IL SEGRETO DELLA LUNA
parte quarantacinque
Era seduto a
tavola con Cincia, davanti ad un piatto di uova e formaggio. Aveva occhiaie
profonde, doveva proprio riposare.
“Cos’hai
combinato al marchese?” Gli chiese la vecchia.
“Una bella
sorpresa che si presenterà con la pioggia del prossimo temporale. L’acqua della
pioggia espanderà il veleno che ho disseminato, sia sui terreni che nei canali
che devono irrigare i campi, per il
raccolto non ci sarà niente da fare. Poi passerò ai frutteti e al vigneto, e
non dovrò nemmeno farlo di notte visto che spesso passo da quelle parti.”
Maggio stava
terminando quando in lontananza cominciarono a sentirsi tuoni e vedere lampi.
Il primo
temporale estivo piombò su quei luoghi con acquazzoni e vento fortissimi, durò
parecchio e Gastone si godeva la pioggia stando nel letto con Margherita.
“Domani avrò
molto da fare, il temporale lascia sempre molto da sistemare ma, per stasera
voglio pensare solo a noi due.”
Giugno era
appena iniziato quando i lavoranti del marchese si accorsero dei raccolti morti
ancora prima di maturare. Non un campo era sopravvissuto e anche gli alberi da
frutto stavano perdendo fiori e foglie.
Gastone
venne convocato dal marchese per chiedere consiglio ma, anche stavolta lui non
ne aveva da dargli. Uscì dalla sua proprietà senza essere accompagnato e ne
approfittò per attaccare al pilastro che delimitava l’entrata una ciocca di
capelli rossi intrecciata con un nastro blu.
Mentre
lasciava la tenuta del marchese fece mente locale a ciò che aveva scatenato:
gli allevamenti di Costantino Morietti, il mulino di Carlo Cestelli, la Madonna
del sacrestano, il tesoro del fabbro. Aveva sistemato Numero Due, Numero Tre, Numero Quattro, Numero Cinque e Numero Sei.
Adesso sì che ci sarebbe stato subbuglio.
In paese
cominciava a serpeggiare molto nervosismo. Mai si era vista una sventura
simile. I contadini stavano raccogliendo i raccolti andati a male, senza sapere
che quei terreni sarebbero rimasti avvelenati per parecchi anni a venire. Nelle
stalle di Morietti non era rimasto vivo nemmeno un topo, avrebbe dovuto
ricomprare tutto per ricominciare a lavorare ma, anche i suoi granai erano
rimasti contaminati dal veleno. La ruota del mulino sarebbe stata riparata ma
per il raccolto di quella stagione non avrebbe fatto in tempo e ci sarebbe
stato poco da macinare. Il fabbro era rimasto ancora senza denaro e non aveva
il coraggio di chiederne altro, doveva contare sulle entrate dei suoi figli ma
dubitava che sarebbero stati generosi con lui. Perfino il fato ci aveva messo
una mano, la moglie del sacrestano era peggiorata e sembrava non potesse
riprendersi.
Ora Gastone
sapeva che questi si sarebbero riuniti e lui, teneva sotto controllo il
tragitto che portava alla baita del marchese.
Era la prima
domenica di giugno quando i cinque cavalieri si riunirono nella baita del
marchese.
Gastone
l’aveva capito ed era già là. Entrò dalla palizzata, dove lui stesso aveva
lasciato la possibilità di un passaggio e si sistemò nel punto esatto dove
c’era una fessura che gli avrebbe consentito sia di vedere che di ascoltare.
Non aveva lasciato niente al caso, ci aveva pensato personalmente e nessuno se
ne era accorto.
I cinque
uomini erano seduti intorno al rozzo tavolo.
Il marchese
mise sul tavolo la ciocca di capelli rossi, lo stesso fece Morietti, Luigi,
Cestelli e Gualtiero.
“Cosa ne
pensate?” Chiese il marchese senza indugiare oltre. “Da quando abbiamo
sacrificato la rossa, tutto è cominciato ad andare storto. Non si era mai vista
una sciagura simile.”
“Non può
essere un caso, ha colpito troppi di noi!” Disse il mugnaio.
“Dici bene,
troppi, ma non tutti! Come mai non è successo niente a Gorrini e Tolesi?”
Esplose rabbioso Morietti.
“Infatti non
li vedi qui!” Aggiunse il marchese. “Siccome non so cosa pensare ho deciso di
non invitarli.”
“Cosa
intendete?” Chiese mestamente il sacrestano.
Ci furono
attimi di silenzio. Nessuno avrebbe voluto pronunciare le parole che davano
voce al sospetto che si era insinuato fra alcuni di loro.
Fu
Costantino Morietti a parlare, essendo il più anziano cavaliere presente. Anche
in quel contesto rispettavano la gerarchia, sapevano che stavano rischiando
molto e stavano infrangendo una regola della setta.
“E se
fossero loro i colpevoli? Se fossero loro, in quanto ultimi arrivati ma senza
voglia di aspettare il loro turno nella scalata al potere ad aver escogitato
tutto questo?”
“Buon dio,
ma come avrebbero potuto? Hanno i loro impegni da portare avanti e non sono di
poco conto!” Scandì il fabbro.
“Potrebbero
aver dato l’incarico a qualcuno, potrebbero aver pagato chiunque per farci
questo!” Rimarcò il marchese.
“Ma ci
saremmo accorti se qualche forestiero fosse passato da queste parti. E’ una
delle nostre regole tenere sotto controllo chiunque non è di qui!” Disse il
sacrestano, a lui non sarebbe sfuggito nessuno, tutti i pettegolezzi e le
novità passavano dalla parrocchia e lui era un ottimo informatore.
All’interno
della baita ognuno stava meditando e il silenzio era totale. Gastone prese
mentalmente nota dei nomi degli altri due e, finalmente capì il ruolo del
sacrestano, una gran puttana di uomo che per denaro avrebbe venduto anche sua
moglie.
“E di Numero Uno cosa mi dite?” Rincarò il
marchese.
“No, questo
non lo tollero! Non puoi nemmeno pensare che la contessa Scarioli sia coinvolta
in questo. Non voglio nemmeno sentire una cosa simile!” Sbraitò Morietti.
Nessuno
osava fiatare. Intervenne ancora il marchese.
“E allora
che cosa pensate? Abbiamo perso dei figli, le nostre proprietà sono state
danneggiate, non può essere una coincidenza! Io volevo far intervenire degli
investigatori privati ma mi è stato proibito. Adesso ve lo richiedo: siete
disposti a farli tornare e farli indagare?”
“Non faremo
un bel niente prima della prossima riunione. Parleremo con Numero Uno che di sicuro è già al corrente di tutto e vedremo cosa
dirà lei. Io non mi metto di sicuro contro quella donna, no, amici miei, non
pensatelo nemmeno!” Scandì senza esitazioni Morietti.
“Manca
ancora molto alla prossima riunione, cosa facciamo nel frattempo? Come
pagheremo i nostri lavoranti?” Sembrò quasi piagnucolare il marchese.
Costantino
Morietti si inalberò. “Non cercare di fare il furbo, tutti noi sappiamo che
abbiamo molto denaro a disposizione e che dobbiamo rispettare i nostri
giuramenti e le nostre regole. Che vi piaccia o no dovremo attingere da quelli.
In questi anni i forzieri si sono riempiti e Numero Uno attingerà da lì. A che servono altrimenti? E non fate
finta di dimenticare che tutti noi abbiamo enormi ricchezze personali.”
“Come vi
spiegate che tutti noi abbiamo ricevuto questa ciocca di capelli rossi? Non può
essere arrivata da sola, qualcuno ce l’ha portata! Qualcuno ci sta addosso e
non può che essere uno di noi!” Finalmente, il marchese aveva detto anche
quello.
“Non osare
nemmeno pensare una cosa simile! Lo sai bene che cosa comporterebbe! Vorrebbe
dire la fine della nostra setta e questo significherebbe carestie per tutti.
No, non può essere uno di noi!” Nello stesso istante in cui Morietti finì la
frase fu percorso da un brivido, doveva accettare il fatto che qualcuno sapesse
e li volesse distruggere, ma non lo disse o sarebbe scoppiato il caos.
“Adesso
ritorniamo tutti ai nostri doveri e cerchiamo di sistemare i danni, ci vorrà
tempo ma la volontà e la possibilità per farlo non ci mancano. Alla prossima
riunione vedremo cosa deciderà Numero
Uno. Io ora me ne vado, ne ho abbastanza di questa riunione, che fra
l’altro non è mai avvenuta, o sarà peggio per tutti noi.” Costantino Morietti
si riprese la ciocca che aveva messo sul tavolo e uscì senza aspettare nessuno.
Uno alla
volta se ne andarono tutti e Gastone tornò a casa con tante notizie e un puzzle
che si era quasi completato.
Gli abitanti
del piccolo paese erano molto preoccupati. Molti uomini e donne avevano perso
il lavoro a causa delle calamità che
si erano succedute.
Capitolo ventuno
Gastone andò
dal marchese e fu ricevuto nel granaio, non lo avrebbe mai fatto entrare in
casa. C’era un tavolo dove molti lavoranti mangiavano durante il riposo e si
sedettero da soli.
“Ho bisogno
di esplosivo.” Disse Gastone.
“E a cosa ti
serve?” Chiese il marchese senza battere ciglio.
Il guardiano
spianò sul tavolo una rozza cartina che lui stesso aveva disegnato e la mostrò.
“Come vede,
qui e qui ci sono grossi massi di pietra. Se osserva bene sono in posizione
pericolosa, se il fiume si ingrossa faranno da barriera e le terre attorno
verrebbero sommerse, e se osserva bene quelle terre sono le sue.”
Il marchese
si chinò sulla carta per osservarla meglio e si rese conto che quell’uomo aveva
ragione. Già aveva subito tante perdite ci mancava anche la piena del fiume a
peggiorare la situazione.
Non ebbe esitazioni
ad acconsentire alla richiesta.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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