IL SEGRETO DELLA LUNA
parte trentanove
“Ti rendi
conto che se avessi fatto qualcosa in questi mesi sarei stato scoperto e tu con
me?” Ebbe un brivido al pensiero.
“Ma non è
successo. Dopo tutto c’è una giustizia a questo mondo.”
“Da domani
dovrò cambiare le mie abitudini, cambierò anche lavoro non appena mi verrà
offerto. Spero di avere più libertà di movimento ma il capo dei guardiani di
Morietti non mi dà tregua. Devo scoprire qualcosa di più su di lui e sugli
altri tre. Ma tu immaginavi che Ermete fosse il proprietario del bordello? E
cosa avrà fatto per far inviperire in tal mondo quella masnada di delinquenti?
E c’è un’altra cosa che mi assilla: come mai pagano il sacrestano? Cosa c’entra
coi cavalieri?”
“Sono sicura
che lo scoprirai. A proposito ti ricordi che ti avevo promesso un aiuto per
farmi perdonare della sciocchezza che ho detto? Ebbene, ora posso dartelo: so
come farti entrare nella proprietà di Costantino Morietti senza che nessuno se
ne accorga.”
Gastone
sgranò gli occhi e le prese le mani. “Di cosa si tratta? Come hai fatto?”
“Ho ancora
alcuni amici da queste parti. Domenica Alviero verrà a pranzo e saprai ogni
cosa. Ora cerca di riposare. Ci penso io a mettere via il fiasco, sdraiati e fatti
un bel sonno.”
Gastone non
riuscì a prendere sonno, perfino Rufus sdraiato accanto a lui sentiva il
nervosismo del suo padrone e gli poggiò il muso sulle gambe facendosi
accarezzare la testa.
I giorni
successivi non furono diversi da come dovevano essere. Il lavoro alla
distilleria proseguiva mentre aspettava il compiersi degli eventi.
Come
promesso da Cincia, al pranzo della domenica si presentò un uomo anziano, forse
più di Cincia, ma era impossibile capirlo. Baffi lunghi e ben tenuti, candidi
come i pochi capelli che aveva in testa a forma di corona.
“Entra
Gastone. Ti presento Alviero Cimmì. E’ un mio vecchio amico, siamo cresciuti
insieme e le nostre famiglie avrebbero voluto che ci maritassimo ma noi non
eravamo per niente d’accordo. La nostra amicizia non sì e sbiadita col tempo,
anche se ci vediamo poco. Purtroppo ha la tubercolosi e gli rimane poco da
vivere. Non fare quella faccia, alla nostra età la morte è benvenuta. Ha
qualcosa da raccontarti e un regalo da farti, ma prima mangiamo, poi
discuteremo della questione.”
Gastone
aveva sparecchiato e messo sul tavolo un fiasco di vino e tre bicchieri. Si
erano seduti vicini ed era ansioso di sapere cosa avevano da dirgli quei due
vecchi che sembravano cospiratori.
“Dai
Alviero, non tirarla per le lunghe.” Lo incitò Cincia.
Aveva una
piccola borsa a tracolla nella quale teneva il tabacco e i fiammiferi. La aprì
e ne estrasse alcuni fogli ingialliti e parecchio spiegazzati. Li distese sul
tavolo sotto gli occhi attenti dei suoi ospiti.
“Questa
piantina l’ho trovata fra le cose di mio padre. Non voleva parlarmene ma, una
sera tornò ubriaco e riuscii a fargli dire quello che volevo. Mi raccontò che
il padre di Costantino voleva un passaggio segreto che lo potesse far uscire ed
entrare di nascosto. Erano tempi difficili e c’erano in giro tanti briganti.
Voleva un passaggio segreto e delle stanze segrete per riporvi le sue cose, non
ho mai saputo cosa, e si rivolse a mio padre e alla sua piccola società di
muratori. Mio padre e i suoi soci lo costruirono di notte, perché nessuno
doveva esserne al corrente. Ci vollero parecchi mesi per terminarlo.
Stranamente i cinque operai che parteciparono ai lavori morirono in incidenti vari
nel giro di poche settimane. Mio padre aveva ricevuto l’ordine di distruggere
questi disegni ma non lo fece e li nascose. Li trovai per puro caso mentre
giocavo in soffitta e quando lo venne a sapere mi presi una sfuriata tremenda,
che accentuò ancora di più la mia curiosità, fino a quando non gli estorsi la
verità. Sono sicuro che Costantino non conosce questo passaggio, io non ho mai
avuto il coraggio di esplorarlo e mi sono fatto tante supposizioni. Ora non mi
servono più e te li cedo in nome della mia vecchia amicizia con Cincia.”
Gli occhi di
Gastone non si staccavano da quella piantina. Aveva bisogno di studiarla e di
capire dove fosse quel passaggio. Nella sua mente già si andava formando un
piano per mettere al tappeto Numero Due
e un sorriso gli spuntò da sotto i baffi.
“Grazie.
Grazie ad entrambi. Vi garantisco che ne farò buon uso.” Si alzò e baciò Cincia
sui capelli spettinati, strinse la mano al vecchio Alviero e si ritirò nel suo
casotto.
“Ti
ringrazio anch’io, Alviero, vecchio amico. Abbiamo ancora poca strada da
percorrere qui, facciamo in modo che nemmeno un passo vada sprecato. Cerca di
stare bene e torna a trovarci, un pasto in compagnia è meglio di una medicina e
mi fa piacere averti con noi.”
“Lo farei
volentieri se avessi ancora del tempo, ma il mio è giunto al capolinea, mia
cara. Le forze mi stanno abbandonando velocemente e so che presto raggiungerò i
miei cari.”
Cincia lo
accompagnò avanti un pezzo e si rese conto di quanta fatica gli costava anche
solo camminare. Lo abbracciò e lo salutò, sapendo che non si sarebbero più
rivisti, almeno in questa vita.
Era triste
la vecchia donna, aveva visto nel suo amico la sua stessa fine che si
avvicinava, ma lei aveva uno scopo da raggiungere prima di morire in pace e
teneva duro chiedendo all’universo intero di lasciarle quella soddisfazione
prima di andarsene, aveva diritto almeno a questo.
I passi di
Gastone la ridestarono dai suoi tristi pensieri. L’uomo entrò e distese la
piantina sul tavolo della cucina. Aveva bisogno di luce e di qualche consiglio.
“Vieni a
vedere. Qui è dove c’è l’entrata del tunnel. Qui c’è il fiume. Qui c’è la
proprietà di Costantino. E’ una zona che conosco poco, tu che cosa puoi dirmi?”
“Questa è la
vecchia diga del fiume. Se non mi sbaglio quella è la casa, ormai decrepita del
custode. La diga ora è stata spostata e lì è tutto lasciato all’incuria. Se
osservi bene non è distante dalla proprietà dei Morietti, credo sia proprio al
limite dei suoi confini. Non credo nemmeno che ora rientri nelle sue proprietà,
faceva parte delle terre della chiesa e quelli non mollano tanto facilmente i
loro averi.”
“Farò un
sopralluogo, ma devo essere prudente, non vorrei che qualcuno mi tenesse ancora
d’occhio.”
Sentirono un
calesse avvicinarsi alla casa. I due si guardarono negli occhi ma nessuno
aspettava visite. Gastone ripiegò velocemente la carta e la consegnò a Cincia
che la nascose sotto il suo materasso.
Gastone andò
alla porta ancora prima che l’ospite inatteso bussasse.
“Buon giorno
a te, Gastone. Sono contento di trovarti in casa.” Ermete sembrava più
affaticato del solito.
“Entra, c’è
del vino fresco.”
Si sedettero
al tavolo ognuno immerso nei propri pensieri. Gastone aspettava che l’altro si
decidesse a parlare.
“Sono venuto
da te, anche se è domenica, perché ho cattive notizie da comunicarti. Mi hanno
revocato tutti gli ordini per il liquore e non posso mantenere il tuo lavoro.
Mi dispiace molto, sei un gran lavoratore e non volevo farti perdere tempo. Ti
ho portato queste monete a saldo delle tue spettanze. Ti auguro di trovare
presto qualcos’altro da fare. Ti saluto e saluto anche te, Cincia.”
Posò una
borsa di monete sul tavolo e, senza attendere risposta uscì a testa bassa.
“Com’è
possibile che sia avvenuto così in fretta?” Chiese sottovoce Cincia.
“Quei
maledetti devono avere un gran potere. Bene vorrà dire che presto riceverò la
proposta che sto aspettando e che mi permetterà di muovermi più liberamente nel
territorio. Devo avere solo un po’ di pazienza.”
“Cosa pensi
di fare per impedire la morte delle due ragazze?” Gli chiese con voce triste la
vecchia.
“Se tutto
andrà come penso, non morirà nessuna ragazza, almeno lo spero. Nel peggiore dei
casi dovranno essere le ultime.”
Cincia non
indagò oltre. Gastone aveva molte cose a cui pensare, doveva sistemare il
mugnaio e scoprire l’identità degli altri due.
Capitolo diciotto
Era
mercoledì e Gastone stava lavorando nell’orto quando il marchese arrivò. Lasciò
il cavallo legato al palo e raggiunse l’uomo che stava seminando.
“Buon giorno
a te.” Salutò per primo il marchese.
Gastone si
alzò in piedi e rispose al saluto, ma non si tolse il cappello.
“Ti devo
parlare, possiamo farlo qui o entrare in casa, per me è lo stesso.”
“Se non le
dispiace preferisco parlare qui, non sono in tenuta da casa e non ho tempo di
passare alla pompa.”
Il marchese
rimase impassibile. L’uomo che aveva davanti lo sovrastava di una buona spanna
abbondante e aveva degli occhi inquietanti.
“Ho saputo
che hai perso il lavoro e sono venuto per offrirtene uno, naturalmente se sei
interessato.”
“Dipende dal
tipo di lavoro e dalla remunerazione.”
“Faccio
parte di un consorzio di proprietari terrieri e allevatori di questa zona e
abbiamo bisogno di una persona che tenga a posto un bel pezzo di terreni
boschivi, quasi tutti incolti. Che esegua gli ordini che gli impartirò io
personalmente. So che ami gli animali e la natura, per questo abbiamo pensato a
te, soprattutto io so quanto sei discreto e ti fai i fatti tuoi. Ti interessa?”
“Certo che
mi interessa se il salario è adeguato.”
Ci misero
poco a mettersi d’accordo, e il lunedì successivo avrebbe iniziato il nuovo
lavoro. Il marchese gli lasciò alcuni fogli con le piantine dei luoghi che
doveva tenere sotto controllo e gli ricordò che doveva risponderne solo a lui.
Ogni settimana avrebbe ricevuto quanto stabilito. Trattarono su altre cose e il
marchese cedette alle richieste perché le riteneva congrue.
Non si
strinsero la mano per sancire il patto. Non ce n’era bisogno.
Rimasto
solo, Gastone riprese il suo lavoro con la mente in fermento.
Aveva alcuni
giorni liberi e una scusa valida per girovagare senza timore.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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