CAMILLA
P. UNDICI
Mi parlò della sua vita
frenetica, degli allenamenti massacranti, dei lunghi viaggi per disputare i
suoi incontri, della fatica che faceva per apparire sempre sorridente. Aveva
anche cominciato a fare alcuni spot pubblicitari, ed era diventato molto ricco.
Uno stuolo di persone si occupavano di lui, dei suoi interessi, degli orari
degli allenamenti, delle interviste da rilasciare. Lui lasciava fare tutto
quello che volevano, l’importante per lui era la boxe. L’amava veramente. Si
ricordava ancora di Nino, il suo primo allenatore, quello che gli aveva
insegnato come ci si comporta per ottenere i risultati. In quelle ore così
piacevoli, toccammo molti argomenti della nostra attuale vita, dei ricordi
della nostra scuola, ripercorremmo la nostra vita talmente intensamente che
alla fine recuperammo tutto il tempo perduto. Le due sorelle tennero occupata
Helen, e ci diedero il tempo per rimanere soli. Fu una giornata bellissima e
non ce ne furono altre simili.
Era sera e dovemmo salutarci.
Rocco sarebbe partito per un tour dell’Inghilterra, doveva girare alcuni spot e
la sua fidanzata fu molto felice di poterlo avere ancora tutto per sé.
Il nostro saluto fu un solo
abbraccio, e la promessa di tenerci in contatto.
Io ripresi la mia vita, il
mio lavoro e i miei viaggi.
Ricevetti alcune cartoline da
ogni parte del mondo. Rocco mantenne la promessa di tenersi in contatto, ma non
andava mai oltre una semplice cartolina. Io mi accontentavo, era il suo ricordo
ed il suo affetto quello che mi interessava, non lunghi discorsi.
A venticinque anni ero veramente
soddisfatta. La piccola e timida “Camilla la solitaria” aveva fatto molta
strada. Aveva visitato posti lontani, conosciuto persone importanti e occupava
un posto di lavoro molto esclusivo.
Lorna e Linda cominciavano a
chiedermi se non avessi ancora incontrato l’uomo dei miei sogni, e ogni volta,
rispondevo loro che non avevo tempo di sognare, perciò non avevo tempo nemmeno
per trovare il mio uomo.
L’amore non si può
programmare, poi, anch’io lo trovai.
Avevo accompagnato il console
all’ambasciata russa per una importante riunione. Era il 1965 e la guerra
fredda imperversava.
La riunione era anticipata da
un magnifico buffet freddo.
Avevo visto molte splendide dimore, ma questa
era veramente magnifica.
Mi immersi nella
contemplazione delle opere d’arte appese alle pareti, delle sculture di ogni
genere e forme, dei lampadari di cristallo talmente grandi e sfavillanti che
non si potevano guardare per non restare abbagliati.
Ero persa in tanto splendore che avevo perso
pure la cognizione del tempo.
Un giovane uomo si avvicinò. “Signorina, Lord Bird la sta aspettando. La
prego di seguirmi.”
Ero imbarazzatissima! Non mi
ero accorta di essermi così attardata.
Fui accompagnata nella sala
delle riunione e fui sorpresa quando vidi che anche il mio accompagnatore
entrava e prendeva posto accanto al console russo. Io presi posto accanto a
lord Bird.
La riunione durò parecchie
ore. Io ero digiuna non essendomi fermata al buffet e feci fatica a
concentrarmi su ogni particolare. Oltretutto, ogni tanto, guardavo quel ragazzo
perché aveva una bellezza straordinaria.
I suoi occhi, chiari quasi
quanto il ghiaccio, sembravano anche freddi come il ghiaccio.
Al termine, a notte fonda,
ero stanca ed affamata. Avevo accompagnato lord Bird alla macchina e mi stavo
preparando per far ritorno al mio monolocale cittadino quando quel giovane mi
si avvicinò porgendomi un cesto di frutta e crostini. Me lo consegnò
accompagnandolo con un sorriso che avrebbe sciolto anche gli iceberg, mi fece
un inchino e se ne andò.
Pensai che la gentilezza dei
russi non era solo una leggenda.
Arrivai a casa e mi
addormentai immediatamente.
Il mattino dopo, il primo
pensiero che ebbi fu per quel giovane uomo che mi aveva così attratta. Non mi
era mai successo di provare tanto interesse per nessuno e cominciai a farmi
delle domande su di lui.
Avevo davanti due giorni di
riposo e li dedicai al mio passatempo preferito: girare per la città e visitare
qualunque opera d’arte e soprattutto pranzare con un semplice panino in qualche
giardino pubblico.
Mi piaceva guardare quella
gioventù variopinta che girava in quei posti. Era così diversa da me, così
seria e compunta, ma mi piacevano molto.
foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti
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