IL SEGRETO DELLA LUNA
parte quaranta
La prima
cosa che fece fu andare alla vecchia diga ed entrare in quella piccola casa
diroccata. I muri erano ancora solidi ma porte e finestre erano solo buchi
neri.
Si guardò
intorno, sentiva il rumore dell’acqua del fiume e contava sull’udito di Rufus
per capire se qualcuno lo seguiva, ma il cane era tranquillo.
Per prudenza
aveva portato canna ed esche ma, almeno per quel giorno non era intenzionato a
pescare.
Entrò in
quell’ammasso di mattoni puzzolenti. Aspettò che gli occhi si abituassero e
intanto ripassava mentalmente la cartina che aveva memorizzato.
Doveva
trovare l’entrata del tunnel, quella non era stata descritta.
Non c’erano
molte possibilità: era una sola stanza, piuttosto ampia che un tempo doveva
contenere cucina e un letto. C’era un camino, c’erano le pareti, c’erano le
finestre, il pavimento era di terra ed era infestato da erbacce. Tastò ogni
singolo mattone, ispezionò ogni millimetro del camino, pestò ogni pezzo di
pavimento ma non trovava niente. Rifece le stesse cose con maggiore
meticolosità ma il risultato era sempre identico: niente.
Possibile
che l’amico di Cincia si fosse sbagliato? Uscì a respirare una boccata di aria
pura. Era mattino inoltrato e il cielo era sereno, le rondini erano precoci ed
erano già lì che disegnavano i soliti cerchi nel cielo.
Fu mentre
guardava le rondini che si accorse di alcune di loro che planavano e
scomparivano per un po’.
Passando in
mezzo a sterpaglie spinose andò dietro la casa e, nascosto da erbacce e alberi
selvatici vide dove le rondini si erano costruite il nido: un pollaio di ampie
dimensioni ma piuttosto basso, tanto che non si vedeva talmente era imbrigliato
in spine e rovi.
Rufus aveva
una zampa sanguinante ma seguì il suo padrone senza lamentarsi.
Il vecchio
pollaio aveva resistito meglio della casa. Era vero che non c’era più la porta
ma alle finestre rotonde erano state installate delle grate di ferro, in origine
per tenere lontano gli animali predatori. Facendosi largo con la roncola entrò
nel pollaio.
L’oscurità
era quasi totale, i rampicanti avevano invaso quasi ogni apertura e dentro
c’era un tanfo irrespirabile. Di sicuro quello era rimasto il covo di qualche
animale selvatico.
Liberò un
po’ il passaggio e si portò al centro della costruzione. Naturalmente era
vuota, dovevano essere molti anni che quel luogo era lasciato all’incuria della
natura e del tempo.
Capiva che
doveva essere lì quello che cercava e osservava ogni angolo, ogni centimetro di
quel luogo maleodorante.
Una nicchia
nascosta dai rovi attrasse la sua attenzione. In passato doveva essere servita
a sostenere qualcosa ma ora non c’era niente. Era piuttosto bassa. Gastone
tastò il fondo e la base e, finalmente trovò qualcosa. Un anello di ferro, come
quello che usavano per legare le redini dei cavalli, era piantato in un angolo
alto della nicchia.
L’uomo sentì
i battiti del cuore accelerare. Rimase fermo incerto sul da farsi, ma la
curiosità era più forte della prudenza. Un’occhiata a Rufus lo tranquillizzò.
Tirò con
forza l’anello ma non successe niente. Aumentò la forza ma non succedeva
niente.
Possibile
che non fosse quello che cercava?
Nel togliere
la presa, la mano gli restò incastrata e l’anello girò su se stesso. Gastone
girò in senso anti orario l’anello di ferro. Un cascata di polvere invase la
stanza e non riuscì a trattenersi dal tossire. Alzò il fazzoletto sul viso e
spinse. Con fatica, quella parete alta non più di un metro e mezzo si aprì,
lasciando intravedere solo il buio.
Aspettò che
la tosse si attenuasse e aprì la sacca. Si era preparato ad ogni evenienza.
Tolse una torcia e dei fiammiferi, sapeva bene che la fiamma si sarebbe spenta
senza ossigeno e lui doveva stare attento. Rufus lo osservava in attesa di
riceve un comando. Gastone restò un momento nel dubbio, poi gli disse di
rimanere. Il cane si accucciò sulla soglia in modo che quell’apertura non
potesse chiudersi. La prudenza non era mai troppa e l’uomo sapeva che si stava
cacciando in qualcosa che poteva essere pericoloso.
La torcia
bruciava e Gastone la teneva davanti a sé col braccio teso. Doveva camminare
piegato, quel passaggio era molto basso. I suoi occhi si erano abituati e
cercava di osservare ogni cosa ma c’era poco da vedere: un passaggio con le
pareti di pietra. Il pavimento sul quale passava era disseminato di piccoli
sassi. Procedeva con sempre maggior sicurezza, non c’era possibilità di
sbagliare c’era solo quel corridoio.
Mentre
avanzava si accorse che il tunnel si stava allargando e diventava più alto. Ora
riusciva a stare diritto e camminare con la testa che sfiorava il soffitto. Si
fermò per osservare il punto in cui era arrivato. Fece roteare lentamente la torcia
e vide che il tunnel proseguiva da una parte, mentre di fronte c’era qualcosa
d’altro. Si avvicinò e scoprì che si trattava di una stanza di modeste
dimensioni, la torcia la illuminava solo in parte. Spostandosi lentamente la
osservò. Le pareti erano nude ma dovevano essere state dipinte. Vide qualcosa
in un angolo e si avvicinò. Un piccolo baule era appoggiato al muro. Gastone si
inginocchiò ad osservarlo. Decise di non toccarlo per il momento, era venuto
solo per osservare e imprimersi nella mente ogni cosa.
Riprese a
percorrere il tunnel e dopo pochi passi, alla sua destra vide un’altra
apertura. Entrò senza titubanze e roteò la torcia. Anche questa stanza era
simile alla precedente. In un angolo c’era un letto in ferro battuto. Gastone
corrugò la fronte mentre mille pensieri gli passavano nella testa. Si avvicinò
per osservarlo meglio, c’era ancora il materasso, o quello che ne rimaneva e,
mentre spostava la fiamma per osservare meglio fece un salto per la sorpresa: contro
la parete c’era uno scheletro umano. Si avvicinò e vide che si doveva trattare
di una ragazza, alcune ciocche di capelli erano ancora attaccate al teschio ed
erano lunghe.
Dove era
capitato? Cosa era successo in quel posto? Con la mente in subbuglio uscì e
continuò l’ultimo tratto del tunnel. Era arrivato alla fine e aveva davanti a
sé una parete di pietre come le altre ma si vedeva molto bene un anello di
metallo in un angolo. Doveva decidere cosa fare ma non voleva rischiare non
sapendo cosa ci fosse dall’altra parte. Era pieno giorno e poteva essere
scoperto. Avrebbe voluto girare quel ferro ma non lo fece, sarebbe tornato col
buio. Ritornò sui suoi passi, passò davanti alla prima stanza ma non entrò,
voleva scoprire cosa conteneva il baule.
Era
inginocchiato, incuriosito ad osservare quella piccola cassapanca. Posò la
torcia in modo che gli facesse luce. Il coperchio non aveva lucchetti, sarebbe
bastato sollevarlo.
Gastone
aveva il cuore che gli batteva nel petto come mai gli era successo prima.
Trasse un profondo respiro e si decise ad alzare quel coperchio ormai
arrugginito.
La prima
cosa che vide fu un vestito da donna. Lo sollevò e lo posò a terra. Quello che
vide dopo lo lasciò esterrefatto: coperti dall’abito c’erano alcuni strumenti
che poteva solo immaginare servissero a torturare, non ne aveva mai visti. Uno
alla volta li tolse posandoli vicino al vestito.
Dal fondo
del baule tolse tre sacche colme di monete, e infine trovò un libro.
Si sedette e
con estrema delicatezza lo spolverò col suo fazzoletto. La copertina era molto
dura e doveva essere di pelle scura, non riusciva a distinguere bene. Lo aprì e
vide che si trattava di un manoscritto. Fece un salto sul pavimento quando vide
che la prima pagina riportava esattamente lo stesso nodo che ben conosceva.
Ansimando dall’emozione iniziò a sfogliarlo e, mentre si rendeva conto di cosa
si trattava i suoi occhi si spalancavano dalla sorpresa.
Nella pagina
successiva a quella che riportava il fiocco c’era il simbolo dei Cavalieri
della Terra Feconda: la luna piena con le due mezze lune ai lati e la scritta LA LUNA, NOSTRA SORELLA E MADRE, CON SANGUE
DI VERGINE TIENE FECONDA LA TERRA.
Passò alla
pagina successiva con le mani che gli tremavano:
ANNO DEL SIGNORE 1750. OGGI, PRIMO
GIORNO DI PRIMAVERA I CAVALIERI CONVENUTI REDIGERANNO LO STATUTO E IL
REGOLAMENTO DELLA SETTA.
A Gastone
tremavano visibilmente le mani. Chiuse il libro e rimase dubbioso su cosa fare.
Era troppo pericoloso portarlo fuori di lì, se per un qualsiasi motivo glielo
avessero trovato per lui sarebbe stata la fine. Nonostante la grande curiosità
che provava rimise a posto ogni cosa come l’aveva trovata. Sapeva bene che non
aveva senso visto che nessuno conosceva quel passaggio segreto, ma decise di non
abbandonare la sua solita prudenza.
Ritornò sui
suoi passi e quando vide Rufus tranquillo al suo posto, trasse un sospiro di
sollievo.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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