IL SEGRETO DELLA LUNA
parte diciotto
Cincia si
intromise per dare modo a Gastone di riprendersi.
“Se non mi
sbaglio deve avere tre figli, due femmine e un maschio, voi ne sapete
qualcosa?”
Fu sempre
Maria a prendere la parola. “Sì, il figlio è il più giovane dei tre, quello che
ha fatto morire di parto sua madre ma la povera marchesa aveva fatto numerosi
aborti, non aveva il fisico per fare tanti figli ma quel maiale non ne voleva
sapere. Nonostante le numerose amanti voleva avere dei figli, così ha fatto
morire quella dolce creatura che chissà cosa ha passato con quel verme.”
“Io l’ho
conosciuta la povera marchesa.” Disse Anita. “Era una ragazza timida, di buona
famiglia e il marchese l’aveva adocchiata che era ancora giovanissima. La sposò
che aveva solo quindici anni, venti meno di lui. Io ero presente al loro
matrimonio facevo la cameriera per il pranzo che avevano dato ma non mi
sembrava molto contenta.”
“Le sue
figlie sono gemelle e quando le partorì quasi morì. Adesso sono grandi e
sposate e se ne sono andate dalla tenuta da alcuni anni, non so dove abitino
ora. Col vecchio marchese è rimasto solo il figlio Renzo che dicono sia peggio
del padre!”
“Sì, è
vero.” Disse Gemma. “Renzo si è sposato una di un paese vicino ed hanno quattro
figli, tre maschi e una femmina, lo so bene perché la moglie si fa cucire gli
abiti da mia cugina e ogni tanto la vedo e ci parliamo. E’ una signora per
bene, anche la figlia, Giulia è molto a modo, dicono che somigli molto alla
nonna e che il marchese straveda per lei!”
Ecco la
notizia che cercava Gastone. Ora aveva un obiettivo.
Cincia capì
al volo. “Stanno tutti alla tenuta del marchese?”
“Sicuro,
quel vecchio porco tiene ancora tutti sotto controllo. E’ ancora lui che
amministra ogni cosa e suo figlio non vede l’ora che passi a miglior vita per
fare il padrone in tutti i sensi!”
“Dicono che
non abbia ancora dato il suo consenso al matrimonio della nipote, che non trovi
nessuno alla sua altezza ma, se aspetta ancora un po’ diventerà una zitella.
Ormai ha diciotto anni ed è ora che metta su famiglia.” Lucia si era
intromessa, voleva dare anche lei il suo contributo.
“Belle
signore, che ne dite se vi riaccompagno a casa col calesse?” Ci furono
gridolini di gioia.
“E che ne
dite se ci ritroviamo presto per un’altra bella domenica insieme?” Altri
gridolini di gioia.
“Non
dimenticate di chiamarmi se avete bisogno di qualche lavoretto, io sono a
vostra disposizione e voi mi terrete allegro come oggi. E’ stato un piacere
fare la vostra conoscenza e spero che continueremo questa usanza di trovarci
tutti insieme.”
Nel
frattempo, Cincia aveva preparato dei pacchetti per ognuna di loro con il cibo
avanzato, sapeva che non se la passavano molto bene. Le abbracciò e le
intrattenne mentre Gastone arrivava col calesse e le aiutava a salire, avrebbe
così imparato dove abitavano.
Fischiettava
allegro e le donne ridevano fra di loro, felici della bella domenica passata in
compagnia e per aver mangiato e bevuto a sazietà, nonché aver conosciuto un
bell’uomo, erano invidiose di Cincia che lo ospitava nella sua casa, sarebbe
stato bello se fosse capitato ad ognuna di loro, perché quello che più
soffrivano era la solitudine.
Mentre
ritornava a casa i pensieri di Gastone erano tutti per quel dannato marchese.
L’avrebbe pagata, oh se l’avrebbe pagata! E prima di tutti gli altri. Ora aveva
la certezza che faceva parte di quel branco di depravati e la sua cara nipote
sarebbe stata la prossima ad essere inchiodata ad un albero.
Luglio era
cominciato e il lavoro nei campi e nella distilleria teneva Gastone impegnato
parecchio. Si stava informando con discrezione sulla famiglia del marchese e di
suo figlio e Cincia lo aiutava in tal senso. Non era facile avvicinare quelle
persone per quelli come lui.
Fu mentre
era da Gemma a ripararle una finestra che scoprì, forse, qualcosa che lo
avrebbe aiutato. Era seduto alla tavola della vecchia con un bicchiere di
fresca birra e parlavano del più e del meno. L’uomo portò il discorso sul
marchese e la sua famiglia, chiese che proprietà avesse, come facesse ad essere
così ricco e portò il discorso sulle sue scappatelle e depravazioni, perché
erano i discorsi che la vecchia amava spettegolare di più.
Mentre
l’ascoltava pensava alla sua povera moglie, a quello che doveva aver passato
per decidere addirittura di farla finita e buttarsi nel fiume.
“Ho sentito
dire che la nipote del marchese ha una grande passione per i cavalli e che è
una brava cavallerizza. Alla tenuta hanno stalle con vari cavalli e lei ne ha
un paio di sua proprietà, regalo del nonno. Ieri, mentre ero in paese ho
sentito che il suo cavallo preferito si è ammalato e che nessuno riesce a
guarirlo. Il marchese sta chiedendo in giro se qualcuno è in grado di fare
qualcosa ed è disposto a pagare bene, pare sia un cavallo, anzi una cavalla di
razza pregiata e che serva anche per riproduzione. Non so cosa abbia ma ci
sarebbe da guadagnarci bene a curarla e guarirla.” Lo guardò e gli strizzò
l’occhio.
Gastone
ringraziò la vecchia signora e tornò a casa.
Il caldo era
asfissiante nonostante fosse sera inoltrata. Rufus era sul calesse e stava con
le orecchie ritte in ascolto anche del più piccolo rumore ma tutto era
tranquillo.
Steso sul sofà
cominciò a pensare al da farsi.
Nella
distilleria faceva molto caldo e Gastone era a dorso nudo e sudava
abbondantemente. Il basso ringhiare di Rufus lo avvertì che il suo padrone
stava arrivando.
Ermete entrò
e si sedette asciugandosi il sudore che gli colava da sotto il cappello.
“A che punto
sei col lavoro?”
“Sono in
linea con i tempi che servono. Ci sono novità?”
“No, tutto a
posto ma volevo essere sicuro di essere puntuale con la prossima consegna.”
“Stia
tranquillo, io mantengo sempre i miei impegni.”
Ermete lo
aveva capito da tempo che quello era un uomo che non mancava alla parola data.
“Senta,
capo, ho sentito dire che il marchese darà una ricompensa a chi riuscirà a
guarire una cavalla di sua proprietà, non è che potrei darle un’occhiata? Mi
intendo di ferite ed ho curato gli animali quando facevo il guardia caccia e un
po’ di soldi in più mi servirebbero proprio per comprare il legname e rifare il
tetto della baracca di Cincia. Lei può fare qualcosa in questo senso?”
Ermete
pensava a come soddisfare quella richiesta, era sicuro che accontentandolo
avrebbe avuto maggiori possibilità che rimanesse a lavorare per lui.
“Credo di
potergli parlare, devo consegnare alla tenuta della merce particolare.” Disse
abbassando lo sguardo. “Ti farò sapere al più presto. Ora devo tornare o mia
moglie non mi dà tregua, è diventata insopportabile più del solito. Sarà colpa
di questo caldo. Buona giornata.”
Gastone si
chiese il motivo per il quale, spesso, il suo capo abbassasse lo sguardo, come
se si vergognasse di qualcosa, prima o poi avrebbe cercato di saperne di più
ma, per il momento aveva altre priorità.
La prima settimana
di luglio trascorse con un caldo soffocante, Gastone stava ripulendo gli arnesi
da riporre, aveva davanti un giorno intero di riposo e ne aveva bisogno. Di
notte riusciva a dormire pochissimo in quanto la sua mente era sempre impegnata
nel cercare il modo migliore di procedere con il suo piano. Si stava rimettendo
la camicia quando sentì il ringhio basso di Rufus. Uscì e richiuse la porta
incamminandosi per il sentiero con i sensi ben svegli. Il cane gli camminava al
fianco a muoveva il muso con molto sospetto, Gastone con la mano gli carezzava
la testa tenendolo tranquillo. Avevano percorso quasi tutto il sentiero quando
vide un uomo a cavallo fermo, come se lo stesse aspettando.
Indossava
una leggera camicia a maniche corte, un cappello di paglia leggero e di bella
foggia. Stava in sella al cavallo che scalpitava leggermente, come se danzasse
mentre era tenuto a briglia ferma dal suo cavaliere.
Gastone e
Rufus si stavano avvicinando e il cane ringhiava sottovoce. Raggiunsero cavallo
e cavaliere e si fermarono.
“Buona
sera.” Disse educatamente Gastone che aveva riconosciuto l’uomo dalla suola
degli stivali.
“Sei tu il
bracciante di Ermete? Quello che se ne intende di animali?”
“Sono io, mi
chiamo Gastone e in passato curavo gli animali selvatici feriti. Non ho
esperienza specifica con i cavalli, ma potrei avere qualche lenitivo
interessante.”
Lo sguardo
di quel vecchio porco non si staccava da uomo e cane, come se valutasse
entrambi prima di prendere la decisione. Si sentiva sicuro in sella a quel grosso
stallone e dalla sua altezza faceva pesare ancora di più il suo potere su quel
piccolo uomo miserabile e quel rognoso di un cane. Li valutava come se fossero
merce.
“E cosa
potresti fare tu che altri non sono riusciti ad ottenere?”
“Non lo so
fino a quando non vedo di cosa si tratta, se mi renderò conto che non è nelle
mie possibilità fare qualcosa glielo dirò e tornerò da dove sono venuto, io ci
posso provare ma la decisione spetta a lei.”
“Domani è
domenica, ti aspetto verso le dieci. Presentati alle stalle e chiedi del mio
capo stalliere Rocco, lui saprà cosa fare. Se riuscirai a guarirla per te ci
sarà una borsa di monete altrimenti non ci sarà niente, nemmeno se dovessi
venire venti volte, pago solo se ottengo il risultato.”
Detto
questo, girò il cavallo e se ne andò.
Rufus
continuava a ringhiare. “Bel tipo quel marchese, gli farò calare io le arie e
nemmeno saprà cosa gli succede.”
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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