KATRIN, LA SUA STORIA
parte centootto
Era il
venticinque agosto, dieci giorni erano passati dalla fuga di Katrin.
Robin non si
dava pace e aveva dato ordini precisi: la ricerca sarebbe continuata ad
oltranza, e drappelli di soldati si sarebbero dati il cambio alla tenuta di
Alfred e di Jacob, era sicuro che sarebbe andata da loro; altri soldati
avrebbero setacciato tutte le strade note e meno note di tutta la zona.
Aveva
bisogno di riposo ma lord Sheppard lo aspettava nel suo studio, si tolse la
polvere della lunga cavalcata e bevve un boccale di birra, non aveva tempo per
mangiare, si cambiò gli abiti e si recò dal lord.
Il vecchio
lord era seduto dietro la sua scrivania e fece cenno a Robin di sedersi. Lo
osservò per alcuni istanti. Ancora
niente, vero? Chiese ben sapendo la risposta.
Non ho trovato nemmeno il più piccolo
indizio. Ho dato ulteriori ordini ai soldati, il tempo non sarà clemente ancora
a lungo e se mia moglie è là fuori può succederle di tutto. Gli rispose con la morte nel cuore.
Lord
Sheppard rimase in silenzio per pochi attimi, assorto ad osservarlo. Fra meno di una settimana i delegati della
Cerchia Ristretta saranno qui, è assolutamente indispensabile che Katrin sia
qui. Disse rabbioso battendo il bastone sulla scrivania. E’ meglio che ti dia da fare e che vada tu
stesso a cercarla, sei l’unico che ci può riuscire. Aggiunse con tono
aspro.
So bene quello che devo fare. Ora ho
bisogno di riposarmi e domani mattina partirò di nuovo, rivoglio mia moglie,
lord Sheppard, mi interessa solo questo. Gli rispose seccato prima di alzarsi e di uscire.
Raggiunse la
sua stanza e si sdraiò addormentandosi di colpo, era talmente stanco che non
avrebbe potuto fare nemmeno un altro passo senza crollare.
La notte era
sopraggiunta scura e piena di rumori. Katrin si era già incamminata, era stanca
e affamata ma determinata a non mollare, era sicura che la direzione era quella
giusta e che mancava poco alla sua meta.
Mentre
camminava aveva tutti i sensi all’erta anche se sapeva che nessuno passava di
notte da quelle parti, o almeno era quello che sperava. Ansimava e si fermò
appoggiandosi al tronco di un vecchio albero. Si dissetò cercando di riprendere
fiato, aveva i piedi quasi nudi, le sue scarpe si erano consumate e cominciava
ad avere piccole ferite. Prese la grande sciarpa e col pugnale la tagliò a
metà, l’avvolse a coprire i piedi e la legò ben stretta. Sospirò e riprese il
suo viaggio.
L’alba stava
sorgendo e gli uccelli erano già usciti dal nido. Era spettinata, sporca, e
molto, molto stanca. Cercò con lo sguardo un riparo e salì veloce su un albero
dalle fronde spesse.
Prese posto
il più comodamente possibile e gli occhi le si chiusero ma li riaprì di colpo,
da quell’altezza vedeva nettamente la torre di legno della proprietà di Jacob.
Il suo cuore ballò nel petto, era arrivata a destinazione. Ce l’aveva fatta, e
si addormentò finalmente contenta.
Si svegliò
che il buio non era ancora sceso. Rimase immobile ad osservare fin dove poteva
arrivare il suo sguardo e si rese conto di essere molto vicina alla casa
padronale. Un ampio terreno coltivato ad erba separava il boschetto dalla
proprietà. Più vicina era invece la torre di legno.
Quello che
non si aspettava era di vedere tre soldati che perlustravano la zona, sarebbe
stato molto difficile raggiungere la casa di Jacob senza essere vista, doveva
trovare una strategia, il tempo non le mancava ma il cibo sì.
Mentre
l’ultimo barlume del tramonto mandava la sua dolce carezza prese il suo arco e
una freccia. Aveva le braccia stanche e le mani le tremavano ma la sua mente
era concentrata. Incoccò la freccia e prese la mira, la freccia si conficcò
proprio dove lei voleva, e sorrise soddisfatta, Jacob avrebbe capito.
Il buio
scese e lei non riusciva a stare ferma. Con le mani ferite e i piedi doloranti
ridiscese dall’albero e, con molta circospezione si avvicinò alla torre. Era
solida e aveva sopportato le intemperie di tanti anni. Alzò lo sguardo ma non
riuscì a vederne la sommità, decise di arrampicarsi, da quell’altezza avrebbe
avuto tutto sotto controllo e non poteva essere vista, almeno era quello che
lei sperava.
Nel
frattempo, uno dei lavoranti della tenuta aveva estratto la freccia e aveva
bussato alla porta del suo padrone. Gliela consegnò dicendo dove l’aveva
trovata e se c’erano dei pericoli in giro. Jacob lo rassicurò e gli impose di
non parlarne a nessuno.
Uscì sotto
il portico con la freccia in mano e lasciò che il suo sguardo spaziasse intorno
ma il buio non lasciava molto spazio. Dov’è,
lady Katrin? Come posso aiutarla? Pensò quasi sperando che le giungessero i
suoi pensieri. Poi un movimento attrasse la sua attenzione e vide un’ombra che,
svelta e silenziosa come un gatto saliva in cima alla torre. L’aveva trovata, e
lei aveva trovato lui, aveva sempre saputo che sarebbe arrivata lì. Rientrò in
casa e nascose la freccia. La notte passò come le altre.
Jacob uscì
di casa che il sole non era ancora sorto. Raggiunse la torre e lasciò una sacca
con del cibo, rientrò che nessuno si era accorto di niente.
Katrin lo
aveva visto e fu felice di sapere che lui l’aveva trovata. Era stanca ma doveva
scendere veloce dalla torre e prendere il cibo prima che il sole sorgesse. Le
sue mani e i suoi piedi sanguinavano ma fu veloce e si ritirò sulla cima della
torre, era un posto piuttosto comodo rispetto ai rami degli alberi.
Mangiò e
bevve cercando di riposare. Ben nascosta osservava la vita che riprendeva come
ogni giorno alla tenuta di Jacob. Sapeva che l’aspettava e lei lo avrebbe
raggiunto.
immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti
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