IL SEGRETO DELLA LUNA
parte diciassette
Con lentezza
e silenzioso come un serpente strisciò fino ai gradini e, sempre strisciano
uscì dalla botola. Facendo sempre molta attenzione uscì dalla piccola cappella,
aveva timore che qualcuno fosse stato messo a guardia ma non vide nessuno.
Scelse una lapide più grande delle altre e si nascose in attesa che gli altri
uscissero. Stava riprendendo a respirare normalmente quando sentì altri passi
avvicinarsi, dalla paura di essere scoperto, strisciò verso il suo passaggio
segreto ed uscì dalle mura del convento. La luna era grande e luminosa e lui
non si fidò a rialzarsi in piedi, oltrepassò tutto il prato strisciando finché
raggiunse il boschetto, si inoltrò fra gli alberi, si rimise le scarpe e
ritornò di corsa verso casa. Non se la sentiva di rimanere per vedere da dove
sarebbero usciti, per il momento non gli importava, aveva troppe cose a cui
pensare e, decise, una ragazza da salvare.
Cincia era
seduta al tavolo della cucina con Rufus che dimenava la coda. Vide il viso
pallido dell’uomo e gli porse un bicchiere di vino. Gastone lo trangugiò d’un
fiato e si sdraiò sul sofà mentre Cincia si ritirava nella sua camera.
Rufus,
felice del ritorno del suo padrone si era messo al suo fianco e si era già
addormentato, ma lui no, Gastone non riusciva ad addormentarsi. Maledetti,
maledetti loro tutti, gliel’avrebbe fatta pagare cara, tutte quelle morti,
quelle famiglie distrutte dal dolore solo per potere e denaro. Maledetti. E si
addormentò con le lacrime che gli bagnavano le guance.
Stava
lavorando nella distilleria ma la sua testa era altrove. Quello che aveva
scoperto, anche se in parte se lo aspettava, lo aveva molto scosso. Aveva
capito che erano persone senza scrupoli pur di ottenere quello che volevano, ma
non per questo meno intelligenti e astuti.
Quello che
aveva detto che dovevano fare attenzione ai forestieri e quell’altro che voleva
assoldare degli investigatori erano sicuramente i più pericolosi e non si
sarebbero fatti da parte molto facilmente, soprattutto quando avessero scoperto
un altro cadavere che lui avrebbe fatto trovare loro molto presto.
Nella sua
mente andava ripercorrendo ogni istante di quella notte, aveva visto solo i
piedi e persone incappucciate, non poteva essere sicuro di poterne riconoscere
la voce, ed essendo il viso coperto dal cappuccio la voce non risultava
limpida, ma una cosa l’aveva notata e, se al momento gli era sfuggita ora glie
tornata in mente come un fulmine.
Uno di quegli
otto delinquenti doveva essere zoppo, perché aveva visto due piedi calzati in
stivali con la suola una molto più alta dell’altra. Decise, per il momento di
concentrarsi su questo personaggio, non poteva dedicarsi a tutti loro insieme
ma adesso aveva un elemento da sviluppare e, la domenica successiva, al pranzo
organizzato da Cincia ne avrebbe parlato. Doveva poi trovare un modo per vederli
in faccia e stava elaborando un piano per riuscirci. Doveva anche stare
attento, molto attento e non avere troppa fretta, non si era imposto un tempo
limite per portare a termine la sua vendetta, ma soltanto il modo di non essere
scoperto, non voleva finire in prigione o, ancora peggio ucciso da qualche
sicario mandato da quella gentaglia.
Cercò di
concentrarsi sul lavoro e di non pensare troppo, ma un’altra fanciulla era in
pericolo e lui non sapeva come fare per salvarla, avrebbe avuto bisogno di
tempo libero e scoprire chi era stato mandato alla sua ricerca ma era molto
limitato, Ermete non gli dava tregua col lavoro e con le richieste.
Era sabato ed
era andato al fiume a pescare pesci freschi per il pranzo del giorno dopo. Si
era avvicinato alla grande tenuta dei Morietti. Fischiettava e gli occhi, da
sotto il cappello guardavano in ogni direzione. Si fermò ad un’ansa del fiume
con Rufus al fianco e cominciò a pescare. Il cane cominciò a ringhiare
sommessamente, qualcuno si stava avvicinando.
Gastone sentì
i passi ancora in distanza ma non distolse la sua attenzione dal galleggiante
in acqua.
Si girò
soltanto quando quell’uomo fu a pochi passi da lui. Un individuo con un fucile
a spalla gli si affiancò.
“Che ci fai
qui? Non sai che questa è proprietà privata dei Morietti? Chi sei?”
“Sono
Gastone, un lavorante di Ermete e vivo in casa con Cincia, mi piace pescare nel
mio tempo libero e non sapevo che anche il fiume fosse proprietà privata, non
ho visto nessun cartello.”
L’uomo
guardava Gastone cercando di capirne le intenzioni, sapeva bene che non poteva
allontanarlo fino a che non fosse entrato nella proprietà dei suoi padroni, ci
era molto vicino ma era ancora su suolo pubblico.
“In effetti
il fiume non è di proprietà dei signori Morietti, ma ci sei molto vicino ed io
sono uno dei loro guardiani. So chi sei, ti ho visto a volte in chiesa e so che
stai con quella vecchia pazza e questo a me non interessa. Ti informo soltanto
che non puoi sconfinare nella tenuta. Da là in poi, come vedi c’è una serie di
cartelli che delimitano il confine. Ti consiglio di non oltrepassarlo o farai i
conti con me e i miei colleghi. In questa tenuta comanda il signor Costantino
Morietti e quello che lui vuole è legge e lui non vuole problemi nella sua
proprietà. Sono venuto solo per avvisarti ma so che sei un uomo intelligente.
Continua pure a pescare e tieni lontano da me quel tuo cane pulcioso o, chiaro
come il sole gli sparo dritto in fronte, quello che vale per te vale anche per
lui e, se mai ti venisse il desiderio di parlare con il mio padrone ti
consiglio di ricevere prima il suo invito, non si entra senza di quello. Buona
giornata.” E se ne andò.
Gastone
continuò a pescare. Era evidente che Costantino temeva per la sua incolumità e
della sua famiglia, sarebbe stato molto difficile avvicinarsi a quel
detestabile personaggio ma, per il momento non era ancora arrivato il suo
turno, ma sarebbe arrivato, oh se sarebbe arrivato!
Con la cesta
colma di pesce, fischiettando tornò a casa. Aiutato da Cincia pulì il pesce, la
selvaggina, verdura e frutta per il giorno dopo. Per quella vecchia era un
piacere potersi sentire utile e sembrava ringiovanita.
“Dimmi,
Cincia hai contattato le tue amiche?”
“Non sono
mie amiche, sono soltanto delle povere vecchie, sole come me. mi è bastato parlare
con una di loro per spargere la voce dell’invito a pranzo e sono sicura che non
mancherà nessuna. Sono cinque, e con noi saremo in sette, pensi ci sia cibo a
sufficienza?”
“Sono sicuro
di sì, hai già fatto il pane e il dolce, non dovevi affaticarti tanto, potevo
aiutarti io.”
“Tu fatti bello e sarai il principe delle vecchie!” E fece una sonora risata.
“Tu fatti bello e sarai il principe delle vecchie!” E fece una sonora risata.
La domenica
era calda ma meno afosa e la casa di Cincia era lustra, mentre profumi di
arrosti e grigliate si diffondeva nell’aria. Era tutto pronto e verso
mezzogiorno arrivarono tutte insieme. Si erano tirate a lucido col vestito
della festa e un bel fazzoletto colorato sui capelli. Discutevano ad alta voce
e Cincia uscì sulla porta ad accoglierle.
Le fece
entrare, offrì loro dell’acqua fresca e le fece accomodare a tavola.
“Che bella
idea hai avuto, vecchia cornacchia!” E giù a ridere come ragazzine.
Capitolo nove
Avevano
tutte superato i settant’anni e si conoscevano da sempre anche se si
frequentavano poco, soprattutto Cincia che non andava più nemmeno in paese se
non per lo stretto necessario e non frequentava più la chiesa. Si incontravano
ogni tanto e si raccontavano tutti i pettegolezzi del paese.
Per primo
entrò Rufus che andò ad accoccolarsi al suo posto vicino al sofà, poi entrò
Gastone e tutte rimasero con la bocca aperta.
Si era
lavato, profumato, pettinato e indossato una leggera camicia con le maniche
corte su un paio di leggeri pantaloni scuri, sembrava un dio uscito dal bosco.
I capelli tenuti indietro erano ancora umidi e i baffi corti e scuri
disegnavano un sorriso.
Prese un
sospiro ed entrò in cucina, si avvicinò ad ognuna di loro e baciò loro la mano
facendo un inchino. Se pur impossibile, quelle vecchie signore arrossirono
ormai non più avvezze a ricevere nessun complimento.
Cincia osservava
sorridendo compiaciuta l’effetto che Gastone aveva avuto su quelle donne e lo
fece accomodare a capo tavola.
“Ma che
bella compagnia, dovrete venire più spesso, conosco così poca gente di questo
posto e voi siete bellissime!”
Cincia sorrideva
senza farsi vedere, era proprio un gran buffone e le aveva già conquistate
tutte.
“So che
siete amiche della mia amica, perciò anche mie e, se avete bisogno di un uomo
in casa fatemelo sapere che vengo di corsa!” Lasciò che la frase ambigua
restasse nell’aria e si alzò per prendere il cibo e servirlo personalmente.
Quanti
sorrisi, quante risate e che stomaco vuoto avevano quelle donne anziane. Ci
furono racconti della loro gioventù, del loro passato, delle loro famiglie e di
tanti episodi che avevano vissuto insieme. Il vino, fresco e frizzante aveva
fatto il resto. Erano tutte allegre e Gastone fu galante con ognuna di loro.
Cincia gli
strizzò l’occhio. “Che ne dite ragazze di raccontare un po’ di storia del
nostro bel borgo? Gastone è un forestiero e so che gli piacerebbe sapere
qualcosa che ci riguarda. Hai qualche domanda specifica da fare?”
“Mi
piacerebbe conoscere di più sulle persone più in vista, ma anche di quelle
comuni, ho l’impressione che per conoscere ogni cosa dovrete venire spesso a
pranzo da noi!”
L’allegria e
le risate, le frasi ambigue furono nell’aria per alcuni minuti e i padroni di
casa lasciarono fare.
“Secondo
voi, chi è l’uomo o la donna più importanti di questo posto? E perché?”
“Semplice.”
Rispose Rosa. “L’uomo più importante è il marchese Lorreni. E’ padrone di terre
e bestiame, è ricco, influente e dicono che sia imparentato con un qualche
vescovone.”
“Fa parte
delle più vecchie famiglie del posto.” Aggiunse Maria. “Mia nipote ha lavorato
come aiuto cuoca e dice che là dentro al palazzo sembra di vivere in una
ghiacciaia. La moglie è morta di parto e lui se la spassa con tante donnine e
serve che vivono là. Ho sentito certi episodi!”
Maria si
guardò intorno e vide che erano tutti concentrati su di lei. Il sorriso di
Gastone la incoraggiò e continuò. “Ho sentito dire che usa la frusta con le
donne e che a lui piace farsi incatenare per poi vendicarsi, che si chiude in
camera con tre o quattro ragazze per volta. Un vero diavolo! Le donne sono
terrorizzate quando lo vedono arrivare perché allunga le mani sotto le vesti e
strizza le carni. Lo diceva sempre mia nonna che i nati storpi sono figli del
diavolo!”
“E’
storpio?” si informò l’uomo.
“Sì, è nato
con una gamba più corta dell’altra e credo che sia più cattivo anche per
questo!”
A Gastone si
drizzarono i capelli in testa. Da quell’uomo era fuggita sua moglie e chissà
cosa aveva dovuto sopportare, in più era uno dei colpevoli della morte delle
sue donne. Cercò di mantenere il sorriso ma Cincia si accorse della freddezza
che aveva invaso i suoi occhi e capì che quello era uno che avrebbe pagato.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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