IL SEGRETO DELLA LUNA
parte quarantotto
Capitolo ventidue
Era
pomeriggio e lui aveva da fare. Passò da Cincia e le lasciò il cesto,
riprendendo subito la sua perlustrazione.
In groppa al
suo cavallo aveva tempo di dare libero sfogo ai suoi pensieri.
Gorrini
aveva una figlia deliziosa. Morietti due nipoti che sarebbero tornate presto a
casa. Il mugnaio aveva due gemelle di 18 anni. Adesso doveva trovare il modo di
agire.
Mancavano
due settimane alla riunione tanto attesa.
Gastone
continuava il suo incarico ma la sua mente era una fucina al lavoro, aveva
dentro di sé un fuoco che bruciava ogni giorno di più, doveva trovare il modo
di andare avanti con la sua vendetta o sarebbe esploso. Adesso aveva trovato le
vittime, non gli restava che trovare il modo.
La tenuta
dei Gorrini era piuttosto lontana dal suo giro ordinario ma, come promesso
passò anche da quelle parti. Era fermo, in groppa al suo cavallo ed ammirava
l’enorme distesa di vigneti e le tante persone al lavoro. Sentì gli zoccoli di
un cavallo avvicinarsi e la graziosa figlia di Gorrini lo affiancò.
“Buon
giorno, signor Gastone, cosa fa da queste parti?” Chiese educatamente la
ragazzina.
“Anche se
non sembra sto lavorando. Mi occupo di controllare tutto il territorio e suo
padre mi ha chiesto di fare attenzione alle vostre proprietà.” Le rispose
cortesemente l’uomo.
“Lei mi
incuriosisce molto.” Si lasciò sfuggire Gemma.
Gastone,
sorpreso la fissò. “E per quale motivo?”
“Per il suo
viso.”
Gastone alzò
un sopracciglio a quelle spiegazione. “Non capisco.”
La ragazzina
sorrise.
“La prego di
scusarmi. Io amo fare ritratti e amo osservare i volti delle persone, coglierne
ogni particolare, soprattutto quelli delle espressioni, e lei mi incuriosisce.”
Gastone
cercò di sorridere al volto giovane e ingenuo di quella ragazzina.
“E’ vero,
sono un solitario e amo la natura, ma non sono diverso da tanti altri.” Le
rispose cortesemente.
“Eppure, nel
suo sguardo, per come tiene strette le labbra, per la sua postura, io credo che
ci sia molto di più!”
“Beh,
signorina Gemma, sono un uomo che ha molto sofferto, non posso nasconderlo!”
“Lo avevo
immaginato. Vorrei, sa, mi piacerebbe … potrei farle un ritratto?”
Gastone fu
colto di sorpresa, non voleva offendere quella ragazzina rifiutando la sua
richiesta, e poi poteva essere un modo per capire come ucciderla.
“Non ho
molto tempo, signorina Gemma e non sono portato per queste cose.” Cercò di
rifiutare.
“Potrebbe
essere un regalo per una persona speciale, ne avrà pure una!”
Gastone non
rispondeva, poteva essere pericoloso, meno la frequentava e meglio era, già
sapendo la fine che avrebbe fatto.
“Se accetta,
le prometto che le regalerò il ritratto dentro una splendida cornice. Voglio
mettermi alla prova, sono stanca di disegnare persone e animali che conosco.”
Non demordeva.
“Ci penserò,
ma non le prometto niente. Ora devo andare.”
“L’accompagno
per un po’.” E si affiancò all’uomo.
Una strana
inquietudine permeava i pensieri dell’uomo. Quella ragazzina gli ricordava in
modo incredibile sua figlia, anche lei con la stessa passione per il disegno,
con lo stesso sorriso aperto e sincero, ma lei non c’era più! Il suo sguardo si
incupì e decise: Gemma sarebbe stata la prossima.
Erano giunti
al bivio e si dovevano salutare. Gastone scostò il cappello dalla fronte e
guardò la ragazzina che gli stava sorridendo.
“Signorina
Gemma, potrei anche accettare la sua richiesta ma ad una condizione: nessuno lo
deve sapere, o non se ne fa niente.”
“Per me va
bene. Mi basta che lei mi dica dove e quando ed io ci sarò. Ora devo tornare. A
presto signor Gastone, preparerò fogli e matite e mi terrò pronta per quando mi
chiamerà.”
Si
separarono ognuno con tanti pensieri nella testa, colorati quelli della
ragazzina, fumosi quelli dell’uomo.
Da alcuni
giorni non vedeva in giro il capo dei guardiani di Morietti, sicuramente erano
arrivate le sue nipoti e lui era occupato con la loro sorveglianza.
Sentendosi
più sicuro decise che quella notte sarebbe ritornato nel tunnel segreto.
Bruciava dalla voglia di leggere quel libro, voleva farlo prima della riunione,
aveva bisogno di saperne di più.
La notte era
scesa, fresca, con tanti grilli che rendevano il bosco un incanto. Rufus era al
suo fianco, come al solito e, ad un tratto cominciò a ringhiare, era il segnale
che c’era qualcuno. Gastone era all’erta e impugnò il pugnale continuando a
camminare come se niente fosse.
Fece una
carezza al cane e quello si zittì.
Era vicino
alla vecchia casa diroccata, ormai non poteva cambiare direzione, chiunque lo
stesse seguendo aveva capito dov’era diretto e avrebbe esplorato la zona come
aveva fatto lui in precedenza, doveva togliere di mezzo l’intruso, chiunque
fosse.
Si acquattò
dietro il tronco di un grosso albero aspettando di vedere chi fosse l’uomo che
lo seguiva.
Sentì il
rumore di passi leggeri, talmente leggeri che sarebbero sfuggiti a qualsiasi
orecchio, ma non al suo: aveva capito che era un uomo esperto in quel genere di
cose.
Gastone
stringeva il suo pugnale e il cane era pronto a scattare al suo segnale.
Aspettò
davvero poco prima di scorgere un’ombra che si avvicinava furtiva. Quello si
fermò cercando di scoprire le tracce da seguire, e al buio era davvero
difficile ma sapeva anche quello che c’era un’unica destinazione per quel
sentiero, e proseguì.
I ruoli si
invertirono, ora era Gastone l’inseguitore. Aspettò che quello entrasse nella
casa diroccata e si appoggiò alla porta spiando l’interno. Quello, chiunque
fosse, accese una piccola torcia e cominciò la sua ispezione.
Gastone non
fu del tutto sorpreso nello scoprire che si trattava del capo dei guardiani di
Morietti e, da come si muoveva non doveva essere la prima volta che ci entrava.
Dovette ammettere che era stato seguito anche in precedenza senza che lui se ne
accorgesse, ma per questo motivo doveva essere stato molto distante o se ne
sarebbe accorto. Capì che quell’uomo non sapeva niente, e così doveva restare.
Rimase
immobile. Passò parecchio tempo prima che l’uomo uscisse dalla vecchia casa
decrepita e si dirigesse al pollaio. Doveva conoscere bene quel posto,
dopotutto era lì da molto tempo e magari aveva conosciuto anche l’ultimo
inquilino. Rimase poco in quel rifugio polveroso. Uscì tossendo piegandosi in
due dagli spasmi della tosse. Gastone poté solo immaginare che quell’uomo
grande e grosso stava vomitando e che doveva avere dei problemi. Passarono
alcuni minuti prima che il capo guardiano riprendesse un respiro regolare. Si
asciugò le lacrime che per lo sforzo gli avevano bagnato le guance. Si
raddrizzò e ritornò sui suoi passi con il respiro leggermente ansante.
Passò a poca
distanza da Gastone e Rufus ma non si accorse di niente.
Gastone
rimase a lungo immobile prima di decidersi a ritornare indietro. Non era potuto
entrare nel tunnel ma aveva scoperto una cosa importante: il capo guardiano di
Morietti era malato e lo teneva nascosto a tutti.
Con estrema
cautela rientrò a casa e si sdraiò sul sofà. Era dispiaciuto di non aver potuto
fare quello che si era prefisso ma non era stata un’uscita vana, aveva in testa
un piano per togliere di mezzo quell’uomo e, senza di lui, tutto sarebbe stato
più facile.
Il giorno
era spuntato da poco ma Gastone era già fuori da tempo. Era fermo in sella al
suo cavallo e osservava i confini delle proprietà di Morietti. Sapeva che era
già stato avvistato. Diresse il cavallo sul sentiero del fiume e ispezionò i
massi che doveva far esplodere. Scese e tenne il cavallo per le briglie. Tolse
un foglietto dalla sua sacca e lo mise sul grande masso, un sasso lo teneva fermo.
Entro poche ore avrebbe raggiunto il suo destinatario.
Risalì in
groppa ad Amleto, così aveva chiamato il cavallo e riprese il suo lavoro di
sorveglianza.
Aspettò un
paio di giorni, poi la notte del terzo giorno si appostò in prossimità della
diga. Gastone era consapevole che era una mossa pericolosa e azzardata ma era
determinato a portarla a termine.
Come la
volta precedente il capo guardiano arrivò a piedi senza far rumore. Questa
volta Gastone aveva lasciato orme ben visibili che lo avrebbero portato dritto
nel pollaio.
Con estrema
cautela il nuovo arrivato varcò la soglia. Aveva tutti i sensi all’erta, era un
uomo scaltro e ben addestrato. Aspettò che i suoi occhi si abituassero un po’
all’oscurità. Non sentiva il minimo rumore e per un attimo ebbe il dubbio che
il messaggio che aveva ricevuto fosse solo un brutto scherzo di qualche
disgraziato.
Aveva
l’uscita alle spalle, non si era mosso da quell’unica via di fuga, non era
certo uno sprovveduto.
Acuì l’udito
e sentì il respiro di qualcuno nascosto nel buio. Strinse la mano sul pugnale.
“Lo so che
sei qui. Fatti vedere e dimmi cosa vuoi!” Bisbigliò semplicemente.
Il respiro
si fece più udibile, come se lo sconosciuto avesse avuto i battiti del cuore
veloci per la paura della situazione.
Questo lo fece
sorridere. Sapeva di essere un uomo molto temuto e se qualcuno gli aveva dato
un appuntamento in quel luogo era per un motivo molto importante, nessuno si
prendeva gioco del capo guardiano di Costantino Morietti.
Fuori era
tutto un frinire di cicale, ed era un rumore assordante, per questo non sentì
il rumore dei passi leggeri che si avvicinavano a lui. Credeva di essere in
posizione di forza avendo l’uscita proprio dietro di lui ma il chiarore che
entrava bastava a renderlo un ottimo bersaglio. La sua troppa sicurezza lo
avrebbe tradito.
Gastone,
rasente al muro gli si avvicinò senza essere udito. Con un gesto veloce gli
passò il braccio intorno al collo e con l’altra mano lo disarmò dal pugnale.
L’uomo era stretto in una morsa di ferro e non si era accordo di nulla. Con
entrambe le mani cercava di allentare la stretta al collo e con i piedi cercava
di colpire il suo assalitore, senza riuscirci.
“Chi sei?
Cosa vuoi?” A fatica era riuscito a dire quelle poche parole, ma non ottenne
risposta.
Si rese conto
che stava perdendo i sensi e le sue mani lentamente lasciavano la presa sul
braccio che gli stringeva il collo, pochi istanti dopo le sue gambe cedettero e
cadde svenuto.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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