martedì 18 febbraio 2020

KATRIN, LA SUA STORIA


KATRIN , LA SUA STORIA

parte centouno






Katrin cercò di recuperare un minimo di calma, ma non ci riuscì. Guardava Colette che aveva un’espressione di terrore sul viso e decise di parlarle.
Da oggi ho ripudiato sia mio nonno che mio marito. Le disse soltanto.
Colette non era una ingenua, sospettava da tempo che qualcosa non andava ed ora metteva insieme le poche informazioni che aveva e, anche se non riusciva a farsi un quadro esatto della situazione ci andava molto vicina.
Katrin controllò con lo sguardo che le porte fossero sbarrate. Andò nella piccola sala e poi nel salotto e cominciò a devastare ogni cosa. Con l’ascia fracassava vetri, specchi, suppellettili e soprammobili tutto di grande valore. Sembrava indiavolata e Colette tratteneva la paura coi pugni in bocca per non urlare. Quando ebbe finito richiuse la porta a chiave lasciando tutta la distruzione che aveva fatto.
Con passo deciso si avvicinò al grande letto a baldacchino, quello che l’aveva vista sposa innamorata e appassionata e con colpi secchi e decisi abbattè le colonne e il tetto del letto cadde rumorosamente. Con colpi sempre più forti continuò nella sua demolizione. Ansimava e sudava ma non aveva nessuna intenzione di fermarsi.
Apri la finestra, Colette, e dammi una mano.
La cameriera corse ad aprire i vetri e le due donne iniziarono a gettare dalla finestra i pezzi di letto, i materassi, i cuscini e la biancheria. Fu faticoso ma non ci impiegarono molto.
Poi Katrin andò nello spogliatoio di Robin e prese tutto ciò che era di suo marito e lo gettò dalla finestra, si guardò intorno per essere sicura che non ci fosse più niente di quell’essere miserabile e quando fu soddisfatta aprì il suo armadio e tolse il suo abito da sposa. Lo lacerò facendolo a brandelli e buttò anche quello nel cortile di sotto.
Il respiro era ancora affannoso. La stanchezza si faceva sentire. Si sedette sulla poltrona con le asce appoggiate ai lati.
Finalmente un po’ di silenzio. Durò poco perché Robin cominciò a battere contro la porta. Apri Katrin, per l’amor di dio apri! E continuava a battere mani e piedi contro la solida porta sbarrata.
Lei non rispondeva, non aveva niente da dirgli, non si riteneva più sua moglie e non lo voleva vedere, sapeva che non sarebbe stata in grado di trattenere la sua collera, doveva saperlo anche lui, perché dopo più di mezz’ora e con le nocche sanguinanti, Robin capì che non avrebbe ottenuto nulla.
Lanciò un grido di rabbia e di dolore prima di allontanarsi, ma Katrin non fece una mossa.
Aspettò che il respiro tornasse normale chiamò Colette. Vieni Colette, siedi qui vicino, dobbiamo parlare.
La cameriera ancora tremava, non aveva mai visto nessuno comportarsi in quel modo.
Grazie per essere dalla mia parte, e grazie per quello che farai per me. Io non ho nessuno e conto su di te, sulla tua alleanza. Dovrai portarmi cibo e quello che mi serve, io da qui non esco per ora, devo studiare il modo per andarmene. Le disse in tutta sincerità.
Ma come farà Lady Katrin? Le chiese molto preoccupata.
Troverò il modo, ne sono sicura, ma per il momento ho bisogno di essere lasciata in pace da tutti e mi isolerò per qualche giorno qui, in questa camera vuota. Questo giorno resterà impresso dentro di me come un marchio di fuoco. Un giorno ti racconterò tutta la storia, hai il diritto di conoscerla, ma per adesso voglio solo essere lasciata sola. Conto sulla tua discrezione o per me sarà davvero finita. Le disse sdraiandosi sul sofà.Vai pure ora, ci vediamo domani mattina. E sbarrò la porta dietro di lei.
Si sdraiò e chiuse gli occhi, dio quanto desiderava dormire. Fu accontentata e si addormentò con l’ascia poggiata al sofà.
Robin non si dava pace mentre lord Sheppard non dava segni di nervosismo. Calmati Robin, dalle qualche giorno e poi sarà costretta a cedere.
Robin fu solo in quel momento che capì chi era veramente lord Sheppard: un uomo che per raggiungere i suoi scopi e le sue mete non guardava in faccia a nessuno e se si era servito di Katrin con tanta falsità e disinvoltura chissà cosa altro era capace di fare. Vado a vedere di trovarmi una stanza. E uscì senza aggiungere altro.
La servitù ormai sapeva cosa era successo e si scansava mentre Robin attraversava corridoi e stanze. Chiamò la governante e fece la sua richiesta. Gli venne assegnata una stanza ben distante da quella di sua moglie ed ebbe il dubbio che l’avessero fatto apposta. Ci si chiuse dentro e sprofondò sul letto cigolante. Non si era tolto nemmeno gli stivali e stava lì, al buio a pensare a cosa poteva fare per riportare sua moglie da lui, era consapevole che non sarebbe stato facile, poteva dire quel che voleva lord Sheppard ma Katrin era Katrin e nessuno la conosceva bene quanto lui, per questo gli tremava il cuore al pensiero di quello che poteva fare. Aveva una intelligenza da soldato oltre che da donna tradita e dava per scontato che già in quel momento stava studiando il modo per andarsene senza essere vista. Lui stesso le aveva insegnato ogni tattica di attacco e di difesa, di sopravvivenza ed ora si malediva per essere stato così meticoloso negli insegnamenti.
Il suo cuore non aveva ancora smesso di martellargli nel petto. Tutto era precipitato, e lui non aveva un piano per porvi rimedio.



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