giovedì 27 febbraio 2020

KATRIN, LA SUA STORIA


KATRIN, LA SUA STORIA

parte centootto






Era il venticinque agosto, dieci giorni erano passati dalla fuga di Katrin.
Robin non si dava pace e aveva dato ordini precisi: la ricerca sarebbe continuata ad oltranza, e drappelli di soldati si sarebbero dati il cambio alla tenuta di Alfred e di Jacob, era sicuro che sarebbe andata da loro; altri soldati avrebbero setacciato tutte le strade note e meno note di tutta la zona.
Aveva bisogno di riposo ma lord Sheppard lo aspettava nel suo studio, si tolse la polvere della lunga cavalcata e bevve un boccale di birra, non aveva tempo per mangiare, si cambiò gli abiti e si recò dal lord.
Il vecchio lord era seduto dietro la sua scrivania e fece cenno a Robin di sedersi. Lo osservò per alcuni istanti. Ancora niente, vero? Chiese ben sapendo la risposta.
Non ho trovato nemmeno il più piccolo indizio. Ho dato ulteriori ordini ai soldati, il tempo non sarà clemente ancora a lungo e se mia moglie è là fuori può succederle di tutto. Gli rispose con la morte nel cuore.
Lord Sheppard rimase in silenzio per pochi attimi, assorto ad osservarlo. Fra meno di una settimana i delegati della Cerchia Ristretta saranno qui, è assolutamente indispensabile che Katrin sia qui. Disse rabbioso battendo il bastone sulla scrivania. E’ meglio che ti dia da fare e che vada tu stesso a cercarla, sei l’unico che ci può riuscire. Aggiunse con tono aspro.
So bene quello che devo fare. Ora ho bisogno di riposarmi e domani mattina partirò di nuovo, rivoglio mia moglie, lord Sheppard, mi interessa solo questo. Gli rispose seccato prima di alzarsi e di uscire.
Raggiunse la sua stanza e si sdraiò addormentandosi di colpo, era talmente stanco che non avrebbe potuto fare nemmeno un altro passo senza crollare.
La notte era sopraggiunta scura e piena di rumori. Katrin si era già incamminata, era stanca e affamata ma determinata a non mollare, era sicura che la direzione era quella giusta e che mancava poco alla sua meta.
Mentre camminava aveva tutti i sensi all’erta anche se sapeva che nessuno passava di notte da quelle parti, o almeno era quello che sperava. Ansimava e si fermò appoggiandosi al tronco di un vecchio albero. Si dissetò cercando di riprendere fiato, aveva i piedi quasi nudi, le sue scarpe si erano consumate e cominciava ad avere piccole ferite. Prese la grande sciarpa e col pugnale la tagliò a metà, l’avvolse a coprire i piedi e la legò ben stretta. Sospirò e riprese il suo viaggio.
L’alba stava sorgendo e gli uccelli erano già usciti dal nido. Era spettinata, sporca, e molto, molto stanca. Cercò con lo sguardo un riparo e salì veloce su un albero dalle fronde spesse.
Prese posto il più comodamente possibile e gli occhi le si chiusero ma li riaprì di colpo, da quell’altezza vedeva nettamente la torre di legno della proprietà di Jacob. Il suo cuore ballò nel petto, era arrivata a destinazione. Ce l’aveva fatta, e si addormentò finalmente contenta.
Si svegliò che il buio non era ancora sceso. Rimase immobile ad osservare fin dove poteva arrivare il suo sguardo e si rese conto di essere molto vicina alla casa padronale. Un ampio terreno coltivato ad erba separava il boschetto dalla proprietà. Più vicina era invece la torre di legno.
Quello che non si aspettava era di vedere tre soldati che perlustravano la zona, sarebbe stato molto difficile raggiungere la casa di Jacob senza essere vista, doveva trovare una strategia, il tempo non le mancava ma il cibo sì.
Mentre l’ultimo barlume del tramonto mandava la sua dolce carezza prese il suo arco e una freccia. Aveva le braccia stanche e le mani le tremavano ma la sua mente era concentrata. Incoccò la freccia e prese la mira, la freccia si conficcò proprio dove lei voleva, e sorrise soddisfatta, Jacob avrebbe capito.
Il buio scese e lei non riusciva a stare ferma. Con le mani ferite e i piedi doloranti ridiscese dall’albero e, con molta circospezione si avvicinò alla torre. Era solida e aveva sopportato le intemperie di tanti anni. Alzò lo sguardo ma non riuscì a vederne la sommità, decise di arrampicarsi, da quell’altezza avrebbe avuto tutto sotto controllo e non poteva essere vista, almeno era quello che lei sperava.
Nel frattempo, uno dei lavoranti della tenuta aveva estratto la freccia e aveva bussato alla porta del suo padrone. Gliela consegnò dicendo dove l’aveva trovata e se c’erano dei pericoli in giro. Jacob lo rassicurò e gli impose di non parlarne a nessuno.
Uscì sotto il portico con la freccia in mano e lasciò che il suo sguardo spaziasse intorno ma il buio non lasciava molto spazio. Dov’è, lady Katrin? Come posso aiutarla? Pensò quasi sperando che le giungessero i suoi pensieri. Poi un movimento attrasse la sua attenzione e vide un’ombra che, svelta e silenziosa come un gatto saliva in cima alla torre. L’aveva trovata, e lei aveva trovato lui, aveva sempre saputo che sarebbe arrivata lì. Rientrò in casa e nascose la freccia. La notte passò come le altre.
Jacob uscì di casa che il sole non era ancora sorto. Raggiunse la torre e lasciò una sacca con del cibo, rientrò che nessuno si era accorto di niente.
Katrin lo aveva visto e fu felice di sapere che lui l’aveva trovata. Era stanca ma doveva scendere veloce dalla torre e prendere il cibo prima che il sole sorgesse. Le sue mani e i suoi piedi sanguinavano ma fu veloce e si ritirò sulla cima della torre, era un posto piuttosto comodo rispetto ai rami degli alberi.
Mangiò e bevve cercando di riposare. Ben nascosta osservava la vita che riprendeva come ogni giorno alla tenuta di Jacob. Sapeva che l’aspettava e lei lo avrebbe raggiunto.


immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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