mercoledì 3 giugno 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA



IL SEGRETO DELLA LUNA

parte sedici






“Sono tutte donne piuttosto vecchie e sole, anche se ci frequentiamo poco posso sempre inventarmi qualcosa, anzi se porti abbastanza pesce le invito a pranzo e te le faccio conoscere, sono sicura che avrai successo se solo sorridi un po’ di più. Ci vuole poco per conquistare il cuore di una vecchia!”
“Tu organizza che io provvedo, userò perfino un po’ di profumo, ti garantisco che non mi riconoscerai. Adesso devo andare al lavoro, ci vediamo stasera.”
Uscì svelto con il cane alle calcagna, ancora due giorni alla luna piena e lui aspettava con ansia e batticuore.
Era immerso nel suo lavoro ma i suoi pensieri ripassavano mentalmente quello che doveva fare la notte successiva, finalmente avrebbe fatto un passo importante verso la sua meta.
Cincia aveva organizzato un pranzo con le sue amiche per la domenica successiva e non mancava niente in dispensa.
“Mi sembri ansioso stasera.”
Gastone guardò la sua amica e annuì con la testa. Aveva la gola secca.
“Devo chiederti di chiudere in casa con te Rufus, non voglio che mi segua stasera.”
“Lo farò, vai tranquillo, noi ti aspetteremo.”
Sembrava che il buio non volesse arrivare quel giorno. Gastone era appostato al limite del grande prato che circondava il convento aspettando solo che il buio arrivasse per poter passare attraverso il minuscolo passaggio ed entrare.
Finalmente si mosse. Nella sacca aveva ciò che gli poteva servire, si calò sul viso una calza nera nella quale aveva fatto dei buchi per gli occhi, era tutto vestito di nero, si tolse le scarpe, le infilò nella sacca, si scurì le mani e si calò nel passaggio.
Purtroppo non avrebbe capito come sarebbero entrati gli altri visto che doveva anticiparli ma lo avrebbe scoperto un’altra volta. La cappella non era chiusa col lucchetto e lui entrò senza problemi. Aspettò che gli occhi si abituassero alla penombra e si avviò alla botola. Anche il piccolo altare era già stato spostato ed era una fortuna, non doveva fare altro che entrare e nascondersi. Discese i cinque scalini e si ritrovò nel vestibolo. Alcune candele rischiaravano tutto e riuscì a vedere in distanza il grande tavolo rotondo illuminato quasi a giorno da decine di candele. Doveva trovare il posto migliore per nascondersi ed osservare. Il soffitto sopra di lui cominciò a tremare, stavano già arrivando, erano in anticipo o lui si era troppo attardato. Decise di infilarsi sotto l’ultimo ripiano che sosteneva i vasi con gli occhi, sperando che quelli passassero senza osservare troppo. Il posto era scomodo e lui si rannicchiò cercando la posizione migliore. Era sdraiato con la testa appoggiata alla parete da una parte e i piedi a quell’altra. Sembrava proprio invisibile, o così sperò.
I passi si avvicinavano e vide i piedi di alcuni uomini, altro non riusciva a vedere. Capì che si stavano spogliando per indossare il grande mantello e il cappuccio che aveva visto in precedenza negli otto armadietti. Nessuno parlava, si sentivano solo i respiri e il rumore della stoffa.
Ci volle tempo, Gastone non riusciva a capire quanto ne trascorse prima che il silenzio tornasse, si erano tutti avviati nella loro Sala Grande ed avevano preso posto. Cominciarono a parlare ma lui non riusciva a capire bene quello che dicevano. In parte perché la voce era attenuata dal cappuccio e un po’ perché erano distanti, doveva avvicinarsi o non sarebbe servito a niente che lui fosse lì. Sapeva come muoversi in silenzio e loro non si aspettavano certo che ci fosse qualcuno, perciò mosse prima un piede, poi l’altro e strisciò fuori. Il collo gli doleva per la posizione scomoda, rimase sdraiato a terra e decise di strisciare come un serpente mentre si avvicinava. Stava rasente al muro, non c’erano punti o anfratti in cui potersi nascondere, l’unica cosa che poteva fare era respirare e muoversi senza fare rumore.
Finalmente riuscì a trovare la distanza giusta per vedere e per ascoltare.
Vide che tutti indossavano lo stesso grande mantello e il cappuccio, mentre quello che doveva essere il capo, seduto sotto la grande parete indossava un cappuccio di forma e colore diverso.
Riconobbe subito la voce di quello che stava parlando, era il sacrestano che sbraitava e piangeva per quello che era successo a sua figlia e chiedeva se qualcuno di loro fosse a conoscenza di qualcosa se non addirittura il colpevole. Si stava agitando parecchio ma nessuno lo interrompeva o interveniva fino a che, il capo alzò la mano e lui si zittì.
“Il tempo a tua disposizione è scaduto, ora tocca agli altri.”
 “Numero Due, puoi parlare.”
“Tutti noi qui sappiamo quale è il nostro compito e il giuramento che abbiamo fatto. Nessuno deve interferire con le nostre regole e con le decisioni del Gran Sacerdote.” Dicendo questo volse la testa verso il loro capo e la abbassò in segno di rispetto.
Tutti quanti gli altri fecero lo stesso gesto.
“Io, come credo tutti voi, non so cosa sia successo alla piccola Laura, certo è che è ben strana la circostanza della sua morte e del suo ritrovamento. Di certo non riguarda la nostra Confraternita, i Cavalieri della Terra Feconda non toccano le figlie dei propri affiliati, e questo lo abbiamo giurato col sangue, perciò, numero Sei, non è a noi che devi rivolgere le tue accuse. Sei sicuro che con la tua bramosia di denaro e di sesso non hai commesso qualche sgarbo a qualcuno?”
“Numero Tre, puoi parlare.”
“Dobbiamo tenere in considerazione che qualcuno abbia dei sospetti, ma non credo sia possibile se ognuno di noi ha fatto e fa la propria parte. Nessuno al di fuori di noi sa dell’esistenza dei Cavalieri, perciò penso piuttosto che ci sia un assassino che si aggira nei paraggi, dovremo fare attenzione a chi passa da qui o ci è arrivato da poco e che poco conosciamo, ma propendo a credere che sia la vendetta personale di qualcuno verso Numero Sei.”
“Numero Quattro, puoi parlare.”
“E’ atroce quello che è capitato alla povera Laura, io stesso ho dei figli e non vorrei mai sopportare un simile dolore, credo che dovremmo assumere un investigatore bravo per fare indagini e scoprirne di più.”
“Numero Cinque, puoi parlare.”
“Non avete pensato che qualcuno possa vendicarsi di quello che abbiamo fatto ad una delle ragazze? Che abbia scelto una ragazzina a caso per compiere la sua vendetta?”
“Numero Sette, puoi parlare.”
“Io non darei molta importanza alla cosa, tutti noi sappiamo dei vizi di Numero Sei, e se fosse stato lui stesso?”
Il sacrestano si alzò in piedi ma un gesto del Gran Sacerdote lo fece zittire e si sedette.
“Numero Otto, puoi parlare.”
“Io credo che dobbiamo solo fare più attenzione, si sta avvicinando il tempo del prossimo sacrificio e non vorrei che venisse rimandato. Nessuno sa della nostra esistenza e propendo a credere che il tragico evento non abbia niente a che fare con noi.”
Il Gran Sacerdote si alzò. Gastone lo vedeva bene, era più basso di tutti gli altri. Il simbolo dietro di lui era gigante al suo confronto.
“La Luna, nostra Sorella e Madre, con sangue di Vergine tiene la Terra Feconda.”
Tutti si alzarono e abbassarono il capo bisbigliando qualcosa che poteva essere una preghiera, portarono le mani giunte sulla testa e verso il Gran Sacerdote che li osservava tenendo le mani allacciate davanti al petto. Finirono di recitare quel che era e si rimisero a sedere.
Soltanto il Gran Sacerdote rimase in piedi e passò lo sguardo su ognuno di loro soffermandosi per qualche instante sui loro occhi.
“Io, Sacerdotessa dei Cavalieri della Terra Feconda stabilisco che quanto è successo non ha niente a che vedere con la nostra missione, pertanto non verrà interrotto quello che da secoli i Cavalieri portano avanti. Lo scopo lo sappiamo tutti è quello di produrre soldi, ricchezza e potere per noi e per le nostre famiglie. Nel mese di settembre faremo il consueto sacrificio e staremo ben attenti alla scelta della vergine da donare alla nostra Madre Terra. Dovremo cercarla lontano da qui ed ho già mandato l’incaricato alla ricerca della fanciulla. Avrò sue notizie da comunicarvi nella prossima riunione. Cerchiamo di comportarci come persone normali anche se sappiamo bene che siamo diversi dagli altri, noi siamo stati Eletti per questo compito, abbiamo ricevuto dalle nostre famiglie, dai nostri antenati il compito di continuare questa tradizione e sappiamo bene cosa succede a chi non rispetta le nostre regole. Qualcuno ha bisogno che vengano ricordate?”
La Sacerdotessa passò il suo sguardo di nuovo su ognuno di loro ma nessuno mosse un muscolo.
“Bene, vedo che siamo tutti d’accordo. Numero Sei, hai qualcosa da aggiungere? O parli ora o non lo farai più!”
Nessuno si mosse, nemmeno Numero Sei.
La Sacerdotessa si sedette e il silenzio calò come un gelo in quel posto maledetto. Gastone osservava, aveva ascoltato ogni cosa, e che sorpresa aveva avuto scoprendo che il capo di quei bastardi fosse una donna, una donna che uccide e sevizia altre donne. Maledetta, maledetta, maledetta, ci avrebbe pensato lui con quella vigliacca. Adesso doveva uscire prima che finissero la loro meditazione. Si stavano tenendo per mano, col capo abbassato e recitavano sottovoce delle parole che lui non riusciva a sentire.


Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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