IL SEGRETO DELLA LUNA
parte trentasei
Margherita
sorrideva e non lasciava il braccio del suo compagno.
“La moglie
di Morietti è più vecchia di lui. Hanno avuto un matrimonio combinato, è lei
quella che ha portato le ricchezze a suo marito, era figlia unica di una
ricchissima famiglia e suo padre era amico di Costantino. Si dice che lo abbia
costretto a prenderla in moglie in cambio di tutti i suoi averi, sapeva di
avere poco da vivere e voleva che le sue proprietà e le sue ricchezze
passassero ad un uomo che avrebbe saputo farle fruttare. E ci aveva visto
giusto, quel vecchio porco.”
Gastone
sorrideva a quelli che incontrava anche se sapeva bene che avrebbero preferito
di no, dopo tutto era un forestiero e un peccatore.
Le donne
sgranavano gli occhi alla vista dei due, Margherita era bella e peccaminosa come sussurravano nascoste dai ventagli e loro
due si godevano quella giornata senza preoccuparsi di niente.
Il segnale
che tutto era pronto venne accolto da un sospiro.
La gente
cominciò a prendere posto alle tavole e loro due si sedettero a capo tavola non
sapendo se fossero ben accolti in mezzo agli altri.
L’atmosfera
era allegra e tutti presero posto prestando attenzione solo a quello che veniva
servito nei piatti e nei bicchieri.
Il padrone
di casa e sua moglie erano seduti ad un tavolo posto al centro degli altri che
erano sistemati a rettangolo, c’era davvero tanta gente.
“Come mi
piacerebbe conoscere qualcosa di più di quelli che ci sono qui, oggi.” Sussurrò
l’uomo. “Chi sono quelli al tavolo con i Morietti?”
“E’ una
bella storia, quella! Costantino e sua moglie non hanno avuto figli, quelli che
vedi sono suo nipote Enrico con la moglie e l’altro è il suo figlio bastardo,
Alessandro con sua moglie e le sue figlie. La moglie di Costantino ha dovuto
digerire anche questo!”
“Deve essere
un bel problema per la successione all’eredità di tanto ben di dio!”
Vennero
servite carni e verdure veramente squisite ma Gastone era più interessato a
quelli seduti a quel tavolo.
“Raccontami
un po’ di loro mentre mangiamo, sorridimi e tutti penseranno che ci stiamo
comportando in modo indegno anche in pubblico.” Così dicendo le prese la mano e
la baciò sotto gli occhi scandalizzati delle donne sedute vicino a loro.
“Enrico è il
figlio del fratello di Costantino che è morto anni fa, da parte della sua
famiglia è l’unico parente rimasto, ha sposato Elena e pure loro non hanno
figli. Alessandro è figlio suo e di una cugina della quale si dice che fosse
molto innamorato. La donna che vedi al suo fianco è Carlotta, sua moglie, come
vedi molto bella e avvenente, conscia del suo potere sui due uomini … Eh sì,
mio caro, pare divida il letto fra il marito e Costantino, se non addirittura
tutti insieme. Hanno tre figli, due femmine e un maschio, e nessuno sa se siano
figli di Alessandro o di Costantino. Non li vedi qui perché le femmine sono
state mandate in convento a studiare e il maschio nessuno sa dove sia. Bella
storia, vero amore mio?” Gli disse sorridendo mentre gli accarezzava la guancia
e la donna vicino a loro si voltò scandalizzata.
Bella famiglia questa di Costantino
Morietti. Pensò
Gastone. Aveva avuto tante notizie, ora bisognava capire come svilupparle.
“Hai detto
che le ragazze sono in convento, è per caso quello che si vede dalla riva del
fiume?”
“Non credo
proprio. Ho sentito dire che frequentano una scuola per brave ragazze in un posto gestito da suore, un collegio, tornano a
casa solo nel mese di agosto e non le vede quasi nessuno. Le tengono
sorvegliate come prigioniere e solo il capo delle guardie sa qualcosa di più,
ma quello è fedelissimo di Costantino e si farebbe uccidere per lui.”
“Abbiamo
parlato anche troppo, amore mio. Godiamoci il cibo, il vino e la compagnia.”
La giornata
si trascinò con dolci e musica. Capannelli di gente si assiepava e parlava
mentre Gastone e Margherita venivano emarginati, nessuno voleva intrattenersi
con due fornicatori quali loro erano, e questo li faceva ridere visto come era
messa la famiglia che li ospitava.
Il tramonto
si stava avvicinando e l’allegria di quella festa non accennava a scemare.
Vennero portati sul tavolo formaggi e frutta di ogni genere e tutti
ricominciarono a mangiare.
La musica
faceva da sottofondo e le stelle cominciavano a fare capolino quando Gastone e Margherita
cercarono i padroni di casa per ringraziarli e salutarli prima di andarsene.
Il capo
delle guardie li accompagnò dal suo padrone, strinsero cortesemente la mano
ringraziando per la splendida giornata, ripresero il calesse e tornarono a
casa, trattenendo a stento il loro desiderio fino a quando il letto non li
accolse nudi, come sempre.
Ottobre si
trascinò portando un autunno dorato. La storia fra Gastone e Margherita
continuava con immenso piacere dei due. Anche in casa, con Cincia le cose
sembravano essere tornate più serene.
Era la notte
di luna piena e Cincia aspettava che l’uomo uscisse, vedendo che si attardava
gli si sedette vicino e lo guardò in attesa di chiarimenti.
“Ho preso
una decisione, amica mia. Devo stare tranquillo per un po’, non posso rischiare
troppo. Ho già provveduto a vendicarmi di tre di loro in poco tempo e devo
lasciare che credano di essere al sicuro. Passerò l’inverno tranquillo cercando
di capire come individuare gli altri delinquenti, non lascio perdere ma
svolgerò un’indagine, il più prudente possibile. Ho bisogno di allargare la mia
ricerca e sto cercando un modo che me lo consenta senza destare sospetti,
perciò se hai suggerimenti io li prenderò in considerazione.”
“Posso
aiutarti in molti modi, intanto potrei farti entrare al convento se vuoi dare
un’occhiata.”
“Fai quello
che puoi ed io farò il mio dovere.”
Il lavoro
alla distilleria era notevolmente calato, c’erano giornate vuote e fino alla
primavera sarebbe stato così. Ermete arrivò alla distilleria e si sedette sulla
solita sedia.
“Come vedi
il lavoro è poco ed ho deciso che per un paio di mesi è meglio chiudere. La
scorta basta e avanza fino alla prossima primavera. Ti chiedo, pertanto di
pulire i macchinari e portarmi le chiavi. Mi dispiace di non avere un altro
lavoro da offriti, sei una brava persona e spero che tornerai a lavorare per me
quando riaprirò.”
“Va bene,
domani pomeriggio ti consegnerò le chiavi, qui ho quasi terminato il lavoro di
pulizia. Ti ringrazio, non so cosa farò in questi mesi ma ci rivediamo in
primavera e vediamo come sono le cose l’anno prossimo. Ringrazio te per la
fiducia e la possibilità di lavorare che mi hai dato, ringrazia anche tua
moglie.”
Ermete era
dispiaciuto, aveva paura di non rivederlo ma sua moglie era stata irremovibile:
non si potevano sprecare soldi per il poco che c’era da fare. Sospirò mentre
usciva, guardò il cielo che si stava colorando di grigio e tornò a casa.
Novembre si
presentò freddo e ventoso. Nella casupola di Cincia il camino era accesso
giorno e notte, la scorta di legna calava a vista d’occhio e, se l’inverno
fosse stato rigido come i vecchi prevedevano non ne avrebbero avuto a
sufficienza. Anche da Margherita scarseggiava e in tante case si cominciava a
temere di non riuscire a riscaldarsi per tutto il tempo necessario.
Gastone
usciva ogni mattina col suo calesse e Rufus a fargli da compagnia. Lavorava di
ascia e sega per procurarsi la legna, sapeva bene quali erano gli alberi da
tagliare e quelli da salvare. Si sentiva osservato, sapeva che il capo delle guardie
di Costantino Morietti non gli toglieva gli occhi di dosso, anche per questo
aveva deciso di fermarsi per un po’ nella sua vendetta.
La catasta
di legna per Cincia e Margherita si andava pian piano rimpinguando. Gastone
andava a pesca, faceva la legna, raccoglieva erbe selvatiche commestibili,
funghi e selvaggina, avevano da mangiare in abbondanza con il pollaio di Cincia
e le capre di Margherita. La donna passava molte giornate in casa dei suoi
amici, era un modo per risparmiare, Cincia amava la sua compagnia ed il suo
aiuto per i lavori di casa. Cominciava a sentire l’età e gli acciacchi e, in
quell’inverno così rigido le sue ossa scricchiolavano come rami secchi che si
spezzano.
Erano a
tavola quando Rufus cominciò a ringhiare sommessamente. Sentirono un cavallo
che si avvicinava ma nessuno di loro si mosse.
I passi
sotto il portico anticiparono il bussare. Gastone si alzò ed andò ad aprire. Fu
meravigliato di vedere il marchese Lorreni sulla porta, e per un attimo rimase
impietrito.
Si riprese
subito e lo fece accomodare sulla sedia davanti al fuoco.
Cincia si
alzò e si ritirò nella sua camera, non voleva nemmeno vedere quell’uomo.
Margherita
offrì all’ospite una tazza di tè bollente.
“Cosa la
porta in casa mia, signor marchese?” Non sapeva come ci si rivolgeva ad uno
come lui.
Il vecchio
sorseggiava la sua bevanda guardandosi intorno. I suoi occhi rapaci si
soffermarono su Margherita e Gastone se ne accorse. Un moto di rabbia gli salì
agli occhi ma si trattenne.
“Ho saputo
che non hai un lavoro e mi sono chiesto se sei interessato ad averne uno.”
“Dipende da
cosa si tratta.”
“Nella mia
tenuta c’è un boschetto che circonda un casotto da caccia. Ho bisogno di una
persona discreta che sistemi alberi e piante e rimetta in sesto quel posto. So
che sei un uomo di poche parole e che ti fai i fatti tuoi. Potresti essere
occupato per un paio di mesi, o forse anche di più. Mi serve che quel posto
ritorni ad essere abitabile. La legna puoi tenerla per te, puoi avere qualcuno
che ti aiuta, ho parecchia manodopera inattiva in questo periodo. Ti posso
accompagnare a vedere di cosa si tratta, e se sei interessato parleremo anche
del compenso.”
Gastone non
aveva bisogno di denaro, era più interessato alla possibilità di avere via
libera nella proprietà del marchese e, chissà poteva anche trovare qualche
indizio per quello che cercava.
“Va bene
signor marchese, mi dica quando possiamo andare a vedere e poi deciderò.”
“Ci troviamo
domani verso le dieci davanti alla chiesa.” Così dicendo restituì la tazza a
Margherita sfiorandole volutamente le mani. Gastone strinse i pugni mentre la
donna andava a riporre la tazza.
Cincia
ritornò in cucina, naturalmente aveva sentito tutto e lo guardò dritto negli
occhi. “Sei sicuro che non sia una trappola?” Gli sussurrò per non farsi sentire
da Margherita.
“Lo
scoprirò, non ti devi preoccupare.”
Il sentiero
che portava al casotto era impervio e quasi inaccessibile, si vedeva che era
trascurato da tanto tempo. Il marchese, in sella al suo magnifico cavallo
precedeva il calesse di Gastone, e le ruote traballavano ad ogni buca che
incontravano.
Se ne
stavano in silenzio, Gastone guardingo e sospettoso guardava la schiena del
cavaliere davanti a lui con occhi assassini. Dio come lo avrebbe volentieri
fatto fuori, e, chissà magari un giorno si sarebbe tolto la voglia.
Una leggera
nebbia avvolgeva il boschetto, era come stare in un sogno senza contorni.
“Siamo quasi
arrivati.” Udì la voce del marchese.
Un piccolo
spiazzo sotto un grande albero di noci accolse cavalli e uomini infreddoliti.
Davanti a loro una struttura in legno non molto piccola per essere un casotto
da caccia, anzi, sembrava più una piccola baita di montagna. Era trascurata ma
si vedeva che era solida. Gli occhi attenti di Gastone stavano già facendo
mentalmente una ricognizione.
La porta si
aprì ed entrarono nell’unica, vasta stanza.
“Come vedi è
tutto da sistemare. Il camino deve tornare a funzionare, le finestre aggiustate
e le assi rotte vanno sostituite. Voglio che il pavimento sia rifatto. Tutto
deve essere ripulito e dipinto. Il sentiero per arrivare qui deve essere
liberato dalle sterpaglie e voglio che venga costruita una palizzata tutto
intorno alla casa. Dopo di che il tuo compito sarà terminato. Vieni, dà
un’occhiata con calma e dimmi se lo puoi fare, mi serve pronto per la
primavera, perciò dimmi di quante persone hai bisogno.”
Lo sguardo
di Gastone spaziava sull’interno e sui lavori all’esterno. Era una notevole
mole di lavoro e la sua mente stava già lavorando.
“Non più di
due giovanotti in gamba, non voglio confusione e voglio avere tutto sotto
controllo. Le giornate sono corte e la strada per arrivare qui è piuttosto
lunga. Cominceremo alle prime luci del giorno e finiremo prima dell’oscurità,
senza interruzioni. Ci fornirà cibo e bevande per la giornata, e non sia avaro,
qui si dovrà lavorare duro e avremo bisogno di rifocillarci. Non so se
riusciremo a terminare tutto per la primavera ma ce la metteremo tutta. I
lavori sono tanti e vorrei sapere dove procurarmi quello che mi serve. Per
quanto riguarda il mio compenso voglio essere pagato ogni settimana, e a fine
lavori se sarà soddisfatto darà a me e agli altri due una somma aggiuntiva.”
“Mi sembra
onesto. Lascerò un conto aperto per questi lavori dal fabbro e dal falegname e allo
spaccio di Noriss, è un paese qui vicino. Io controllerò ogni cosa, ma so che
posso fidarmi di te. Un’altra cosa importante: nessuno deve sapere quello che
stai facendo e non ne parlerai con nessuno. Questo è un posto intimo per me!” E
gli fece l’occhiolino a sottolineare quello che intendeva.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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