venerdì 5 giugno 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA



IL SEGRETO DELLA LUNA

parte diciotto






Cincia si intromise per dare modo a Gastone di riprendersi.
“Se non mi sbaglio deve avere tre figli, due femmine e un maschio, voi ne sapete qualcosa?”
Fu sempre Maria a prendere la parola. “Sì, il figlio è il più giovane dei tre, quello che ha fatto morire di parto sua madre ma la povera marchesa aveva fatto numerosi aborti, non aveva il fisico per fare tanti figli ma quel maiale non ne voleva sapere. Nonostante le numerose amanti voleva avere dei figli, così ha fatto morire quella dolce creatura che chissà cosa ha passato con quel verme.”
“Io l’ho conosciuta la povera marchesa.” Disse Anita. “Era una ragazza timida, di buona famiglia e il marchese l’aveva adocchiata che era ancora giovanissima. La sposò che aveva solo quindici anni, venti meno di lui. Io ero presente al loro matrimonio facevo la cameriera per il pranzo che avevano dato ma non mi sembrava molto contenta.”
“Le sue figlie sono gemelle e quando le partorì quasi morì. Adesso sono grandi e sposate e se ne sono andate dalla tenuta da alcuni anni, non so dove abitino ora. Col vecchio marchese è rimasto solo il figlio Renzo che dicono sia peggio del padre!”
“Sì, è vero.” Disse Gemma. “Renzo si è sposato una di un paese vicino ed hanno quattro figli, tre maschi e una femmina, lo so bene perché la moglie si fa cucire gli abiti da mia cugina e ogni tanto la vedo e ci parliamo. E’ una signora per bene, anche la figlia, Giulia è molto a modo, dicono che somigli molto alla nonna e che il marchese straveda per lei!”
Ecco la notizia che cercava Gastone. Ora aveva un obiettivo.
Cincia capì al volo. “Stanno tutti alla tenuta del marchese?”
“Sicuro, quel vecchio porco tiene ancora tutti sotto controllo. E’ ancora lui che amministra ogni cosa e suo figlio non vede l’ora che passi a miglior vita per fare il padrone in tutti i sensi!”
“Dicono che non abbia ancora dato il suo consenso al matrimonio della nipote, che non trovi nessuno alla sua altezza ma, se aspetta ancora un po’ diventerà una zitella. Ormai ha diciotto anni ed è ora che metta su famiglia.” Lucia si era intromessa, voleva dare anche lei il suo contributo.
“Belle signore, che ne dite se vi riaccompagno a casa col calesse?” Ci furono gridolini di gioia.
“E che ne dite se ci ritroviamo presto per un’altra bella domenica insieme?” Altri gridolini di gioia.
“Non dimenticate di chiamarmi se avete bisogno di qualche lavoretto, io sono a vostra disposizione e voi mi terrete allegro come oggi. E’ stato un piacere fare la vostra conoscenza e spero che continueremo questa usanza di trovarci tutti insieme.”
Nel frattempo, Cincia aveva preparato dei pacchetti per ognuna di loro con il cibo avanzato, sapeva che non se la passavano molto bene. Le abbracciò e le intrattenne mentre Gastone arrivava col calesse e le aiutava a salire, avrebbe così imparato dove abitavano.
Fischiettava allegro e le donne ridevano fra di loro, felici della bella domenica passata in compagnia e per aver mangiato e bevuto a sazietà, nonché aver conosciuto un bell’uomo, erano invidiose di Cincia che lo ospitava nella sua casa, sarebbe stato bello se fosse capitato ad ognuna di loro, perché quello che più soffrivano era la solitudine.
Mentre ritornava a casa i pensieri di Gastone erano tutti per quel dannato marchese. L’avrebbe pagata, oh se l’avrebbe pagata! E prima di tutti gli altri. Ora aveva la certezza che faceva parte di quel branco di depravati e la sua cara nipote sarebbe stata la prossima ad essere inchiodata ad un albero.
Luglio era cominciato e il lavoro nei campi e nella distilleria teneva Gastone impegnato parecchio. Si stava informando con discrezione sulla famiglia del marchese e di suo figlio e Cincia lo aiutava in tal senso. Non era facile avvicinare quelle persone per quelli come lui.
Fu mentre era da Gemma a ripararle una finestra che scoprì, forse, qualcosa che lo avrebbe aiutato. Era seduto alla tavola della vecchia con un bicchiere di fresca birra e parlavano del più e del meno. L’uomo portò il discorso sul marchese e la sua famiglia, chiese che proprietà avesse, come facesse ad essere così ricco e portò il discorso sulle sue scappatelle e depravazioni, perché erano i discorsi che la vecchia amava spettegolare di più.
Mentre l’ascoltava pensava alla sua povera moglie, a quello che doveva aver passato per decidere addirittura di farla finita e buttarsi nel fiume.
“Ho sentito dire che la nipote del marchese ha una grande passione per i cavalli e che è una brava cavallerizza. Alla tenuta hanno stalle con vari cavalli e lei ne ha un paio di sua proprietà, regalo del nonno. Ieri, mentre ero in paese ho sentito che il suo cavallo preferito si è ammalato e che nessuno riesce a guarirlo. Il marchese sta chiedendo in giro se qualcuno è in grado di fare qualcosa ed è disposto a pagare bene, pare sia un cavallo, anzi una cavalla di razza pregiata e che serva anche per riproduzione. Non so cosa abbia ma ci sarebbe da guadagnarci bene a curarla e guarirla.” Lo guardò e gli strizzò l’occhio.
Gastone ringraziò la vecchia signora e tornò a casa.
Il caldo era asfissiante nonostante fosse sera inoltrata. Rufus era sul calesse e stava con le orecchie ritte in ascolto anche del più piccolo rumore ma tutto era tranquillo.
Steso sul sofà cominciò a pensare al da farsi.
Nella distilleria faceva molto caldo e Gastone era a dorso nudo e sudava abbondantemente. Il basso ringhiare di Rufus lo avvertì che il suo padrone stava arrivando.
Ermete entrò e si sedette asciugandosi il sudore che gli colava da sotto il cappello.
“A che punto sei col lavoro?”
“Sono in linea con i tempi che servono. Ci sono novità?”
“No, tutto a posto ma volevo essere sicuro di essere puntuale con la prossima consegna.”
“Stia tranquillo, io mantengo sempre i miei impegni.”
Ermete lo aveva capito da tempo che quello era un uomo che non mancava alla parola data.
“Senta, capo, ho sentito dire che il marchese darà una ricompensa a chi riuscirà a guarire una cavalla di sua proprietà, non è che potrei darle un’occhiata? Mi intendo di ferite ed ho curato gli animali quando facevo il guardia caccia e un po’ di soldi in più mi servirebbero proprio per comprare il legname e rifare il tetto della baracca di Cincia. Lei può fare qualcosa in questo senso?”
Ermete pensava a come soddisfare quella richiesta, era sicuro che accontentandolo avrebbe avuto maggiori possibilità che rimanesse a lavorare per lui.
“Credo di potergli parlare, devo consegnare alla tenuta della merce particolare.” Disse abbassando lo sguardo. “Ti farò sapere al più presto. Ora devo tornare o mia moglie non mi dà tregua, è diventata insopportabile più del solito. Sarà colpa di questo caldo. Buona giornata.”
Gastone si chiese il motivo per il quale, spesso, il suo capo abbassasse lo sguardo, come se si vergognasse di qualcosa, prima o poi avrebbe cercato di saperne di più ma, per il momento aveva altre priorità.
La prima settimana di luglio trascorse con un caldo soffocante, Gastone stava ripulendo gli arnesi da riporre, aveva davanti un giorno intero di riposo e ne aveva bisogno. Di notte riusciva a dormire pochissimo in quanto la sua mente era sempre impegnata nel cercare il modo migliore di procedere con il suo piano. Si stava rimettendo la camicia quando sentì il ringhio basso di Rufus. Uscì e richiuse la porta incamminandosi per il sentiero con i sensi ben svegli. Il cane gli camminava al fianco a muoveva il muso con molto sospetto, Gastone con la mano gli carezzava la testa tenendolo tranquillo. Avevano percorso quasi tutto il sentiero quando vide un uomo a cavallo fermo, come se lo stesse aspettando.
Indossava una leggera camicia a maniche corte, un cappello di paglia leggero e di bella foggia. Stava in sella al cavallo che scalpitava leggermente, come se danzasse mentre era tenuto a briglia ferma dal suo cavaliere.
Gastone e Rufus si stavano avvicinando e il cane ringhiava sottovoce. Raggiunsero cavallo e cavaliere e si fermarono.
“Buona sera.” Disse educatamente Gastone che aveva riconosciuto l’uomo dalla suola degli stivali.
“Sei tu il bracciante di Ermete? Quello che se ne intende di animali?”
“Sono io, mi chiamo Gastone e in passato curavo gli animali selvatici feriti. Non ho esperienza specifica con i cavalli, ma potrei avere qualche lenitivo interessante.”
Lo sguardo di quel vecchio porco non si staccava da uomo e cane, come se valutasse entrambi prima di prendere la decisione. Si sentiva sicuro in sella a quel grosso stallone e dalla sua altezza faceva pesare ancora di più il suo potere su quel piccolo uomo miserabile e quel rognoso di un cane. Li valutava come se fossero merce.
“E cosa potresti fare tu che altri non sono riusciti ad ottenere?”
“Non lo so fino a quando non vedo di cosa si tratta, se mi renderò conto che non è nelle mie possibilità fare qualcosa glielo dirò e tornerò da dove sono venuto, io ci posso provare ma la decisione spetta a lei.”
“Domani è domenica, ti aspetto verso le dieci. Presentati alle stalle e chiedi del mio capo stalliere Rocco, lui saprà cosa fare. Se riuscirai a guarirla per te ci sarà una borsa di monete altrimenti non ci sarà niente, nemmeno se dovessi venire venti volte, pago solo se ottengo il risultato.”
Detto questo, girò il cavallo e se ne andò.
Rufus continuava a ringhiare. “Bel tipo quel marchese, gli farò calare io le arie e nemmeno saprà cosa gli succede.”


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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