IL SEGRETO DELLA LUNA
parte ventisei
Alla tenuta
del marchese erano tutti riuniti a tavola, nessuno parlava e la servitù cercava
di stare alla larga da quel convitto.
“Chi ha
potuto farci questo? Cos’ha fatto di male mia figlia per meritare una fine
simile?” Renzo urlava rivolto a suo padre. “Cosa pensi di fare? Bisogna trovare
il colpevole!”
“Ci sto
pensando io. Ti giuro che lo troveremo e lo impiccherò con le mie stesse mani.”
I due uomini
si guardarono in cagnesco poi, il più giovane strattonò la moglie e andarono
nelle loro stanze. La donna, talmente provata dal dispiacere, si sdraiò sul
letto e rimase immobile, aspettando di morire anche lei per raggiungere la sua
adorata figlia.
Era presto
lunedì mattina quando i tre fratelli si presentarono al marchese. Entrarono
nello studio e rimasero in piedi di fronte al padrone di casa.
Sulla grande
scrivania scura c’erano tre borse piene di monete.
“Quelle sono
per voi, per il vostro disturbo. Ci ho ripensato e non voglio avvalermi più del
vostro lavoro. Vi prego di perdonare un vecchio nonno che aveva perso la testa
e vi ringrazio per la vostra sollecitudine. Spero che quello che c’è in quelle
borse vi ripaghi del disturbo.”
Uno dei tre
le prese le aprì. Fece un cenno agli altri due. Salutarono e, senza dire
nemmeno una parola se ne andarono.
Il vecchio
marchese si era reso conto di aver rischiato molto. L’avvertimento di
Costantino Morietti era giunto appena in tempo ma, dopotutto sapeva bene che la
setta dei Cavalieri della Terra Feconda aveva molti più occhi e orecchie degli
otto cavalieri che si riunivano una volta al mese. C’erano cose che nemmeno lui
sapeva, soltanto numero uno era a
conoscenza di tutto. Lui non sapeva nemmeno chi fosse l’incaricato di trovare
le ragazze da sacrificare, o quelle da scopare al convento dopo le riunioni. Si
rese conto che sapeva molto poco della vera organizzazione, così come sapeva
molto bene che era meglio rispettare le regole e non fare troppe domande, il
rischio era troppo grande, più grande ancora della perdita di una figlia o di
una nipote.
La vita
riprese, i lavori nei campi e nei vigneti non potevano essere rimandati e tutto
sembrò ritornare nella normalità ma, ormai si sapeva che un assassino si
aggirava da quelle parti e che non faceva distinzione fra ricchi o poveri e le
ragazze uscivano solo accompagnate.
Ermete era
molto soddisfatto del lavoro di Gastone. Aveva terminato nel tempo previsto
anche l’ultima fornitura, avrebbe voluto dargli qualche giorno di respiro ma la
richiesta di liquore continuava ad aumentare.
Era nella
distilleria e osservava il suo lavorante pulire con molta attenzione ogni
singolo attrezzo.
“Sei stato
davvero bravo, hai svolto un buon lavoro. So che meriti un po’ di riposo ma ho
molte richieste da soddisfare.”
“Non c’è
richiesta che non si possa soddisfare con la giusta ricompensa.”
Ermete
sapeva che doveva scucirgli un po’ di monete in più, gli sanguinava il cuore come
ogni volta che doveva mettere mano al denaro.
“Cosa ti serve?”
“Mi serve
tutto quello che puoi produrre. La prima domenica di ottobre, come ogni anno
c’è la festa del raccolto nella tenuta di Costantino Morietti e devo dargli una
risposta.”
Gastone raddrizzò
le orecchie.
“Non lo
sapevo, di cosa si tratta?”
“E’ l’unico
giorno in cui si può entrare alla tenuta di Costantino. Vengono servite carni
alla brace, e un sacco di altre cose e serve il mio liquore.”
“Ci possono
andare tutti?”
“No, solo
quelli che ricevono l’invito, ma sono in tanti, almeno un rappresentante di
ogni famiglia del paese.”
“Io cosa
dovrei fare?”
“Dovresti
prepararmi tutti i barili che puoi e aiutarmi a consegnarli ma… la consegna
avviene di notte. Non vogliamo essere visti e lui non vuole che si sappia.”
“Con tutte
le guardie che ci sono a cosa ti servo io?”
Ermete lo
osservava, sapeva che gli stava chiedendo molto.
“Perché da
solo non ce la faccio. Il braccio mi fa ancora male ed ho bisogno che qualcuno
stia all’erta durante il tragitto. Ho bisogno che tu sia armato del tuo fucile.
Non si sa mai chi si può incontrare.”
“Manca solo
un mese e dovrò lavorare giorno e notte per produrre i barili che servono.
Quanto sei disposto a pagare per il lavoro e per l’extra delle consegne?”
Ermete
sudava abbondantemente. Ogni centesimo che scuciva era come togliergli un litro
di sangue e sua moglie gli aveva dato tassative direttive.
“Dimmi tu
quello che vuoi.”
“Voglio il
triplo del salario normale e trenta monete per ogni consegna in cui ti devo accompagnare.
Dì pure a tua moglie che non troverà nessun altro, perciò, domani mi porti la
metà di quello che ti ho chiesto e l’altra metà a fine lavoro, mentre ad ogni
viaggio che facciamo mi paghi al rientro. Prendere o lasciare, non si negozia.”
Avrebbe
dovuto litigare con sua moglie, questo lo sapeva, ma sapeva bene che Gastone
aveva ragione e non era stato nemmeno troppo esagerato nella richiesta. Aveva
già fatto i conti e gli restava molto margine.
“Allora ci
vediamo domani.” Disse il vecchio.
Gastone
riprese il lavoro e la sua mente già correva a quando sarebbe entrato nella
tenuta di Costantino Morietti.
A cena
raccontò tutto a Cincia e le chiese di preparagli una cesta più abbondante per
il pranzo e la cena, avrebbe dovuto fermarsi anche a dormire alla distilleria
se voleva provvedere alla richiesta del suo padrone.
“Cincia, chi
mi può raccontare qualcosa di Morietti senza destare sospetti?”
La vecchia
ci pensò e le venne in mente che la nipote di Gemma aveva sposato una delle
guardie. Era rimasta vedova da poco e avrebbe potuto invitarla a pranzo la
domenica successiva.
Mise al
corrente Gastone e gli chiese di essere presente, avrebbe pensato a tutto lei
visto che le rimaneva molto tempo libero. Si accordarono e andarono a dormire.
Gastone iniziò
a lavorare di gran lena per produrre tutto il liquore che gli riusciva ma non
dipendeva solo dalla sua volontà, c’erano dei tempi tecnici che non si potevano
né accorciare né allungare. Si organizzò per essere libero alla domenica e
pranzare con Cincia e la sua ospite.
Finalmente
arrivò anche la domenica e per Gastone una giornata di riposo. Si era lavato e
rasato, aveva riposato, raggiunse Cincia e la sua ospite che erano a tavola e
ridevano a crepapelle.
Non aveva
mai sentito Cincia ridere e fu piacevolmente sorpreso, quella donna doveva
avere fatto una magia per riuscirci.
“Buon
giorno, belle signore.”
Le due
donne, ancora con un gran sorriso sul viso si girarono verso il nuovo venuto.
Gastone ebbe
un tuffo al cuore, quella donna era bellissima, di una bellezza che colpisce
prima il cuore e poi gli occhi.
Si
immobilizzò senza riuscire a celare la sua sorpresa.
“Vieni, è
tutto pronto, ti presento Margherita. La conosco da quando era bambina ma non
l’avevo più vista, stavamo appunto ricordando le sue birichinate.”
Gastone si
avvicinò e porse la mano, si sedette e cominciarono a mangiare.
Nulla era
sfuggito allo sguardo attento della vecchia padrona di casa che sorrideva fra
sé e sé, perché se l’aspettava. Margherita era una splendida donna di
quarant’anni, aveva mantenuto un fisico da ragazzina, difficile per qualunque
donna riuscirci, per questo era molto chiacchierata e tanti pettegolezzi e
calunnie erano sbocciate come fiori dopo che era rimasta vedova.
L’allegria
accompagnò tutto il pranzo, fino a che fu servito e consumato uno squisito
budino freddo.
“Perché non
andate a fare un giro intanto che io rimetto a posto? Mia cara ragazza, con lui
puoi stare tranquilla, è un uomo per bene, te lo garantisco.”
Gastone le
porse il braccio e uscirono sotto il sole estivo incamminandosi verso il
boschetto.
All’inizio
fu il silenzio che li accompagnò. Nessuno dei due sapeva come iniziare un
discorso, sembravano due ragazzini timidi al loro primo incontro e non due
adulti che già avevano assaporato il gusto del matrimonio.
“Ho saputo
che sei rimasta vedova, penso che non sia molto facile per te ora!”
“Infatti,
sembra che sia stata colpa mia se Gennaro è morto. Era un brav’uomo ma non era
l’amore della mia vita, l’ho sposato perché costretta dalle nostre famiglie ma
non è stata una bella convivenza.”
“Me ne vuoi
parlare?”
Margherita
era assorta. Non aveva mai detto a nessuno dei problemi che aveva avuto nel suo
matrimonio. Alzò le spalle e decise che era venuto il momento di parlare con
qualcuno e Gastone le ispirava fiducia.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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