi ad alzarmi.

Ormai mi conoscete, mi ci vuole un po’ prima di ritrovare la parola quando sono sorpresa e, anche questa volta, non fu diverso.

Per un po’ mangiammo in silenzio e poi mi decisi a guardarlo direttamente in viso. “Cosa ci fa in questo posto?”

“Cercavo lei”. Mi rispose con il suo splendido sorriso.
 Semplice e diretto, come avrei scoperto era il suo modo consueto di essere. Ogni volta che lo guardavo, il mio cuore cambiava il battito. Inutile mentire a me stessa, Andrej mi piaceva davvero molto, ed era la prima volta che mi succedeva. Non ho mai saputo come ha fatto a trovarmi quel giorno, non ha mai voluto dirmelo, ma davvero, a me interessava solo che mi avesse trovata.


PARTE QUINTA

Iniziò così la nostra storia. Come ogni storia d’amore.

Il nostro rispettivo lavoro ci lasciava poco tempo libero e ne approfittavamo per passare ogni momento insieme. Cominciai a passare molto più tempo nel mio monolocale che con Lorna e Linda, ma loro, non si intromisero mai.

Andrej era il nipote del console russo e lavorava per lui. Parecchie volte ci incontrammo nello svolgimento dei nostri lavori, ma la nostra professionalità non venne mai intaccata dai nostri sentimenti.

Imparai a conoscerlo meglio. Oltre all’avvenenza fisica possedeva un’educazione eccezionale e modi di fare da gran signore. Sarebbe stato impossibile a qualunque donna resistere a modi tanto perfetti e raffinati. Ma lui, aveva scelto me.

I suoi chiari occhi colore del ghiaccio sembravano scaldarsi quando si rivestivano di sentimento, e questo avveniva ogni volta che mi guardava.
Io ero innamorata, ma lui lo era molto di più.

Era anche un po’ possessivo e geloso, ma riusciva molto bene a mascherare tali sentimenti. Non ho mai capito se era parte del suo carattere o se i russi fossero tutti un po’ così.

Con lui scoprii un mondo diverso. I suoi gusti in fatto di arte e di spettacolo erano molto più raffinati dei miei. Mi accompagnò allo spettacolo dei balletti russi, del pattinaggio sul ghiaccio, a visitare luoghi che, senza la sua autorità, mi sarebbero stati preclusi. I nostri momenti liberi li trascorrevamo alla scoperta di emozioni sempre nuove.

E il sesso, come si usa dire oggi? Io lo chiamo ancora “fare l’amore”, perché per me, fare sesso non ha nessun senso.

Ci volle un anno prima che ci concedessimo. Io ero giovane e priva di tale esperienza. Il mio cuore cambiava battito anche solo se mi prendeva la mano e mi sentivo emozionata quando la sua vicinanza mi trasmetteva parte del suo calore.
Lui capiva, ed era sempre dolce e paziente.

Avvenne tutto con estrema naturalezza, senza che fosse programmato.

Non vi racconto i particolari, non li ho mai raccontati a nessuno, ma per me, quella prima volta, suonarono davvero le campane e sentii cantare gli angeli. Da quel momento, fui sua, perdutamente e per sempre conquistata.



foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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