lunedì 15 giugno 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA



IL SEGRETO DELLA LUNA

parte ventiquattro






Giulia era priva di sensi. Gastone la distese sul ripiano che aveva spostato dalla parete, largo abbastanza da sostenere un corpo umano.
Rimase indeciso se togliere o meno il cappuccio alla ragazza. Decise di non farlo, non per vigliaccheria ma per rispetto verso quella povera creatura che stava per morire.
Prese lo stiletto e lo conficcò dritto nel cuore, nessun indugio o tentennamento. Ci fu un sussulto da parte della ragazza e una schiuma rossastra le uscì dalla bocca dopo i brevi rantoli che mettevano fine alla sua giovane vita.
Gastone rimase in piedi al suo fianco aspettando che di essere sicuro che la vita di quella ragazzina se ne fosse andata. Ci volle davvero poco, la ragazza piegò la testa di lato sporcando il ripiano dove era adagiata.
L’uomo le tolse il cappuccio e osservò gli occhi rimasti aperti.
Rimase a guardarla chiedendosi ancora una volta cosa provava in quel momento. Il viso dolce di sua figlia, per un attimo si sovrappose a quello della ragazza e il suo cuore fu trafitto dal dolore, era come se lo stiletto fosse entrato anche nel suo cuore e riprese a fare quello che doveva.
Prese i chiodi da un cassetto e li preparò. Si munì dell’arnese per asportare gli occhi e cominciò.
Il barattolo contenente i bulbi oculari venne richiuso. Sfidando ogni pericolo avvolse il corpo in una grezza coperta e ritornò sul luogo del rapimento.
Doveva fare in fretta prima che il ragazzino tornasse. Il tronco lo aveva scelto da tempo e, seguendo il rito che ben conosceva inchiodò il corpo. Incise la stella sul petto della ragazza, lanciò un veloce sguardo al dipinto e, senza indugiare oltre ritornò alla distilleria.
Riprese il lavoro, nessuno poteva accorgersi della sua assenza. Ora non restava che aspettare.
A fine giornata tornò a casa come ogni sera, tolse dalla sacca la coperta e andò a ripulire il casotto, il ripiano fu rimesso contro il muro e la coperta venne bruciata insieme ai residui corporei della ragazza.
Entrò in casa e la cena era pronta. Cincia lo aspettava paziente.
Cenarono in silenzio e si ritirarono per la notte.
Ora erano complici, la vita dell’uno era nelle mani dell’altra. Non avevano fatto nessun giuramento ma sapevano che si sarebbero protetti a costo della loro stessa vita.
Disteso sul sofà, Gastone ripensava a quello che aveva appena fatto, alle conseguenze che ne sarebbero venute, sapeva bene che la ragazza non era una qualunque ma la nipote preferita del marchese. Ci sarebbero state delle indagini, delle restrizioni e altro ancora ma a lui non importava niente. Stava immaginando cosa stavano passando i genitori e il maledetto marchese, perché di sicuro il corpo era già stato trovato e riportato alla tenuta. Numero tre come ti senti adesso? Maledetto. Chiuse gli occhi e dormì senza sogni.
Il mattino seguente Gastone andò al lavoro come ogni altro giorno. Era una giornata molto calda, agosto infieriva con afa e caldo soffocante, lavorava e sudava abbondantemente. Il basso ringhio di Rufus lo avvisò di una visita.
Ermete entrò trafelato e sudato, prese l’unica sedia e si accasciò su di essa.
Gastone gli si mise di fronte e gli passò la sua borraccia di acqua aspettando che quello riprendesse fiato per sapere cosa volesse.
Passarono pochi minuti e il respiro del vecchio ritornò quasi normale.
“Non l’hai ancora saputo?” Gli disse.
“Saputo che cosa?”
“Hanno ucciso la nipote del marchese! La ragazza alla quale hai curato il cavallo! Ha fatto la stessa fine della figlia del sacrestano! C’è molto fermento in paese!”
Gastone simulò un dolore che non sentiva, stava diventando davvero bravo a mentire.
“Vuoi dire che è stata uccisa?”
“Cosa ti ho appena detto?” Si adirò Ermete.
“Dicono che il marchese sia su tutte le furie e che abbia frustato quasi a morte il ragazzino che la doveva sorvegliare. Giulia era una brava ragazza, non meritava una fine così. Chi ha compiuto questo gesto spregevole è un gran vigliacco, perché se ce l’aveva col marchese doveva prendersela con lui e non con un’innocente!” Lacrime di rabbia, di paura o di dolore solcavano le guance scavate del vecchio.
In un moto d’ira Gastone strinse i pugni. Avrebbe voluto colpire quel miserabile per fargli entrare in testa che quello era il modo migliore per far soffrire quel maledetto personaggio. Si trattenne a fatica e gli girò le spalle.
“Mi dispiace molto per quella ragazza. L’ho conosciuta poco ma mi sembrava una personcina a modo. Cosa farà adesso il marchese?”
“Proprio non lo so. Di sicuro non lascerà impunito il colpevole, lui non è il sacrestano, è molto facoltoso e farà di tutto per avere vendetta.”
“Lo capisco. Anch’io al suo posto vorrei vendicarmi.” Le uniche parole sincere.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti mentre Gastone lavorava.
“Cosa si fa in questi casi? Io non sono pratico di queste cose e la conoscevo poco, mentre non conosco per niente la sua famiglia. Andrei a far visita di cortesia ma proprio non so come comportarmi.”
“Credo che non permetterà a nessuno di varcare la soglia della sua tenuta. Tutto quello che possiamo fare è presenziare al funerale ma con distacco. Non è gente alla mano quella!”
“Seguirò il tuo consiglio. Tu fammi sapere quando ci sarà la funzione ed io ci sarò.”
Ermete si era ripreso e si alzò dalla sedia.
“Quanto ti manca per finire il quantitativo che ti ho chiesto?”
“Tre o quattro giorni e i barili saranno riempiti.”
“Bene. Ora vado.”
Gastone riprese il suo lavoro con il pensiero rivolto a sua figlia e sua moglie. Sto portando avanti la promessa che vi ho fatto, niente e nessuno mi fermerà.
Come era prevedibile in quel piccolo paese aveva cominciato a serpeggiare la paura. Se perfino la nipote del marchese era stata così brutalmente uccisa (i particolari erano usciti nonostante il divieto assoluto del marchese a divulgarli) la stessa sorte poteva toccare a qualunque fanciulla e la gente era molto spaventata e preoccupata.
Il funerale era previsto di domenica, così che potessero parteciparvi tutti, mancava ancora un giorno e nessuno, se non espressamente invitato era entrato alla tenuta.
Gastone aveva finito la sua giornata di lavoro e aveva una cosa da fare. Aspettò che calasse il buio poi, lasciando Rufus a Cincia si diresse in paese. Non doveva essere visto e non fu un problema arrivare alla chiesa. Con un attrezzo che si era portato aprì la porta laterale e, senza fare rumore entrò. Aspettò che i suoi occhi si adattassero alla penombra tenendo ben allerta l’udito. Quando fu sicuro che non c’era nessuno prese il piccolo barattolo che conteneva gli occhi della ragazza e lo mise nella ciotola delle offerte. La posizionò in modo che si vedesse bene il nodo che c’era in rilievo e la mise davanti alla statua della Madonna. Ogni gesto era identico a quello che aveva compiuto la volta precedente.
Senza fare il minimo rumore, così come era entrato uscì e richiuse la porta. Sarebbe stato un altro bel dilemma da sbrogliare.
Nonostante la serata estiva e calda non c’era nessuno in giro, solo qualche gatto che si godeva la luna calante.
Nessuno si accorse di lui e ritornò a casa. Cincia prese un fiasco di vino fresco e lo vuotò in due bicchieri.
“Alla prossima!”
“Alla prossima!”
E bevvero gustandosi la serata.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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