mercoledì 1 luglio 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte trentasei






Margherita sorrideva e non lasciava il braccio del suo compagno.
“La moglie di Morietti è più vecchia di lui. Hanno avuto un matrimonio combinato, è lei quella che ha portato le ricchezze a suo marito, era figlia unica di una ricchissima famiglia e suo padre era amico di Costantino. Si dice che lo abbia costretto a prenderla in moglie in cambio di tutti i suoi averi, sapeva di avere poco da vivere e voleva che le sue proprietà e le sue ricchezze passassero ad un uomo che avrebbe saputo farle fruttare. E ci aveva visto giusto, quel vecchio porco.”
Gastone sorrideva a quelli che incontrava anche se sapeva bene che avrebbero preferito di no, dopo tutto era un forestiero e un peccatore.
Le donne sgranavano gli occhi alla vista dei due, Margherita era bella e peccaminosa come sussurravano nascoste dai ventagli e loro due si godevano quella giornata senza preoccuparsi di niente.
Il segnale che tutto era pronto venne accolto da un sospiro.
La gente cominciò a prendere posto alle tavole e loro due si sedettero a capo tavola non sapendo se fossero ben accolti in mezzo agli altri.
L’atmosfera era allegra e tutti presero posto prestando attenzione solo a quello che veniva servito nei piatti e nei bicchieri.
Il padrone di casa e sua moglie erano seduti ad un tavolo posto al centro degli altri che erano sistemati a rettangolo, c’era davvero tanta gente.
“Come mi piacerebbe conoscere qualcosa di più di quelli che ci sono qui, oggi.” Sussurrò l’uomo. “Chi sono quelli al tavolo con i Morietti?”
“E’ una bella storia, quella! Costantino e sua moglie non hanno avuto figli, quelli che vedi sono suo nipote Enrico con la moglie e l’altro è il suo figlio bastardo, Alessandro con sua moglie e le sue figlie. La moglie di Costantino ha dovuto digerire anche questo!”
“Deve essere un bel problema per la successione all’eredità di tanto ben di dio!”
Vennero servite carni e verdure veramente squisite ma Gastone era più interessato a quelli seduti a quel tavolo.
“Raccontami un po’ di loro mentre mangiamo, sorridimi e tutti penseranno che ci stiamo comportando in modo indegno anche in pubblico.” Così dicendo le prese la mano e la baciò sotto gli occhi scandalizzati delle donne sedute vicino a loro.
“Enrico è il figlio del fratello di Costantino che è morto anni fa, da parte della sua famiglia è l’unico parente rimasto, ha sposato Elena e pure loro non hanno figli. Alessandro è figlio suo e di una cugina della quale si dice che fosse molto innamorato. La donna che vedi al suo fianco è Carlotta, sua moglie, come vedi molto bella e avvenente, conscia del suo potere sui due uomini … Eh sì, mio caro, pare divida il letto fra il marito e Costantino, se non addirittura tutti insieme. Hanno tre figli, due femmine e un maschio, e nessuno sa se siano figli di Alessandro o di Costantino. Non li vedi qui perché le femmine sono state mandate in convento a studiare e il maschio nessuno sa dove sia. Bella storia, vero amore mio?” Gli disse sorridendo mentre gli accarezzava la guancia e la donna vicino a loro si voltò scandalizzata.
Bella famiglia questa di Costantino Morietti. Pensò Gastone. Aveva avuto tante notizie, ora bisognava capire come svilupparle.
“Hai detto che le ragazze sono in convento, è per caso quello che si vede dalla riva del fiume?”
“Non credo proprio. Ho sentito dire che frequentano una scuola per brave ragazze in un posto gestito da suore, un collegio, tornano a casa solo nel mese di agosto e non le vede quasi nessuno. Le tengono sorvegliate come prigioniere e solo il capo delle guardie sa qualcosa di più, ma quello è fedelissimo di Costantino e si farebbe uccidere per lui.”
“Abbiamo parlato anche troppo, amore mio. Godiamoci il cibo, il vino e la compagnia.”
La giornata si trascinò con dolci e musica. Capannelli di gente si assiepava e parlava mentre Gastone e Margherita venivano emarginati, nessuno voleva intrattenersi con due fornicatori quali loro erano, e questo li faceva ridere visto come era messa la famiglia che li ospitava.
Il tramonto si stava avvicinando e l’allegria di quella festa non accennava a scemare. Vennero portati sul tavolo formaggi e frutta di ogni genere e tutti ricominciarono a mangiare.
La musica faceva da sottofondo e le stelle cominciavano a fare capolino quando Gastone e Margherita cercarono i padroni di casa per ringraziarli e salutarli prima di andarsene.
Il capo delle guardie li accompagnò dal suo padrone, strinsero cortesemente la mano ringraziando per la splendida giornata, ripresero il calesse e tornarono a casa, trattenendo a stento il loro desiderio fino a quando il letto non li accolse nudi, come sempre.
Ottobre si trascinò portando un autunno dorato. La storia fra Gastone e Margherita continuava con immenso piacere dei due. Anche in casa, con Cincia le cose sembravano essere tornate più serene.
Era la notte di luna piena e Cincia aspettava che l’uomo uscisse, vedendo che si attardava gli si sedette vicino e lo guardò in attesa di chiarimenti.
“Ho preso una decisione, amica mia. Devo stare tranquillo per un po’, non posso rischiare troppo. Ho già provveduto a vendicarmi di tre di loro in poco tempo e devo lasciare che credano di essere al sicuro. Passerò l’inverno tranquillo cercando di capire come individuare gli altri delinquenti, non lascio perdere ma svolgerò un’indagine, il più prudente possibile. Ho bisogno di allargare la mia ricerca e sto cercando un modo che me lo consenta senza destare sospetti, perciò se hai suggerimenti io li prenderò in considerazione.”
“Posso aiutarti in molti modi, intanto potrei farti entrare al convento se vuoi dare un’occhiata.”
“Fai quello che puoi ed io farò il mio dovere.”
Il lavoro alla distilleria era notevolmente calato, c’erano giornate vuote e fino alla primavera sarebbe stato così. Ermete arrivò alla distilleria e si sedette sulla solita sedia.
“Come vedi il lavoro è poco ed ho deciso che per un paio di mesi è meglio chiudere. La scorta basta e avanza fino alla prossima primavera. Ti chiedo, pertanto di pulire i macchinari e portarmi le chiavi. Mi dispiace di non avere un altro lavoro da offriti, sei una brava persona e spero che tornerai a lavorare per me quando riaprirò.”
“Va bene, domani pomeriggio ti consegnerò le chiavi, qui ho quasi terminato il lavoro di pulizia. Ti ringrazio, non so cosa farò in questi mesi ma ci rivediamo in primavera e vediamo come sono le cose l’anno prossimo. Ringrazio te per la fiducia e la possibilità di lavorare che mi hai dato, ringrazia anche tua moglie.”
Ermete era dispiaciuto, aveva paura di non rivederlo ma sua moglie era stata irremovibile: non si potevano sprecare soldi per il poco che c’era da fare. Sospirò mentre usciva, guardò il cielo che si stava colorando di grigio e tornò a casa.
Novembre si presentò freddo e ventoso. Nella casupola di Cincia il camino era accesso giorno e notte, la scorta di legna calava a vista d’occhio e, se l’inverno fosse stato rigido come i vecchi prevedevano non ne avrebbero avuto a sufficienza. Anche da Margherita scarseggiava e in tante case si cominciava a temere di non riuscire a riscaldarsi per tutto il tempo necessario.
Gastone usciva ogni mattina col suo calesse e Rufus a fargli da compagnia. Lavorava di ascia e sega per procurarsi la legna, sapeva bene quali erano gli alberi da tagliare e quelli da salvare. Si sentiva osservato, sapeva che il capo delle guardie di Costantino Morietti non gli toglieva gli occhi di dosso, anche per questo aveva deciso di fermarsi per un po’ nella sua vendetta.
La catasta di legna per Cincia e Margherita si andava pian piano rimpinguando. Gastone andava a pesca, faceva la legna, raccoglieva erbe selvatiche commestibili, funghi e selvaggina, avevano da mangiare in abbondanza con il pollaio di Cincia e le capre di Margherita. La donna passava molte giornate in casa dei suoi amici, era un modo per risparmiare, Cincia amava la sua compagnia ed il suo aiuto per i lavori di casa. Cominciava a sentire l’età e gli acciacchi e, in quell’inverno così rigido le sue ossa scricchiolavano come rami secchi che si spezzano.
Erano a tavola quando Rufus cominciò a ringhiare sommessamente. Sentirono un cavallo che si avvicinava ma nessuno di loro si mosse.
I passi sotto il portico anticiparono il bussare. Gastone si alzò ed andò ad aprire. Fu meravigliato di vedere il marchese Lorreni sulla porta, e per un attimo rimase impietrito.
Si riprese subito e lo fece accomodare sulla sedia davanti al fuoco.
Cincia si alzò e si ritirò nella sua camera, non voleva nemmeno vedere quell’uomo.
Margherita offrì all’ospite una tazza di tè bollente.
“Cosa la porta in casa mia, signor marchese?” Non sapeva come ci si rivolgeva ad uno come lui.
Il vecchio sorseggiava la sua bevanda guardandosi intorno. I suoi occhi rapaci si soffermarono su Margherita e Gastone se ne accorse. Un moto di rabbia gli salì agli occhi ma si trattenne.
“Ho saputo che non hai un lavoro e mi sono chiesto se sei interessato ad averne uno.”
“Dipende da cosa si tratta.”
“Nella mia tenuta c’è un boschetto che circonda un casotto da caccia. Ho bisogno di una persona discreta che sistemi alberi e piante e rimetta in sesto quel posto. So che sei un uomo di poche parole e che ti fai i fatti tuoi. Potresti essere occupato per un paio di mesi, o forse anche di più. Mi serve che quel posto ritorni ad essere abitabile. La legna puoi tenerla per te, puoi avere qualcuno che ti aiuta, ho parecchia manodopera inattiva in questo periodo. Ti posso accompagnare a vedere di cosa si tratta, e se sei interessato parleremo anche del compenso.”
Gastone non aveva bisogno di denaro, era più interessato alla possibilità di avere via libera nella proprietà del marchese e, chissà poteva anche trovare qualche indizio per quello che cercava.
“Va bene signor marchese, mi dica quando possiamo andare a vedere e poi deciderò.”
“Ci troviamo domani verso le dieci davanti alla chiesa.” Così dicendo restituì la tazza a Margherita sfiorandole volutamente le mani. Gastone strinse i pugni mentre la donna andava a riporre la tazza.
Cincia ritornò in cucina, naturalmente aveva sentito tutto e lo guardò dritto negli occhi. “Sei sicuro che non sia una trappola?” Gli sussurrò per non farsi sentire da Margherita.
“Lo scoprirò, non ti devi preoccupare.”
Il sentiero che portava al casotto era impervio e quasi inaccessibile, si vedeva che era trascurato da tanto tempo. Il marchese, in sella al suo magnifico cavallo precedeva il calesse di Gastone, e le ruote traballavano ad ogni buca che incontravano.
Se ne stavano in silenzio, Gastone guardingo e sospettoso guardava la schiena del cavaliere davanti a lui con occhi assassini. Dio come lo avrebbe volentieri fatto fuori, e, chissà magari un giorno si sarebbe tolto la voglia.
Una leggera nebbia avvolgeva il boschetto, era come stare in un sogno senza contorni.
“Siamo quasi arrivati.” Udì la voce del marchese.
Un piccolo spiazzo sotto un grande albero di noci accolse cavalli e uomini infreddoliti. Davanti a loro una struttura in legno non molto piccola per essere un casotto da caccia, anzi, sembrava più una piccola baita di montagna. Era trascurata ma si vedeva che era solida. Gli occhi attenti di Gastone stavano già facendo mentalmente una ricognizione.
La porta si aprì ed entrarono nell’unica, vasta stanza.
“Come vedi è tutto da sistemare. Il camino deve tornare a funzionare, le finestre aggiustate e le assi rotte vanno sostituite. Voglio che il pavimento sia rifatto. Tutto deve essere ripulito e dipinto. Il sentiero per arrivare qui deve essere liberato dalle sterpaglie e voglio che venga costruita una palizzata tutto intorno alla casa. Dopo di che il tuo compito sarà terminato. Vieni, dà un’occhiata con calma e dimmi se lo puoi fare, mi serve pronto per la primavera, perciò dimmi di quante persone hai bisogno.”
Lo sguardo di Gastone spaziava sull’interno e sui lavori all’esterno. Era una notevole mole di lavoro e la sua mente stava già lavorando.
“Non più di due giovanotti in gamba, non voglio confusione e voglio avere tutto sotto controllo. Le giornate sono corte e la strada per arrivare qui è piuttosto lunga. Cominceremo alle prime luci del giorno e finiremo prima dell’oscurità, senza interruzioni. Ci fornirà cibo e bevande per la giornata, e non sia avaro, qui si dovrà lavorare duro e avremo bisogno di rifocillarci. Non so se riusciremo a terminare tutto per la primavera ma ce la metteremo tutta. I lavori sono tanti e vorrei sapere dove procurarmi quello che mi serve. Per quanto riguarda il mio compenso voglio essere pagato ogni settimana, e a fine lavori se sarà soddisfatto darà a me e agli altri due una somma aggiuntiva.”
“Mi sembra onesto. Lascerò un conto aperto per questi lavori dal fabbro e dal falegname e allo spaccio di Noriss, è un paese qui vicino. Io controllerò ogni cosa, ma so che posso fidarmi di te. Un’altra cosa importante: nessuno deve sapere quello che stai facendo e non ne parlerai con nessuno. Questo è un posto intimo per me!” E gli fece l’occhiolino a sottolineare quello che intendeva.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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