IL SEGRETO DELLA LUNA
parte sedici
“Sono tutte
donne piuttosto vecchie e sole, anche se ci frequentiamo poco posso sempre
inventarmi qualcosa, anzi se porti abbastanza pesce le invito a pranzo e te le
faccio conoscere, sono sicura che avrai successo se solo sorridi un po’ di più.
Ci vuole poco per conquistare il cuore di una vecchia!”
“Tu
organizza che io provvedo, userò perfino un po’ di profumo, ti garantisco che
non mi riconoscerai. Adesso devo andare al lavoro, ci vediamo stasera.”
Uscì svelto
con il cane alle calcagna, ancora due giorni alla luna piena e lui aspettava
con ansia e batticuore.
Era immerso
nel suo lavoro ma i suoi pensieri ripassavano mentalmente quello che doveva
fare la notte successiva, finalmente avrebbe fatto un passo importante verso la
sua meta.
Cincia aveva
organizzato un pranzo con le sue amiche per la domenica successiva e non
mancava niente in dispensa.
“Mi sembri
ansioso stasera.”
Gastone
guardò la sua amica e annuì con la testa. Aveva la gola secca.
“Devo
chiederti di chiudere in casa con te Rufus, non voglio che mi segua stasera.”
“Lo farò,
vai tranquillo, noi ti aspetteremo.”
Sembrava che
il buio non volesse arrivare quel giorno. Gastone era appostato al limite del
grande prato che circondava il convento aspettando solo che il buio arrivasse
per poter passare attraverso il minuscolo passaggio ed entrare.
Finalmente
si mosse. Nella sacca aveva ciò che gli poteva servire, si calò sul viso una
calza nera nella quale aveva fatto dei buchi per gli occhi, era tutto vestito
di nero, si tolse le scarpe, le infilò nella sacca, si scurì le mani e si calò
nel passaggio.
Purtroppo
non avrebbe capito come sarebbero entrati gli altri visto che doveva
anticiparli ma lo avrebbe scoperto un’altra volta. La cappella non era chiusa
col lucchetto e lui entrò senza problemi. Aspettò che gli occhi si abituassero
alla penombra e si avviò alla botola. Anche il piccolo altare era già stato
spostato ed era una fortuna, non doveva fare altro che entrare e nascondersi.
Discese i cinque scalini e si ritrovò nel vestibolo. Alcune candele
rischiaravano tutto e riuscì a vedere in distanza il grande tavolo rotondo
illuminato quasi a giorno da decine di candele. Doveva trovare il posto
migliore per nascondersi ed osservare. Il soffitto sopra di lui cominciò a
tremare, stavano già arrivando, erano in anticipo o lui si era troppo
attardato. Decise di infilarsi sotto l’ultimo ripiano che sosteneva i vasi con
gli occhi, sperando che quelli passassero senza osservare troppo. Il posto era
scomodo e lui si rannicchiò cercando la posizione migliore. Era sdraiato con la
testa appoggiata alla parete da una parte e i piedi a quell’altra. Sembrava
proprio invisibile, o così sperò.
I passi si
avvicinavano e vide i piedi di alcuni uomini, altro non riusciva a vedere. Capì
che si stavano spogliando per indossare il grande mantello e il cappuccio che
aveva visto in precedenza negli otto armadietti. Nessuno parlava, si sentivano
solo i respiri e il rumore della stoffa.
Ci volle
tempo, Gastone non riusciva a capire quanto ne trascorse prima che il silenzio
tornasse, si erano tutti avviati nella loro Sala Grande ed avevano preso posto.
Cominciarono a parlare ma lui non riusciva a capire bene quello che dicevano.
In parte perché la voce era attenuata dal cappuccio e un po’ perché erano
distanti, doveva avvicinarsi o non sarebbe servito a niente che lui fosse lì.
Sapeva come muoversi in silenzio e loro non si aspettavano certo che ci fosse
qualcuno, perciò mosse prima un piede, poi l’altro e strisciò fuori. Il collo
gli doleva per la posizione scomoda, rimase sdraiato a terra e decise di
strisciare come un serpente mentre si avvicinava. Stava rasente al muro, non
c’erano punti o anfratti in cui potersi nascondere, l’unica cosa che poteva
fare era respirare e muoversi senza fare rumore.
Finalmente
riuscì a trovare la distanza giusta per vedere e per ascoltare.
Vide che
tutti indossavano lo stesso grande mantello e il cappuccio, mentre quello che
doveva essere il capo, seduto sotto la grande parete indossava un cappuccio di
forma e colore diverso.
Riconobbe
subito la voce di quello che stava parlando, era il sacrestano che sbraitava e
piangeva per quello che era successo a sua figlia e chiedeva se qualcuno di
loro fosse a conoscenza di qualcosa se non addirittura il colpevole. Si stava
agitando parecchio ma nessuno lo interrompeva o interveniva fino a che, il capo
alzò la mano e lui si zittì.
“Il tempo a tua disposizione è
scaduto, ora tocca agli altri.”
“Numero Due, puoi parlare.”
“Tutti noi qui sappiamo quale è il
nostro compito e il giuramento che abbiamo fatto. Nessuno deve interferire con
le nostre regole e con le decisioni del Gran Sacerdote.” Dicendo questo volse la testa verso
il loro capo e la abbassò in segno di rispetto.
Tutti quanti
gli altri fecero lo stesso gesto.
“Io, come credo tutti voi, non so
cosa sia successo alla piccola Laura, certo è che è ben strana la circostanza
della sua morte e del suo ritrovamento. Di certo non riguarda la nostra Confraternita,
i Cavalieri della Terra Feconda non toccano le figlie dei propri affiliati, e
questo lo abbiamo giurato col sangue, perciò, numero Sei, non è a noi che devi
rivolgere le tue accuse. Sei sicuro che con la tua bramosia di denaro e di
sesso non hai commesso qualche sgarbo a qualcuno?”
“Numero Tre, puoi parlare.”
“Dobbiamo tenere in considerazione
che qualcuno abbia dei sospetti, ma non credo sia possibile se ognuno di noi ha
fatto e fa la propria parte. Nessuno al di fuori di noi sa dell’esistenza dei
Cavalieri, perciò penso piuttosto che ci sia un assassino che si aggira nei
paraggi, dovremo fare attenzione a chi passa da qui o ci è arrivato da poco e
che poco conosciamo, ma propendo a credere che sia la vendetta personale di
qualcuno verso Numero Sei.”
“Numero Quattro, puoi parlare.”
“E’ atroce quello che è capitato alla
povera Laura, io stesso ho dei figli e non vorrei mai sopportare un simile
dolore, credo che dovremmo assumere un investigatore bravo per fare indagini e
scoprirne di più.”
“Numero Cinque, puoi parlare.”
“Non avete pensato che qualcuno possa
vendicarsi di quello che abbiamo fatto ad una delle ragazze? Che abbia scelto
una ragazzina a caso per compiere la sua vendetta?”
“Numero Sette, puoi parlare.”
“Io non darei molta importanza alla
cosa, tutti noi sappiamo dei vizi di Numero Sei, e se fosse stato lui stesso?”
Il
sacrestano si alzò in piedi ma un gesto del Gran Sacerdote lo fece zittire e si
sedette.
“Numero Otto, puoi parlare.”
“Io credo che dobbiamo solo fare più
attenzione, si sta avvicinando il tempo del prossimo sacrificio e non vorrei
che venisse rimandato. Nessuno sa della nostra esistenza e propendo a credere
che il tragico evento non abbia niente a che fare con noi.”
Il Gran
Sacerdote si alzò. Gastone lo vedeva bene, era più basso di tutti gli altri. Il
simbolo dietro di lui era gigante al suo confronto.
“La Luna, nostra Sorella e Madre, con
sangue di Vergine tiene la Terra Feconda.”
Tutti si
alzarono e abbassarono il capo bisbigliando qualcosa che poteva essere una
preghiera, portarono le mani giunte sulla testa e verso il Gran Sacerdote che
li osservava tenendo le mani allacciate davanti al petto. Finirono di recitare
quel che era e si rimisero a sedere.
Soltanto il
Gran Sacerdote rimase in piedi e passò lo sguardo su ognuno di loro
soffermandosi per qualche instante sui loro occhi.
“Io, Sacerdotessa dei Cavalieri della
Terra Feconda stabilisco che quanto è successo non ha niente a che vedere con
la nostra missione, pertanto non verrà interrotto quello che da secoli i
Cavalieri portano avanti. Lo scopo lo sappiamo tutti è quello di produrre
soldi, ricchezza e potere per noi e per le nostre famiglie. Nel mese di
settembre faremo il consueto sacrificio e staremo ben attenti alla scelta della
vergine da donare alla nostra Madre Terra. Dovremo cercarla lontano da qui ed
ho già mandato l’incaricato alla ricerca della fanciulla. Avrò sue notizie da
comunicarvi nella prossima riunione. Cerchiamo di comportarci come persone
normali anche se sappiamo bene che siamo diversi dagli altri, noi siamo stati
Eletti per questo compito, abbiamo ricevuto dalle nostre famiglie, dai nostri
antenati il compito di continuare questa tradizione e sappiamo bene cosa
succede a chi non rispetta le nostre regole. Qualcuno ha bisogno che vengano
ricordate?”
La
Sacerdotessa passò il suo sguardo di nuovo su ognuno di loro ma nessuno mosse
un muscolo.
“Bene, vedo che siamo tutti
d’accordo. Numero Sei, hai qualcosa da aggiungere? O parli ora o non lo farai
più!”
Nessuno si
mosse, nemmeno Numero Sei.
La
Sacerdotessa si sedette e il silenzio calò come un gelo in quel posto
maledetto. Gastone osservava, aveva ascoltato ogni cosa, e che sorpresa aveva
avuto scoprendo che il capo di quei bastardi fosse una donna, una donna che
uccide e sevizia altre donne. Maledetta, maledetta, maledetta, ci avrebbe pensato
lui con quella vigliacca. Adesso doveva uscire prima che finissero la loro
meditazione. Si stavano tenendo per mano, col capo abbassato e recitavano
sottovoce delle parole che lui non riusciva a sentire.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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