KATRIN, LA SUA STORIA
parte centotre
Era
arrabbiata, delusa e arrabbiata. Come aveva fatto a farsi imbrogliare in quel
modo? Quello che le aveva fatto suo nonno era un contesto che mai e poi mai
avrebbe potuto immaginare. Era una donna ferita, e soffriva in modo atroce.
Inutile negarlo a se stessa, Robin aveva ragione, sarebbe sempre stato suo
marito e lei non smetteva di amarlo, sperava di riuscirci col tempo.
Rimase
seduta ancora a respirare l’aria pulita. Come doveva comportarsi con suo nonno?
Era un uomo potente e lei era consapevole che non poteva tenergli testa a
lungo. Ora come ora poteva perdere, se già non era successo, tutti i privilegi
del suo rango. Non le interessava particolarmente, non aveva mai anelato a
ricchezze e potere, ma all’amore sincero di una famiglia, quella famiglia che
non aveva mai avuto, quello sì. In quel momento rimpianse più che mai di non
essere cresciuta con la sua vera famiglia. Chissà dov’erano e se ogni tanto
pensavano a lei.
Abbassò il
capo e copiose lacrime le caddero sugli abiti da maschiaccio. Lasciò che
sfogassero almeno in parte quello che sentiva dentro e che aveva sopportato in
quei giorni, anche se sapeva che non sarebbero servite proprio a niente.
Alba sentiva
il dolore della sua padrona e le si avvicinò. Avvicinò il dolce muso al viso
bagnato di lacrime di Katrin e la consolò a modo suo. Lei ricambiò con una
carezza. Presto ci dovremo separare,
dolce amica. Rimontò in sella e tornò al castello scortata da due guardie
che si tenevano a distanza.
Erano
passati tre giorni e lei era uscita con Alba ogni mattina. Tentava di capire
come fosse il controllo al quale era sottoposta, si comportava con estrema
disinvoltura ma non si faceva sfuggire niente.
Conosceva la
zona molto bene, aveva osservato e studiato spesso la mappa che suo nonno
teneva appesa nel suo studio, e sulla quale aveva studiato e imparato quante e
quali fossero i possedimenti da controllare, se solo fosse riuscita ad andarsene
sapeva come orientarsi, e poi? Poi dove poteva andare? Non da Sara e Alfred,
sarebbe stato il primo posto in cui l’avrebbero cercata e lei non voleva essere
trovata, mai più!
Stava ancora
pensando a tutto questo mentre si pettinava davanti allo specchio. Colette non
aveva molto da fare e rimaneva spesso ad osservarla a lungo.
Bussarono
con forza e insistenza alla porta che, come al solito era sbarrata. Riconobbe
il bastone di suo nonno, infatti la voce del vecchio si fece sentire. Da quando
l’aveva ripudiato non lo aveva più sentito né visto, se era lì doveva esserci
un motivo importante.
Katrin, esci immediatamente o farò
abbattere la porta. Urlò
con quanto fiato aveva. Se non ti presenti fra dieci minuti nel mio
studio manderò qualcuno a buttare giù la porta. E si allontanò zoppicando.
Cosa intende fare, lady Katrin? Le chiese Colette.
Vuole che vada? Bene, ci andrò, ma
non sono obbligata a parlargli. Era ora di vedere fino a dove poteva spingersi.
Indossò uno
degli abiti da cameriera, neri e informi che aveva cominciato ad indossare, si
slegò i capelli e si diresse nello studio di suo nonno.
Bussò ed
entrò. Il vecchio lord, con sguardo fiero e arcigno era seduto sulla sua
poltrona e le fece cenno di accomodarsi di fronte a lui.
Lei non
abbassava lo sguardo mentre lui la scrutava.
Voleva parlarmi, lord Sheppard? Gli chiese quasi irridendolo.
Lui battè
con forza il bastone sulla scrivania, quasi volesse colpire quella sfrontata,
ma lei non fece una mossa.
Da quando mia nipote si veste come
l’ultima delle serve? Urlò di nuovo.
Da quando non sono più sua nipote,
lord Sheppard. Gli
rispose senza esitazione.
Adesso basta! E’ ora di finire questa
sceneggiata. Si
alterò battendo con più forza di nuovo il bastone sulla scrivania.
Se non la smetti immediatamente di
comportarti da scriteriata ti rispedisco da tuo padre e ti faccio rinchiudere
nella torre, voglio vedere se torni a più miti consigli. Le ringhiò.
Katrin si
alzò in piedi e, come aveva fatto in passato con suo padre, appoggiò le mani
alla scrivania e avvicinò il suo viso a quello del lord. Io non andrò mai più nella torre, lord Sheppard, ci scommetto la vita. Gli
disse prima di rimettersi a sedere.
Lei ancora
non lo sapeva, ma lord Sheppard aveva assolutamente bisogno di lei, ancora
poche settimane e alcuni inviati della Cerchia
ristretta sarebbero venuti a controllare se i rapporti che ricevevano
corrispondevano al vero. Qualche voce era arrivata anche a loro.
Il vecchio
signore non si fece intimidire, o almeno non lo diede a vedere. Hai tre giorni di tempo per riprendere il
tuo posto, oppure manderò via la tua cameriera. Ora puoi andare, pensa bene a
quello che fai, tu sai di cosa sono capace. Le ricordò stringendo il
bastone.
Katrin si
alzò, fece un irriverente inchino che mandò su tutte le furie il lord. Uscì col
sorriso sulle labbra, non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di farsi vedere
vulnerabile da lui, e da nessun altro.
Dobbiamo parlare, Colette. E’ ora di
mettere in atto il mio piano di fuga. Mio nonno ti manderà via ed io non voglio
tornare ad essere una sua pedina. Io sono Katrin, una plebea senza titoli, e
così voglio rimanere.
Disse all’esterrefatta cameriera.
Un sorriso
disegnò le labbra di Katrin, adesso aveva un piano.
Nessun commento:
Posta un commento