martedì 16 giugno 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte venticinque






Nella tenuta del marchese nessuno osava fiatare.
Il giovane Romeo aveva ricevuto talmente tante frustate che non si sapeva se sarebbe sopravvissuto. La salma di Giulia era stata ricomposta e lasciata nella sua cameretta. I suoi genitori erano sconvolti ma quello più furioso era il marchese che era nel suo studio con alcune persone.
“Io voglio scoprire chi è stato! Lo voglio fra le mie mani! Domani ci sarà il funerale dopo di che inizierete le vostre ricerche. Mi siete stati raccomandati e costate cari, ma non mi importa. Chi mi consegnerà il colpevole avrà una borsa di monete come premio. Fate bene il vostro lavoro, avete carta bianca per indagare. E’ vero, ho molti nemici e lunedì mattina ci ritroveremo qui per parlare anche di questo. Esigo la massima discrezione e risponderete solo a me personalmente. Avete capito bene?”
I tre uomini annuirono.
“Fin dove possiamo spingerci?” Chiese uno di loro.
“Fin dove serve! Non l’avete ancora capito? non mi importa dei metodi che userete, mi interessa solo il risultato. Ora andatevene, ci vediamo qui lunedì mattina, poi non voglio più vedervi fino al compimento del vostro dovere.”
La rabbia e il dolore del marchese erano talmente forti che nessuno osava avvicinarsi a lui. Se avesse avuto fra le mani il colpevole lo avrebbe strozzato con le sue stesse mani. Nessuno aveva mai osato tanto contro di lui e nessuno poteva permettersi anche solo di pensare che fosse possibile umiliare o ferire la sua famiglia, nessuno!
I tre uomini raggiunsero l’alloggio messo a loro disposizione. Erano avvezzi a lavorare insieme, erano una grande squadra di investigatori senza scrupoli che venivano impiegati senza mai dare risalto a loro o al loro compito, era un elemento fondamentale per mantenere la loro libertà di azione. Nessuno conosceva i loro veri nomi. Erano tre fratelli che da anni svolgevano vari compiti fuori dalla legalità ma erano al soldo di persone facoltose e importanti, perciò mai nessuno li aveva messi sotto accusa per le azioni che avevano commesso, e ne avevano perpetrate di davvero ignobili.
Il marchese avrebbe voluto incontrare gli altri cavalieri ma la loro regola era infrangibile, le riunioni si tenevano solo una volta al mese e non si era mai derogato in tal senso.
Stava cercando di sbollire ira e dolore quando sentì bussare.
Costantino Morietti era davanti a lui.
“Mi dispiace molto, amico mio. Non riesco ad immaginare il tuo dolore. Posso fare qualcosa per te?”
“Ti ringrazio di essere passato. Vorrei poter fare una riunione straordinaria ma so che non è possibile.”
“So che hai assoldato La banda dei tre, per questo sono passato. Tu conosci le regole della nostra società: nessuno deve venirne a conoscenza, non puoi dire loro niente di quello che avviene fra di noi. Sono qui per ricordartelo e per ricordarti cosa comporta infrangere questo giuramento.”
“Credi che sia uno stupido? Lo so bene fin dove posso spingermi. Che ci fai qui?”
“E’ ovvio che quello che è successo al sacrestano ed a te sia connesso con quello che facciamo ma tu non puoi dire niente ai quei tre o farai una brutta fine!”
Il marchese si torceva le mani. Sapeva che il suo compare aveva ragione e lui stesso era talmente infuriato che per un momento aveva deciso di dire tutto a quei tre, per fortuna si era trattenuto e li aveva rimandati al giorno dopo il funerale con la speranza di essere più freddo e ragionevole.
“Se fosse successo a te, cosa faresti?”
“A me non succederà! Te l’ho sempre detto che dobbiamo avere cura delle nostre proprietà sia terriere che famigliari, da me nessun forestiero può entrare indisturbato.”
“E se non fosse un forestiero ma qualcuno del posto?”
“E’ impossibile! Comunque chiunque entra nella mia proprietà è scortato e sorvegliato, è meglio se impari anche tu e tutti gli altri cavalieri. Non fare stupidaggini, sai bene che nessuno della tua discendenza può prendere il tuo posto e saremmo costretti a far entrare qualcun altro, con tutto quello che consegue.”
Rimasero a fissarsi per alcuni minuti in silenzio.
Il marchese cercò di soffocare la sua voglia di vendetta, aveva capito il messaggio e sapeva cosa poteva perdere se non si comportava secondo le regole.
“Tranquillizza tutti, quei tre non sapranno mai niente della nostra società, almeno da me. E se dovessero scoprirlo da soli?” Si spaventò il marchese.
“Dovremo ucciderli!” Fu la semplice risposta.
“Tu fai solo attenzione a quello che dirai a loro. Non sono d’accordo sul fatto che tu li abbia chiamati, metti comunque in pericolo la nostra Società Segreta, fa in modo di liberarti di loro il più in fretta che puoi. Dovremo pensarci noi stessi e dovevi prima rivolgerti a noi. Stai camminando sul filo di un rasoio, un vero rasoio. Numero Uno non userà nessuna pietà nemmeno con te se solo avrà il sospetto che puoi compromettere la nostra associazione. Io sono qui per ricordartelo come tu avresti fatto con me. Stai molto attento marchese a non perdere il nostro appoggio.”
Lasciò lo studio e tornò alla sua tenuta scortato da ben tre guardie armate.
Il marchese sapeva che doveva stare molto attento. Ora si pentiva di aver chiamato la banda dei trema decise che ci avrebbe pensato dopo il funerale. In ogni caso lui voleva il colpevole impiccato, e sarebbe stato lui stesso a passare il cappio intorno al suo collo.

Capitolo dodici
La chiesa era stracolma e molta gente era fuori, sotto il sole cocente di agosto. Era la prima domenica del mese e faceva molto caldo nonostante fossero solo le dieci di mattina.
Gastone entrò e si mise al solito posto, il barattolo che aveva messo nella cesta davanti alla Madonna non c’era più. Sapeva bene che il sacrestano aveva svolto il suo compito. Come al solito si mise ad osservare tutte le persone tenendo lo sguardo basso sul cappello che teneva in mano. Un coro di ragazzini e ragazzine cantava gli inni accompagnati dal suono melodioso dell’organo.
La funzione sembrava interminabile e la madre della ragazza morta fu portata fuori a braccia, svenuta.
I presenti erano talmente stipati che si sentiva odore di sudore e di sporcizia, Gastone non riusciva ad osservare molto perché tante schiene gli impedivano la visuale. Aspettò pazientemente che tutto finisse e, mentre il corteo lasciava la chiesa lui osservò tutti quelli che gli passavano davanti per seguire la famiglia del marchese fino al cimitero.
Il tragitto era lungo per raggiungere il campo santo e il sole batteva inesorabile su quelle persone vestite di scuro. Gastone decise di non seguirli e ritornò a casa. Il suo compito da bravo compaesano lo aveva svolto e aveva solo voglia di un po’ di fresco e di un piatto di carne fredda.
Cincia aveva la tavola apparecchiata e mangiarono in silenzio. Aveva poco tempo, doveva riprendere in fretta il lavoro. Aveva una scadenza da rispettare e, funerale o non funerale non aveva deroghe, neppure di domenica.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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