KATRIN, LA SUA STORIA
parte centodieci
Il silenzio
avvolgeva la stanza. La candela si consumava lentamente e Katrin teneva gli
occhi bassi, conscia di aver fatto a Jacob una richiesta impossibile.
La mano
dell’uomo, con gentilezza si posò su quella della donna. Credo di poterlo fare. Disse sottovoce.
Katrin alzò
lo sguardo sul viso dell’uomo che più di tutti le era stato vicino, anche se
per soli due anni. Non riusciva a chiedergli come fosse possibile.
Si fida di me, lady Katrin? Le chiese ben sapendo la risposta. Aspetti solo qualche minuto, poi dovremo
agire in fretta. Aggiunse alzandosi e scomparendo dietro una porta.
Passarono
solo pochi minuti e Jacob ritornò con un pesante mantello col cappuccio e
glielo fece indossare. Mi segua, lady
Katrin, inutile che le dica come si deve comportare, lo sa meglio di me, ma
dobbiamo fare attenzione che i soldati non ci sentano. Uscirono e si
fermarono qualche secondo per adattare gli occhi al buio.
La donna lo
seguiva prestando la massima attenzione a tutti i rumori. Camminarono su un
piccolo sentiero e, dopo quasi un’ora si fermarono. Davanti a loro un campo con
vari carri e un uomo che cercava di accendere un fuoco sotto un grande
pentolone.
Era una
carovana di lavoratori itineranti, gente che si presentava nel periodo di maggior
lavoro a prestare la loro opera. Uomini e donne che tutti rispettavano, ben
sapendo quanto fossero onesti e gran lavoratori. E come ora, alla fine di
agosto tornavano da dove erano venuti.
Jacob prese
la mano di Katrin e si avvicinò all’uomo. Salve
Marcus. Salutò l’uomo che era il capo di quella carovana. Folti baffi e un
cappello floscio era quello che si riusciva a distinguere nel buio che molto
presto sarebbe sparito per lasciare posto all’alba.
Salve, sir Jacob, è venuto a
salutarci? Dopo colazione lasceremo la sua proprietà e spero possiamo rivederci
alla prossima stagione. Rispose educatamente.
Jacob
stringeva forte la mano di Katrin. Ho un
favore da chiederti, amico mio. Vorrei affidarti questa signora, vorrei la
portassi con te, ha bisogno di sparire per un po’! lo puoi fare? Gli chiese
fiducioso.
E’ una fuorilegge? E’ ricercata per
qualche delitto? Lei sa bene che noi non tolleriamo i delinquenti. Rispose senza mai guardare la donna.
Garantisco io per lei, deve solo
fuggire da una situazione che la sta facendo soffrire, ha bisogno di tempo per
riordinare le idee e non vuole essere trovata. Chiarì.
E’ quella che i soldati stanno
cercando? E Jacob
annuì, non avrebbe mai mentito a Marcus.
Lei è… Jacob si interruppe, non avrebbe
voluto rivelare la vera identità.
Mi chiamo Kate, solo Kate. Sussurrò Katrin.
Nel
frattempo Marion, la moglie di Marcus li aveva raggiunti. Il marito la mise
velocemente al corrente.
Questa borsa di monete è per il tuo
disturbo, per il resto la signora non ha altro che quello che indossa e il suo
fagotto, ma ti garantisco la sua onestà. Disse loro Jacob battendosi la mano sul cuore.
Marcus
accettò la borsa e Marion prese per mano Katrin. Vieni con me, bambina, lascia a loro i dettagli, rimarrai sul nostro
carro e mi farai compagnia. E sparirono.
Nessuno deve sapere né deve vederla,
è indispensabile che non ci siano testimoni, e nemmeno io voglio sapere dove
andrete. Ti sono grato per quello che stai facendo, ha già sofferto troppo
nella sua vita, ha bisogno di ritrovare un po’ di pace. Aggiunse Jacob dandogli la mano.
Ha la mia parola, sir Jacob. E tornò a preparare la colazione
mentre l’altro si allontanava.
Marcus
raggiunse le due donne sul carro e le mise al corrente di come avrebbero
proceduto. Kate doveva rimanere sempre sul carro, tranne per brevi soste, a
tempo debito avrebbe informato anche gli altri, ma per il momento nessuno
sapeva.
Erano
quindici carri che si mossero quando l’alba diede il via al viaggio. Quattro
carri erano carichi di derrate alimentari, farina, granaglia, e negli altri alloggiavano
scomodamente parecchi uomini e alcune donne.
Marcus
guidava la carovana davanti a tutti e sentiva la voce di sua moglie che parlava
con Kate. Lui sapeva bene chi fosse quella donna, gli era bastato uno sguardo a
quel viso triste e magro per capire che aveva bisogno di aiuto.
Marion stava
spiegando a Katrin. Noi siamo lavoratori
itineranti, partiamo dal nostro villaggio ad aprile e ci torniamo a settembre.
Siamo una bella comunità, e abitiamo in un posto molto nascosto. Per arrivare
dobbiamo superare il passo della grande montagna che fra poco sarà inagibile
fino ad aprile, siamo praticamente isolati e siamo davvero felici, perché al
nostro ritorno ritroviamo le nostre famiglie, le nostre abitudini e
trascorriamo i mesi che ci separano dal viaggio successivo con semplicità e
affiatamento. Imparerai, bambina, imparerai e apprezzerai. Ti affideremo alle
cure di Marta, una vecchia bisbetica che vive da sola da quando ha perso la
figlia e sono sicura che, anche se all’inizio non lo dimostrerà, sarà ben felice
di avere qualcuno con lei. Che ne dici, Marcus? Marta non dovrà passare da sola
l’inverno. Chiese al marito che fece solo un cenno con la testa.
Katrin non
si separava mai dal suo fagotto e Marion le chiese gentilmente cosa contenesse.
Katrin tolse
i lacci e mostrò a Marion la spada, l’arco e le frecce, e il pugnale che teneva
sempre alla vita. Questo è tutto ciò che
è mio. Le rispose.
E sai usare quelle armi? Le chiese spalanco gli occhi, proprio
non se l’aspettava.
Altroché, signora se le so usare. Le rispose con un sorriso.
Chiamami Marion, bambina. Le disse mentre la ricopriva con
delle coperte visto che il marito aveva fatto cenno che sulla strada c’erano
dei visitatori.
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