IL SEGRETO DELLA LUNA
parte trentacinque
Costantino
si avvicinò al fabbro mentre si avviavano verso le loro destinazioni. “A giorni
riceverai quello che ti spetta.” Girò il cavallo e, seguito dai suoi guardiani
tornò alla sua tenuta.
Nascosto nel
boschetto Gastone osservava quegli uomini che si allontanavo. Avrebbe dato
dieci anni di vita per vedere chi fossero ma non osava avvicinarsi troppo.
Era passato
del tempo e la notte sarebbe presto schiarita quando vide un carretto uscire
dal convento. Avrebbe voluto seguirlo ma era troppo veloce e decise di seguirne
le tracce al chiarore della luna.
Fu difficile
seguire le tracce che spesso si confondevano ma riuscì a ritrovarle ogni volta.
Era molto silenzioso e si teneva ben nascosto, sapeva che poteva essere
pericoloso. Chiunque fosse doveva essere armato e sicuramente non era una sola
persona visto che dovevano inchiodare un corpo a peso morto.
Ritrovò il
carretto nel folto di un boschetto che non aveva mai esplorato, non riusciva ad
orientarsi del tutto ma non gli interessava, era sicuro che avrebbe ritrovato
la strada di casa.
Si fermò il
più vicino possibile, in un punto dove poteva stare nascosto. La luna era
talmente chiara che si vedeva benissimo ogni cosa ora che gli occhi si erano
abituati e lui doveva stare attento a non fare nessun rumore.
Per fortuna
si era portato la calza scura per coprirsi il volto e, con molta cautela si
sporse per osservare.
Due figure
stavano togliendo il corpo dal carro. Osservò quelle figure che indossavano
abiti da monaca ma non avevano il copricapo. Avevano la testa e la faccia
completamente nascosta da una sciarpa scura e avevano liberi solo gli occhi.
Portavano guanti scuri e non dicevano una parola.
Gastone si
chiese se potessero essere due monache del convento ma non riusciva a capire
nemmeno se fossero maschi o femmine. Lavoravano silenziosamente con mani
esperte. Una di loro prese il corpo e lo tenne appoggiato al tronco mentre
l’altra figura prendeva il chiodo e fissava la mano. Si scambiarono di posto e
lo stesso fecero con l’altra mano. Poi passarono ai piedi. L’ultima martellata
sul chiodo sfuggì e si sentì un soffocato grido di dolore quando si colpì un
dito. Non c’erano dubbi, era una voce femminile. L’altra si tolse i guanti per
sistemare in qualche modo la ferita e Gastone riuscì a vedere una mano sottile,
troppo sottile per essere di un uomo: erano due femmine e di sicuro due
monache, ne era certo. Maledette, avrebbero pagato anche loro.
Finirono il
loro compito, ripulirono da vere esperte il terreno, fecero scomparire ogni
traccia e risalirono sul carro. Ora Gastone sapeva che il carro era diretto al
convento. Aspettò che se ne fossero andate e, con le lacrime agli occhi tolse
quel corpo martoriato come aveva fatto con quello di sua figlia.
Cancellò le
sue impronte e si allontanò con il corpo in spalla. Gli ci volle un po’ per
trovare la strada di casa e l’alba era già spuntata quando entrò nel suo
casotto e depose il corpo. Lo lavò, lo rivestì, lo avvolse in un lenzuolo e
uscì di nuovo. Andò in riva al fiume, dove andava spesso e lo seppellì.
Nessuno lo
avrebbe trovato e nessuno ne avrebbe parlato, quei maledetti si sarebbero
sentiti al sicuro ma lui li avrebbe puniti a dovere.
Cincia lo
stava aspettando e la colazione era pronta. Vide gli occhi ancora bagnati di
lacrime e non disse niente.
Era giornata
di lavoro e la distilleria lo avrebbe tenuto impegnato. Doveva pensare e aveva
bisogno di stare solo.
Aveva ancora
gli occhi lucidi quando Ermete entrò e si sedette sulla solita ed unica sedia.
“Come va la
produzione?” Era l’unica cosa che gli interessasse.
“Come deve!”
Gli rispose seccato.
“La prossima
consegna sarà l’ultima per la festa di Costantino. Sono venuto a chiederti se
t’interessa ricevere l’invito, io posso procurartelo.”
Gastone era
deciso ad andarci, anche se sospettava che non avrebbe potuto scoprire niente,
però gli avrebbe fatto piacere portarci Margherita.
“Mi sta
bene, ma mi serve anche per Margherita.”
Ormai in
paese lo sapevano tutti che si frequentavano ed erano diventati oggetto di
pettegolezzi.
“Va bene, te
li farò avere. Domani sera faremo l’ultimo trasporto, tieniti pronto.” E, senza
aggiungere altro sene andò.
Capitolo sedici
Settembre si
avviava alla fine e il caldo cominciava a dare tregua. Le serate arrivavano
prima portando refrigerio e una lieve frescura. Cincia era diventata ancora più
silenziosa, da quando avevano avuto quella divergenza le cose non erano più
state spontanee come prima. La vecchia aveva anche il timore che l’uomo potesse
andare a vivere con Margherita ma sapeva bene che non poteva farlo senza
maritarla e lui non lo avrebbe fatto di sicuro.
Il trasporto
nella proprietà di Morietti fu completato, esattamente come gli altri
precedenti.
Il lavoro era
ripetitivo e lasciava a Gastone molto tempo per pensare. Doveva trovare il modo
per entrare nella tenuta di Morietti e scoprire chi fossero gli altri
cavalieri, non avrebbe lasciato il suo lavoro incompiuto.
Si
arrovellava cercando di dare un senso a quegli uomini. Un sacrestano, un marchese,
un fabbro, un ricco proprietario terriero, cosa c’era che li accumunava? Come
avrebbe potuto trovare un filo conduttore per arrivare all’identità degli
altri?
Il paese
dove stava era piccolo, ma la zona era molto vasta se si allargava la
prospettiva, era sicuro che fossero tutti della zona ma lui non sapeva dove
cercare, non era ancora uscito da quel borgo e non conosceva nemmeno la zona
circostante, era una lacuna che doveva colmare. Già! Ma come?
Sperava che
la festa nella tenuta di Morietti lo aiutasse a scoprire qualche dettaglio che
lo potesse indirizzare. Era giunto ad un punto morto. Poi ci ripensò, aveva già
portato a termine tre vendette in poco tempo, non sarebbe stato male se avesse
rallentato.
Decise che era
giunto il momento di una pausa, di godersi la sua storia con Margherita e
lasciare che il fato gli lanciasse qualche spunto. Sapeva che era pericoloso
continuare a uccidere a quel ritmo. Non era preoccupato che lo scoprissero e lo
facessero fuori, no, era preoccupato che lo scoprissero prima che potesse
terminare quello che si era prefissato, e non se lo sarebbe mai perdonato.
Con questi
pensieri leggeri continuò il suo lavoro, come sempre in compagnia di Rufus.
Margherita
era molto contenta dell’invito per la festa, non le interessava che la gente
sparlasse della sua storia con Gastone, loro si godevano il sesso e la
complicità, cose che per la maggior parte di quelle persone erano tabù. Si era
preparata un vestito nuovo ed era in attesa del suo cavaliere. Il gran giorno
era arrivato e lei era molto emozionata.
Sentì
arrivare il calesse e prese lo scialle di pizzo, il suo abito color porpora, il
colore del peccato faceva risaltare la sua splendida figura. Sapeva che
avrebbero dato adito a molti pettegolezzi, perciò perché non aiutarli con abito
e scollatura sfacciati?
Gastone la
vide in attesa sulla soglia. Gli mancò il respiro vedendo la sua bellezza ed
eleganza. Anche lui si era preparato a dovere. La giornata era ancora calda ma
si respirava l’arrivo dell’autunno.
Si
salutarono con un sorriso e con gli occhi sfavillanti di passione, sarebbero
saltati nel letto se non avessero avuto quell’impegno. La donna salì a
cassetta, passò il suo braccio sotto quello dell’uomo che sorrideva soddisfatto
e si avviarono verso la tenuta Morietti.
Il banchetto
sarebbe iniziato verso mezzogiorno e loro erano assolutamente in orario.
Il viale che
conduceva all’entrata era presidiato dalle guardie armate, all’ingresso c’era
il capo che controllava personalmente gli inviti.
Gastone
arrestò il calesse mentre il cavallo scalpitava. L’uomo controllò fin troppo a
lungo i loro inviti, li restituì con uno sguardo truce.
“Credo che
tu non piaccia a quell’uomo.”
“Ne sono
sicuro. Ma ora godiamoci la giornata.”
Un addetto
li accompagnò alla stalla e lasciarono calesse e cavallo. Furono poi
indirizzati al luogo del ritrovo.
Si sentiva
un gran vociare, bambini che strillavano mentre giocavano, donne che
chiacchieravano e sventagliavano grandi ventagli.
Gastone, con
Margherita sotto braccio si avvicinò al grande tavolo dove servivano da bere.
Si guardò intorno e vide lunghe tavole di legno ricoperte da sontuose tovaglie.
Il profumo della carne che arrostiva sugli spiedi o sulle griglie era davvero
invitante. Grandi cesti di pane, frutta, verdure di ogni genere sembravano
quadri dai bellissimi colori. Le ultime farfalle della stagione facevano da
corona a quella festa che stava per iniziare.
Costantino
Morietti fece il suo ingresso con la moglie al braccio. Gastone non l’aveva mai
vista. Era una bella donna, non giovane, ingioiellata fino alla nausea ma lui
fu colpito dal suo sguardo. Le sue labbra sorridevano ma i suoi occhi dicevano
tutt’altro: quella donna era l’infelicità fatta persona. Si chiese come mai le
donne che sposavano uomini ricchi e facoltosi fossero tutte tristi, o così
pareva a lui.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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