IL SEGRETO DELLA LUNA
parte trentatre
Camminava
sulla riva del fiume tenendo in mano la canna da pesca. Avrebbe dato un anno
della sua vita per poter assistere a quello che stava succedendo in casa del
fabbro. Sapeva che non lo avrebbe mai scoperto nei dettagli, e un po’ gli
dispiaceva ma era contento di quello che aveva fatto. Quelle bestie non sapevano
ancora cosa le aspettava! Ripeté il giuramento che aveva fatto alle sue donne e
cercò di calmarsi.
Come al
solito, la camminata lo portò ai limiti della tenuta di Morietti. Si fermò e
lanciò l’amo nell’acqua facendo finta di pescare, aspettava di sentire gli
zoccoli del cavallo del guardiano che, infatti non tardarono a farsi udire.
“Vedo che ti
piace stare qui. Lo sai che è proibito.”
“Questa ansa
è ricca di pesci ed io sono su suolo pubblico e non faccio niente di male.”
“Stai molto
attento, io ti tengo d’occhio. Non mi piaci proprio per niente.” Tirò le redini
del cavallo e tornò sui suoi passi.
Sarebbe
stato molto difficile entrare in quella proprietà.
Capitolo quindici
In casa del
fabbro adesso c’era silenzio e calma.
Il corpo
della ragazza era stato lavato e vestito dai lavoranti di Morietti.
Costantino e
Luigi erano da soli e il fabbro gli stava raccontando del furto che aveva
subito, che non aveva più una moneta ed ora nemmeno la figlia.
“Devi
mantenere la calma, lo sai che se sgarri vieni isolato dal gruppo e se esci dal
cerchio dei Cavalieri per te sarà la fine.”
“Come faccio
a restare calmo davanti a tutto questo?”
“Ne
parleremo alla prossima riunione se si potrà, sai bene cosa c’è in programma
per il prossimo plenilunio. Ora più che mai abbiamo bisogno che tutto venga
svolto nel modo più regolare possibile. Sai che non ti abbandoneremo e
seguiremo le regole della nostra legge.”
“Lo so, ma
anche se mi verrà dato denaro non sarà mai quanto quello che mi è stato
rubato.”
“Lo so, ma
ti rifarai.”
“Dobbiamo
trovare chi mi ha fatto questo, adesso non potete più pensare che sia un caso.
Tre ragazze hanno fatto la stessa fine, tre
nostre ragazze, qualcuno sa, qualcuno ha parlato!”
“Mantieni la
calma, cercherò di parlare con Numero Uno, ma sai quanto è difficile. Ti
prometto che mi darò da fare. Ora pensa a seppellire tua figlia, poi ti farò
sapere.”
Costantino
Morietti era preoccupato ma non lo dava a vedere mentre raggiungeva il suo
calesse e, scortato da ben quattro guardie sene tornò alla sua tenuta.
La giornata
era molto calda, la fine di agosto stava regalando afa e sole a volontà.
Costantino Morietti era molto pensieroso, aveva ben capito anche lui che c’era
un filo conduttore in quelle morti, bisognava fare qualcosa ma, senza
l’autorizzazione di Numero Uno non si
poteva fare niente. I Cavalieri della Terra Feconda avevano regole molto
rigide, tutti le avevano approvate e giurato col loro stesso sangue di
rispettarle ma, da quando loro facevano parte del cerchio non si era mai
presentata una simile situazione. Cosa era meglio fare? Giunse alla sua tenuta
e lasciò il calesse ai suoi lavoranti dirigendosi, a viso basso e lunghe
falcate nel suo studio privato.
La poltrona
cigolò quando vi si calò di peso. Lui era Numero
Due e in futuro sarebbe stato al posto di comando, sapeva come contattare
la sacerdotessa ma era molto titubante. Il suo compito era molto semplice:
doveva fare in modo che non ci fossero intoppi o guai di nessun genere fra di
loro. Era riuscito a calmare il sacrestano con facilità, meno facile era stato
placare il marchese ma ci era riuscito, ora il fabbro sembrava essere più
difficile non tanto per la morte della figlia ma per il furto che aveva subito.
Inoltre, Luigi era sempre stato un tipo nervoso e poco incline a sopportare le
regole, se non fosse stato per il grande guadagno che ne derivava difficilmente
lo avrebbe tenuto a bada. Doveva trovare il modo di placarlo. Accese un sigaro
e si immerse nei suoi pensieri.
Per la prima
volta nella sua vita il fabbro chiuse bottega. Lui e i suoi figli erano riuniti
nella stanza dove avevano ricomposto la salma di Eugenia. Luigi tamburellava le
dita sul coperchio del piccolo barattolo che il sacrestano gli aveva dato,
sapeva bene cosa conteneva. Uscì nell’orto e lo mise nel baule di ferro che una
volta conteneva il suo tesoro. Era fuori dalla grazia di dio, si sentiva
impotente, mai avrebbe immaginato che qualcuno potesse arrivare a fargli
questo. Era più arrabbiato per il torto che aveva subito più che per la perdita
stessa della figlia, e molto più addolorato per la perdita dei soldi. Sapeva
che doveva mantenere la calma, i Cavalieri erano stati molto chiari, nessuno
dei suoi due figli era stato giudicato in grado di prendere il suo posto,
pertanto se lui fosse stato espulso ne avrebbe dovuto subire terribili
conseguenze. Lo tenevano per le palle, come ognuno di loro.
La gente
cominciava ad arrivare per l’ultimo saluto e lui si ricompose. Si mise il
vestito della festa e si sedette con i suoi figli accanto alla bara della
figlia. Mantenne un comportamento esemplare anche durante il funerale, sembrava
fatto di pietra e Costantino lo seguiva con lo sguardo e con il fiato sospeso.
Non ci
furono incidenti e tutto finì l’ultimo lunedì di agosto.
In paese
serpeggiava paura e diffidenza. Molte persone spettegolavano e inventavano
storie su quanto successo e Luigi e i suoi figli riaprirono la bottega cercando
di far finta di niente.
Gastone
aveva terminato un altro carico di liquore e quella notte lo avrebbero
consegnato. Tornò a casa, si lavò e cenò con Cincia.
“Stasera
ritorno alla tenuta Morietti, ma ho capito che ne ricaverò ben poco.”
“Forse posso
fare io qualcosa per te, chissà che tu possa perdonarmi.”
“Non fare
stupidaggini, un modo prima o poi lo trovo, ho ancora molto da fare prima che
tocchi a lui e, stai sicura che pagherà molto caro anche lui.”
Aveva visto
giusto, Gastone non riuscì ad andare oltre il viottolo come la volta
precedente. Ritornando, ritirò il suo denaro e andò a dormire.
Settembre si
presentò con cielo limpido e sereno. Sembrava che l’estate non volesse
terminare. I campi erano stati mietuti, i frutti raccolti e messi nei granai e
nelle cantine. Tutto era proceduto come se una sorta di magia avvolgesse quel
posto. Nessun imprevisto, nessun temporale o grandine, uva in gran quantità da
vendemmiare e gente felice per la festa che si stava avvicinando.
Gastone e
Cincia stavano cenando in silenzio come sempre, mentre Rufus scodinzolava in
attesa dei bocconi che sarebbero arrivati.
“Devo
chiederti un favore.” Disse Gastone, bisbigliando.
“Fra pochi
giorni ci sarà il plenilunio ed io ho bisogno che tu vada nel boschetto a
raccogliere le tue erbe. Ho bisogno di sapere dei movimenti inusuali al
convento. Arriverà la ragazza, in qualche modo arriverà ed io non posso stare
di giorno a controllare. Lo farò di notte. Pensi di farcela?”
“Sicuro!” E
si mise a sparecchiare. “Dimmi solo quando devo cominciare.”
“Basterà
iniziare una settimana prima del plenilunio, non credo arrivi con tanto
anticipo.”
Fu così che
Cincia iniziò la sua perlustrazione. Ogni giorno rimaneva fuori dall’alba fino
a sera, all’arrivo di Gastone che le dava il cambio, ma non succedeva niente.
Mancavano
due giorni alla data fatidica quando la vecchia vide arrivare un carro coperto
al convento. Il grande portone si aprì ancora prima che quello giungesse vicino
e si richiuse subito. Rimase ad osservare. Passarono un paio d’ore prima che il
carro uscisse e si allontanasse. Cincia ritornò a casa, passò dalla distilleria
e disse a Gastone che lo aspettava per cena.
Gli raccontò
ciò che aveva visto e l’uomo decise di andare a fare un sopralluogo.
Orami sapeva
come comportarsi. Aprì il lucchetto ed entrò con molta circospezione. Si
accorse subito che c’era qualcosa di diverso.
Innanzitutto
l’ambiente era rischiarato da candele e piccole torce. Lui si tenne rasente al
muro con le orecchie ben aperte. Rimase immobile per lunghi minuti aguzzando la
vista ma non vide né sentì niente. Attraversò lo spogliatoio e si avvicinò al
grande tavolo. Vide che la cassapanca dietro la quale si era nascosto era stata
spostata e per lui non c’era possibilità di nascondersi in quel posto.
Gli occhi si
erano abituati alla luce delle candele. Fu con grande sorpresa che vide la
parete dove c’era il simbolo dei cavalieri aperta, era una grande porta
massiccia di pietra che ora era spalancata. Titubante si avvicinò. Era quasi
sicuro che non ci fosse nessuno, ma non poteva essere certo che non ci fossero
trappole per gli intrusi.
Oltrepassò
la grande porta e rimase a bocca aperta. Era preparato a tutto, ma questo non
voleva dire che non ne sarebbe stato sconvolto.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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