martedì 14 luglio 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte quarantacinque






Era seduto a tavola con Cincia, davanti ad un piatto di uova e formaggio. Aveva occhiaie profonde, doveva proprio riposare.
“Cos’hai combinato al marchese?” Gli chiese la vecchia.
“Una bella sorpresa che si presenterà con la pioggia del prossimo temporale. L’acqua della pioggia espanderà il veleno che ho disseminato, sia sui terreni che nei canali che devono irrigare i campi,  per il raccolto non ci sarà niente da fare. Poi passerò ai frutteti e al vigneto, e non dovrò nemmeno farlo di notte visto che spesso passo da quelle parti.”
Maggio stava terminando quando in lontananza cominciarono a sentirsi tuoni e vedere lampi.
Il primo temporale estivo piombò su quei luoghi con acquazzoni e vento fortissimi, durò parecchio e Gastone si godeva la pioggia stando nel letto con Margherita.
“Domani avrò molto da fare, il temporale lascia sempre molto da sistemare ma, per stasera voglio pensare solo a noi due.”
Giugno era appena iniziato quando i lavoranti del marchese si accorsero dei raccolti morti ancora prima di maturare. Non un campo era sopravvissuto e anche gli alberi da frutto stavano perdendo fiori e foglie.
Gastone venne convocato dal marchese per chiedere consiglio ma, anche stavolta lui non ne aveva da dargli. Uscì dalla sua proprietà senza essere accompagnato e ne approfittò per attaccare al pilastro che delimitava l’entrata una ciocca di capelli rossi intrecciata con un nastro blu.
Mentre lasciava la tenuta del marchese fece mente locale a ciò che aveva scatenato: gli allevamenti di Costantino Morietti, il mulino di Carlo Cestelli, la Madonna del sacrestano, il tesoro del fabbro. Aveva sistemato Numero Due, Numero Tre, Numero Quattro, Numero Cinque e Numero Sei. Adesso sì che ci sarebbe stato subbuglio.
In paese cominciava a serpeggiare molto nervosismo. Mai si era vista una sventura simile. I contadini stavano raccogliendo i raccolti andati a male, senza sapere che quei terreni sarebbero rimasti avvelenati per parecchi anni a venire. Nelle stalle di Morietti non era rimasto vivo nemmeno un topo, avrebbe dovuto ricomprare tutto per ricominciare a lavorare ma, anche i suoi granai erano rimasti contaminati dal veleno. La ruota del mulino sarebbe stata riparata ma per il raccolto di quella stagione non avrebbe fatto in tempo e ci sarebbe stato poco da macinare. Il fabbro era rimasto ancora senza denaro e non aveva il coraggio di chiederne altro, doveva contare sulle entrate dei suoi figli ma dubitava che sarebbero stati generosi con lui. Perfino il fato ci aveva messo una mano, la moglie del sacrestano era peggiorata e sembrava non potesse riprendersi.
Ora Gastone sapeva che questi si sarebbero riuniti e lui, teneva sotto controllo il tragitto che portava alla baita del marchese.
Era la prima domenica di giugno quando i cinque cavalieri si riunirono nella baita del marchese.
Gastone l’aveva capito ed era già là. Entrò dalla palizzata, dove lui stesso aveva lasciato la possibilità di un passaggio e si sistemò nel punto esatto dove c’era una fessura che gli avrebbe consentito sia di vedere che di ascoltare. Non aveva lasciato niente al caso, ci aveva pensato personalmente e nessuno se ne era accorto.
I cinque uomini erano seduti intorno al rozzo tavolo.
Il marchese mise sul tavolo la ciocca di capelli rossi, lo stesso fece Morietti, Luigi, Cestelli e Gualtiero.
“Cosa ne pensate?” Chiese il marchese senza indugiare oltre. “Da quando abbiamo sacrificato la rossa, tutto è cominciato ad andare storto. Non si era mai vista una sciagura simile.”
“Non può essere un caso, ha colpito troppi di noi!” Disse il mugnaio.
“Dici bene, troppi, ma non tutti! Come mai non è successo niente a Gorrini e Tolesi?” Esplose rabbioso Morietti.
“Infatti non li vedi qui!” Aggiunse il marchese. “Siccome non so cosa pensare ho deciso di non invitarli.”
“Cosa intendete?” Chiese mestamente il sacrestano.
Ci furono attimi di silenzio. Nessuno avrebbe voluto pronunciare le parole che davano voce al sospetto che si era insinuato fra alcuni di loro.
Fu Costantino Morietti a parlare, essendo il più anziano cavaliere presente. Anche in quel contesto rispettavano la gerarchia, sapevano che stavano rischiando molto e stavano infrangendo una regola della setta.
“E se fossero loro i colpevoli? Se fossero loro, in quanto ultimi arrivati ma senza voglia di aspettare il loro turno nella scalata al potere ad aver escogitato tutto questo?”
“Buon dio, ma come avrebbero potuto? Hanno i loro impegni da portare avanti e non sono di poco conto!” Scandì il fabbro.
“Potrebbero aver dato l’incarico a qualcuno, potrebbero aver pagato chiunque per farci questo!” Rimarcò il marchese.
“Ma ci saremmo accorti se qualche forestiero fosse passato da queste parti. E’ una delle nostre regole tenere sotto controllo chiunque non è di qui!” Disse il sacrestano, a lui non sarebbe sfuggito nessuno, tutti i pettegolezzi e le novità passavano dalla parrocchia e lui era un ottimo informatore.
All’interno della baita ognuno stava meditando e il silenzio era totale. Gastone prese mentalmente nota dei nomi degli altri due e, finalmente capì il ruolo del sacrestano, una gran puttana di uomo che per denaro avrebbe venduto anche sua moglie.
“E di Numero Uno cosa mi dite?” Rincarò il marchese.
“No, questo non lo tollero! Non puoi nemmeno pensare che la contessa Scarioli sia coinvolta in questo. Non voglio nemmeno sentire una cosa simile!” Sbraitò Morietti.
Nessuno osava fiatare. Intervenne ancora il marchese.
“E allora che cosa pensate? Abbiamo perso dei figli, le nostre proprietà sono state danneggiate, non può essere una coincidenza! Io volevo far intervenire degli investigatori privati ma mi è stato proibito. Adesso ve lo richiedo: siete disposti a farli tornare e farli indagare?”
“Non faremo un bel niente prima della prossima riunione. Parleremo con Numero Uno che di sicuro è già al corrente di tutto e vedremo cosa dirà lei. Io non mi metto di sicuro contro quella donna, no, amici miei, non pensatelo nemmeno!” Scandì senza esitazioni Morietti.
“Manca ancora molto alla prossima riunione, cosa facciamo nel frattempo? Come pagheremo i nostri lavoranti?” Sembrò quasi piagnucolare il marchese.
Costantino Morietti si inalberò. “Non cercare di fare il furbo, tutti noi sappiamo che abbiamo molto denaro a disposizione e che dobbiamo rispettare i nostri giuramenti e le nostre regole. Che vi piaccia o no dovremo attingere da quelli. In questi anni i forzieri si sono riempiti e Numero Uno attingerà da lì. A che servono altrimenti? E non fate finta di dimenticare che tutti noi abbiamo enormi ricchezze personali.”
“Come vi spiegate che tutti noi abbiamo ricevuto questa ciocca di capelli rossi? Non può essere arrivata da sola, qualcuno ce l’ha portata! Qualcuno ci sta addosso e non può che essere uno di noi!” Finalmente, il marchese aveva detto anche quello.
“Non osare nemmeno pensare una cosa simile! Lo sai bene che cosa comporterebbe! Vorrebbe dire la fine della nostra setta e questo significherebbe carestie per tutti. No, non può essere uno di noi!” Nello stesso istante in cui Morietti finì la frase fu percorso da un brivido, doveva accettare il fatto che qualcuno sapesse e li volesse distruggere, ma non lo disse o sarebbe scoppiato il caos.
“Adesso ritorniamo tutti ai nostri doveri e cerchiamo di sistemare i danni, ci vorrà tempo ma la volontà e la possibilità per farlo non ci mancano. Alla prossima riunione vedremo cosa deciderà Numero Uno. Io ora me ne vado, ne ho abbastanza di questa riunione, che fra l’altro non è mai avvenuta, o sarà peggio per tutti noi.” Costantino Morietti si riprese la ciocca che aveva messo sul tavolo e uscì senza aspettare nessuno.
Uno alla volta se ne andarono tutti e Gastone tornò a casa con tante notizie e un puzzle che si era quasi completato.
Gli abitanti del piccolo paese erano molto preoccupati. Molti uomini e donne avevano perso il lavoro a causa delle calamità che si erano succedute.

Capitolo ventuno
Gastone andò dal marchese e fu ricevuto nel granaio, non lo avrebbe mai fatto entrare in casa. C’era un tavolo dove molti lavoranti mangiavano durante il riposo e si sedettero da soli.
“Ho bisogno di esplosivo.” Disse Gastone.
“E a cosa ti serve?” Chiese il marchese senza battere ciglio.
Il guardiano spianò sul tavolo una rozza cartina che lui stesso aveva disegnato e la mostrò.
“Come vede, qui e qui ci sono grossi massi di pietra. Se osserva bene sono in posizione pericolosa, se il fiume si ingrossa faranno da barriera e le terre attorno verrebbero sommerse, e se osserva bene quelle terre sono le sue.”
Il marchese si chinò sulla carta per osservarla meglio e si rese conto che quell’uomo aveva ragione. Già aveva subito tante perdite ci mancava anche la piena del fiume a peggiorare la situazione.
Non ebbe esitazioni ad acconsentire alla richiesta.


Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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