martedì 19 febbraio 2019

CAMILLA


CAMILLA

P. QUATTORDICI






“Signorina, mi rivolgo a lei perché non so con chi altri parlare. Da un paio di settimane più nessuno è venuto a trovare il suo amico e nessuno si è interessato delle sue condizioni. Purtroppo, abbiamo richiesto la rata per il pagamento della degenza e ci è stato risposto che non ci sono più soldi. Noi siamo costretti a mandarlo in una struttura pubblica e diversa, ma prima volevo parlare con lei e sentire il suo parere.” Mi informò il medico piuttosto a disagio.

Riamasi sbigottita! Rocco era molto ricco, era impossibile che i suoi soldi fossero finiti. Chiesi al medico di pazientare qualche giorno e gli avrei dato istruzioni.

Andai nella stanza di Rocco e lo vidi che dormiva ancora come un angioletto, ignaro di tutto quello che lo circondava e che gli era successo.
Gli presi la mano nella mia e gli dissi “Rocco, sono qui. Ci penso io a te, stavolta tocca a me. Ci vediamo presto.”

Usai tutti i canali che conoscevo, chiesi favori a chi me li doveva e alla fine riuscii a scoprire la verità.

La sua bellissima fidanzata bionda, se ne era ritornata in America quando aveva saputo della gravità delle ferite. I suoi collaboratori, quelli che gestivano tutta la sua vita, dagli incontri, alla pubblicità e soprattutto il suo patrimonio, si erano eclissati portandosi dietro tutti gli averi di Rocco. Non erano nemmeno perseguibili, perché avevano deleghe firmate che li autorizzavano a fare quello che volevano. In pratica, avevano sempre sfruttato Rocco, la sua voglia di boxare ed ora lo avevano abbandonato senza un soldo.

Ora Rocco era in un letto di ospedale, ancora incosciente, senza soldi e in un paese per lui straniero.

Versai di tasca mia la rata per la degenza, non potevo fare altrimenti. Poi, cominciai a smuovere tutti i canali diplomatici italiani e inglesi e riuscii ad ottenere che il ricovero fosse considerato come per un diplomatico a carico dalla sua ambasciata. Era un favore che mi veniva fatto e che avrei dovuto ripagare in altri modi, ma al momento non mi importava.

Ora che la situazione di Rocco era più tranquilla potevo rilassarmi anch’io.

Andrej era diventato più taciturno, meno affettuoso e rimaneva lontano anche parecchi giorni senza dare sue notizie, e questo mi feriva molto. Io lo amavo e lo sapeva, non poteva pretendere che abbandonassi Rocco solo perché lui era geloso.

Ero con lui quando ricevetti la telefonata del medico che mi diceva che Rocco si era svegliato e che potevo vederlo e parlargli.

Guardai Andrej che aveva corrucciato i suoi bellissimi occhi chiari e gli dissi “mi vuoi accompagnare? Mi farebbe piacere che vi conosceste.”
E il giorno dopo andammo da lui.

Entrammo in quella stanza e, dopo tanto tempo, lo vidi sveglio, ma i suoi occhi avevano perso quella luce che conquistava chiunque.

Guardò prima me poi Andrej e le sue prime parole furono “lo hai trovato finalmente il tuo principe azzurro! Era ora!”
Aveva parlato in italiano e Andrej non aveva capito niente, chiesi perciò a Rocco di parlare in inglese.

“Buon giorno signore, vedo che ha buon gusto nello scegliersi la fidanzata. Le faccio i miei complimenti, non sa quanto è fortunato, Camilla è una persona speciale, se la tenga stretta e non si lasci sfuggire tanta fortuna.” Disse con fatica.

Andrej fece un semplice cenno del capo, non era abituato all’espansività italiana e credo non avesse ben inteso quello che Rocco gli aveva appena detto.

Ci sedemmo vicino a lui e cominciai a metterlo al corrente della sua situazione. C’era anche il medico che, prima di me gli aveva parlato della sue condizioni di salute: il trauma che aveva subito lo aveva lasciato con gli arti inferiori insensibili. Non era paralizzato, ma ci sarebbe voluto molto tempo e molte cure per ricominciare a stare in piedi e poi a camminare.

Poi toccò a me raccontargli della sua situazione finanziaria e di come si erano comportati i suoi amici e la sua fidanzata.
Mano a mano che raccontavo, il suo sguardo si faceva sempre più scuro e, alla fine della storia, per la prima volta, lo vidi piangere.

Non erano lacrime di disperazione ma di rabbia. Sono convinta che se in quella stanza fosse entrato qualcuno del suo staff lo avrebbe preso a pugni.
La sua commozione durò poco, e, in un attimo la sua espressione cambiò di nuovo.

Conoscevo quel modo repentino di cambiare umore e a volte mi spaventava, ma non ora, ora aveva solo bisogno di certezze.

“Allora Camilla, cosa mi aspetta adesso?” Mi chiese.


foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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