martedì 2 giugno 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA



IL SEGRETO DELLA LUNA

parte quindici





Se aveva un dubbio ora non lo aveva più. Sapeva che quella donna si sarebbe fatta ammazzare piuttosto di tradirlo, chiamò il cane e si avviò al casotto. Entrò e, come faceva sempre si chiuse dentro. Osservò ogni cosa per vedere se ci fosse qualche indizio che lo potesse incriminare ma aveva fatto ogni cosa per bene e tutto era come doveva essere.
 La mattina non andò alla distilleria ma direttamente in paese. Era ancora presto ma c’erano già persone che entravano ed uscivano dalla casa del sacrestano. Si preparò un’espressione addolorata ed entrò. La salma della ragazza era stata ricomposta, le palpebre erano state abbassate, era stata lavata, pettinata e rivestita e posta sul suo lettuccio che era stato spostato nella stanza grande. Sembrava dormisse. Intorno c’era tutta la famiglia e parecchie altre persone. La madre era sconvolta e non smetteva di piangere, mentre il padre cercava di mantenere un certo distacco ma si vedeva che poteva crollare da un momento all’altro.
Gastone si avvicinò ai due e fece loro le condoglianze di rito poi si sedette in un angolo facendo finta di pregare. Stavano aspettando il prete per il rosario e lui vi avrebbe partecipato.
La stanza si affollò di tante persone e il caldo era insopportabile. Uno dei figli del sacrestano distribuì acqua fresca con pezzi di pane.
Gastone osservava ogni cosa, ogni movimento, ogni individuo. Le sedie più comode furono offerte alle persone di più alto rango. Ognuno aveva una parola, un gesto per quei genitori così provati dal dolore, tanti abbracci e pacche sulle spalle.
Fu solo un attimo, uno scambio di sguardi fra il sacrestano e un distinto signore che Gastone non conosceva. Vide che gli bisbigliava qualcosa all’orecchio per poi sedersi vicino alla madre della povera Laura.
Gastone sospirò per dimostrare dolore e una signora vicino a lui si asciugò gli occhi con un fazzoletto.
“Che dolore! Che disgrazia!” Ripeteva la donna.
“Proprio vero, perdere una figlia è il dolore più grande che si possa provare!” Fu l’unica frase sincera che gli uscì dalle labbra. “Chi è quel signore che si è appena seduto?”
La donna alzò lo sguardo verso Gastone come se ritenesse che fosse un povero scemo, come poteva non conoscere quell’uomo? Poi si ricordò che era un forestiero arrivato da poco.
“Quello è il signor Costantino, uno dei più grandi proprietari terrieri della zona. E’ anche uno dei più ricchi, ha terre e bestiame in gran quantità ed è proprietario della Cascina Morietti, con tutto quello che ne consegue.”
“E’ bello vedere gente così che porge le condoglianze anche ad un semplice sacrestano, deve essere bello vivere in un posto come questo dove tutti si vogliono bene!”
La donna aveva ripreso a lacrimare e non rispose.
Gastone si puntò nella mente il viso e il nome di quell’uomo Costantino Morietti, lo avrebbe tenuto sotto controllo.
Rimase per tutta la mattina seduto su quella scomoda sedia ad osservare. Il ragazzino che lo aveva aiutato nei lavori gli andò vicino e si sedette accanto a lui, aveva bisogno di qualcuno che lo sostenesse, tutti gli altri erano talmente presi dal piangere e lamentarsi. Lui gli accarezzò la testa senza parlare e rimasero vicini a lungo.
I funerali si sarebbero svolti il giorno dopo, tutti vi avrebbero partecipato. Si alzò, salutò di nuovo porgendo condoglianze e se ne ritornò alla distilleria.
Controllò che tutto fosse in ordine, non aveva voglia di rimanere al lavoro e ritornò a casa.

Capitolo otto
Era una rovente giornata di giungo e decise di andare al fiume con Rufus. Prese la sua canna da pesca e percorse il sentiero che così bene conosceva.
Mentre pescava aveva tutto il tempo per pensare. Si chiedeva cosa avessero da spartire due uomini così diversi come il sacrestano e il ricco proprietario terriero. A lui non era sfuggito che i due dovevano essere intimi anche se si trattavano come le convenzioni imponevano. Cosa gli aveva bisbigliato all’orecchio? Gli sarebbe proprio piaciuto saperlo ma, ora era importante conoscere quanto più poteva su quell’uomo e avrebbe cominciato come al solito chiedendo alla Cincia.
Il pomeriggio si stava rinfrescando e la cesta del pesce era quasi colma. Fischiò a Rufus e ritornarono a casa.
Avevano finito di cenare quando Gastone chiese informazioni su Costantino Morietti alla sua vecchia amica.
“Costantino è il primogenito di cinque figli, quello che sta portando avanti gli interessi di tutto quello che possiedono. Suo padre, il vecchio Romolo è ormai infermo e dicono che non capisca più nulla. Era lui, Romolo quello che dirigeva tutto e che ha portato alla loro ricchezza attuale. Dicono che Costantino sia quello che più gli somiglia e che sia anche peggio del padre. Sono attaccati ai soldi in modo morboso e non sono per niente amati dai loro lavoranti. Ama sfruttare, sottopagare peggio del suo vecchio. Dicono che sia stato molto bravo ad espropriare piccoli proprietari lasciandoli sul lastrico, prestava soldi ad usura e si faceva firmare gli atti di proprietà in cambio e li ha imbrogliati per bene. Molta brava gente ha perso tutto ciò che aveva e qualcuno si è perfino suicidato. Brutta gente i Morietti, brutta gente davvero.”
“L’ho visto alla veglia della ragazzina e sembrava in confidenza con il sacrestano, mi è sembrato strano visto la diversità di ceto. Dove si trova la sua cascina?”
Cincia gli spiegò dove abitavano i Morietti e non chiese nessuna spiegazione.
Gastone decise che sarebbe andato a dare un’occhiata, anzi di più, visto che si trovava nelle vicinanze del fiume aveva una buona scusa per passare di là col suo cane e la canna da pesca.
Era il giorno del funerale e tutto il paese era raccolto con la famiglia immersa nel dolore. Gastone se ne stava in disparte e seguiva tutto tenendo gli occhi e i sensi puntati in ogni direzione. Le prime file della piccola chiesa erano destinate ai parenti ed alle persone altolocate, erano quelli che voleva osservare, avrebbe voluto conoscere i nomi di ognuno ma non c’era fretta.
La luna piena si stava avvicinando e lui si sarebbe fatto trovare pronto.
Fu una cerimonia lunga. Il prete non smetteva di predicare e questo servì a Gastone per osservare con maggior attenzione tutti quelli seduti nelle panche delle prime file. Conosceva poche persone e cercava di imprimersi nella mente almeno i volti visto che non ne conosceva i nomi, doveva trovare il modo di fare amicizia con qualcuno del paese per poter chiedere informazioni senza destare sospetti.
Si mise in coda con tutti gli altri ed accompagnò la bara al piccolo cimitero. Teneva il cappello in mano e gli occhi bassi ma non gli sfuggiva nemmeno il più piccolo particolare, così come in chiesa aveva notato che le due ceste per la raccolta delle offerte non erano stato cambiate, che molte persone piangevano, che nessuno bisbigliava o spettegolava e questo era molto strano. Lui tenne la bocca chiusa e aspettò il suo turno per fare a tutta la famiglia le condoglianze da parte sua e di Cincia. Aspettò che la prima palata di terra coprisse la bara e se ne tornò a casa.
Non era ancora mezzogiorno e il sole era alto, l’afa cominciava a farsi sentire e lui doveva prepararsi per riprendere il lavoro.
Seduti a tavola, Cincia e lui mangiavano con il cane che rosicchiava ossa e pane secco.
“Com’è andata al funerale?”
“E’ andata come doveva. C’era tutto il paese e per me è stata un’occasione per vedere tante facce nuove. Avrei bisogno di conoscere di più di queste persone ma non so come fare senza destare sospetti, dopo tutto sono un forestiero.”
“Forse posso darti una mano, ma…”
“Cosa intendi, Cincia?”
“Conosco alcune vecchie donne che come me hanno bisogno di aiuto per piccoli lavori ma tu sei già tanto impegnato che non mi sembra il caso di aumentare le tue fatiche. Alcune di loro sono vecchie e pettegole e se ti giochi bene le tue carte potresti fartele amiche e farle parlare. Il problema è che tu non sei un gran chiacchierone e non sai trattare con le donne, con un po’ di moine e di lavoretti potresti avere tutte le informazioni che vuoi.”
“Ci posso sempre provare, mica ci devo andare a letto! Ma se servisse farei anche quello pur di ottenere il mio scopo. Datti da fare, amica mia e dammi l’opportunità di fare in fretta quello che devo o né io né tu potremo vivere e morire in pace.”


Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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