sabato 29 febbraio 2020

KATRIN, LA SUA STORIA


KATRIN, LA SUA STORIA

parte centodieci






Il silenzio avvolgeva la stanza. La candela si consumava lentamente e Katrin teneva gli occhi bassi, conscia di aver fatto a Jacob una richiesta impossibile.
La mano dell’uomo, con gentilezza si posò su quella della donna. Credo di poterlo fare. Disse sottovoce.
Katrin alzò lo sguardo sul viso dell’uomo che più di tutti le era stato vicino, anche se per soli due anni. Non riusciva a chiedergli come fosse possibile.
Si fida di me, lady Katrin? Le chiese ben sapendo la risposta. Aspetti solo qualche minuto, poi dovremo agire in fretta. Aggiunse alzandosi e scomparendo dietro una porta.
Passarono solo pochi minuti e Jacob ritornò con un pesante mantello col cappuccio e glielo fece indossare. Mi segua, lady Katrin, inutile che le dica come si deve comportare, lo sa meglio di me, ma dobbiamo fare attenzione che i soldati non ci sentano. Uscirono e si fermarono qualche secondo per adattare gli occhi al buio.
La donna lo seguiva prestando la massima attenzione a tutti i rumori. Camminarono su un piccolo sentiero e, dopo quasi un’ora si fermarono. Davanti a loro un campo con vari carri e un uomo che cercava di accendere un fuoco sotto un grande pentolone.
Era una carovana di lavoratori itineranti, gente che si presentava nel periodo di maggior lavoro a prestare la loro opera. Uomini e donne che tutti rispettavano, ben sapendo quanto fossero onesti e gran lavoratori. E come ora, alla fine di agosto tornavano da dove erano venuti.
Jacob prese la mano di Katrin e si avvicinò all’uomo. Salve Marcus. Salutò l’uomo che era il capo di quella carovana. Folti baffi e un cappello floscio era quello che si riusciva a distinguere nel buio che molto presto sarebbe sparito per lasciare posto all’alba.
Salve, sir Jacob, è venuto a salutarci? Dopo colazione lasceremo la sua proprietà e spero possiamo rivederci alla prossima stagione. Rispose educatamente.
Jacob stringeva forte la mano di Katrin. Ho un favore da chiederti, amico mio. Vorrei affidarti questa signora, vorrei la portassi con te, ha bisogno di sparire per un po’! lo puoi fare? Gli chiese fiducioso.
E’ una fuorilegge? E’ ricercata per qualche delitto? Lei sa bene che noi non tolleriamo i delinquenti. Rispose senza mai guardare la donna.
Garantisco io per lei, deve solo fuggire da una situazione che la sta facendo soffrire, ha bisogno di tempo per riordinare le idee e non vuole essere trovata. Chiarì.
E’ quella che i soldati stanno cercando? E Jacob annuì, non avrebbe mai mentito a Marcus.
Lei è… Jacob si interruppe, non avrebbe voluto rivelare la vera identità.
Mi chiamo Kate, solo Kate. Sussurrò Katrin.
Nel frattempo Marion, la moglie di Marcus li aveva raggiunti. Il marito la mise velocemente al corrente.
Questa borsa di monete è per il tuo disturbo, per il resto la signora non ha altro che quello che indossa e il suo fagotto, ma ti garantisco la sua onestà. Disse loro Jacob battendosi la mano sul cuore.
Marcus accettò la borsa e Marion prese per mano Katrin. Vieni con me, bambina, lascia a loro i dettagli, rimarrai sul nostro carro e mi farai compagnia. E sparirono.
Nessuno deve sapere né deve vederla, è indispensabile che non ci siano testimoni, e nemmeno io voglio sapere dove andrete. Ti sono grato per quello che stai facendo, ha già sofferto troppo nella sua vita, ha bisogno di ritrovare un po’ di pace. Aggiunse Jacob dandogli la mano.
Ha la mia parola, sir Jacob. E tornò a preparare la colazione mentre l’altro si allontanava.
Marcus raggiunse le due donne sul carro e le mise al corrente di come avrebbero proceduto. Kate doveva rimanere sempre sul carro, tranne per brevi soste, a tempo debito avrebbe informato anche gli altri, ma per il momento nessuno sapeva.
Erano quindici carri che si mossero quando l’alba diede il via al viaggio. Quattro carri erano carichi di derrate alimentari, farina, granaglia, e negli altri alloggiavano scomodamente parecchi uomini e alcune donne.
Marcus guidava la carovana davanti a tutti e sentiva la voce di sua moglie che parlava con Kate. Lui sapeva bene chi fosse quella donna, gli era bastato uno sguardo a quel viso triste e magro per capire che aveva bisogno di aiuto.
Marion stava spiegando a Katrin. Noi siamo lavoratori itineranti, partiamo dal nostro villaggio ad aprile e ci torniamo a settembre. Siamo una bella comunità, e abitiamo in un posto molto nascosto. Per arrivare dobbiamo superare il passo della grande montagna che fra poco sarà inagibile fino ad aprile, siamo praticamente isolati e siamo davvero felici, perché al nostro ritorno ritroviamo le nostre famiglie, le nostre abitudini e trascorriamo i mesi che ci separano dal viaggio successivo con semplicità e affiatamento. Imparerai, bambina, imparerai e apprezzerai. Ti affideremo alle cure di Marta, una vecchia bisbetica che vive da sola da quando ha perso la figlia e sono sicura che, anche se all’inizio non lo dimostrerà, sarà ben felice di avere qualcuno con lei. Che ne dici, Marcus? Marta non dovrà passare da sola l’inverno. Chiese al marito che fece solo un cenno con la testa.
Katrin non si separava mai dal suo fagotto e Marion le chiese gentilmente cosa contenesse.
Katrin tolse i lacci e mostrò a Marion la spada, l’arco e le frecce, e il pugnale che teneva sempre alla vita. Questo è tutto ciò che è mio. Le rispose.
E sai usare quelle armi? Le chiese spalanco gli occhi, proprio non se l’aspettava.
Altroché, signora se le so usare. Le rispose con un sorriso.
Chiamami Marion, bambina. Le disse mentre la ricopriva con delle coperte visto che il marito aveva fatto cenno che sulla strada c’erano dei visitatori.


immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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