giovedì 2 luglio 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte trentasette






“Prima si comincia prima si finisce.” Disse Gastone. “Domani verrò a prendere nota di ogni cosa che c’è da fare, mandi pure i due aiutanti che intanto ci conosciamo, qualcuno con esperienza in questi lavori così non devo perdere tempo.”
Non c’era altro da aggiungere e tornarono indietro finché si separarono e ognuno proseguì per la propria strada.
In una gelida mattina della prima settimana di novembre i tre uomini si misero all’opera. Il marchese aveva inviato Cosimo e Luciano, due giovanotti in gamba.
Iniziarono a ripulire del più grosso, sia fuori che dentro la baita. Ogni mattina, quelli arrivavano con due ceste di vivande che sparivano prima del tramonto.
Gastone aveva fatto una lista del materiale che gli serviva e si prese un giorno per provvedere a reperirlo.
La prima tappa fu dal fabbro. Era lì per conto del marchese e fu trattato con riguardo. Lasciò la lista e proseguì dal falegname, ricevendo lo stesso trattamento.
Mentre si recava a Noriss, pensava fra sé e sé se il falegname fosse uno dei cavalieri. Non gli sembrava molto plausibile ma avrebbe controllato.
Noriss era un paesotto più grande del borgo che lo aveva accolto, era ora di pranzo e si fermò alla taverna per bere, scaldarsi e mangiare un boccone.
Era un forestiero e gli avventori presenti gli lanciavano sguardi incuriositi.
Chiese al locandiere indicazioni per raggiungere lo spaccio e riprese il viaggio. Il pomeriggio era gelido e nebbioso, Gastone non vedeva l’ora di sbrigarsi e ritornare a casa.
Lo spaccio era molto grande e ben fornito. Si presentò e, come pronunciò il nome del marchese ottenne la massima attenzione. Girò per il vasto locale e scelse quello che gli serviva, lo caricò sul calesse e lasciò una lista di cose che sarebbe passato a prendere al più presto.
Era molto stanco e infreddolito quando entrò in casa. Margherita lo stava aspettando con del brodo caldo.
Si meravigliò che Cincia non fosse lì.
“Cincia sta riposando. Oggi non è in forma e mi ha chiesto di rimanere. Sta soffrendo questo clima freddo e umido, avrebbe bisogno di alcune medicine.”
La donna era seduta vicino al suo uomo, vedeva quanto fosse stanco. Il sofà cigolò quando Gastone si distese, addormentandosi all’istante.
Era notte fonda quando Rufus iniziò a ringhiare sommessamente.
Gastone si destò immediatamente e rimase in ascolto. Le braci del camino lasciavano intravedere la stanza. Sentiva Cincia respirare pesantemente e tossire spesso, girò gli occhi e vide Margherita distesa davanti al camino avvolta nelle coperte.
Rufus si alzò dal suo giaciglio e posò il muso vicino alla faccia del suo padrone che lo accarezzò, facendogli capire che aveva sentito anche lui.
Senza fare rumore si alzò e prese il pugnale che teneva sempre a portata di mano. Scalzo si avvicinò alla finestra e guardò fuori cercando di aguzzare la vista. Vide solo un’ombra su un cavallo che si allontanava silenziosa e un foglio di carta svolazzava inchiodato sul palo del portico.
Aspettò che tutto fosse ritornato silenzioso poi uscì a prendere il foglio.
Poche parole erano vergate in una brutta calligrafia Ti sei preso la donna sbagliata, farai la fine di suo marito.
Fu sollevato nel capire che non era per quello che aveva fatto che il capo delle guardie di Morietti lo sorvegliava, sapeva bene che era lui, ma che era per Margherita che quel bellimbusto ce l’aveva con lui.
Bruciò il foglio nel camino e ritornò a dormire, accarezzando la testa di Rufus.
Novembre e dicembre furono gelidi oltre ogni aspettativa. Margherita si era trasferita da Cincia mentre Gastone partiva che ancora era buio e ritornava a sera inoltrata.
Era quasi Natale e i lavori alla baita del marchese procedevano bene.
I tre uomini si sarebbero presi alcuni giorni di riposo per le feste, se li erano guadagnati.
Cincia era migliorata, le cure che Gastone le aveva procurato facevano il loro effetto e Margherita la seguiva e la coccolava.
La vigilia di Natale si presentò limpida dopo giorni interminabili di nebbia. Le due donne di casa si davano da fare per preparare la cena e il pranzo delle feste, così Gastone decise di andare a dare un’occhiata ai suoi lavori.
Fischiettava mentre guidava il calesse con Rufus al fianco che, improvvisamente iniziò a ringhiare.
Gastone fermò il carretto e si inoltrò sotto una macchia di alberi. Non doveva esserci nessuno, non in un giorno di festa quale era la vigilia di Natale. Lasciò calesse e cavallo e procedette a piedi seguito dal cane.
Era silenzioso come un fantasma, con tutti i sensi all’erta. La baita era davanti a lui e vide cinque cavalli legati al palo sotto la pianta di noci. Sapeva che poteva essere pericoloso essere visto, perciò si avvicinò con molta circospezione cercando di vedere o ascoltare quello che succedeva là dentro.
Alcune candele rischiaravano l’interno e alcuni uomini erano in piedi appoggiati alla parete, non c’erano né sgabelli né altro. Aguzzò la vista e riconobbe il marchese, (anche se aveva già riconosciuto il suo cavallo), poi c’era il sagrestano, il fabbro, e altri due uomini che non riusciva a riconoscere. Era facile intuire che stessero parlando delle loro perdite.
Gastone si diresse verso la parete del camino, sapeva che c’era un grossa falla che ancora non aveva riparato, e da lì poteva ascoltare quello che si dicevano quegli uomini.
“Io voglio trovare il colpevole!” Riconobbe la voce del marchese.
“Sai bene a cosa vai incontro se lo fai.” Rispose un altro.
“Anche voi avete perso una figlia, possibile che non vogliate trovare chi è stato!”
“Io ho superato il dolore e mia moglie non sta bene, non ne voglio sapere.” Riconobbe il sacrestano.
“A me è bastata la restituzione di parte dei miei averi e la promessa di averne altri.” Riconobbe il fabbro.
“E voi due? Che mi dite?” continuò il marchese.
“Io sono un cavaliere devoto ed ho fatto un giuramento, non voglio correre rischi per me e la mia famiglia, devi lasciar perdere, Lorreni, devi farlo!” Rispose uno degli sconosciuti.
“Siete degli inetti! Dei deboli! Mi fate schifo!” Sbraitò il marchese sempre più infuriato.
“Calmati, marchese. Io sono solo numero otto, l’ultimo arrivato e non voglio perdere i privilegi che ho appena cominciato ad assaporare. Lascia perdere, sei solo in questa battaglia. Noi non parleremo con nessuno di questa riunione, te lo prometto, ma devi lasciar perdere.”
Gastone avrebbe voluto vedere i volti di quegli uomini ma doveva stare molto attento, in quel posto così silenzioso ogni rumore sembrava uno schiocco di frusta.
“Noi ce ne andiamo, marchese. Questo è periodo di festa e lo passiamo con le nostre famiglie. Torna a casa e goditi le tue ricchezze. Noi non siamo mai stati qui.” Lo sconosciuto si prendeva parecchia libertà nell’imporsi col marchese, doveva essere un cavaliere importante, decise che lo avrebbe seguito per capire chi fosse.
La porta non ancora oliata a dovere, cigolò quando fu aperta e gli uomini uscirono a testa bassa. Nella baita erano rimasti solo il marchese e lo sconosciuto che avrebbe seguito. Parlarono sottovoce per alcuni minuti poi uscirono. Il marchese si attardò, col viso truce e sconsolato mentre l’altro si avviava a prendere il suo cavallo. Doveva fare in modo di rallentarlo o lo avrebbe perso. Fece un gesto a Rufus e quello balzò davanti al cavallo che si impennò facendo cadere il cavaliere che bestemmiò sonoramente dal dolore.
Gastone corse silenzioso al suo calesse, salì e fischiettando si avvicinò alla baita.
Erano rimasti solo quei due e lo guardarono sorpresi.
“Buon giorno, signor marchese, sono venuto a fare un sopralluogo.”
“Hai fatto bene, quella porta cigola maledettamente. Il tuo cane ha spaventato il cavallo del mio amico, dammi una mano che lo rimettiamo in sella.”
Gastone non fece domande e scese dal calesse per dare una mano.
“Mi dispiace per il mio cane, se vuole posso accompagnarla a casa col calesse e legare il suo cavallo al carretto.”
I due amici si scambiarono un’occhiata.
“Vai tranquillo, Carlo, conosco Gastone.”
L’uomo, dolorante salì a cassetta mentre il suo cavallo veniva legato. Rufus si sistemò in disparte.
“Dove la porto? Dove abita?”
“Al mulino Cestelli, segui le mie indicazioni.”
E così ne aveva trovato un altro. Che fosse numero cinque o sette non faceva differenza.

Capitolo diciassette
Passarono anche le feste di Natale e iniziò un nuovo anno.
Margherita era ancora insieme ai suoi amici e Cincia si godeva la loro compagnia, ben sapendo che presto Gastone avrebbe ripreso quello che aveva interrotto e Margherita sarebbe tornata a casa sua.
I lavori alla baita procedevano spediti. I due lavoranti che affiancavano Gastone erano davvero bravi e avrebbero finito tutto entro la fine di marzo.
Gennaio e febbraio erano stati mesi gelidi e il camino nella baita era accesso tutto il giorno, la legna non mancava e potevano tenere del tè in caldo e riscaldarsi ogni tanto.
Fra di loro parlavano poco, Gastone non si fidava a fare domande azzardate, erano dipendenti del marchese e lui rimaneva sempre molto sospettoso.
In marzo il gelo cominciò a dare tregua. La baita e quello che la circondava era sistemata, la palizzata alta due metri proteggeva quella casupola con una fitta rete e del filo spinato. Doveva essere ben protetta, ancora Gastone non sapeva da cosa o da chi ma lo avrebbe scoperto.
Il primo giorno di primavera era tutto finito e il marchese era venuto per l’ultimo sopralluogo prima di lasciare i tre in libertà.
Aveva osservato ogni cosa con occhio critico e non aveva trovato niente da obiettare. Chiese ai suoi lavoranti di seguirlo all’interno.
“Avete fatto un buon lavoro e sono soddisfatto, vi siete meritati ogni moneta ed io rispetto sempre i patti. Ho qui una borsa di monete per ognuno di voi ma l’avrete ad una sola condizione: nessuno di voi parlerà di questo posto a nessuno. Siete d’accordo?” I suoi occhi passavano dall’uno all’altro e quelli assentivano tenendo in mano il berretto, sapevano che sarebbero stati severamente puniti insieme alle loro famiglie se avessero trasgredito. Il dubbio del marchese riguardava solo Gastone e lo fissò dritto negli occhi aspettando la sua risposta.
Si fissarono per qualche istante in silenzio.
“Mi dia ciò che mi spetta, io sono un uomo di parola.” Disse Gastone allungando la mano per ricevere le monete.
“Lo spero per te.” Rispose il marchese lasciando cadere la piccola borsa nelle mani callose dell’uomo.


Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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