venerdì 26 giugno 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte trentatre






Camminava sulla riva del fiume tenendo in mano la canna da pesca. Avrebbe dato un anno della sua vita per poter assistere a quello che stava succedendo in casa del fabbro. Sapeva che non lo avrebbe mai scoperto nei dettagli, e un po’ gli dispiaceva ma era contento di quello che aveva fatto. Quelle bestie non sapevano ancora cosa le aspettava! Ripeté il giuramento che aveva fatto alle sue donne e cercò di calmarsi.
Come al solito, la camminata lo portò ai limiti della tenuta di Morietti. Si fermò e lanciò l’amo nell’acqua facendo finta di pescare, aspettava di sentire gli zoccoli del cavallo del guardiano che, infatti non tardarono a farsi udire.
“Vedo che ti piace stare qui. Lo sai che è proibito.”
“Questa ansa è ricca di pesci ed io sono su suolo pubblico e non faccio niente di male.”
“Stai molto attento, io ti tengo d’occhio. Non mi piaci proprio per niente.” Tirò le redini del cavallo e tornò sui suoi passi.
Sarebbe stato molto difficile entrare in quella proprietà.

Capitolo quindici
In casa del fabbro adesso c’era silenzio e calma.
Il corpo della ragazza era stato lavato e vestito dai lavoranti di Morietti.
Costantino e Luigi erano da soli e il fabbro gli stava raccontando del furto che aveva subito, che non aveva più una moneta ed ora nemmeno la figlia.
“Devi mantenere la calma, lo sai che se sgarri vieni isolato dal gruppo e se esci dal cerchio dei Cavalieri per te sarà la fine.”
“Come faccio a restare calmo davanti a tutto questo?”
“Ne parleremo alla prossima riunione se si potrà, sai bene cosa c’è in programma per il prossimo plenilunio. Ora più che mai abbiamo bisogno che tutto venga svolto nel modo più regolare possibile. Sai che non ti abbandoneremo e seguiremo le regole della nostra legge.”
“Lo so, ma anche se mi verrà dato denaro non sarà mai quanto quello che mi è stato rubato.”
“Lo so, ma ti rifarai.”
“Dobbiamo trovare chi mi ha fatto questo, adesso non potete più pensare che sia un caso. Tre ragazze hanno fatto la stessa fine, tre nostre ragazze, qualcuno sa, qualcuno ha parlato!”
“Mantieni la calma, cercherò di parlare con Numero Uno, ma sai quanto è difficile. Ti prometto che mi darò da fare. Ora pensa a seppellire tua figlia, poi ti farò sapere.”
Costantino Morietti era preoccupato ma non lo dava a vedere mentre raggiungeva il suo calesse e, scortato da ben quattro guardie sene tornò alla sua tenuta.
La giornata era molto calda, la fine di agosto stava regalando afa e sole a volontà. Costantino Morietti era molto pensieroso, aveva ben capito anche lui che c’era un filo conduttore in quelle morti, bisognava fare qualcosa ma, senza l’autorizzazione di Numero Uno non si poteva fare niente. I Cavalieri della Terra Feconda avevano regole molto rigide, tutti le avevano approvate e giurato col loro stesso sangue di rispettarle ma, da quando loro facevano parte del cerchio non si era mai presentata una simile situazione. Cosa era meglio fare? Giunse alla sua tenuta e lasciò il calesse ai suoi lavoranti dirigendosi, a viso basso e lunghe falcate nel suo studio privato.
La poltrona cigolò quando vi si calò di peso. Lui era Numero Due e in futuro sarebbe stato al posto di comando, sapeva come contattare la sacerdotessa ma era molto titubante. Il suo compito era molto semplice: doveva fare in modo che non ci fossero intoppi o guai di nessun genere fra di loro. Era riuscito a calmare il sacrestano con facilità, meno facile era stato placare il marchese ma ci era riuscito, ora il fabbro sembrava essere più difficile non tanto per la morte della figlia ma per il furto che aveva subito. Inoltre, Luigi era sempre stato un tipo nervoso e poco incline a sopportare le regole, se non fosse stato per il grande guadagno che ne derivava difficilmente lo avrebbe tenuto a bada. Doveva trovare il modo di placarlo. Accese un sigaro e si immerse nei suoi pensieri.
Per la prima volta nella sua vita il fabbro chiuse bottega. Lui e i suoi figli erano riuniti nella stanza dove avevano ricomposto la salma di Eugenia. Luigi tamburellava le dita sul coperchio del piccolo barattolo che il sacrestano gli aveva dato, sapeva bene cosa conteneva. Uscì nell’orto e lo mise nel baule di ferro che una volta conteneva il suo tesoro. Era fuori dalla grazia di dio, si sentiva impotente, mai avrebbe immaginato che qualcuno potesse arrivare a fargli questo. Era più arrabbiato per il torto che aveva subito più che per la perdita stessa della figlia, e molto più addolorato per la perdita dei soldi. Sapeva che doveva mantenere la calma, i Cavalieri erano stati molto chiari, nessuno dei suoi due figli era stato giudicato in grado di prendere il suo posto, pertanto se lui fosse stato espulso ne avrebbe dovuto subire terribili conseguenze. Lo tenevano per le palle, come ognuno di loro.
La gente cominciava ad arrivare per l’ultimo saluto e lui si ricompose. Si mise il vestito della festa e si sedette con i suoi figli accanto alla bara della figlia. Mantenne un comportamento esemplare anche durante il funerale, sembrava fatto di pietra e Costantino lo seguiva con lo sguardo e con il fiato sospeso.
Non ci furono incidenti e tutto finì l’ultimo lunedì di agosto.
In paese serpeggiava paura e diffidenza. Molte persone spettegolavano e inventavano storie su quanto successo e Luigi e i suoi figli riaprirono la bottega cercando di far finta di niente.
Gastone aveva terminato un altro carico di liquore e quella notte lo avrebbero consegnato. Tornò a casa, si lavò e cenò con Cincia.
“Stasera ritorno alla tenuta Morietti, ma ho capito che ne ricaverò ben poco.”
“Forse posso fare io qualcosa per te, chissà che tu possa perdonarmi.”
“Non fare stupidaggini, un modo prima o poi lo trovo, ho ancora molto da fare prima che tocchi a lui e, stai sicura che pagherà molto caro anche lui.”
Aveva visto giusto, Gastone non riuscì ad andare oltre il viottolo come la volta precedente. Ritornando, ritirò il suo denaro e andò a dormire.
Settembre si presentò con cielo limpido e sereno. Sembrava che l’estate non volesse terminare. I campi erano stati mietuti, i frutti raccolti e messi nei granai e nelle cantine. Tutto era proceduto come se una sorta di magia avvolgesse quel posto. Nessun imprevisto, nessun temporale o grandine, uva in gran quantità da vendemmiare e gente felice per la festa che si stava avvicinando.
Gastone e Cincia stavano cenando in silenzio come sempre, mentre Rufus scodinzolava in attesa dei bocconi che sarebbero arrivati.
“Devo chiederti un favore.” Disse Gastone, bisbigliando.
“Fra pochi giorni ci sarà il plenilunio ed io ho bisogno che tu vada nel boschetto a raccogliere le tue erbe. Ho bisogno di sapere dei movimenti inusuali al convento. Arriverà la ragazza, in qualche modo arriverà ed io non posso stare di giorno a controllare. Lo farò di notte. Pensi di farcela?”
“Sicuro!” E si mise a sparecchiare. “Dimmi solo quando devo cominciare.”
“Basterà iniziare una settimana prima del plenilunio, non credo arrivi con tanto anticipo.”
Fu così che Cincia iniziò la sua perlustrazione. Ogni giorno rimaneva fuori dall’alba fino a sera, all’arrivo di Gastone che le dava il cambio, ma non succedeva niente.
Mancavano due giorni alla data fatidica quando la vecchia vide arrivare un carro coperto al convento. Il grande portone si aprì ancora prima che quello giungesse vicino e si richiuse subito. Rimase ad osservare. Passarono un paio d’ore prima che il carro uscisse e si allontanasse. Cincia ritornò a casa, passò dalla distilleria e disse a Gastone che lo aspettava per cena.
Gli raccontò ciò che aveva visto e l’uomo decise di andare a fare un sopralluogo.
Orami sapeva come comportarsi. Aprì il lucchetto ed entrò con molta circospezione. Si accorse subito che c’era qualcosa di diverso.
Innanzitutto l’ambiente era rischiarato da candele e piccole torce. Lui si tenne rasente al muro con le orecchie ben aperte. Rimase immobile per lunghi minuti aguzzando la vista ma non vide né sentì niente. Attraversò lo spogliatoio e si avvicinò al grande tavolo. Vide che la cassapanca dietro la quale si era nascosto era stata spostata e per lui non c’era possibilità di nascondersi in quel posto.
Gli occhi si erano abituati alla luce delle candele. Fu con grande sorpresa che vide la parete dove c’era il simbolo dei cavalieri aperta, era una grande porta massiccia di pietra che ora era spalancata. Titubante si avvicinò. Era quasi sicuro che non ci fosse nessuno, ma non poteva essere certo che non ci fossero trappole per gli intrusi.
Oltrepassò la grande porta e rimase a bocca aperta. Era preparato a tutto, ma questo non voleva dire che non ne sarebbe stato sconvolto.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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