CAMILLA
P. QUATTORDICI
“Signorina, mi rivolgo a lei perché non so con chi
altri parlare. Da un paio di settimane più nessuno è venuto a trovare il suo
amico e nessuno si è interessato delle sue condizioni. Purtroppo, abbiamo
richiesto la rata per il pagamento della degenza e ci è stato risposto che non
ci sono più soldi. Noi siamo costretti a mandarlo in una struttura pubblica e
diversa, ma prima volevo parlare con lei e sentire il suo parere.” Mi informò il medico piuttosto a disagio.
Riamasi sbigottita! Rocco era
molto ricco, era impossibile che i suoi soldi fossero finiti. Chiesi al medico
di pazientare qualche giorno e gli avrei dato istruzioni.
Andai nella stanza di Rocco e
lo vidi che dormiva ancora come un angioletto, ignaro di tutto quello che lo
circondava e che gli era successo.
Gli presi la mano nella mia e
gli dissi “Rocco, sono qui. Ci penso io a
te, stavolta tocca a me. Ci vediamo presto.”
Usai tutti i canali che
conoscevo, chiesi favori a chi me li doveva e alla fine riuscii a scoprire la
verità.
La sua bellissima fidanzata
bionda, se ne era ritornata in America quando aveva saputo della gravità delle
ferite. I suoi collaboratori, quelli che gestivano tutta la sua vita, dagli
incontri, alla pubblicità e soprattutto il suo patrimonio, si erano eclissati
portandosi dietro tutti gli averi di Rocco. Non erano nemmeno perseguibili,
perché avevano deleghe firmate che li autorizzavano a fare quello che volevano.
In pratica, avevano sempre sfruttato Rocco, la sua voglia di boxare ed ora lo
avevano abbandonato senza un soldo.
Ora Rocco era in un letto di
ospedale, ancora incosciente, senza soldi e in un paese per lui straniero.
Versai di tasca mia la rata
per la degenza, non potevo fare altrimenti. Poi, cominciai a smuovere tutti i
canali diplomatici italiani e inglesi e riuscii ad ottenere che il ricovero
fosse considerato come per un diplomatico a carico dalla sua ambasciata. Era un
favore che mi veniva fatto e che avrei dovuto ripagare in altri modi, ma al
momento non mi importava.
Ora che la situazione di
Rocco era più tranquilla potevo rilassarmi anch’io.
Andrej era diventato più
taciturno, meno affettuoso e rimaneva lontano anche parecchi giorni senza dare
sue notizie, e questo mi feriva molto. Io lo amavo e lo sapeva, non poteva
pretendere che abbandonassi Rocco solo perché lui era geloso.
Ero con lui quando ricevetti
la telefonata del medico che mi diceva che Rocco si era svegliato e che potevo
vederlo e parlargli.
Guardai Andrej che aveva
corrucciato i suoi bellissimi occhi chiari e gli dissi “mi vuoi accompagnare? Mi farebbe piacere che vi conosceste.”
E il giorno dopo andammo da
lui.
Entrammo in quella stanza e,
dopo tanto tempo, lo vidi sveglio, ma i suoi occhi avevano perso quella luce
che conquistava chiunque.
Guardò prima me poi Andrej e
le sue prime parole furono “lo hai
trovato finalmente il tuo principe azzurro! Era ora!”
Aveva parlato in italiano e
Andrej non aveva capito niente, chiesi perciò a Rocco di parlare in inglese.
“Buon giorno signore, vedo che ha buon gusto nello
scegliersi la fidanzata. Le faccio i miei complimenti, non sa quanto è
fortunato, Camilla è una persona speciale, se la tenga stretta e non si lasci
sfuggire tanta fortuna.” Disse con
fatica.
Andrej fece un semplice cenno
del capo, non era abituato all’espansività italiana e credo non avesse ben
inteso quello che Rocco gli aveva appena detto.
Ci sedemmo vicino a lui e
cominciai a metterlo al corrente della sua situazione. C’era anche il medico
che, prima di me gli aveva parlato della sue condizioni di salute: il trauma
che aveva subito lo aveva lasciato con gli arti inferiori insensibili. Non era
paralizzato, ma ci sarebbe voluto molto tempo e molte cure per ricominciare a
stare in piedi e poi a camminare.
Poi toccò a me raccontargli
della sua situazione finanziaria e di come si erano comportati i suoi amici e
la sua fidanzata.
Mano a mano che raccontavo,
il suo sguardo si faceva sempre più scuro e, alla fine della storia, per la
prima volta, lo vidi piangere.
Non erano lacrime di
disperazione ma di rabbia. Sono convinta che se in quella stanza fosse entrato
qualcuno del suo staff lo avrebbe preso a pugni.
La sua commozione durò poco,
e, in un attimo la sua espressione cambiò di nuovo.
Conoscevo quel modo repentino
di cambiare umore e a volte mi spaventava, ma non ora, ora aveva solo bisogno
di certezze.
“Allora Camilla, cosa mi aspetta adesso?” Mi chiese.
foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti
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