IL SEGRETO DELLA LUNA
parte ventidue
Il lavoro
ferveva nei campi e anche nella distilleria. I vigneti avevano bisogno di cure
costanti e tutta la popolazione dai dieci anni in su era addetta a qualche
lavoro.
Gastone
sudava abbondantemente, il pomeriggio era quasi terminato ed avrebbe potuto
tornare a casa e rinfrescarsi. Il suo corpo anelava al sollievo ma era la sua
mente quella che aveva bisogno di alleggerimento. Non era riuscito a non
pensare a quello che aveva ascoltato, non si dava pace e il dolore per la
perdita delle sue donne e di quello che doveva aver passato sua figlia gli
laceravano il cuore. Non era riuscito nemmeno a mangiare e Cincia era
preoccupata, non lo aveva mai visto così.
Anche quella
giornata di lavoro era finita. Gastone chiuse il portoncino col lucchetto e,
con Rufus al fianco tornò a casa. Si rinfrescò prima di entrare; la cena era
pronta, semplice come sempre. Si sedette e diede qualche boccone al cane.
Cincia gli servì formaggio e verdura, con quel caldo asfissiante non aveva
voglia di niente altro. La birra era fresca e iniziarono a mangiare in
silenzio.
“Me ne vuoi
parlare?” Gli chiese la vecchia.
Gastone alzò
lo sguardo, il viso con la barba incolta e gli occhi così tristi e stanchi
sembravano cambiargli perfino l’espressione. Rimase a lungo in silenzio a
riflettere.
“Davvero
vuoi sapere? Davvero sei pronta per conoscere quello che so e che è ancora così
poco?”
“Ti sembro
una donna fragile? Sono vecchia e non mi importa né di vivere né di morire,
anzi, aspetto la morte come una benedizione ma, se la mia presenza e il mio
aiuto possono esserti utili in quello che stai facendo io ti giuro che lo farò
anche a costo della mia persona.”
“Potresti
inorridire per quello che sto facendo, potresti perfino scacciarmi e maledirmi
e non lo sopporterei, sei l’unica persona alla quale tengo che mi è rimasta,
per me sarebbe devastante leggere nei tuoi occhi orrore e disprezzo nei miei
confronti.”
Cincia si
alzò e gli andò vicino. Gli posò la mano rugosa sulla spalla e lo guardò dritto
negli occhi.
“Mi credi
proprio così ottusa? Non conoscerò i dettagli ma ho capito già molto. Ti
garantisco che da me avrai solo aiuto, nessuno ha fatto per me quello che stai
facendo tu, ti sto chiedendo soltanto di mettermi al corrente. Sono i dettagli
che mi mancano.”
Prese una
sedia e si mise di fronte all’uomo. Vedeva passare nei suoi occhi l’incertezza
e il dolore che lo stavano dilaniando.
Gastone
sospirò e la guardò dritta negli occhi, le prese le mani fra le sue e cominciò
a raccontare. Iniziò da quel giorno d’inverno che trovò una ragazza
addormentata davanti al camino di casa sua, e, senza tralasciare niente,
nemmeno l’omicidio della figlia del sacrestano le raccontò tutto.
Ci volle
molto tempo e la luna era già da ore a illuminare il cielo quando terminò di
raccontare quello che aveva ascoltato nella riunione e del suo dolore nel non
sapere come fare per salvare la ragazza dai capelli rossi. Ora Cincia conosceva
ogni cosa, era nelle sue mani. Si sentì alleggerito, aver potuto condividere il
suo strazio era servito ad alleggerirgli l’anima, aspettava la reazione della
donna.
Passarono
lunghi minuti prima che Cincia parlasse. Aveva gli occhi pieni di lacrime e
stringeva le mani callose dell’uomo. Sembravano due esseri uniti, avvolti da
una nuvola di dolore e disperazione che si nutriva dell’uno e dell’altra.
Nessuno avrebbe potuto spezzare quel legame, nessuno, e lo capirono
perfettamente anche loro.
“Ho sempre
pensato che in quel convento succedesse qualcosa di strano. Le monache che
vivono là hanno molto più di quello che a loro serve. Non si vede mai nessuna
di loro in giro e non so di preciso quante ne siano rimaste. Io sono qui da
quando sono nata e quel posto è sempre stato circondato da un velo di mistero.
Maledette! Ho pensato a tante cose quando mia nipote è sparita ma non a questo,
a una setta che si nutre e usa il sangue di fanciulle vergini per i loro loschi
profitti. Sono stati molto bravi, sono riusciti a tenere tutto segreto e chissà
cosa altro nascondono.” Cincia sospirò e si portò la mano al cuore per calmarne
i battiti.
“Sono con
te. Porta a termine la tua vendetta, che è anche la mia e distruggili tutti.
Distruggi quei maledetti e promettimi, ti prego promettimi che troverai il modo
di demolire anche il convento. Io sono vecchia ma spero di vivere abbastanza
per vedere compiuta la nostra rappresaglia. Fai più in
fretta che puoi e ricordati che anche se non salverai la ragazza dai capelli
rossi ne salverai tante altre quando loro saranno annientati. Non tocca alla
nipote del marchese? Fallo prima che puoi!”
In silenzio
la vecchia si ritirò nella sua camera e Gastone si distese sul sofà in cerca di
riposo, ne aveva davvero bisogno, il piano per mettere i chiodi alla dolce
Giulia aveva preso forma da tempo nella sua mente e l’indomani lo avrebbe messo
in atto.
Sulla casa
calò il silenzio e, finalmente anche il sonno arrivò ad avvolgere i suoi
abitanti.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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