mercoledì 17 luglio 2019

MALLY


MALLY

PAGINA TRENTASEI


Mally interrompe il suo racconto. Siamo sotto il salice piangente e ci godiamo la brezza che arriva dal mare. Sul vassoio del tè c’è anche succo di ananas e limone, io l’ho bevuto, è molto dissetante e rinfrescante, capisco perché è la bibita preferita di Mally. La osservo mentre il suo sguardo si perde, si perde nel passato? Si perde nella nostalgia di quello che è stato? Il silenzio è impregnato dalla dolcezza delle onde del mare, di canti e grida di uccelli che io non ho mai visto, hanno colori che sembrano rubati all’arcobaleno. Non sono impaziente, osservarla nel suo ambiente è qualcosa che dà senso al racconto che io ho vissuto con lei, e spero che anche voi, amiche di Mally siate riuscite ad entrare nella sua storia.
Scusami, cara. Mi ero distratta pensando ai miei figli, ai miei tre figli.
Raccontami anche dell’altro figlio, ti prego, so che c’è molto altro della tua storia, che non può finire qui con un “e vissero felici e contenti!”
Lei mi guarda, sorride e torna al presente, al racconto che deve continuare.
E’ vero, Daniel aveva cinque anni e Liz quattro quando nacque Ramon e capimmo subito che non era della stessa pasta degli altri due. La sua vivacità si manifestò fin dalla nascita, cercò di ribellarsi al rito nel santuario, e quando lo immergemmo nelle onde del mare dovemmo nuotare a riprenderlo perché se se stava andando. Liana rideva, aveva capito che era uno spirito libero, ma era comunque uno spirito buono e crescendo lo dimostrò sempre, pur nella sua esuberanza.
Negli anni che ci separano dalla sua nascita non successe niente di rilevante, tanto lavoro, tanta prosperità e tanta ricchezza che abbiamo sempre condiviso.
Ti prego, parlaci di Ramon.
Il mio ultimogenito nacque ad ottobre 1726 e, come ti ho detto fu un’ardua impresa tenerlo a bada. Non era un classico ribelle, non in questo senso ma aveva idee molto precise su quello che era e che voleva e al primo posto della sua vita mise sempre la spensieratezza, la giovialità, la voglia di scherzare. Non volle imparare nessun mestiere in particolare, ma con la sua intelligenza (mi duole dirlo perché sono la madre di tutti e tre, ma era il più intelligente di tutti!) non ebbe mai difficoltà ad arrangiarsi nella vita. Era nostro figlio, era lui che animava la casa, coi suoi dispetti, le sue burle, era amato ed adorato da tutta la servitù. Crescendo aumentò sempre di più la sua simpatia e riusciva sempre ad ottenere quello che voleva, non si poteva resistergli. Lo amavo in modo incredibile e lui mi amava altrettanto, la sua famiglia era per lui motivo di orgoglio e la rispettò sempre. Aveva poco più di quindici anni quando cominciò ad interessarsi alle ragazze. Mio dio quante ragazze giravano nei dintorni, quante scappatelle, quante prediche riceveva, ma era impossibile frenarlo. Gli piacevano tutte, e nelle feste sulla spiaggia erano tutte per lui.
Robert ed io non sapevamo cosa fare, tranne che fargli una serie infinita di ramanzine e raccomandazioni non sapevamo cosa fare. Era fatto così, non so da chi avesse preso, forse dall’aria di Nivaria, dall’amore che respirava, non so come dirti, era come un mare sempre in burrasca ma mai cattivo, e come amava le onde spumose. Era l’unico ad entrare in mare quando c’era il temporale, sfidava il vento, le onde, la pioggia e talvolta perfino la neve, era come se fosse invincibile. La speranza di Robert e mia era quella che si innamorasse davvero e mettesse la testa a posto ma sembrava che nessuna ragazza riuscisse a conquistare il suo cuore. Fino a quando…
Era la primavera del 1746, Ramon aveva vent’anni e non era ancora cambiato. Aveva spezzato più cuori lui di tutti i maschi dell’isola messi insieme. Arrivò a Nivaria una famiglia, ricordo che arrivò a piedi, non possedeva nemmeno un carro. Piantarono una tenda in un angolo in disparte. C’erano padre, madre e tre figlie femmine. Sapevano che chi voleva poteva accamparsi nella nostra proprietà.
Una mattina, il capofamiglia bussò alla nostra porta. Stavamo facendo colazione, era raro ricevere visite a quell’ora. Lo facemmo accomodare e gli offrimmo da mangiare. Era impossibile non accorgersi che aveva molta fame, e capii che doveva avere grossi problemi. Robert ed io aspettammo che terminasse il suo pasto e gli chiedemmo cosa potevamo fare per lui. Ci disse che sua moglie era molto malata, che aveva bisogno di un lavoro, di un qualsiasi lavoro per poterla curare e crescere le sue figlie. Robert mi guardò e ci capimmo, lasciava a me il compito di aiutare quella famiglia. Presi delle provviste di cibo e, col mio calesse raggiungemmo la tenda, era talmente piccola che mi chiesi come potessero viverci.
Le tre ragazze erano fuori e consegnai loro il cesto di cibo. Con l’uomo entrai e vidi che sua moglie faticava a respirare, era magra da fare impressione e capii che la loro principale malattia era la fame, non avevano cibo e chissà come avevano fatto a superare il lungo viaggio. Non potevano stare lì. Li rassicurai che avrei provveduto io. Ripresi il calesse e andai da Liana. Poi tornai alla tenuta e cercai una casupola che potesse accoglierli ma erano tutte occupate. Fu uno dei nostri lavoranti che cedette loro la sua, viveva da solo e poteva essere temporaneamente ospitato da amici.
Si traferirono, vennero curati, si nutrirono e col tempo ritrovarono anche il sorriso. Si resero anche molto utili, Miguel il capofamiglia sapeva fare molti lavori e non faticò a trovare il lavoro, mentre le ragazze aiutavano le altre donne coi lavori di tessitura.
Erano tre ragazze dalla bellezza molto particolare, soltanto una, Inez non era una gran bellezza, era l’ultima nata, molto timida e stava sempre in disparte.
Alla prossima, amiche mie e scoprirete cosa successe.

immagine dal web - romanzo pubblicato su e book

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