IL SEGRETO DELLA LUNA
parte trentuno
Capitolo quattordici
Fece
colazione con Cincia. “Devo assolutamente saperne di più su Morietti, devi
aiutarmi, Cincia. Credo che sarà un osso duro per la nostra vendetta.”
“Non
pensarci per adesso. Concentrati sul prossimo passo. Non ti devi distrarre o
commetterai qualche sbaglio. Hai deciso cosa fare?”
“Sì, ho già
un piano in mente e lo metterò in pratica molto presto.”
Mancava una
settimana circa alla fine di agosto e il piano era già tutto nella sua mente.
Tutto in
quel piccolo borgo sembrava andare come sempre era stato. Possibile che nessuno
si fosse mai accorto che succedevano cose strane? Forse, dipendeva dal fatto
che la gente aveva da lavorare e viveva in pace, sembrava sempre che ci fosse
qualcuno quando c’era chi aveva bisogno di sostegno o di aiuto. Gastone vedeva
ben oltre quello che gli altri vedevano, la sua visione più ampia gli faceva
cogliere anche particolari che sembravano insignificanti.
In quel
posto solo Cincia aveva perso una nipote, ma la donna era considerata poco affidabile
da sempre, era una donna sola, senza appoggi, perciò vulnerabile e senza
possibilità di farsi valere. L’avevano lasciata nel suo casolare, col suo
piccolo pezzo di terra, come se fosse un pagamento per quello che aveva
perduto. Non si spiegava altrimenti il fatto che non le avessero espropriato
quel poco che aveva, per quei delinquenti sarebbe stato molto facile.
Di questo
stava ragionando Gastone con Cincia mentre cenavano.
“Sembra che
in questo posto tutti vivano felici.” Disse l’uomo.
“Non ci
possiamo lamentare, non ci sono state carestie o pestilenze da che io ho
memoria.”
“Non
crederai anche tu che sia per merito dei cavalieri?!”
La donna
alzò lo sguardo che sembrava si perdesse nell’infinito.
“Non dirmi
che davvero ci credi! Non è da te!” Si infuriò Gastone.
“E allora,
come lo spieghi?” bisbigliò a capo chino la donna.
“Rufus!
Andiamo!” Uscì come una furia seguito dal cane.
Cosa era
preso a quella vecchia? Come poteva ancora fidarsi di lei? Come aveva fatto a
confidarsi con quella vecchia pazza? Avrebbe mantenuto la parola che gli aveva
dato?
Era seduto
su un masso a guardare le stelle quando sentì una mano posarsi sulla spalla.
“Non sono
pazza. E’ un dato di fatto quello che ti ho detto. Vivo qui da quando sono
nata, sono sola da tempo e mai nessuno mi ha importunata. Solo ora ne ho capito
il motivo, come dici tu è un pagamento per quello che ho perso, per quello che
mi hanno preso. Ho perso marito, figli, nuora, tutto. Mi era rimasta solo mia
nipote ed è sparita nel nulla, era tutto ciò che avevo, avrei dato la mia vita
in cambio della sua. Non ho potuto fare niente allora ma sono pronta a fare
tutto quello che serve ora, sono vecchia e valgo poco ma quel poco che valgo e
che conto lo metto nelle tue mani, qualunque cosa farai io ti proteggerò e ti
aiuterò, non dubitarne mai. Nessuna famiglia merita di soffrire come è capitato
a me, nessuna ragazza merita una fine così orrenda.”
“Io li farò
soffrire tutti, te lo giuro!”
“Lo so. Ora
tocca al fabbro, datti da fare, il plenilunio di settembre si avvicina.
Rientriamo che domani è un altro giorno e tu hai da fare.”
Rientrarono
e andarono a dormire. Gastone non riusciva a prendere sonno, per la prima volta
non riusciva a fidarsi completamente della sua amica ma non aveva molte
alternative. Decise che da ora in avanti le avrebbe raccontato il minimo
indispensabile.
Nel suo
letto, Cincia piangeva silenziosamente conscia di aver commesso un grave
errore, errore che sapeva avrebbe pagato. Si addormentò con le guance bagnate
di lacrime.
Un altro
fine settimana iniziava all’insegna del bel tempo. Gastone era silenzioso e in
casa non si parlavano quasi più.
“Non
aspettarmi stasera, dopo il lavoro vado da Margherita. Tieni Rufus con te, ci
vediamo domani sera, passa una buona domenica.”
Cincia
abbassò la testa, consapevole che niente più sarebbe stato come prima, Gastone
aveva perso la fiducia in lei e non sarebbe stato facile riconquistarla. Lei sapeva
che aveva intenzione di occuparsi del fabbro ma, stavolta non glielo aveva
detto. La sua vita stava giungendo al traguardo finale, doveva essere grata a
quell’uomo che le aveva svelato i suoi segreti e anche la fine che aveva fatto
sua nipote. Cosa le era preso? Una lacrima solitaria scese silenziosa, si
coricò e pianse in silenzio.
Il sabato
passò veloce. Gastone aveva appuntamento per cena con Margherita, si era
portato vestiti puliti. A fine lavoro si lavò e si cambiò, chiuse tutto e si
incamminò.
Si teneva ai
margini della strada cercando di passare inosservato. La sua mente era
impegnata da mille pensieri, aveva un piano da portare a termine e un dolore
nel cuore per la stupidità di Cincia. Come poteva quella donna, anche solo
pensare che i sacrifici umani che quella setta operava servissero al benessere
di tutti? Come poteva pensare che la vita di sua nipote fosse servita a tutti
loro, e lei compresa a fare una vita decente? Al solo pensiero sentiva
montargli la rabbia.
In vista
della casa di Margherita cercò di liberare la mente da tutti i suoi assilli e
di gustare quello che vi avrebbe trovato: una buona cena, una bella donna e
sesso a volontà.
Era notte
fonda quando lasciò la casa.
Conosceva la
strada e si fermò ad osservare l’abitazione del fabbro. Tutto era spento,
rimase per un po’ fermo ed in ascolto. Quando fu sicuro che tutti erano in casa
a dormire andò nell’orto. Silenziosamente scavò e aprì il coperchio di metallo.
Contò a tastoni dieci sacche di monete, le infilò nel sacco che si era portato,
richiuse tutto e lasciò il posto come lo aveva trovato.
Era un bel
peso quello che portava sulle spalle. Arrivò al suo casotto e vi entrò. Aveva
preparato un nascondiglio dove infilare le sacche e ve le mise. Uscì nel buio
che si stava dissolvendo e guardò la casa di Cincia, che era diventata anche la
sua casa. Rufus lo aveva sentito arrivare e grattava alla porta. L’aprì e lo
fece uscire. Entrambi si incamminarono verso il fiume, aveva il chiodo fisso di
Costantino Morietti e si avvicinarono alla sua proprietà.
Rimase a
debita distanza per molto tempo ad osservare prima di decidersi a ritornare.
Rufus corse
verso la porta aperta di casa. Cincia stava friggendo le uova e la tavola era
apparecchiata per la colazione. Entrò e, con sorpresa vide Margherita seduta al
tavolo.
“Ben
arrivato, scommetto che hai fame e mi sono autoinvitata. Cincia è felice di
averci a colazione, siediti.”
La presenza
di Margherita rendeva allegra l’atmosfera ma il viso di Cincia era più rugoso
del solito e non riusciva proprio a partecipare alla leggerezza dei discorsi.
“Che ti
prende, Cincia?” Le chiese la sua ospite.
“Niente, sto
superando un brutto momento.” Rispose guardando Gastone.
L’uomo fece
finta di niente.
“Andiamo,
Margherita, ti riaccompagno.”
La donna
capiva che qualcosa non andava, salutò la sua vecchia amica e uscì al braccio
di Gastone.
“Hai
litigato con Cincia?”
“No, va
tutto bene!” E chiuse il discorso.
Non rimase
dalla donna ma rientrò a casa.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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