IL SEGRETO DELLA LUNA
parte ventiquattro
Giulia era
priva di sensi. Gastone la distese sul ripiano che aveva spostato dalla parete,
largo abbastanza da sostenere un corpo umano.
Rimase
indeciso se togliere o meno il cappuccio alla ragazza. Decise di non farlo, non
per vigliaccheria ma per rispetto verso quella povera creatura che stava per
morire.
Prese lo
stiletto e lo conficcò dritto nel cuore, nessun indugio o tentennamento. Ci fu
un sussulto da parte della ragazza e una schiuma rossastra le uscì dalla bocca dopo
i brevi rantoli che mettevano fine alla sua giovane vita.
Gastone
rimase in piedi al suo fianco aspettando che di essere sicuro che la vita di
quella ragazzina se ne fosse andata. Ci volle davvero poco, la ragazza piegò la
testa di lato sporcando il ripiano dove era adagiata.
L’uomo le
tolse il cappuccio e osservò gli occhi rimasti aperti.
Rimase a
guardarla chiedendosi ancora una volta cosa provava in quel momento. Il viso
dolce di sua figlia, per un attimo si sovrappose a quello della ragazza e il
suo cuore fu trafitto dal dolore, era come se lo stiletto fosse entrato anche
nel suo cuore e riprese a fare quello che doveva.
Prese i
chiodi da un cassetto e li preparò. Si munì dell’arnese per asportare gli occhi
e cominciò.
Il barattolo
contenente i bulbi oculari venne richiuso. Sfidando ogni pericolo avvolse il
corpo in una grezza coperta e ritornò sul luogo del rapimento.
Doveva fare
in fretta prima che il ragazzino tornasse. Il tronco lo aveva scelto da tempo
e, seguendo il rito che ben conosceva inchiodò il corpo. Incise la stella sul
petto della ragazza, lanciò un veloce sguardo al dipinto e, senza indugiare
oltre ritornò alla distilleria.
Riprese il
lavoro, nessuno poteva accorgersi della sua assenza. Ora non restava che
aspettare.
A fine
giornata tornò a casa come ogni sera, tolse dalla sacca la coperta e andò a
ripulire il casotto, il ripiano fu rimesso contro il muro e la coperta venne
bruciata insieme ai residui corporei della ragazza.
Entrò in
casa e la cena era pronta. Cincia lo aspettava paziente.
Cenarono in
silenzio e si ritirarono per la notte.
Ora erano
complici, la vita dell’uno era nelle mani dell’altra. Non avevano fatto nessun
giuramento ma sapevano che si sarebbero protetti a costo della loro stessa
vita.
Disteso sul
sofà, Gastone ripensava a quello che aveva appena fatto, alle conseguenze che
ne sarebbero venute, sapeva bene che la ragazza non era una qualunque ma la
nipote preferita del marchese. Ci sarebbero state delle indagini, delle
restrizioni e altro ancora ma a lui non importava niente. Stava immaginando
cosa stavano passando i genitori e il maledetto marchese, perché di sicuro il
corpo era già stato trovato e riportato alla tenuta. Numero tre come ti senti adesso? Maledetto. Chiuse gli occhi e
dormì senza sogni.
Il mattino
seguente Gastone andò al lavoro come ogni altro giorno. Era una giornata molto
calda, agosto infieriva con afa e caldo soffocante, lavorava e sudava
abbondantemente. Il basso ringhio di Rufus lo avvisò di una visita.
Ermete entrò
trafelato e sudato, prese l’unica sedia e si accasciò su di essa.
Gastone gli
si mise di fronte e gli passò la sua borraccia di acqua aspettando che quello
riprendesse fiato per sapere cosa volesse.
Passarono
pochi minuti e il respiro del vecchio ritornò quasi normale.
“Non l’hai
ancora saputo?” Gli disse.
“Saputo che
cosa?”
“Hanno
ucciso la nipote del marchese! La ragazza alla quale hai curato il cavallo! Ha
fatto la stessa fine della figlia del sacrestano! C’è molto fermento in paese!”
Gastone
simulò un dolore che non sentiva, stava diventando davvero bravo a mentire.
“Vuoi dire
che è stata uccisa?”
“Cosa ti ho appena
detto?” Si adirò Ermete.
“Dicono che
il marchese sia su tutte le furie e che abbia frustato quasi a morte il
ragazzino che la doveva sorvegliare. Giulia era una brava ragazza, non meritava
una fine così. Chi ha compiuto questo gesto spregevole è un gran vigliacco,
perché se ce l’aveva col marchese doveva prendersela con lui e non con
un’innocente!” Lacrime di rabbia, di paura o di dolore solcavano le guance
scavate del vecchio.
In un moto d’ira
Gastone strinse i pugni. Avrebbe voluto colpire quel miserabile per fargli
entrare in testa che quello era il modo migliore per far soffrire quel
maledetto personaggio. Si trattenne a fatica e gli girò le spalle.
“Mi dispiace
molto per quella ragazza. L’ho conosciuta poco ma mi sembrava una personcina a
modo. Cosa farà adesso il marchese?”
“Proprio non
lo so. Di sicuro non lascerà impunito il colpevole, lui non è il sacrestano, è
molto facoltoso e farà di tutto per avere vendetta.”
“Lo capisco.
Anch’io al suo posto vorrei vendicarmi.” Le uniche parole sincere.
Rimasero in
silenzio per alcuni minuti mentre Gastone lavorava.
“Cosa si fa
in questi casi? Io non sono pratico di queste cose e la conoscevo poco, mentre
non conosco per niente la sua famiglia. Andrei a far visita di cortesia ma
proprio non so come comportarmi.”
“Credo che
non permetterà a nessuno di varcare la soglia della sua tenuta. Tutto quello
che possiamo fare è presenziare al funerale ma con distacco. Non è gente alla
mano quella!”
“Seguirò il
tuo consiglio. Tu fammi sapere quando ci sarà la funzione ed io ci sarò.”
Ermete si
era ripreso e si alzò dalla sedia.
“Quanto ti
manca per finire il quantitativo che ti ho chiesto?”
“Tre o
quattro giorni e i barili saranno riempiti.”
“Bene. Ora
vado.”
Gastone
riprese il suo lavoro con il pensiero rivolto a sua figlia e sua moglie. Sto portando avanti la promessa che vi ho
fatto, niente e nessuno mi fermerà.
Come era
prevedibile in quel piccolo paese aveva cominciato a serpeggiare la paura. Se
perfino la nipote del marchese era stata così brutalmente uccisa (i particolari
erano usciti nonostante il divieto assoluto del marchese a divulgarli) la
stessa sorte poteva toccare a qualunque fanciulla e la gente era molto spaventata
e preoccupata.
Il funerale
era previsto di domenica, così che potessero parteciparvi tutti, mancava ancora
un giorno e nessuno, se non espressamente invitato era entrato alla tenuta.
Gastone
aveva finito la sua giornata di lavoro e aveva una cosa da fare. Aspettò che
calasse il buio poi, lasciando Rufus a Cincia si diresse in paese. Non doveva
essere visto e non fu un problema arrivare alla chiesa. Con un attrezzo che si
era portato aprì la porta laterale e, senza fare rumore entrò. Aspettò che i
suoi occhi si adattassero alla penombra tenendo ben allerta l’udito. Quando fu
sicuro che non c’era nessuno prese il piccolo barattolo che conteneva gli occhi
della ragazza e lo mise nella ciotola delle offerte. La posizionò in modo che
si vedesse bene il nodo che c’era in rilievo e la mise davanti alla statua
della Madonna. Ogni gesto era identico a quello che aveva compiuto la volta
precedente.
Senza fare il
minimo rumore, così come era entrato uscì e richiuse la porta. Sarebbe stato un
altro bel dilemma da sbrogliare.
Nonostante
la serata estiva e calda non c’era nessuno in giro, solo qualche gatto che si
godeva la luna calante.
Nessuno si
accorse di lui e ritornò a casa. Cincia prese un fiasco di vino fresco e lo
vuotò in due bicchieri.
“Alla
prossima!”
“Alla
prossima!”
E bevvero
gustandosi la serata.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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