IL SEGRETO DELLA LUNA
parte ventitre
Capitolo undici
Nei giorni
successivi non avvenne niente di insolito. Il lavoro, il caldo, le zanzare. Il
grano mietuto.
Era l’ultima
domenica di luglio. Cincia e Gastone si erano attardati a tavola parlando del
prossimo pranzo con le vecchie amiche e comari.
Sentirono
arrivare un cavallo e Rufus uscì sulla porta. Stranamente non ringhiò né abbaiò
e questo stupì il suo padrone che uscì sotto al portico a ricevere l’inatteso
visitatore.
Quando vide
che si trattava della nipote del marchese capì come mai il cane era rimasto
zitto.
La ragazza
scese elegantemente dal cavallo e, sorridendo porse la mano all’uomo. “Posso
entrare? Vi ho portato quello che mio nonno vi aveva promesso.”
Gastone la
fece entrare e la presentò a Cincia che le offrì un bicchiere di acqua fresca.
“Avete
visto? Sono venuta con Marianna! Ora sta bene, e questo grazie a voi. Non so
davvero come ringraziarvi ed ho chiesto a mio nonno di portarvi personalmente
quello che vi spetta.” E gli consegnò una borsa.
“La
ringrazio, signorina è stata davvero gentile. Si sieda intanto che si riposa,
qui c’è fresco e Cincia non riceve molte visite.”
Il silenzio
era imbarazzante. Nella mente dei presenti passavano vari pensieri. Cincia e
Gastone sapevano che presto quella ragazza sarebbe morta, mentre la ragazza era
serena e felice di aver potuto saldare il suo debito.
“Mi
piacerebbe darvi qualcosa di più per dimostrarvi la mia riconoscenza, se avete
qualche desiderio che posso accogliere lo farei volentieri.”
“Lei è molto
gentile. In effetti c’è una cosa che mi piacerebbe. Ho visto le vostre stalle
dipinte e mi hanno detto che è opera sua, per me sarebbe un onore avere un suo dipinto
e regalarlo a Cincia. C’è un posto che piace molto alla mia amica, quando la
riaccompagno a casa glielo mostro così mi può dire se lo può ritrarre su tela.”
Gli occhi
della ragazza erano radiosi nel sentire la richiesta. Avrebbe potuto ricambiare
la gentilezza di quell’uomo con qualcosa che amava in modo particolare.
“Lo farò
volentieri, davvero. Possiamo andare anche subito, devo rientrare presto o si
allarmano per la mia assenza.” Si alzò e salutò la vecchia che non aveva detto
una parola.
Gastone la
scortò fuori e prese il calesse. L’accompagnò per un pezzo e le mostrò uno
squarcio nel bosco dove un piccolo stagno era ricoperto da grandi foglie e
fiori colorati e tante farfalle vi volavano sopra.
“Che ne dice
di ritrarre questo piccolo paradiso?”
Giulia era
incantata a guardare quel bellissimo posto che non aveva mai visto seppure così
vicino a casa.
“Lo farò
volentieri, prima che i fiori muoiano. Ora devo andare, vi porterò il quadro io
personalmente, mi piacerebbe vedere un sorriso sul viso della vostra amica, mi
sembra tanto triste!”
“Allora
l’aspetteremo. Si tolse il cappello in segno di saluto, girò il calesse e tornò
indietro.”
“Non mi
importa niente!” Furono le parole con cui la vecchia accolse Gastone.
“Nemmeno a
me.” Le rispose l’uomo. E si ritirò nel suo casotto.
Tutto era
pronto per la prossima vittima, la dolce Giulia avrebbe raggiunto la figlia del
sacrestano. Non riusciva a pensare che le ragazze che lui sacrificava
all’altare della sua vendetta potessero raggiungere anche sua figlia e la
nipote di Cincia, no. Per lui erano colpevoli e per i colpevoli esiste solo
l’inferno.
Giulia aveva
deciso di iniziare subito il dipinto. Se voleva cogliere quei colori e quei
battiti di ali colorate doveva fare in fretta. Il marchese non era per niente
convinto ma non poteva rifiutare la richiesta di sua nipote, così decise di
farla accompagnare da uno stalliere. Sapeva che non correva pericoli, nessuno
si sarebbe mai azzardato a compiere un gesto men che meno educato nei confronti
suoi e della sua famiglia.
Agosto era
appena cominciato e le giornate cominciavano a farsi dolci e meno afose. Giulia
aveva iniziato il suo dipinto. Aspettava il tramonto per cogliere i colori del
sole che sembrava ballare coi suoi riflessi mentre passavano attraverso le
foglie dei grandi alberi. L’atmosfera era dolce e la ragazza stava disegnando
degli schizzi in attesa che il sole iniziasse la sua discesa arancione.
Romeo, il
ragazzo che l’accompagnava era impaziente. Odiava rimanere inattivo e fermo ad
osservare la padroncina che sembrava immersa in un mondo tutto suo. Avrebbe
preferito essere a giocare con i suoi coetanei, invece gli era toccato questo
compito noioso.
Giulia alzò
lo sguardo e vide la sofferenza del ragazzino. “Perché non torni a casa, Romeo?
Cosa vuoi che mi capiti? Da quando siamo qui non abbiamo visto nessuno.”
Il ragazzino
sapeva che doveva obbedire al marchese ma era davvero stanco di starsene lì
immobile e decise di prendere in parola la ragazza.
“Torna fra
un paio d’ore, così mi aiuti a riportare a casa il cavalletto e i miei arnesi.
Va a giocare con i tuoi amici, lo so che sono tutti al fiume. Io di qui non mi
muovo.”
Romeo non se
lo fece ripetere e scattò come un leprotto.
La ragazza
canticchiava mentre il gessetto scorreva sui fogli. Sentì un rumore e alzò il
viso. Riconobbe Rufus e cominciò ad accarezzarlo. “Bravo, mi fai compagnia tu,
così non sono sola.”
Non sentì i
passi leggeri dietro di lei e un cappuccio scuro le calò sul viso. Cercò di
dibattersi ma la stretta intorno al collo le tolse i sensi.
Rufus
precedeva il suo padrone e, senza incontrare anima viva arrivarono a casa. Il
cane entrò in casa mentre il suo padrone si chiudeva a chiave nel casotto.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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