martedì 30 giugno 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte trentacinque






Costantino si avvicinò al fabbro mentre si avviavano verso le loro destinazioni. “A giorni riceverai quello che ti spetta.” Girò il cavallo e, seguito dai suoi guardiani tornò alla sua tenuta.
Nascosto nel boschetto Gastone osservava quegli uomini che si allontanavo. Avrebbe dato dieci anni di vita per vedere chi fossero ma non osava avvicinarsi troppo.
Era passato del tempo e la notte sarebbe presto schiarita quando vide un carretto uscire dal convento. Avrebbe voluto seguirlo ma era troppo veloce e decise di seguirne le tracce al chiarore della luna.
Fu difficile seguire le tracce che spesso si confondevano ma riuscì a ritrovarle ogni volta. Era molto silenzioso e si teneva ben nascosto, sapeva che poteva essere pericoloso. Chiunque fosse doveva essere armato e sicuramente non era una sola persona visto che dovevano inchiodare un corpo a peso morto.
Ritrovò il carretto nel folto di un boschetto che non aveva mai esplorato, non riusciva ad orientarsi del tutto ma non gli interessava, era sicuro che avrebbe ritrovato la strada di casa.
Si fermò il più vicino possibile, in un punto dove poteva stare nascosto. La luna era talmente chiara che si vedeva benissimo ogni cosa ora che gli occhi si erano abituati e lui doveva stare attento a non fare nessun rumore.
Per fortuna si era portato la calza scura per coprirsi il volto e, con molta cautela si sporse per osservare.
Due figure stavano togliendo il corpo dal carro. Osservò quelle figure che indossavano abiti da monaca ma non avevano il copricapo. Avevano la testa e la faccia completamente nascosta da una sciarpa scura e avevano liberi solo gli occhi. Portavano guanti scuri e non dicevano una parola.
Gastone si chiese se potessero essere due monache del convento ma non riusciva a capire nemmeno se fossero maschi o femmine. Lavoravano silenziosamente con mani esperte. Una di loro prese il corpo e lo tenne appoggiato al tronco mentre l’altra figura prendeva il chiodo e fissava la mano. Si scambiarono di posto e lo stesso fecero con l’altra mano. Poi passarono ai piedi. L’ultima martellata sul chiodo sfuggì e si sentì un soffocato grido di dolore quando si colpì un dito. Non c’erano dubbi, era una voce femminile. L’altra si tolse i guanti per sistemare in qualche modo la ferita e Gastone riuscì a vedere una mano sottile, troppo sottile per essere di un uomo: erano due femmine e di sicuro due monache, ne era certo. Maledette, avrebbero pagato anche loro.
Finirono il loro compito, ripulirono da vere esperte il terreno, fecero scomparire ogni traccia e risalirono sul carro. Ora Gastone sapeva che il carro era diretto al convento. Aspettò che se ne fossero andate e, con le lacrime agli occhi tolse quel corpo martoriato come aveva fatto con quello di sua figlia.
Cancellò le sue impronte e si allontanò con il corpo in spalla. Gli ci volle un po’ per trovare la strada di casa e l’alba era già spuntata quando entrò nel suo casotto e depose il corpo. Lo lavò, lo rivestì, lo avvolse in un lenzuolo e uscì di nuovo. Andò in riva al fiume, dove andava spesso e lo seppellì.
Nessuno lo avrebbe trovato e nessuno ne avrebbe parlato, quei maledetti si sarebbero sentiti al sicuro ma lui li avrebbe puniti a dovere.
Cincia lo stava aspettando e la colazione era pronta. Vide gli occhi ancora bagnati di lacrime e non disse niente.
Era giornata di lavoro e la distilleria lo avrebbe tenuto impegnato. Doveva pensare e aveva bisogno di stare solo.
Aveva ancora gli occhi lucidi quando Ermete entrò e si sedette sulla solita ed unica sedia.
“Come va la produzione?” Era l’unica cosa che gli interessasse.
“Come deve!” Gli rispose seccato.
“La prossima consegna sarà l’ultima per la festa di Costantino. Sono venuto a chiederti se t’interessa ricevere l’invito, io posso procurartelo.”
Gastone era deciso ad andarci, anche se sospettava che non avrebbe potuto scoprire niente, però gli avrebbe fatto piacere portarci Margherita.
“Mi sta bene, ma mi serve anche per Margherita.”
Ormai in paese lo sapevano tutti che si frequentavano ed erano diventati oggetto di pettegolezzi.
“Va bene, te li farò avere. Domani sera faremo l’ultimo trasporto, tieniti pronto.” E, senza aggiungere altro sene andò.

Capitolo sedici
Settembre si avviava alla fine e il caldo cominciava a dare tregua. Le serate arrivavano prima portando refrigerio e una lieve frescura. Cincia era diventata ancora più silenziosa, da quando avevano avuto quella divergenza le cose non erano più state spontanee come prima. La vecchia aveva anche il timore che l’uomo potesse andare a vivere con Margherita ma sapeva bene che non poteva farlo senza maritarla e lui non lo avrebbe fatto di sicuro.
Il trasporto nella proprietà di Morietti fu completato, esattamente come gli altri precedenti.
Il lavoro era ripetitivo e lasciava a Gastone molto tempo per pensare. Doveva trovare il modo per entrare nella tenuta di Morietti e scoprire chi fossero gli altri cavalieri, non avrebbe lasciato il suo lavoro incompiuto.
Si arrovellava cercando di dare un senso a quegli uomini. Un sacrestano, un marchese, un fabbro, un ricco proprietario terriero, cosa c’era che li accumunava? Come avrebbe potuto trovare un filo conduttore per arrivare all’identità degli altri?
Il paese dove stava era piccolo, ma la zona era molto vasta se si allargava la prospettiva, era sicuro che fossero tutti della zona ma lui non sapeva dove cercare, non era ancora uscito da quel borgo e non conosceva nemmeno la zona circostante, era una lacuna che doveva colmare. Già! Ma come?
Sperava che la festa nella tenuta di Morietti lo aiutasse a scoprire qualche dettaglio che lo potesse indirizzare. Era giunto ad un punto morto. Poi ci ripensò, aveva già portato a termine tre vendette in poco tempo, non sarebbe stato male se avesse rallentato.
Decise che era giunto il momento di una pausa, di godersi la sua storia con Margherita e lasciare che il fato gli lanciasse qualche spunto. Sapeva che era pericoloso continuare a uccidere a quel ritmo. Non era preoccupato che lo scoprissero e lo facessero fuori, no, era preoccupato che lo scoprissero prima che potesse terminare quello che si era prefissato, e non se lo sarebbe mai perdonato.
Con questi pensieri leggeri continuò il suo lavoro, come sempre in compagnia di Rufus.
Margherita era molto contenta dell’invito per la festa, non le interessava che la gente sparlasse della sua storia con Gastone, loro si godevano il sesso e la complicità, cose che per la maggior parte di quelle persone erano tabù. Si era preparata un vestito nuovo ed era in attesa del suo cavaliere. Il gran giorno era arrivato e lei era molto emozionata.
Sentì arrivare il calesse e prese lo scialle di pizzo, il suo abito color porpora, il colore del peccato faceva risaltare la sua splendida figura. Sapeva che avrebbero dato adito a molti pettegolezzi, perciò perché non aiutarli con abito e scollatura sfacciati?
Gastone la vide in attesa sulla soglia. Gli mancò il respiro vedendo la sua bellezza ed eleganza. Anche lui si era preparato a dovere. La giornata era ancora calda ma si respirava l’arrivo dell’autunno.
Si salutarono con un sorriso e con gli occhi sfavillanti di passione, sarebbero saltati nel letto se non avessero avuto quell’impegno. La donna salì a cassetta, passò il suo braccio sotto quello dell’uomo che sorrideva soddisfatto e si avviarono verso la tenuta Morietti.
Il banchetto sarebbe iniziato verso mezzogiorno e loro erano assolutamente in orario.
Il viale che conduceva all’entrata era presidiato dalle guardie armate, all’ingresso c’era il capo che controllava personalmente gli inviti.
Gastone arrestò il calesse mentre il cavallo scalpitava. L’uomo controllò fin troppo a lungo i loro inviti, li restituì con uno sguardo truce.
“Credo che tu non piaccia a quell’uomo.”
“Ne sono sicuro. Ma ora godiamoci la giornata.”
Un addetto li accompagnò alla stalla e lasciarono calesse e cavallo. Furono poi indirizzati al luogo del ritrovo.
Si sentiva un gran vociare, bambini che strillavano mentre giocavano, donne che chiacchieravano e sventagliavano grandi ventagli.
Gastone, con Margherita sotto braccio si avvicinò al grande tavolo dove servivano da bere. Si guardò intorno e vide lunghe tavole di legno ricoperte da sontuose tovaglie. Il profumo della carne che arrostiva sugli spiedi o sulle griglie era davvero invitante. Grandi cesti di pane, frutta, verdure di ogni genere sembravano quadri dai bellissimi colori. Le ultime farfalle della stagione facevano da corona a quella festa che stava per iniziare.
Costantino Morietti fece il suo ingresso con la moglie al braccio. Gastone non l’aveva mai vista. Era una bella donna, non giovane, ingioiellata fino alla nausea ma lui fu colpito dal suo sguardo. Le sue labbra sorridevano ma i suoi occhi dicevano tutt’altro: quella donna era l’infelicità fatta persona. Si chiese come mai le donne che sposavano uomini ricchi e facoltosi fossero tutte tristi, o così pareva a lui.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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