venerdì 15 febbraio 2019

CAMILLA


CAMILLA

P. UNDICI






Mi parlò della sua vita frenetica, degli allenamenti massacranti, dei lunghi viaggi per disputare i suoi incontri, della fatica che faceva per apparire sempre sorridente. Aveva anche cominciato a fare alcuni spot pubblicitari, ed era diventato molto ricco. Uno stuolo di persone si occupavano di lui, dei suoi interessi, degli orari degli allenamenti, delle interviste da rilasciare. Lui lasciava fare tutto quello che volevano, l’importante per lui era la boxe. L’amava veramente. Si ricordava ancora di Nino, il suo primo allenatore, quello che gli aveva insegnato come ci si comporta per ottenere i risultati. In quelle ore così piacevoli, toccammo molti argomenti della nostra attuale vita, dei ricordi della nostra scuola, ripercorremmo la nostra vita talmente intensamente che alla fine recuperammo tutto il tempo perduto. Le due sorelle tennero occupata Helen, e ci diedero il tempo per rimanere soli. Fu una giornata bellissima e non ce ne furono altre simili.

Era sera e dovemmo salutarci. Rocco sarebbe partito per un tour dell’Inghilterra, doveva girare alcuni spot e la sua fidanzata fu molto felice di poterlo avere ancora tutto per sé.
Il nostro saluto fu un solo abbraccio, e la promessa di tenerci in contatto.

Io ripresi la mia vita, il mio lavoro e i miei viaggi.

Ricevetti alcune cartoline da ogni parte del mondo. Rocco mantenne la promessa di tenersi in contatto, ma non andava mai oltre una semplice cartolina. Io mi accontentavo, era il suo ricordo ed il suo affetto quello che mi interessava, non lunghi discorsi.

A venticinque anni ero veramente soddisfatta. La piccola e timida “Camilla la solitaria” aveva fatto molta strada. Aveva visitato posti lontani, conosciuto persone importanti e occupava un posto di lavoro molto esclusivo.

Lorna e Linda cominciavano a chiedermi se non avessi ancora incontrato l’uomo dei miei sogni, e ogni volta, rispondevo loro che non avevo tempo di sognare, perciò non avevo tempo nemmeno per trovare il mio uomo.

L’amore non si può programmare, poi, anch’io lo trovai.

Avevo accompagnato il console all’ambasciata russa per una importante riunione. Era il 1965 e la guerra fredda imperversava.

La riunione era anticipata da un magnifico buffet freddo.

 Avevo visto molte splendide dimore, ma questa era veramente magnifica.

Mi immersi nella contemplazione delle opere d’arte appese alle pareti, delle sculture di ogni genere e forme, dei lampadari di cristallo talmente grandi e sfavillanti che non si potevano guardare per non restare abbagliati.

 Ero persa in tanto splendore che avevo perso pure la cognizione del tempo.
Un giovane uomo si avvicinò. “Signorina, Lord Bird la sta aspettando. La prego di seguirmi.”

Ero imbarazzatissima! Non mi ero accorta di essermi così attardata.

Fui accompagnata nella sala delle riunione e fui sorpresa quando vidi che anche il mio accompagnatore entrava e prendeva posto accanto al console russo. Io presi posto accanto a lord Bird.

La riunione durò parecchie ore. Io ero digiuna non essendomi fermata al buffet e feci fatica a concentrarmi su ogni particolare. Oltretutto, ogni tanto, guardavo quel ragazzo perché aveva una bellezza straordinaria.
I suoi occhi, chiari quasi quanto il ghiaccio, sembravano anche freddi come il ghiaccio.  

Al termine, a notte fonda, ero stanca ed affamata. Avevo accompagnato lord Bird alla macchina e mi stavo preparando per far ritorno al mio monolocale cittadino quando quel giovane mi si avvicinò porgendomi un cesto di frutta e crostini. Me lo consegnò accompagnandolo con un sorriso che avrebbe sciolto anche gli iceberg, mi fece un inchino e se ne andò.

Pensai che la gentilezza dei russi non era solo una leggenda.

Arrivai a casa e mi addormentai immediatamente.

Il mattino dopo, il primo pensiero che ebbi fu per quel giovane uomo che mi aveva così attratta. Non mi era mai successo di provare tanto interesse per nessuno e cominciai a farmi delle domande su di lui.

Avevo davanti due giorni di riposo e li dedicai al mio passatempo preferito: girare per la città e visitare qualunque opera d’arte e soprattutto pranzare con un semplice panino in qualche giardino pubblico.
Mi piaceva guardare quella gioventù variopinta che girava in quei posti. Era così diversa da me, così seria e compunta, ma mi piacevano molto.



foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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