venerdì 10 luglio 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte quarantatre






La vita di Gastone poteva dirsi soddisfacente se non fosse stato per il tarlo che gli scavava nel cuore: una donna bella e vogliosa, un lavoro che gli piaceva, una casa dove stare e una vecchia amica che conosceva tutti i suoi segreti e con la quale poteva condividere ogni cosa.
Era passata una settimana dalla riunione dei cavalieri e lui aveva catturato ben cinque volpi e, quella notte sarebbe tornato nella tenuta di Morietti e le avrebbe liberate nei suoi pollai, insieme ad un altro ricordino.
Non era facile trasportare cinque volpi addormentate e stare attento ad ogni rumore. Era arrivato all’entrata del tunnel e Rufus gli faceva compagnia. Un bel pezzo di luna rischiarava il cielo e lui non aveva bisogno di altra luce, ormai conosceva bene quel posto.
Percorse il tunnel tenendo una piccola torcia accesa e riprese fiato prima di ruotare l’anello di ferro. Lo fece lentamente e cercò di ascoltare i rumori che venivano da là fuori. Fu investito dal profumo dei fiori e comandò a Rufus di rimanere lì immobile ad aspettarlo.
Mentre passava rasente al muro sentiva i lamenti del bestiame, lui sapeva bene che non avevano possibilità di guarigione, era un veleno potente quello che aveva somministrato. Doveva stare molto attendo: galline, polli, anatre avevano la prerogativa di fare un gran casino se le avesse svegliate e con i guardiani in giro sarebbe stato pericoloso.
Si muoveva silenzioso e ci volle un’ora per portare a termine il suo compito. Era stato talmente silenzioso che nessun animale si era svegliato, aveva messo la volpe addormentata all’ingresso del pollaio e velocemente aveva fatto il resto, sapeva bene che presto si sarebbero svegliate.
Aveva ancora una cosa da fare. Si guardava intorno decidendo sul da farsi, doveva rischiare per fare quello che si era prefisso.
Sentì i respiri pesanti di alcuni cavalli, erano le scuderie e anche alcuni di quei magnifici animali stavano morendo. Si appiattì al muro ed estrasse una cosa dalla sacca. Cercò un chiodo nel muro che non faticò a trovare e vi appese un ricordino: una ciocca di capelli rossi intrecciati con un nastro blu. Sorrise fra se e se al pensiero di quando Costantino Morietti lo avesse visto.
Ritornò alla santella e, con Rufus ritornò velocemente indietro. Avrebbe dato un anno di vita per potersi fermare a leggere quel quaderno ma l’alba stava nascendo e lui non doveva essere visto da nessuno.
Si lavò alla pompa dell’acqua ed entrò in casa cadendo di peso sul sofà. Aveva dato inizio ad una guerra silenziosa e pericolosa, doveva avvertire Cincia. Si addormentò col sorriso sotto i baffi.
Era una giornata calda e luminosa. Gastone in sella al suo cavallo stava ispezionando un acquitrino dove alcuni animali erano rimasti impigliati e giacevano morti sulla superficie. Scese da cavallo cercando di capire come ripulire quel piccolo stagno maleodorante quando sentì distintamente gli zoccoli di un cavallo che si avvicinava. L’uomo non si distrasse dal suo intento, chiunque fosse si sarebbe ben presto palesato.
Aveva indossato lunghi stivali di gomma, doveva entrare in quel pantano scivoloso per togliere i volatili morti. Si sentiva osservato. Si fermò un istante alzando gli occhi verso il nuovo arrivato. Era il capo delle guardie di Morietti, fermo sul bordo dell’acquitrino che lo osservava in silenzio.
Gastone, con destrezza e con estrema cautela aveva raccolto gli animali morti e ritornò a riva.
“Che ci fai da queste parti? Non sei fuori dalla tua zona di perlustrazione?” Gastone non si era nemmeno premurato di salutare.
“Ti stavo cercando. Il mio padrone vuole vederti, il più presto possibile. E’ meglio se ti dai una ripulita e mi segui, subito.”
“Io non prendo ordini dal tuo padrone e sto lavorando, se Costantino Morietti mi vuole vedere lo farò dopo il mio orario di lavoro, perciò digli che posso venire domenica, non prima. Ora continuo il mio lavoro.” Salì in groppa al suo cavallo e continuò la sua perlustrazione, mentre l’altro ritornava sui suoi passi a riferire il messaggio.
Gastone diresse il suo cavallo in prossimità del mulino di numero cinque, era ora che prendesse qualche informazione, era lui la prossima vittima destinata.
C’erano parecchie persone al lavoro. La pala del mulino era grande e la corrente del ruscello era forte e la faceva girare velocemente. Si avvicinò al ruscello per controllare le rive quando sentì il vociare allegro di alcuni ragazzini che correvano verso l’acqua spumeggiante con rudimentali canne da pesca.
Si fermò ad osservarli, ricordando quante volte, anche lui da piccolo era andato con suo padre a pescare e di come gli aveva insegnato tutti i trucchi per far abboccare i pesci. Sorrise tristemente a quel ricordo.
I ragazzini raggiunsero di corsa la riva. Erano in cinque e non dovevano avere più di dieci anni. Dietro di loro sopraggiunse una bambina molto più piccola. Cercava di tenere il loro passo ma quelli erano già sulla riva mentre lei li raggiungeva. Teneva in mano un bastone con un filo, rudimentale canna da pesca. Correva verso di loro e non si accorse che il terreno era in leggera pendenza. Fu un attimo e, quando arrivò sulla riva cadde rovinosamente nel ruscello.
I ragazzini urlavano ma nessuno aveva il coraggio di entrare in acqua e salvarla. Gastone, con un balzo fu nell’acqua, la bambina era già stata trascinata avanti dalla corrente e l’uomo aveva difficoltà a raggiungerla ma non si perse d’animo. Fu un provvidenziale masso che fermò la bambina che aveva smesso di urlare. Gastone la sollevò e la portò subito a riva dove i ragazzini furono loro intorno con i visi spaventati.
L’uomo la rianimò, riuscì a svuotarle velocemente i polmoni dall’acqua. Un uomo e una donna, chiamati da uno del gruppo correvano affannati verso di loro. La piccola stava tossendo, era fradicia ma si stava riprendendo.
La donna la prese fra le braccia piangendo e, correndo la riportò a casa.
Gastone era fradicio. L’uomo si avvicinò e gli tese la mano. Aveva gli occhi lucidi e lo ringraziava per aver salvato la sua bambina.
“Venga con me, venga a casa mia. Potrà asciugarsi e potrò darle dei vestiti asciutti. Lasci che anche mia moglie la ringrazi, era troppo sconvolta per farlo adesso.”
Gastone cominciava a sentire freddo e lo seguì portando il cavallo per le redini.
Era una casa con pareti bianche, pulita e il camino era acceso. Gastone si avvicinò alle fiamme e si tolse alcuni indumenti. L’uomo gli porse un bicchiere di vino e una coperta per coprirsi.
Erano seduti quando furono raggiunti dalla donna che aveva ancora gli occhi rossi di pianto.
“Non so come ringraziarla per quello che ha fatto.” Gli disse con voce ancora tremante.
“Nessun ringraziamento, ero al posto giusto al momento giusto. Tutto qui. Appena i miei vestiti si saranno un po’ asciugati potrò riprendere il mio lavoro.”
“E’ quasi ora di pranzo e saremmo felici se restasse con noi.” Non poteva rifiutare quell’invito.
Un buon profumo di cibo aleggiava nella grande cucina. La tavola fu apparecchiata e per ora di pranzo erano seduti in cinque. La bambina e il suo fratellino si erano seduti con loro.
Come era uso da quelle parti mangiarono in silenzio.
“Vi ringrazio del buon cibo. Ora devo andare.” Gastone riprese i suoi vestiti e uscì. Osservava quel grande agglomerato di casupole e la casa padronale che era davvero enorme. L’uomo lo aveva accompagnato fuori per riprendere il cavallo e si accorse della curiosità di Gastone.
“Quella è la casa del signor Carlo. Ci vive anche suo figlio Pietro. Presto il vecchio Carlo lascerà le redini a lui. Anche gli altri figli hanno il loro mulino ma questo è quello più grande. Siamo in tanti a lavorare per le famiglie Cestelli.”
“Siete fortunati, è un buon lavoro. Mi dica perché si ritira il capo stipite?”
“Di preciso non lo so, ma non è più tanto giovane e suo figlio vuole prendere il comando. Credo che sua moglie, la signora Felicita lo abbia costretto a fare una scelta, forse stanca di aspettare per diventare la padrona. Io non li conosco bene e non posso parlare male dei miei padroni ma molte voci dicono che sia lei quella che ha in mano le redini, il signor Pietro è un po’ sottomesso, se così posso dire.”
“Mi tolga un’ultima curiosità, ma dove andrà a stare il signor Cestelli se lascia questo posto? Io non me ne andrei da un luogo così bello!”
“Questo non lo so, ma la famiglia Cestelli ha molte proprietà, non credo abbia difficoltà a trovare un posto.”
“Ora devo andare, la ringrazio per l’ospitalità, e faccia raccomandazioni alla sua bambina.”
Montò in groppa al cavallo e ritornò sui suoi passi.

Capitolo venti
Gastone rimuginava fra sé e sé. Numero cinque avrebbe lasciato le redini al figlio, ma avrebbe anche lasciato il posto di cavaliere? Non lo credeva possibile, perciò era improbabile che abbandonasse del tutto le redini del comando. Doveva informarsi di più su quell’uomo, ancora non aveva capito come colpirlo per farlo soffrire fino in fondo al cuore.
Cincia e Gastone stavano cenando quando Rufus cominciò a ringhiare. Qualcuno si stava avvicinando e attesero di sentir bussare.
Aprì la porta e il capo guardiano di Morietti era davanti a lui.
“Ti devo consegnare questo messaggio, leggilo e dammi la risposta. Il mio padrone sta aspettando.”
E’ urgente che venga alla mia tenuta domani mattina al più presto. Sono già d’accordo col marchese.  C.M.
“Dì al tuo padrone che ci sarò. Aspetto te all’ingresso del sentiero, così mi accompagnerai da lui.”
Il capo guardiano fece un cenno col capo e se ne andò.
“Cosa pensi che voglia da te quel lurido verme?” Gli chiese Cincia.
“Non lo so, ma penso che vorrà sapere se posso fare qualcosa per i suoi animali. Io devo uscire stanotte, tieni Rufus con te. Non dovrei assentarmi a lungo.”
Gastone attese che la mezzanotte fosse passata prima di uscire silenziosamente. Aveva una cosa da controllare. Andò nell’orto del fabbro per verificare se, nella sua immensa stupidità avesse rimesso le sacche di monete nello stesso posto.
Aprì il coperchio e sorrise sotto i baffi: cinque sacche di monete erano depositate ancora lì, doveva essere proprio uno stupido. Le soppesò e le rimise al loro posto, avrebbe provveduto a fare quello che aveva in mente, molto presto.
Era un’alba bellissima. Gastone era sempre stato affascinato dai colori del sole che nasceva o tramontava, sua figlia riusciva a riprodurli con grande maestria. Il pensiero della sua adorata Lisa gli procurò una fitta al cuore che ancora era dolorante mentre, accompagnato dal capo guardiano arrivava alla stalla per lasciare il cavallo.
Costantino lo aspettava e non lo invitò ad entrare.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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