mercoledì 19 febbraio 2020

KATRIN, LA SUA STORIA


KATRIN, LA SUA STORIA

parte centodue






I giorni successivi Katrin li passò in solitudine. Colette provvedeva alle sue necessità e questo, per il momento le bastava.
Ogni giorno Robin bussava e si scorticava le nocche, chiamava il suo nome, la supplicava di aprirgli ma lei non gli rispondeva mai, stava seduta sul sofà con entrambe le asce appoggiate ai fianchi.
Erano passati una decina di giorni e il cameriere di suo nonno era di nuovo alla porta a chiedere di seguirlo, ma lei non rispondeva mai nemmeno a lui.
In quei giorni di solitudine aveva pensato molto alla sua situazione. Per lei non sarebbe più stato possibile tornare con Robin, non dopo quello che le aveva fatto. Di suo padre e di suo nonno che considerava ora dei perfetti estranei non le importava proprio niente. Soffriva, soffriva molto per il tradimento di suo marito e capiva che la ferita che le aveva impresso non si sarebbe mai più sanata, e questo doveva saperlo anche lui.
Era conscia che doveva andarsene, che quella non era più casa sua, lei non la considerava più tale, ma ancora non era riuscita ad escogitare un piano che avesse anche la minima possibilità di soluzione. Era fiduciosa che ci sarebbe riuscita, su questo non aveva dubbi, aveva solo bisogno di liberare un po’ la mente per essere più leggera e libera di pensare.
Erano dieci giorni che non usciva da quella stanza, era ora di farlo. Indossò gli abiti da cavallerizza, prese le sue armi e uscì mentre Colette stava entrando.
Vado a fare una cavalcata. Disse alla cameriera.
Alba fu felice di rivederla e nitrì di soddisfazione ma fiutò subito lo stato d’animo della sua padrona e rimase docile sotto le sue mani mentre la sellava.
Finalmente un po’ di sole dopo giorni chiusa nella sua stanza. Faceva caldo, era primo pomeriggio e quasi nessuno osava uscire in quell’orario.
Lasciò che Alba seguisse il suo istinto e si inoltrarono in un piccolo boschetto, uno dei tanti che circondava il castello, posti che lei amava anche se pieni di ricordi che le avrebbero fatto male.
Era piacevole sentire l’alito caldo del soffio di aria che le foglie verdi e salde sui rami spandevano intorno. Il canto degli uccelli non si sentiva ma il frullare di ali nei nidi riusciva a distinguerlo.
Aveva l’arco e la faretra in spalla e se li tolse, li appoggiò ad un grosso albero e si sedette con la schiena contro la ruvida corteccia. Respirava a pieni polmoni, le era mancata la vita all’aria aperta, lei era uno spirito dei boschi e li conosceva, Robin le aveva insegnato come comportarsi in quei posti.
Come evocato dai suoi pensieri, riconobbe il rumore di zoccoli e capì che Robin l’aveva seguita. Non aveva dubbi che fosse sorvegliata, dentro e fuori il castello c’erano sempre guardie che non la perdevano di vista.
Lei non alzò il viso, non aveva niente da dirgli. Robin, come era solito fare in passato si sedette con la schiena poggiata ad un albero vicino e la osservava attentamente. Passarono lunghi minuti in silenzio, nessuno dei due parlava, lei perché non aveva niente da dirgli e lui perché sapeva che qualunque cosa avesse detto sarebbe stata fraintesa.
Quello sarebbe stato il momento giusto per parlarle, per dirle che si sbagliava. Lui era davvero innamorato di lei, e lo era da tanto tempo ma sapeva che non avrebbe avuto possibilità di averla come moglie, fino a quando lord Sheppard gli aveva fatto la proposta. Lui aveva accettato non perché lei sarebbe stata poi sua moglie, ma proprio perché la voleva in moglie. Tutto quello che aveva fatto era stato per poter essere degno di sposarla, di avere il consenso di suo nonno. Lui un semplice soldato non avrebbe mai potuto avere in moglie una lady, soprattutto la nipote di lord Sheppard. Era solo per amore di lei che aveva accettato, ed erano stati due anni di duro lavoro e studio, e di prove di lealtà che spesso avevano messo a dura prova la sua tempra di soldato.
Queste cose avrebbe voluto dirle, oltre che prenderla fra le braccia. Ma sapeva bene che se glielo avesse detto lei gli avrebbe riso in faccia e non lo avrebbe creduto, e lui questo non poteva sopportarlo. Sperava, col suo silenzio che col tempo e con tanta perseveranza l’avrebbe potuta riconquistare, ma ora non poteva rischiare di peggiorare la situazione.
Si alzò e le si avvicinò. Lei fece scivolare in mano il pugnale, e alzò lo sguardo su di lui.
Hai ripudiato tuo padre e tuo nonno, lo hai potuto fare perché loro non sono niente per te, ma io sono tuo marito, e questo è una dato di fatto che non puoi cambiare. Io sarò tuo marito per sempre. Le disse mentre raggiungeva il suo cavallo. Rimani pure quanto vuoi, ci sono due guardie che ti aspettano per accompagnarti dove vuoi, è per la tua sicurezza. Aggiunse.
Puoi mettere anche un battaglione di soldati, ma quando me andrò tu non te ne accorgerai nemmeno. Gli rispose.
Mentre Robin montava in sella un brivido gli percorse la schiena, sapeva che lo avrebbe fatto, e sapeva anche che ci sarebbe riuscita.
Vai, torna da lord Sheppard, scodinzola come un bravo cagnolino, otterrai altro potere e altro denaro. Gli disse sprezzate.
Robin non rispose ma aveva il cuore a pezzi.

immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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