KATRIN, LA SUA STORIA
parte centoquattro
Nei giorni
successivi non cambiò le sue abitudini. Riprese anche ad allenarsi con la
spada, e spesso Robin rimaneva ad osservarla senza mai farsi avanti. La sua
mente gli diceva che l’aveva persa, ma il suo cuore non voleva accettarlo. Era
combattuto, avrebbe voluto rapirla e andare lontano dove suo nonno non sarebbe
potuto intervenire, ma lui non conosceva un posto così.
Era passata
una settimana dall’incontro con lord Sheppard, e quella mattina Colette entrò
con il viso sconvolto.
Suo nonno mi ha licenziata. Disse. Devo andarmene col carro di sabato prossimo.
Lord Sheppard non è mio nonno. Dove
andrai, Colette? Le
rispose.
Ho una sorella che vive da sola da
quando suo marito è morto, da lei posso stare fin che voglio, ne sarà felice. Rispose sciugandosi gli occhi.
Anch’io sarò su quel carro. Le svelò finalmente il suo piano.
Ogni
quindici giorni un carro portava le serve e le cameriere nei loro villaggi nel
giorno di riposo. Partiva prima dell’alba e rientrava a sera. Nessuno faceva
molto caso a questa uscita, un’usanza che veniva rispettata da sempre.
Mancavano
dieci giorni e doveva darsi da fare coi preparativi.
Per prima
cosa avvolse le sue armi in un informe fagotto. Tutte le donne che tornavano a
casa portavano con sé cibo e articoli vari, e anche lei si sarebbe confusa fra
di loro. Colette le procurò del cibo che potesse durare alcuni giorni, lo
avrebbe conservato in un involucro di stoffa legato alla vita, avrebbe
indossato i suoi pantaloni e sopra l’abito scuro delle cameriere, un comodo
mantello e una sciarpa sui capelli. Con un pezzo di legno bruciacchiato si
sporcò unghie e mani, quelle potevano tradirla.
Mano a mano
che si avvicinava la data lei diventava sempre più nervosa, da quello dipendeva
la sua vita, il suo futuro e lei non voleva commettere errori.
Era il
quattordici agosto, la sera prima della fuga e Katrin stava ricontrollando ogni
cosa, usando il legno bruciato si scurì le occhiaie e le mani, il cuore le
batteva a mille e cercò di calmarsi. Colette era già pronta e l’aveva salutata,
non si sarebbero più riviste. Katrin non le aveva detto niente altro del suo
piano per non metterla in pericolo.
Era seduta,
pronta da ore in attesa di sentire i passi delle donne che raggiungevano il
cortile per salire sul carro.
L’alba non
era ancora spuntata, faceva ancora buio quando uscì dalla porta della servitù e
si unì a un gruppetto di donne assonnate che raggiungevano veloci il carro.
Colette uscì
dalla porta principale con la sua borsa, ben vestita si distingueva dalle
altre. Tutte sapevano che era stata licenziata e nessuna disse una parola.
Erano
quindici donne sul carro e il conducente stava arrivando zoppicando. Mentre lui
saliva a cassetta Katrin raggiunse di corsa il carro che si stava muovendo e vi
salì.
Si accomodò
nel primo posto, sarebbe scesa per prima.
Colette non
alzò nemmeno lo sguardo, mentre le altre avevano la testa appoggiata al telone
che ricopriva il carro, sonnecchiavano e stringevano sulle ginocchia il loro
prezioso fagotto da consegnare a casa.
Il carro
sobbalzava mentre raggiungeva il primo villaggio. Era passata solo mezz’ora e
il conducente sentì il segnale che lo invitava a fermarsi. Rallentò e aspettò
solo un minuto prima di ripartire.
Katrin era
scesa senza destare nessun sospetto e si incamminò veloce nel fitto della boscaglia,
doveva allontanarsi in più in fretta possibile, mettere la massima distanza fra
lei e il castello, sapeva che quando si fossero accorti della sua fuga
avrebbero sguinzagliato i soldati alla sua ricerca.
Aveva
ripassato nella mente innumerevoli volte il suo piano, si sarebbe diretta a
sud, molto a sud, avrebbe camminato col buio stando riparata di giorno, per
nessun motivo doveva essere notata, i soldati avrebbero interrogato tutti e lei
doveva fare molta attenzione.
Cominciò a
correre cercando il fiume che per un pezzo di strada le avrebbe fatto
compagnia.
Passò la
mattina a correre, ogni tanto si fermava, riprendeva fiato e si guardava
intorno, ascoltando anche il più piccolo rumore. Era sicura che al castello non
si fossero ancora accorti della sua assenza, e se era fortunata aveva ancora
parecchie ore di vantaggio, doveva sfruttarle al massimo. Era tardo pomeriggio
e doveva abbandonare il corso del fiume, trovare un posto per riposare prima di
riprendere il viaggio col buio.
Un folto di
rovi spinosi fece al caso suo. Vi si infilò cercando inutilmente di non
graffiarsi. Si sedette, riprese fiato e consumò poco cibo e acqua, doveva farlo
durare anche se sapeva che non era sufficiente, ma ora aveva bisogno di
riposare.
Si sdraiò
nel piccolo spazio e si addormentò, era davvero molto stanca.
Si svegliò
che era buio, non aveva idea di quanto tempo avesse dormito, aspettò che gli
occhi si abituassero al buio, una splendida luna piena l’aiutò. Alzò il viso e
immerse lo sguardo in quel tappeto di stelle luminose e, graffiandosi ancora
uscì dal suo nascondiglio e riprese il suo cammino.
Camminava a
passo svelto, aveva bisogno di fare molta strada e non voleva stancarsi troppo
correndo. Tolse la mappa che lei stessa aveva disegnato e cercò di orientarsi.
Gli insegnamenti di Robin le tornarono molto utili. Trovò la direzione e si
incamminò senza porre indugio.
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