IL SEGRETO DELLA LUNA
parte cinquantasette
Con la
solita cautela uscì e si diresse velocemente a casa. Il giorno era già spuntato
e se qualcuno lo avesse visto poteva destare sospetti. Controllò varie volte di
non essere seguito e giunse a casa che era sfinito.
Cincia gli
mise davanti la colazione.
“Non vuoi
dirmi cosa hai fatto?” Chiese stancamente la vecchia.
Gastone non
sapeva se metterla al corrente o meno ma, in quel momento entrò Margherita e
fece finta di niente.
Abbracciò la
nuova venuta, salutò la vecchia, prese la bisaccia del pranzo e uscì per il suo
lavoro. Non aveva chiuso occhio ed era stanco, ma non poteva cambiare le sue
abitudini.
Inizio il
giro come ogni altro giorno e si accorse subito di essere seguito, era lo
stesso uomo del giorno prima.
“Perché non
mi raggiunge? Così mi può parlare mentre lavoro.” Gli disse Gastone, e
l’investigatore non se lo fece ripetere, lo affiancò e continuarono in
silenzio.
Erano vicini
alle proprietà di Gorrini. Gastone scese da cavallo e si inoltrò nei vigneti
osservando terreno e tralci che non crescevano come dovevano.
“Cos’hanno,
secondo te queste viti?” Chiese l’investigatore.
“Non lo so,
ma mi piacerebbe scoprirlo. Non è il mio settore, io conosco meglio gli animali
selvatici, il loro habitat, conosco alberi e piante e so come curarli, così
come curo gli animali quando ci riesco, ma qui, proprio non ci capisco niente.
Per questo mi sono fermato, ho l’autorizzazione del padrone.”
Camminavano
fra i piccoli sentieri tra i filari, era davvero desolante vedere quella
immensa distesa di vigne che stava morendo. Scuotendo la testa, mestamente
Gastone ritornò al suo cavallo seguito dall’altro uomo.
“Pensa di
seguirmi per tutto il giorno? Mi faccia le domande che vuole così poi posso
essere lasciato in pace!”
“Veramente
vorrei passare con lei la giornata, vedere e conoscere il suo lavoro, farmi
un’idea, insomma.”
“Perché non
lo dice chiaramente? Sta investigando su di me. Faccia il suo lavoro in fretta,
non sono abituato a lavorare con un cane da guardia alle calcagna.”
“Gliel’ho
detto, lei mi incuriosisce e sono sicuro che nasconde qualcosa. Inoltre vive
con una vecchia pazza e questo per lei potrebbe essere utile. Sono sicuro che
lei non è quel che dice di essere.”
“Allora
faccia il suo lavoro e scopra quello che le serve, da me non avrà risposte. Ora
la saluto e le dò un consiglio: cerchi di non capitarmi tra i piedi in modo
furtivo o il mio pugnale potrebbe trapassarle il cuore, stia lontano da casa
mia e dalla vecchia Cincia o verrò io a cercarla, non è una minaccia ma una
promessa. Ora vada fuori dai piedi prima che mi incazzi davvero.”
L’investigatore
portò la mano al cappello in segno di saluto, girò il cavallo e si allontanò.
Gastone era
stizzito da quell’uomo, ma sapeva pure che era pericoloso, era uno che non
mollava l’osso tanto facilmente. Continuò il suo lavoro aspettando in ansia che
la giornata finisse, perché era davvero stanco e aveva bisogno di riposare.
Rientrò che
il crepuscolo non era ancora calato. Era troppo sfinito per proseguire. Si
fermò alla pompa dell’acqua a rinfrescarsi prima di entrare in casa.
Stranamente la casa era silenziosa, era strano che non ci fosse nessuno, lui
era tornato in anticipo ed era sorpreso e un po’ preoccupato di non vedere le
due donne. Si preparò uno spuntino e si mise alla finestra. Sentì i passi e
uscì sotto il portico.
Un sorriso
gli illuminò il viso alla vista delle due donne che arrivavano tenendosi
sottobraccio e canticchiando. Cincia aveva proprio bisogno di compagnia e
Margherita era una donna meravigliosa, peccato non poterla tenere lì a dormire.
Margherita
lasciò il braccio della vecchia e volò fra le braccia dell’uomo che la sollevò
da terra e la baciò. Cincia li guardava felice, non aveva perso la flebile
speranza di vederli un giorno sposati.
Cenarono
tutti insieme poi Gastone accompagnò Margherita a casa. Era evidente che fosse
stanco e la donna non lo trattenne, si accordarono per i giorni a venire e,
finalmente, l’uomo poté ritornare a casa. Si addormentò ancora prima di toccare
il cuscino.
La scomparsa
del fabbro era l’argomento di tutto il paese. Si rincorrevano un sacco di
ipotesi ma nessuno sembrava essere molto preoccupato. Era un uomo non
particolarmente amato dalla comunità.
Di sicuro
erano molto più preoccupati gli altri cavalieri.
Gastone
passò a trovare alcune delle amiche di Cincia. Ad ognuna aveva portato qualcosa
e, soprattutto aveva instillato il dubbio, quello che le chiacchiere avrebbero
dovuto riportare. Da quando avevano cominciato a girare dei forestieri a
cavallo erano successe cose strane, in alcune case erano entrati degli
estranei, le donne si sentivano seguite, ed ora era sparito il fabbro. Tutti
fatti ed enigmi che cominciavano a dilagare fra i paesani.
Era ora di
passare al passo successivo del piano.
Gastone
bussò alla porta del sacrestano e gli disse che aveva un messaggio per lui, la
sua vecchia madre aveva bisogno di vederlo e lo aspettava, era caduta e non
riusciva a camminare. Lui era passato da quelle parti e le aveva fatto il
favore di portargli il messaggio.
Sua moglie
stava piuttosto male, ormai mancava poco alla sua fine e si era rassegnato. I
suoi figli sarebbero andati a scuola e lui si sarebbe trovato un’altra donna,
non vedeva l’ora di avere una vita coniugale migliore, e se la poteva
permettere.
Disse alla
donna che accudiva la casa che andava dalla madre e che sarebbe tornato per
cena.
Ma non fece
più ritorno.
Andò a fare
compagnia al fabbro.
Era notte
fonda e, finalmente Gastone avrebbe avuto tempo per interrogare i due uomini.
Indossava un cappuccio ed era vestito di nero, non voleva farsi riconoscere e
alterò anche la voce.
La stanza
era alquanto macabra. Un letto arrugginito, uno scheletro poggiato al muro, il
cadavere che pian piano si andava mummificando del capo dei guardiani, il
fabbro con gli occhi spalancati dal terrore e il sacrestano, incredulo che si
era appena ripreso e si guardava intorno.
Davanti a
loro quell’uomo incappucciato che sembrava un gigante.
Portò alle
labbra dei due uomini la borraccia dell’acqua e li dissetò.
“Siete
pronti a confessare?” Chiese loro.
“Sei il
diavolo?” Blaterò il sacrestano.
“Io sono
molto peggio del diavolo, sono l’angelo vendicatore delle vergini!”
Un brivido
percorse la spina dorsale dei due uomini. Avevano capito.
Mille
pensieri vorticavano in quelle piccole teste, se quell’uomo aveva ammazzato le
ragazze non avrebbe avuto rimorso ad ammazzare anche loro, sapevano che non
sarebbero usciti vivi da quel posto, anche se non sapevano dove si trovassero.
“Sto
aspettando, cominciate a parlare o comincerò io: vi caverò un occhio alla
volta, sapete bene che lo so fare, soprattutto tu, sacrestano del diavolo,
visto che li hai trovati tutti tu.”
“Cosa vuoi
sapere?” Chiese piangendo il sacrestano.
“Non dire
niente!” lo ammonì il fabbro. “Abbiamo dei figli e li dobbiamo tutelare, sai
bene che non usciremo da qui, stai zitto!”
Lacrime di
terrore bagnavano il viso del sacrestano. Gastone prese la borsa e fece
tintinnare quello che conteneva. Prese un sottile pugnale e lo avvicinò agli
occhi del sacrestano che si pisciò nei pantaloni serrando le palpebre con tutte
le sue forze.
“Io sono
l’angelo vendicatore.” E cominciò ad incidere la palpebra. Gualtiero urlò e
perse i sensi.
“Ora tocca a
te!” E si avvicinò al fabbro.
“Cosa vuoi
sapere? Se sei davvero l’angelo vendicatore sai tutto, o non sai niente e sei
semplicemente un imbroglione. Io non ti dirò una parola, anzi ti dico soltanto
che farai una brutta fine! Hai messo il dito in un vespaio e non ne uscirai
vivo. Noi siamo i più forti, non temiamo nessuno e c’è già chi ti cerca e stai
certo che ti troverà e vendicherà la nostra morte. Noi abbiamo fatto un
giuramento e non lo infrangerò!”
Gastone non
si aspettava tanta forza. Aveva capito che da lui non sarebbe venuto niente.
“Ti
accontento, non ti chiederò niente. Farò a te quello che voi fate alle
ragazze.” Gli recise una sola vena del polso e lo lasciò a dissanguarsi
lentamente.
Si avvicinò
al sacrestano che si era svegliato ed aveva assistito a tutta la scena.
“Vuoi
parlare o fare la sua stessa fine?” Gualtiero balbettava e una schiuma densa,
provocata dal terrore e dal cuore malato cominciò ad uscirgli dalle labbra. Un
rantolo e soffocò nel giro di qualche minuto sotto gli occhi del fabbro che
ancora non aveva perso i sensi, ci sarebbe voluto tempo.
“Ora vi
lascio, fatevi buona compagnia.” E se ne andò.
Era
infuriato per non essere riuscito a farli parlare ma sapeva già quello che gli
serviva.
La notte
stava schiarendo quando entrò in casa. Ansimava e Rufus gli si accoccolò ai
piedi. Ora non restava che aspettare. Le chiacchiere sarebbero aumentate, la
sparizione di due uomini così conosciuti le avrebbero alimentate a dismisura. E
tutto doveva portare al sospetto sugli investigatori, se serviva doveva
fomentare una protesta e non sarebbe stato difficile.
Il piccolo
paese era in subbuglio. Il portone della chiesa non era stato aperto e il
sacrestano era sparito. La moglie stava morendo e lui non si trovava. Anche il
prete era sconvolto: due sparizioni a così breve distanza di tempo non lasciano
prevedere niente di buono.
Come
succedeva quando c’era preoccupazione, paura o fermento, in chiesa e sul
sagrato si radunarono un sacco di persone. C’era chi bisbigliava, chi imprecava
e chi parlava apertamente dei forestieri a cavallo.
Il marchese
e Morietti erano fra di loro e ascoltavano esterrefatti quelle chiacchiere ed
erano davvero molto preoccupati. Non parlavano, non si fidavano, ma i loro
sguardi erano eloquenti.
“Ci vediamo
alla mia baita, avvisa gli altri, stasera vi aspetto!” E se andò lasciando
Morietti a seguire quel fiume di gente e di commenti.
Era la prima
settimana di luglio, c’erano molti lavori da fare nei campi ma il terreno
sembrava malato più ancora degli animali che stavano morendo o erano già morti.
Adesso la sparizione dei due uomini aveva aggravato la situazione.
In quel
mentre, il figlio più grande del sacrestano uscì piangendo e urlando: sua madre
era morta e voleva suo padre, lui non sapeva cosa fare. Fu il prete che lo
prese fra le braccia e prese la situazione nelle sue mani, almeno quello lo
sapeva fare.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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