giovedì 20 febbraio 2020

KATRIN, LA SUA STORIA



KATRIN, LA SUA STORIA

parte centotre





Era arrabbiata, delusa e arrabbiata. Come aveva fatto a farsi imbrogliare in quel modo? Quello che le aveva fatto suo nonno era un contesto che mai e poi mai avrebbe potuto immaginare. Era una donna ferita, e soffriva in modo atroce. Inutile negarlo a se stessa, Robin aveva ragione, sarebbe sempre stato suo marito e lei non smetteva di amarlo, sperava di riuscirci col tempo.
Rimase seduta ancora a respirare l’aria pulita. Come doveva comportarsi con suo nonno? Era un uomo potente e lei era consapevole che non poteva tenergli testa a lungo. Ora come ora poteva perdere, se già non era successo, tutti i privilegi del suo rango. Non le interessava particolarmente, non aveva mai anelato a ricchezze e potere, ma all’amore sincero di una famiglia, quella famiglia che non aveva mai avuto, quello sì. In quel momento rimpianse più che mai di non essere cresciuta con la sua vera famiglia. Chissà dov’erano e se ogni tanto pensavano a lei.
Abbassò il capo e copiose lacrime le caddero sugli abiti da maschiaccio. Lasciò che sfogassero almeno in parte quello che sentiva dentro e che aveva sopportato in quei giorni, anche se sapeva che non sarebbero servite proprio a niente.
Alba sentiva il dolore della sua padrona e le si avvicinò. Avvicinò il dolce muso al viso bagnato di lacrime di Katrin e la consolò a modo suo. Lei ricambiò con una carezza. Presto ci dovremo separare, dolce amica. Rimontò in sella e tornò al castello scortata da due guardie che si tenevano a distanza.
Erano passati tre giorni e lei era uscita con Alba ogni mattina. Tentava di capire come fosse il controllo al quale era sottoposta, si comportava con estrema disinvoltura ma non si faceva sfuggire niente.
Conosceva la zona molto bene, aveva osservato e studiato spesso la mappa che suo nonno teneva appesa nel suo studio, e sulla quale aveva studiato e imparato quante e quali fossero i possedimenti da controllare, se solo fosse riuscita ad andarsene sapeva come orientarsi, e poi? Poi dove poteva andare? Non da Sara e Alfred, sarebbe stato il primo posto in cui l’avrebbero cercata e lei non voleva essere trovata, mai più!
Stava ancora pensando a tutto questo mentre si pettinava davanti allo specchio. Colette non aveva molto da fare e rimaneva spesso ad osservarla a lungo.
Bussarono con forza e insistenza alla porta che, come al solito era sbarrata. Riconobbe il bastone di suo nonno, infatti la voce del vecchio si fece sentire. Da quando l’aveva ripudiato non lo aveva più sentito né visto, se era lì doveva esserci un motivo importante.
Katrin, esci immediatamente o farò abbattere la porta. Urlò con quanto fiato aveva.  Se non ti presenti fra dieci minuti nel mio studio manderò qualcuno a buttare giù la porta. E si allontanò zoppicando.
Cosa intende fare, lady Katrin? Le chiese Colette.
Vuole che vada? Bene, ci andrò, ma non sono obbligata a parlargli. Era ora di vedere fino a dove poteva spingersi.
Indossò uno degli abiti da cameriera, neri e informi che aveva cominciato ad indossare, si slegò i capelli e si diresse nello studio di suo nonno.
Bussò ed entrò. Il vecchio lord, con sguardo fiero e arcigno era seduto sulla sua poltrona e le fece cenno di accomodarsi di fronte a lui.
Lei non abbassava lo sguardo mentre lui la scrutava.
Voleva parlarmi, lord Sheppard? Gli chiese quasi irridendolo.
Lui battè con forza il bastone sulla scrivania, quasi volesse colpire quella sfrontata, ma lei non fece una mossa.
Da quando mia nipote si veste come l’ultima delle serve? Urlò di nuovo.
Da quando non sono più sua nipote, lord Sheppard. Gli rispose senza esitazione.
Adesso basta! E’ ora di finire questa sceneggiata. Si alterò battendo con più forza di nuovo il bastone sulla scrivania.
Se non la smetti immediatamente di comportarti da scriteriata ti rispedisco da tuo padre e ti faccio rinchiudere nella torre, voglio vedere se torni a più miti consigli. Le ringhiò.
Katrin si alzò in piedi e, come aveva fatto in passato con suo padre, appoggiò le mani alla scrivania e avvicinò il suo viso a quello del lord. Io non andrò mai più nella torre, lord Sheppard, ci scommetto la vita. Gli disse prima di rimettersi a sedere.
Lei ancora non lo sapeva, ma lord Sheppard aveva assolutamente bisogno di lei, ancora poche settimane e alcuni inviati della Cerchia ristretta sarebbero venuti a controllare se i rapporti che ricevevano corrispondevano al vero. Qualche voce era arrivata anche a loro.
Il vecchio signore non si fece intimidire, o almeno non lo diede a vedere. Hai tre giorni di tempo per riprendere il tuo posto, oppure manderò via la tua cameriera. Ora puoi andare, pensa bene a quello che fai, tu sai di cosa sono capace. Le ricordò stringendo il bastone.
Katrin si alzò, fece un irriverente inchino che mandò su tutte le furie il lord. Uscì col sorriso sulle labbra, non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di farsi vedere vulnerabile da lui, e da nessun altro.
Raggiunse la sua stanza. Colette era in pensiero ma si calmò quando la vide rientrare.
Dobbiamo parlare, Colette. E’ ora di mettere in atto il mio piano di fuga. Mio nonno ti manderà via ed io non voglio tornare ad essere una sua pedina. Io sono Katrin, una plebea senza titoli, e così voglio rimanere. Disse all’esterrefatta cameriera.
Un sorriso disegnò le labbra di Katrin, adesso aveva un piano.


immagine dal web - diritti e proprietà di Milena Ziletti

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