IL SEGRETO DELLA LUNA
parte quarantatre
La vita di
Gastone poteva dirsi soddisfacente se non fosse stato per il tarlo che gli
scavava nel cuore: una donna bella e vogliosa, un lavoro che gli piaceva, una
casa dove stare e una vecchia amica che conosceva tutti i suoi segreti e con la
quale poteva condividere ogni cosa.
Era passata
una settimana dalla riunione dei cavalieri e lui aveva catturato ben cinque
volpi e, quella notte sarebbe tornato nella tenuta di Morietti e le avrebbe
liberate nei suoi pollai, insieme ad un altro ricordino.
Non era
facile trasportare cinque volpi addormentate e stare attento ad ogni rumore.
Era arrivato all’entrata del tunnel e Rufus gli faceva compagnia. Un bel pezzo
di luna rischiarava il cielo e lui non aveva bisogno di altra luce, ormai
conosceva bene quel posto.
Percorse il
tunnel tenendo una piccola torcia accesa e riprese fiato prima di ruotare
l’anello di ferro. Lo fece lentamente e cercò di ascoltare i rumori che
venivano da là fuori. Fu investito dal profumo dei fiori e comandò a Rufus di
rimanere lì immobile ad aspettarlo.
Mentre
passava rasente al muro sentiva i lamenti del bestiame, lui sapeva bene che non
avevano possibilità di guarigione, era un veleno potente quello che aveva
somministrato. Doveva stare molto attendo: galline, polli, anatre avevano la
prerogativa di fare un gran casino se le avesse svegliate e con i guardiani in
giro sarebbe stato pericoloso.
Si muoveva
silenzioso e ci volle un’ora per portare a termine il suo compito. Era stato
talmente silenzioso che nessun animale si era svegliato, aveva messo la volpe
addormentata all’ingresso del pollaio e velocemente aveva fatto il resto,
sapeva bene che presto si sarebbero svegliate.
Aveva ancora
una cosa da fare. Si guardava intorno decidendo sul da farsi, doveva rischiare
per fare quello che si era prefisso.
Sentì i
respiri pesanti di alcuni cavalli, erano le scuderie e anche alcuni di quei
magnifici animali stavano morendo. Si appiattì al muro ed estrasse una cosa
dalla sacca. Cercò un chiodo nel muro che non faticò a trovare e vi appese un
ricordino: una ciocca di capelli rossi intrecciati con un nastro blu. Sorrise
fra se e se al pensiero di quando Costantino Morietti lo avesse visto.
Ritornò alla
santella e, con Rufus ritornò velocemente indietro. Avrebbe dato un anno di
vita per potersi fermare a leggere quel quaderno ma l’alba stava nascendo e lui
non doveva essere visto da nessuno.
Si lavò alla
pompa dell’acqua ed entrò in casa cadendo di peso sul sofà. Aveva dato inizio
ad una guerra silenziosa e pericolosa, doveva avvertire Cincia. Si addormentò
col sorriso sotto i baffi.
Era una
giornata calda e luminosa. Gastone in sella al suo cavallo stava ispezionando
un acquitrino dove alcuni animali erano rimasti impigliati e giacevano morti
sulla superficie. Scese da cavallo cercando di capire come ripulire quel
piccolo stagno maleodorante quando sentì distintamente gli zoccoli di un
cavallo che si avvicinava. L’uomo non si distrasse dal suo intento, chiunque
fosse si sarebbe ben presto palesato.
Aveva
indossato lunghi stivali di gomma, doveva entrare in quel pantano scivoloso per
togliere i volatili morti. Si sentiva osservato. Si fermò un istante alzando
gli occhi verso il nuovo arrivato. Era il capo delle guardie di Morietti, fermo
sul bordo dell’acquitrino che lo osservava in silenzio.
Gastone, con
destrezza e con estrema cautela aveva raccolto gli animali morti e ritornò a
riva.
“Che ci fai
da queste parti? Non sei fuori dalla tua zona di perlustrazione?” Gastone non
si era nemmeno premurato di salutare.
“Ti stavo
cercando. Il mio padrone vuole vederti, il più presto possibile. E’ meglio se
ti dai una ripulita e mi segui, subito.”
“Io non
prendo ordini dal tuo padrone e sto lavorando, se Costantino Morietti mi vuole
vedere lo farò dopo il mio orario di lavoro, perciò digli che posso venire
domenica, non prima. Ora continuo il mio lavoro.” Salì in groppa al suo cavallo
e continuò la sua perlustrazione, mentre l’altro ritornava sui suoi passi a
riferire il messaggio.
Gastone
diresse il suo cavallo in prossimità del mulino di numero cinque, era ora che prendesse qualche informazione, era lui
la prossima vittima destinata.
C’erano
parecchie persone al lavoro. La pala del mulino era grande e la corrente del
ruscello era forte e la faceva girare velocemente. Si avvicinò al ruscello per
controllare le rive quando sentì il vociare allegro di alcuni ragazzini che
correvano verso l’acqua spumeggiante con rudimentali canne da pesca.
Si fermò ad
osservarli, ricordando quante volte, anche lui da piccolo era andato con suo
padre a pescare e di come gli aveva insegnato tutti i trucchi per far abboccare
i pesci. Sorrise tristemente a quel ricordo.
I ragazzini
raggiunsero di corsa la riva. Erano in cinque e non dovevano avere più di dieci
anni. Dietro di loro sopraggiunse una bambina molto più piccola. Cercava di
tenere il loro passo ma quelli erano già sulla riva mentre lei li raggiungeva.
Teneva in mano un bastone con un filo, rudimentale canna da pesca. Correva
verso di loro e non si accorse che il terreno era in leggera pendenza. Fu un
attimo e, quando arrivò sulla riva cadde rovinosamente nel ruscello.
I ragazzini
urlavano ma nessuno aveva il coraggio di entrare in acqua e salvarla. Gastone,
con un balzo fu nell’acqua, la bambina era già stata trascinata avanti dalla
corrente e l’uomo aveva difficoltà a raggiungerla ma non si perse d’animo. Fu
un provvidenziale masso che fermò la bambina che aveva smesso di urlare. Gastone
la sollevò e la portò subito a riva dove i ragazzini furono loro intorno con i
visi spaventati.
L’uomo la
rianimò, riuscì a svuotarle velocemente i polmoni dall’acqua. Un uomo e una
donna, chiamati da uno del gruppo correvano affannati verso di loro. La piccola
stava tossendo, era fradicia ma si stava riprendendo.
La donna la
prese fra le braccia piangendo e, correndo la riportò a casa.
Gastone era
fradicio. L’uomo si avvicinò e gli tese la mano. Aveva gli occhi lucidi e lo
ringraziava per aver salvato la sua bambina.
“Venga con
me, venga a casa mia. Potrà asciugarsi e potrò darle dei vestiti asciutti.
Lasci che anche mia moglie la ringrazi, era troppo sconvolta per farlo adesso.”
Gastone
cominciava a sentire freddo e lo seguì portando il cavallo per le redini.
Era una casa
con pareti bianche, pulita e il camino era acceso. Gastone si avvicinò alle
fiamme e si tolse alcuni indumenti. L’uomo gli porse un bicchiere di vino e una
coperta per coprirsi.
Erano seduti
quando furono raggiunti dalla donna che aveva ancora gli occhi rossi di pianto.
“Non so come
ringraziarla per quello che ha fatto.” Gli disse con voce ancora tremante.
“Nessun
ringraziamento, ero al posto giusto al momento giusto. Tutto qui. Appena i miei
vestiti si saranno un po’ asciugati potrò riprendere il mio lavoro.”
“E’ quasi
ora di pranzo e saremmo felici se restasse con noi.” Non poteva rifiutare
quell’invito.
Un buon
profumo di cibo aleggiava nella grande cucina. La tavola fu apparecchiata e per
ora di pranzo erano seduti in cinque. La bambina e il suo fratellino si erano
seduti con loro.
Come era uso
da quelle parti mangiarono in silenzio.
“Vi
ringrazio del buon cibo. Ora devo andare.” Gastone riprese i suoi vestiti e
uscì. Osservava quel grande agglomerato di casupole e la casa padronale che era
davvero enorme. L’uomo lo aveva accompagnato fuori per riprendere il cavallo e
si accorse della curiosità di Gastone.
“Quella è la
casa del signor Carlo. Ci vive anche suo figlio Pietro. Presto il vecchio Carlo
lascerà le redini a lui. Anche gli altri figli hanno il loro mulino ma questo è
quello più grande. Siamo in tanti a lavorare per le famiglie Cestelli.”
“Siete
fortunati, è un buon lavoro. Mi dica perché si ritira il capo stipite?”
“Di preciso
non lo so, ma non è più tanto giovane e suo figlio vuole prendere il comando.
Credo che sua moglie, la signora Felicita lo abbia costretto a fare una scelta,
forse stanca di aspettare per diventare la padrona. Io non li conosco bene e
non posso parlare male dei miei padroni ma molte voci dicono che sia lei quella
che ha in mano le redini, il signor Pietro è un po’ sottomesso, se così posso
dire.”
“Mi tolga
un’ultima curiosità, ma dove andrà a stare il signor Cestelli se lascia questo
posto? Io non me ne andrei da un luogo così bello!”
“Questo non
lo so, ma la famiglia Cestelli ha molte proprietà, non credo abbia difficoltà a
trovare un posto.”
“Ora devo
andare, la ringrazio per l’ospitalità, e faccia raccomandazioni alla sua
bambina.”
Montò in
groppa al cavallo e ritornò sui suoi passi.
Capitolo venti
Gastone
rimuginava fra sé e sé. Numero cinque
avrebbe lasciato le redini al figlio, ma avrebbe anche lasciato il posto di
cavaliere? Non lo credeva possibile, perciò era improbabile che abbandonasse
del tutto le redini del comando. Doveva informarsi di più su quell’uomo, ancora
non aveva capito come colpirlo per farlo soffrire fino in fondo al cuore.
Cincia e
Gastone stavano cenando quando Rufus cominciò a ringhiare. Qualcuno si stava
avvicinando e attesero di sentir bussare.
Aprì la
porta e il capo guardiano di Morietti era davanti a lui.
“Ti devo
consegnare questo messaggio, leggilo e dammi la risposta. Il mio padrone sta
aspettando.”
E’ urgente che venga alla mia tenuta
domani mattina al più presto. Sono già d’accordo col marchese. C.M.
“Dì al tuo
padrone che ci sarò. Aspetto te all’ingresso del sentiero, così mi accompagnerai
da lui.”
Il capo
guardiano fece un cenno col capo e se ne andò.
“Cosa pensi
che voglia da te quel lurido verme?” Gli chiese Cincia.
“Non lo so,
ma penso che vorrà sapere se posso fare qualcosa per i suoi animali. Io devo
uscire stanotte, tieni Rufus con te. Non dovrei assentarmi a lungo.”
Gastone
attese che la mezzanotte fosse passata prima di uscire silenziosamente. Aveva
una cosa da controllare. Andò nell’orto del fabbro per verificare se, nella sua
immensa stupidità avesse rimesso le sacche di monete nello stesso posto.
Aprì il
coperchio e sorrise sotto i baffi: cinque sacche di monete erano depositate
ancora lì, doveva essere proprio uno stupido. Le soppesò e le rimise al loro
posto, avrebbe provveduto a fare quello che aveva in mente, molto presto.
Era un’alba
bellissima. Gastone era sempre stato affascinato dai colori del sole che
nasceva o tramontava, sua figlia riusciva a riprodurli con grande maestria. Il
pensiero della sua adorata Lisa gli procurò una fitta al cuore che ancora era
dolorante mentre, accompagnato dal capo guardiano arrivava alla stalla per
lasciare il cavallo.
Costantino
lo aspettava e non lo invitò ad entrare.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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