mercoledì 26 febbraio 2020

KATRIN, LA SUA STORIA


KATRIN, LA SUA STORIA

parte centosette






Il viso della donna sbiancò. Ci mise qualche secondo a ritrovare la voce. Buongiorno, sir Robin? E’ successo qualcosa al castello? Gli chiese con l’ansia che le chiudeva lo stomaco.
Posso entrare, miss Colette? Ed entrò senza aspettare risposta.
Mary, la sorella di Colette osservava senza capire.
Robin fu invitato a sedersi nel piccolo cucinino e gli offrirono del tè. Erano entrambe in ansia, Colette non aveva detto nemmeno una parola a sua sorella.
Sa perché sono qui, miss Colette? Esordì Robin.
La donna scosse la testa.
Lady Katrin è sparita, e mi chiedevo se lei ne fosse al corrente. Continuò.
Colette aveva ripreso il controllo. Se n’è andata davvero? Lo diceva ogni giorno che non sarebbe rimasta al castello, ma ho sempre creduto che fosse solo un modo per scaricare la rabbia. Aggiunse senza timore.
La stiamo cercando da giorni, e sono venuto fin qui per chiederle se lei ne sa qualcosa, se ha qualche indizio che mi può aiutare a ritrovarla. Le disse con speranza.
Non ne so niente, sir Robin. Io ero solo una cameriera non un’amica, anche se le ero davvero affezionata. So solo che negli ultimi giorni non parlava più nemmeno con me, passavamo ore sedute nella sua stanza senza dire nemmeno una parola, vedevo tanto dolore sul suo volto e una tristezza infinita, era cambiata, e lei conosce bene il motivo. Rivoltò il coltello nella piaga con immenso piacere.
Robin la osservava attentamente per capire se diceva il vero o il falso, decise di essere più accondiscendente, mentre avrebbe voluto prenderla per il collo e farle sputare tutto quello che sapeva.
Lady Katrin è mia moglie, e vorrei tanto che ritornasse a casa, lei deve sapere che l’amo davvero. Quasi bisbigliò.
Colette lo osservava ma non riusciva a provare pietà per l’uomo che aveva distrutto la sua padrona. Mi dispiace, sir Robin, ha fatto un viaggio per niente. E si alzò accompagnandolo alla porta.
L’uomo ebbe un attimo di rabbia e la prese per un braccio. Lei mi deve aiutare, deve sapere! Aveva gli occhi che sprizzavano scintille, era esasperato, stanco.
Se ne vada da casa mia. Gli disse Mary. Qui non è il benvenuto. Esca immediatamente!
Robin le osservò entrambe e capì che da loro non avrebbe ottenuto niente, lo sapeva fin dal principio. Non salutò nemmeno quando si chiuse la porta alle spalle.
Insieme ai suoi uomini raggiunsero la stalla e tornarono velocemente al castello.
Katrin era in viaggio da nove giorni e da due aveva finito il cibo. Era stanca, sporca, affamata ma sempre più determinata nel suo intento. Presto avrebbe lasciato la sua postazione per riprendere il viaggio, l’oscurità stava calando e cominciava a rinfrescare, per fortuna non aveva mai piovuto o avrebbe rischiato di prendersi un malanno.
Un solo spicchio di luna non riusciva a rischiarare il sentiero e lei faticava ad orientarsi. Sentì alcuni rumori e si nascose in un angolo buio, in ascolto. Non si era accorta di essersi avvicinata ad un piccolo agglomerato di casupole. Era vicino ad una misera capanna circondata da un orto e con un recinto per animali, era quello il rumore che aveva sentito.
Cercò di appiattirsi contro i tronchi degli alberi. Il cancelletto sgangherato dell’orto era aperto e lei vi entrò con estrema circospezione.
A tastoni cercò qualcosa che potesse mangiare e, aiutandosi col pugnale e a mani nude riuscì a prendere due rape e qualche carota. Le infilò nella sacca ormai vuota e se ne tornò nel folto degli alberi.
Non si fermò ma continuò il suo viaggio, aveva la speranza di essere vicina alla meta, prima o poi avrebbe avvistato la torre di legno costruita dal bisnonno di Jacob per indicare la sua proprietà.
Sentì il rumore dell’acqua e un piccolo ruscello dalla riva sassosa fece al caso suo. Lavò sommariamente la verdura e riempì di acqua la borraccia. Si risciacquò il viso, le mani, dio quanto desiderava un bagno profumato! Gli uccelli si stavano risvegliando e per lei era giunto il momento di cercare un posto per ripararsi e aspettare di nuovo il buio.
Contò sulle dita delle mani per sapere da quanti giorni era scappata, nove o dieci, ormai aveva perso il conto e non riusciva ad immaginare cosa fosse successo al castello in quel periodo. Un sorriso soddisfatto l’accompagnò mentre si arrampicava su un grosso albero. I rami cominciavano a perdere prematuramente le foglie, si preannunciava un autunno e un inverno rigidi e lei aveva bisogno di trovare un riparo, ma dove nessuno potesse trovarla.
Prese dalla sacca il suo misero cibo e sgranocchiò lentamente le carote. Mai niente le era sembrato così dolce e buono. Si accomodò il meglio possibile, gli occhi le si chiusero senza che nemmeno se ne accorgesse.



immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

Nessun commento:

Posta un commento