IL SEGRETO DELLA LUNA
parte venticinque
Nella tenuta
del marchese nessuno osava fiatare.
Il giovane
Romeo aveva ricevuto talmente tante frustate che non si sapeva se sarebbe
sopravvissuto. La salma di Giulia era stata ricomposta e lasciata nella sua
cameretta. I suoi genitori erano sconvolti ma quello più furioso era il
marchese che era nel suo studio con alcune persone.
“Io voglio
scoprire chi è stato! Lo voglio fra le mie mani! Domani ci sarà il funerale
dopo di che inizierete le vostre ricerche. Mi siete stati raccomandati e
costate cari, ma non mi importa. Chi mi consegnerà il colpevole avrà una borsa
di monete come premio. Fate bene il vostro lavoro, avete carta bianca per
indagare. E’ vero, ho molti nemici e lunedì mattina ci ritroveremo qui per
parlare anche di questo. Esigo la massima discrezione e risponderete solo a me
personalmente. Avete capito bene?”
I tre uomini
annuirono.
“Fin dove
possiamo spingerci?” Chiese uno di loro.
“Fin dove
serve! Non l’avete ancora capito? non mi importa dei metodi che userete, mi
interessa solo il risultato. Ora andatevene, ci vediamo qui lunedì mattina, poi
non voglio più vedervi fino al compimento del vostro dovere.”
La rabbia e
il dolore del marchese erano talmente forti che nessuno osava avvicinarsi a
lui. Se avesse avuto fra le mani il colpevole lo avrebbe strozzato con le sue
stesse mani. Nessuno aveva mai osato tanto contro di lui e nessuno poteva
permettersi anche solo di pensare che fosse possibile umiliare o ferire la sua
famiglia, nessuno!
I tre uomini
raggiunsero l’alloggio messo a loro disposizione. Erano avvezzi a lavorare
insieme, erano una grande squadra di investigatori senza scrupoli che venivano
impiegati senza mai dare risalto a loro o al loro compito, era un elemento
fondamentale per mantenere la loro libertà di azione. Nessuno conosceva i loro
veri nomi. Erano tre fratelli che da anni svolgevano vari compiti fuori dalla
legalità ma erano al soldo di persone facoltose e importanti, perciò mai
nessuno li aveva messi sotto accusa per le azioni che avevano commesso, e ne
avevano perpetrate di davvero ignobili.
Il marchese
avrebbe voluto incontrare gli altri cavalieri ma la loro regola era
infrangibile, le riunioni si tenevano solo una volta al mese e non si era mai
derogato in tal senso.
Stava
cercando di sbollire ira e dolore quando sentì bussare.
Costantino
Morietti era davanti a lui.
“Mi dispiace
molto, amico mio. Non riesco ad immaginare il tuo dolore. Posso fare qualcosa
per te?”
“Ti
ringrazio di essere passato. Vorrei poter fare una riunione straordinaria ma so
che non è possibile.”
“So che hai
assoldato La banda dei tre, per
questo sono passato. Tu conosci le regole della nostra società: nessuno deve
venirne a conoscenza, non puoi dire loro niente di quello che avviene fra di
noi. Sono qui per ricordartelo e per ricordarti cosa comporta infrangere questo
giuramento.”
“Credi che
sia uno stupido? Lo so bene fin dove posso spingermi. Che ci fai qui?”
“E’ ovvio
che quello che è successo al sacrestano ed a te sia connesso con quello che
facciamo ma tu non puoi dire niente ai quei tre o farai una brutta fine!”
Il marchese
si torceva le mani. Sapeva che il suo compare aveva ragione e lui stesso era
talmente infuriato che per un momento aveva deciso di dire tutto a quei tre,
per fortuna si era trattenuto e li aveva rimandati al giorno dopo il funerale
con la speranza di essere più freddo e ragionevole.
“Se fosse
successo a te, cosa faresti?”
“A me non
succederà! Te l’ho sempre detto che dobbiamo avere cura delle nostre proprietà
sia terriere che famigliari, da me nessun forestiero può entrare indisturbato.”
“E se non
fosse un forestiero ma qualcuno del posto?”
“E’
impossibile! Comunque chiunque entra nella mia proprietà è scortato e
sorvegliato, è meglio se impari anche tu e tutti gli altri cavalieri. Non fare
stupidaggini, sai bene che nessuno della tua discendenza può prendere il tuo
posto e saremmo costretti a far entrare qualcun altro, con tutto quello che
consegue.”
Rimasero a
fissarsi per alcuni minuti in silenzio.
Il marchese
cercò di soffocare la sua voglia di vendetta, aveva capito il messaggio e
sapeva cosa poteva perdere se non si comportava secondo le regole.
“Tranquillizza
tutti, quei tre non sapranno mai niente della nostra società, almeno da me. E
se dovessero scoprirlo da soli?” Si spaventò il marchese.
“Dovremo
ucciderli!” Fu la semplice risposta.
“Tu fai solo
attenzione a quello che dirai a loro. Non sono d’accordo sul fatto che tu li
abbia chiamati, metti comunque in pericolo la nostra Società Segreta, fa in
modo di liberarti di loro il più in fretta che puoi. Dovremo pensarci noi
stessi e dovevi prima rivolgerti a noi. Stai camminando sul filo di un rasoio,
un vero rasoio. Numero Uno non userà
nessuna pietà nemmeno con te se solo avrà il sospetto che puoi compromettere la
nostra associazione. Io sono qui per ricordartelo come tu avresti fatto con me.
Stai molto attento marchese a non perdere il nostro appoggio.”
Lasciò lo
studio e tornò alla sua tenuta scortato da ben tre guardie armate.
Il marchese
sapeva che doveva stare molto attento. Ora si pentiva di aver chiamato la banda dei trema decise che ci avrebbe
pensato dopo il funerale. In ogni caso lui voleva il colpevole impiccato, e
sarebbe stato lui stesso a passare il cappio intorno al suo collo.
Capitolo dodici
La chiesa
era stracolma e molta gente era fuori, sotto il sole cocente di agosto. Era la
prima domenica del mese e faceva molto caldo nonostante fossero solo le dieci
di mattina.
Gastone
entrò e si mise al solito posto, il barattolo che aveva messo nella cesta
davanti alla Madonna non c’era più. Sapeva bene che il sacrestano aveva svolto
il suo compito. Come al solito si mise ad osservare tutte le persone tenendo lo
sguardo basso sul cappello che teneva in mano. Un coro di ragazzini e ragazzine
cantava gli inni accompagnati dal suono melodioso dell’organo.
La funzione
sembrava interminabile e la madre della ragazza morta fu portata fuori a
braccia, svenuta.
I presenti
erano talmente stipati che si sentiva odore di sudore e di sporcizia, Gastone
non riusciva ad osservare molto perché tante schiene gli impedivano la visuale.
Aspettò pazientemente che tutto finisse e, mentre il corteo lasciava la chiesa
lui osservò tutti quelli che gli passavano davanti per seguire la famiglia del
marchese fino al cimitero.
Il tragitto
era lungo per raggiungere il campo santo e il sole batteva inesorabile su
quelle persone vestite di scuro. Gastone decise di non seguirli e ritornò a
casa. Il suo compito da bravo compaesano lo aveva svolto e aveva solo voglia di
un po’ di fresco e di un piatto di carne fredda.
Cincia aveva
la tavola apparecchiata e mangiarono in silenzio. Aveva poco tempo, doveva
riprendere in fretta il lavoro. Aveva una scadenza da rispettare e, funerale o
non funerale non aveva deroghe, neppure di domenica.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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