mercoledì 24 giugno 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte trentuno






Capitolo quattordici
Fece colazione con Cincia. “Devo assolutamente saperne di più su Morietti, devi aiutarmi, Cincia. Credo che sarà un osso duro per la nostra vendetta.”
“Non pensarci per adesso. Concentrati sul prossimo passo. Non ti devi distrarre o commetterai qualche sbaglio. Hai deciso cosa fare?”
“Sì, ho già un piano in mente e lo metterò in pratica molto presto.”
Mancava una settimana circa alla fine di agosto e il piano era già tutto nella sua mente.
Tutto in quel piccolo borgo sembrava andare come sempre era stato. Possibile che nessuno si fosse mai accorto che succedevano cose strane? Forse, dipendeva dal fatto che la gente aveva da lavorare e viveva in pace, sembrava sempre che ci fosse qualcuno quando c’era chi aveva bisogno di sostegno o di aiuto. Gastone vedeva ben oltre quello che gli altri vedevano, la sua visione più ampia gli faceva cogliere anche particolari che sembravano insignificanti.
In quel posto solo Cincia aveva perso una nipote, ma la donna era considerata poco affidabile da sempre, era una donna sola, senza appoggi, perciò vulnerabile e senza possibilità di farsi valere. L’avevano lasciata nel suo casolare, col suo piccolo pezzo di terra, come se fosse un pagamento per quello che aveva perduto. Non si spiegava altrimenti il fatto che non le avessero espropriato quel poco che aveva, per quei delinquenti sarebbe stato molto facile.
Di questo stava ragionando Gastone con Cincia mentre cenavano.
“Sembra che in questo posto tutti vivano felici.” Disse l’uomo.
“Non ci possiamo lamentare, non ci sono state carestie o pestilenze da che io ho memoria.”
“Non crederai anche tu che sia per merito dei cavalieri?!”
La donna alzò lo sguardo che sembrava si perdesse nell’infinito.
“Non dirmi che davvero ci credi! Non è da te!” Si infuriò Gastone.
“E allora, come lo spieghi?” bisbigliò a capo chino la donna.
“Rufus! Andiamo!” Uscì come una furia seguito dal cane.
Cosa era preso a quella vecchia? Come poteva ancora fidarsi di lei? Come aveva fatto a confidarsi con quella vecchia pazza? Avrebbe mantenuto la parola che gli aveva dato?
Era seduto su un masso a guardare le stelle quando sentì una mano posarsi sulla spalla.
“Non sono pazza. E’ un dato di fatto quello che ti ho detto. Vivo qui da quando sono nata, sono sola da tempo e mai nessuno mi ha importunata. Solo ora ne ho capito il motivo, come dici tu è un pagamento per quello che ho perso, per quello che mi hanno preso. Ho perso marito, figli, nuora, tutto. Mi era rimasta solo mia nipote ed è sparita nel nulla, era tutto ciò che avevo, avrei dato la mia vita in cambio della sua. Non ho potuto fare niente allora ma sono pronta a fare tutto quello che serve ora, sono vecchia e valgo poco ma quel poco che valgo e che conto lo metto nelle tue mani, qualunque cosa farai io ti proteggerò e ti aiuterò, non dubitarne mai. Nessuna famiglia merita di soffrire come è capitato a me, nessuna ragazza merita una fine così orrenda.”
“Io li farò soffrire tutti, te lo giuro!”
“Lo so. Ora tocca al fabbro, datti da fare, il plenilunio di settembre si avvicina. Rientriamo che domani è un altro giorno e tu hai da fare.”
Rientrarono e andarono a dormire. Gastone non riusciva a prendere sonno, per la prima volta non riusciva a fidarsi completamente della sua amica ma non aveva molte alternative. Decise che da ora in avanti le avrebbe raccontato il minimo indispensabile.
Nel suo letto, Cincia piangeva silenziosamente conscia di aver commesso un grave errore, errore che sapeva avrebbe pagato. Si addormentò con le guance bagnate di lacrime.
Un altro fine settimana iniziava all’insegna del bel tempo. Gastone era silenzioso e in casa non si parlavano quasi più.
“Non aspettarmi stasera, dopo il lavoro vado da Margherita. Tieni Rufus con te, ci vediamo domani sera, passa una buona domenica.”
Cincia abbassò la testa, consapevole che niente più sarebbe stato come prima, Gastone aveva perso la fiducia in lei e non sarebbe stato facile riconquistarla. Lei sapeva che aveva intenzione di occuparsi del fabbro ma, stavolta non glielo aveva detto. La sua vita stava giungendo al traguardo finale, doveva essere grata a quell’uomo che le aveva svelato i suoi segreti e anche la fine che aveva fatto sua nipote. Cosa le era preso? Una lacrima solitaria scese silenziosa, si coricò e pianse in silenzio.
Il sabato passò veloce. Gastone aveva appuntamento per cena con Margherita, si era portato vestiti puliti. A fine lavoro si lavò e si cambiò, chiuse tutto e si incamminò.
Si teneva ai margini della strada cercando di passare inosservato. La sua mente era impegnata da mille pensieri, aveva un piano da portare a termine e un dolore nel cuore per la stupidità di Cincia. Come poteva quella donna, anche solo pensare che i sacrifici umani che quella setta operava servissero al benessere di tutti? Come poteva pensare che la vita di sua nipote fosse servita a tutti loro, e lei compresa a fare una vita decente? Al solo pensiero sentiva montargli la rabbia.
In vista della casa di Margherita cercò di liberare la mente da tutti i suoi assilli e di gustare quello che vi avrebbe trovato: una buona cena, una bella donna e sesso a volontà.
Era notte fonda quando lasciò la casa.
Conosceva la strada e si fermò ad osservare l’abitazione del fabbro. Tutto era spento, rimase per un po’ fermo ed in ascolto. Quando fu sicuro che tutti erano in casa a dormire andò nell’orto. Silenziosamente scavò e aprì il coperchio di metallo. Contò a tastoni dieci sacche di monete, le infilò nel sacco che si era portato, richiuse tutto e lasciò il posto come lo aveva trovato.
Era un bel peso quello che portava sulle spalle. Arrivò al suo casotto e vi entrò. Aveva preparato un nascondiglio dove infilare le sacche e ve le mise. Uscì nel buio che si stava dissolvendo e guardò la casa di Cincia, che era diventata anche la sua casa. Rufus lo aveva sentito arrivare e grattava alla porta. L’aprì e lo fece uscire. Entrambi si incamminarono verso il fiume, aveva il chiodo fisso di Costantino Morietti e si avvicinarono alla sua proprietà.
Rimase a debita distanza per molto tempo ad osservare prima di decidersi a ritornare.
Rufus corse verso la porta aperta di casa. Cincia stava friggendo le uova e la tavola era apparecchiata per la colazione. Entrò e, con sorpresa vide Margherita seduta al tavolo.
“Ben arrivato, scommetto che hai fame e mi sono autoinvitata. Cincia è felice di averci a colazione, siediti.”
La presenza di Margherita rendeva allegra l’atmosfera ma il viso di Cincia era più rugoso del solito e non riusciva proprio a partecipare alla leggerezza dei discorsi.
“Che ti prende, Cincia?” Le chiese la sua ospite.
“Niente, sto superando un brutto momento.” Rispose guardando Gastone.
L’uomo fece finta di niente.
“Andiamo, Margherita, ti riaccompagno.”
La donna capiva che qualcosa non andava, salutò la sua vecchia amica e uscì al braccio di Gastone.
“Hai litigato con Cincia?”
“No, va tutto bene!” E chiuse il discorso.
Non rimase dalla donna ma rientrò a casa.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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