KATRIN , LA SUA STORIA
parte centouno
Katrin cercò
di recuperare un minimo di calma, ma non ci riuscì. Guardava Colette che aveva
un’espressione di terrore sul viso e decise di parlarle.
Da oggi ho ripudiato sia mio nonno
che mio marito. Le
disse soltanto.
Colette non
era una ingenua, sospettava da tempo che qualcosa non andava ed ora metteva
insieme le poche informazioni che aveva e, anche se non riusciva a farsi un
quadro esatto della situazione ci andava molto vicina.
Katrin
controllò con lo sguardo che le porte fossero sbarrate. Andò nella piccola sala
e poi nel salotto e cominciò a devastare ogni cosa. Con l’ascia fracassava
vetri, specchi, suppellettili e soprammobili tutto di grande valore. Sembrava
indiavolata e Colette tratteneva la paura coi pugni in bocca per non urlare.
Quando ebbe finito richiuse la porta a chiave lasciando tutta la distruzione
che aveva fatto.
Con passo
deciso si avvicinò al grande letto a baldacchino, quello che l’aveva vista
sposa innamorata e appassionata e con colpi secchi e decisi abbattè le colonne
e il tetto del letto cadde rumorosamente. Con colpi sempre più forti continuò
nella sua demolizione. Ansimava e sudava ma non aveva nessuna intenzione di
fermarsi.
Apri la finestra, Colette, e dammi
una mano.
La cameriera
corse ad aprire i vetri e le due donne iniziarono a gettare dalla finestra i
pezzi di letto, i materassi, i cuscini e la biancheria. Fu faticoso ma non ci
impiegarono molto.
Poi Katrin
andò nello spogliatoio di Robin e prese tutto ciò che era di suo marito e lo gettò
dalla finestra, si guardò intorno per essere sicura che non ci fosse più niente
di quell’essere miserabile e quando fu soddisfatta aprì il suo armadio e tolse
il suo abito da sposa. Lo lacerò facendolo a brandelli e buttò anche quello nel
cortile di sotto.
Il respiro
era ancora affannoso. La stanchezza si faceva sentire. Si sedette sulla
poltrona con le asce appoggiate ai lati.
Finalmente
un po’ di silenzio. Durò poco perché Robin cominciò a battere contro la porta. Apri Katrin, per l’amor di dio apri! E
continuava a battere mani e piedi contro la solida porta sbarrata.
Lei non
rispondeva, non aveva niente da dirgli, non si riteneva più sua moglie e non lo
voleva vedere, sapeva che non sarebbe stata in grado di trattenere la sua
collera, doveva saperlo anche lui, perché dopo più di mezz’ora e con le nocche
sanguinanti, Robin capì che non avrebbe ottenuto nulla.
Lanciò un
grido di rabbia e di dolore prima di allontanarsi, ma Katrin non fece una
mossa.
Aspettò che
il respiro tornasse normale chiamò Colette. Vieni
Colette, siedi qui vicino, dobbiamo parlare.
La cameriera
ancora tremava, non aveva mai visto nessuno comportarsi in quel modo.
Grazie per essere dalla mia parte, e
grazie per quello che farai per me. Io non ho nessuno e conto su di te, sulla
tua alleanza. Dovrai portarmi cibo e quello che mi serve, io da qui non esco
per ora, devo studiare il modo per andarmene. Le disse in tutta sincerità.
Ma come farà Lady Katrin? Le chiese molto preoccupata.
Troverò il modo, ne sono sicura, ma
per il momento ho bisogno di essere lasciata in pace da tutti e mi isolerò per
qualche giorno qui, in questa camera vuota. Questo giorno resterà impresso
dentro di me come un marchio di fuoco. Un giorno ti racconterò tutta la storia,
hai il diritto di conoscerla, ma per adesso voglio solo essere lasciata sola.
Conto sulla tua discrezione o per me sarà davvero finita. Le disse sdraiandosi sul sofà.Vai pure ora, ci vediamo domani mattina. E
sbarrò la porta dietro di lei.
Si sdraiò e
chiuse gli occhi, dio quanto desiderava dormire. Fu accontentata e si
addormentò con l’ascia poggiata al sofà.
Robin non si
dava pace mentre lord Sheppard non dava segni di nervosismo. Calmati Robin, dalle qualche giorno e poi
sarà costretta a cedere.
Robin fu
solo in quel momento che capì chi era veramente lord Sheppard: un uomo che per
raggiungere i suoi scopi e le sue mete non guardava in faccia a nessuno e se si
era servito di Katrin con tanta falsità e disinvoltura chissà cosa altro era
capace di fare. Vado a vedere di trovarmi
una stanza. E uscì senza aggiungere altro.
La servitù
ormai sapeva cosa era successo e si scansava mentre Robin attraversava corridoi
e stanze. Chiamò la governante e fece la sua richiesta. Gli venne assegnata una
stanza ben distante da quella di sua moglie ed ebbe il dubbio che l’avessero
fatto apposta. Ci si chiuse dentro e sprofondò sul letto cigolante. Non si era
tolto nemmeno gli stivali e stava lì, al buio a pensare a cosa poteva fare per
riportare sua moglie da lui, era consapevole che non sarebbe stato facile,
poteva dire quel che voleva lord Sheppard ma Katrin era Katrin e nessuno la
conosceva bene quanto lui, per questo gli tremava il cuore al pensiero di
quello che poteva fare. Aveva una intelligenza da soldato oltre che da donna
tradita e dava per scontato che già in quel momento stava studiando il modo per
andarsene senza essere vista. Lui stesso le aveva insegnato ogni tattica di
attacco e di difesa, di sopravvivenza ed ora si malediva per essere stato così
meticoloso negli insegnamenti.
Il suo cuore
non aveva ancora smesso di martellargli nel petto. Tutto era precipitato, e lui
non aveva un piano per porvi rimedio.
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