KATRIN, LA SUA STORIA
parte novantasei
Katrin
rimase ad osservare i tre personaggi che salivano le scale. Per un attimo pensò
all’imbroglio che suo nonno aveva perpetrato ai danni di suo padre e si chiese
se potesse farlo anche nei suoi confronti.
A differenza
di lord Semple lei non anelava a ricchezze e possedimenti, lei voleva solo una
vita fatta di amore, una famiglia sua, tutto il resto non era importante. Alzò
le spalle e raggiunse il salone per dare istruzioni su come voleva disporre i
fiori.
Erano
giornate convulse, regali da scartare, l’appartamento da controllare, la
sistemazione degli arredi, la sua camera matrimoniale col letto a baldacchino
intagliato in legno pregiato, proprio come aveva sempre desiderato. Domani è il grande giorno. Pensò.
Ricontrollò ancora tutto, nell’armadio di Robin erano già stati sistemati i
suoi abiti e tutto il resto, così come nel suo. Dal giorno successivo quella
sarebbe diventata la loro casa a tutti gli effetti. Sorrise mentre richiudeva
la porta e raggiungeva la sua stanza. Quella sera avrebbe cenato col nonno e
tutta la famiglia di suo padre, e naturalmente con Robin.
Katrin
faticava a rimanere a tavola, allo stesso tavolo di suo padre, l’uomo che più disprezzava al mondo.
Lord
Sheppard stava dando le ultime istruzioni per la cerimonia, ai posti che avrebbero
occupati. Cristofer dava segni di noia e lady Susan sorrideva compiaciuta anche
se era evidente che niente di tutto questo la interessava.
Finalmente
poterono salutarsi e, con un sospiro di sollievo Katrin prese il braccio di
Robin per raggiungere la sua stanza.
Permette, sir Robin? Accompagno io
lady Katrin, è meno sconveniente. Chiese con un elegante inchino E un falso sorriso Cristofer.
Va bene, lord Cristofer, devo appunto
dare gli ultimi ordini ai miei uomini. Baciò Katrin sulla guancia. A domani, amore mio, domani sarai solo mia e nessuno più ti
accompagnerà da nessuna parte senza il mio permesso. Girò loro le spalle e
raggiunse velocemente l’alloggio dei suoi soldati che gli avevano preparato una
festa per l’occasione.
Sul viso
della ragazza era sparito il sorriso e senza tanta grazia tolse la mano dal
braccio di Cristofer.
Vedo che non sei cambiata affatto,
lady Katrin. Sei sempre la stessa gatta selvatica di sempre. Ho un messaggio
per te: cerca di tenerti stretto tutto quello che hai perché da mio padre non
avrai mai niente. Le
disse mentre allungavano il passo nei corridoi semi bui.
Katrin si
fermò e lo fulminò con lo sguardo. Se
avessi voluto avere qualcosa da quel lurido individuo, stai pur certo che vi
avrei lasciati in mutande. Gli rispose. Meglio
se raggiungo da sola la mia camera o il mio pugnale troverà quello che vuole
infilzare. Aggiunse facendo apparire come per magia il pugnale.
Cristofer
fece un balzo all’indietro, memore di quanto gli era successo. Sei solo una puttana. Le sputò in faccia
prima di allontanarsi.
Senza altro
indugio la ragazza raggiunse la sua stanza. Colette la stava aspettando.
Avrebbe dormito davvero poco quella notte, alle prime luci dell’alba si sarebbe
sottoposta al lungo rito di preparazione.
Si sdraiò
felice. L’ultima notte in un letto solitario.
L’alba era
appena spuntata quando Colette entrò a preparare il bagno. Un veloce spuntino
mentre arrivavano altre cameriere.
Si sottopose
al bagno, alla profumazione, alla vestizione, all’acconciatura con estrema
pazienza e tanta gioia.
Si specchi, lady Katrin. Le disse Colette con gli occhi
lucidi.
Katrin si
mise davanti allo specchio. Era davvero una visione: l’abito, il diadema, lo
sguardo felice. Sono davvero io quella? Si
lasciò sfuggire.
Le cameriere
erano soddisfatte del risultato del loro impegno. Si fecero intorno alla loro
padrona e, con molta grazia le augurarono tanta felicità.
Era pronta
ed era quasi ora. Era stata categorica con suo padre, l’avrebbe aspettata in
fondo alle scale, non voleva averlo accanto un minuto più del necessario.
La campana
suonò e lei ebbe un tremito. Era la sua vita che prendeva un’altra strada,
quella che lei desiderava, finalmente quello che voleva.
Suo padre
era impeccabile nel suo abito da cerimonia e lei gli diede il braccio.
Attraversarono il cortile e mentre raggiungevano la porta della cappella una
musica dolce iniziò a suonare.
Con lentezza
raggiunsero l’altare e lord Semple, con un inchino lasciò sua figlia e
raggiunse il suo posto.
La cerimonia
fu lunga e commovente e alla fine furono dichiarati marito e moglie. Un
fragoroso applauso salutò gli sposi che si baciavano.
Fuori la
giornata era meravigliosa, il ventiquattro aprile più luminoso che non si fosse
mai visto.
Raggiunsero
il salone apparecchiato per un sontuoso banchetto.
Un gran
vociare allegro, tanti complimenti e la giornata si trascinò fino a sera. I due
sposi erano raggianti e lord Sheppard sorrideva felice a tutti gli invitati.
Era stanco ma non si sarebbe ritirato per niente al mondo. Voleva godersi
insieme agli sposi quella giornata così felice.
Era molto
tardi e parecchi invitati si erano già ritirati.
E’ giunta l’ora, amore mio. Le prese la mano, salutarono e,
finalmente poterono raggiungere il loro nuovo appartamento.
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