MALLY
PAGINA TRENTASEI
Mally
interrompe il suo racconto. Siamo sotto il salice piangente e ci godiamo la
brezza che arriva dal mare. Sul vassoio del tè c’è anche succo di ananas e
limone, io l’ho bevuto, è molto dissetante e rinfrescante, capisco perché è la
bibita preferita di Mally. La osservo mentre il suo sguardo si perde, si perde
nel passato? Si perde nella nostalgia di quello che è stato? Il silenzio è
impregnato dalla dolcezza delle onde del mare, di canti e grida di uccelli che
io non ho mai visto, hanno colori che sembrano rubati all’arcobaleno. Non sono
impaziente, osservarla nel suo ambiente è qualcosa che dà senso al racconto che
io ho vissuto con lei, e spero che anche voi, amiche di Mally siate riuscite ad
entrare nella sua storia.
Scusami, cara. Mi ero distratta pensando
ai miei figli, ai miei tre figli.
Raccontami anche dell’altro figlio,
ti prego, so che c’è molto altro della tua storia, che non può finire qui con
un “e vissero felici e contenti!”
Lei mi
guarda, sorride e torna al presente, al racconto che deve continuare.
E’ vero,
Daniel aveva cinque anni e Liz quattro quando nacque Ramon e capimmo subito che
non era della stessa pasta degli altri due. La sua vivacità si manifestò fin
dalla nascita, cercò di ribellarsi al rito nel santuario, e quando lo
immergemmo nelle onde del mare dovemmo nuotare a riprenderlo perché se se stava
andando. Liana rideva, aveva capito che era uno spirito libero, ma era comunque
uno spirito buono e crescendo lo dimostrò sempre, pur nella sua esuberanza.
Negli anni
che ci separano dalla sua nascita non successe niente di rilevante, tanto
lavoro, tanta prosperità e tanta ricchezza che abbiamo sempre condiviso.
Ti prego, parlaci di Ramon.
Il mio
ultimogenito nacque ad ottobre 1726 e, come ti ho detto fu un’ardua impresa
tenerlo a bada. Non era un classico ribelle, non in questo senso ma aveva idee
molto precise su quello che era e che voleva e al primo posto della sua vita
mise sempre la spensieratezza, la giovialità, la voglia di scherzare. Non volle
imparare nessun mestiere in particolare, ma con la sua intelligenza (mi duole
dirlo perché sono la madre di tutti e tre, ma era il più intelligente di
tutti!) non ebbe mai difficoltà ad arrangiarsi nella vita. Era nostro figlio,
era lui che animava la casa, coi suoi dispetti, le sue burle, era amato ed
adorato da tutta la servitù. Crescendo aumentò sempre di più la sua simpatia e
riusciva sempre ad ottenere quello che voleva, non si poteva resistergli. Lo
amavo in modo incredibile e lui mi amava altrettanto, la sua famiglia era per
lui motivo di orgoglio e la rispettò sempre. Aveva poco più di quindici anni
quando cominciò ad interessarsi alle ragazze. Mio dio quante ragazze giravano
nei dintorni, quante scappatelle, quante prediche riceveva, ma era impossibile
frenarlo. Gli piacevano tutte, e nelle feste sulla spiaggia erano tutte per
lui.
Robert ed io
non sapevamo cosa fare, tranne che fargli una serie infinita di ramanzine e
raccomandazioni non sapevamo cosa fare. Era fatto così, non so da chi avesse
preso, forse dall’aria di Nivaria, dall’amore che respirava, non so come dirti,
era come un mare sempre in burrasca ma mai cattivo, e come amava le onde
spumose. Era l’unico ad entrare in mare quando c’era il temporale, sfidava il
vento, le onde, la pioggia e talvolta perfino la neve, era come se fosse
invincibile. La speranza di Robert e mia era quella che si innamorasse davvero
e mettesse la testa a posto ma sembrava che nessuna ragazza riuscisse a
conquistare il suo cuore. Fino a quando…
Era la
primavera del 1746, Ramon aveva vent’anni e non era ancora cambiato. Aveva
spezzato più cuori lui di tutti i maschi dell’isola messi insieme. Arrivò a
Nivaria una famiglia, ricordo che arrivò a piedi, non possedeva nemmeno un
carro. Piantarono una tenda in un angolo in disparte. C’erano padre, madre e tre
figlie femmine. Sapevano che chi voleva poteva accamparsi nella nostra
proprietà.
Una mattina,
il capofamiglia bussò alla nostra porta. Stavamo facendo colazione, era raro
ricevere visite a quell’ora. Lo facemmo accomodare e gli offrimmo da mangiare.
Era impossibile non accorgersi che aveva molta fame, e capii che doveva avere
grossi problemi. Robert ed io aspettammo che terminasse il suo pasto e gli
chiedemmo cosa potevamo fare per lui. Ci disse che sua moglie era molto malata,
che aveva bisogno di un lavoro, di un qualsiasi lavoro per poterla curare e
crescere le sue figlie. Robert mi guardò e ci capimmo, lasciava a me il compito
di aiutare quella famiglia. Presi delle provviste di cibo e, col mio calesse
raggiungemmo la tenda, era talmente piccola che mi chiesi come potessero
viverci.
Le tre
ragazze erano fuori e consegnai loro il cesto di cibo. Con l’uomo entrai e vidi
che sua moglie faticava a respirare, era magra da fare impressione e capii che
la loro principale malattia era la fame, non avevano cibo e chissà come avevano
fatto a superare il lungo viaggio. Non potevano stare lì. Li rassicurai che
avrei provveduto io. Ripresi il calesse e andai da Liana. Poi tornai alla
tenuta e cercai una casupola che potesse accoglierli ma erano tutte occupate.
Fu uno dei nostri lavoranti che cedette loro la sua, viveva da solo e poteva
essere temporaneamente ospitato da amici.
Si
traferirono, vennero curati, si nutrirono e col tempo ritrovarono anche il
sorriso. Si resero anche molto utili, Miguel il capofamiglia sapeva fare molti
lavori e non faticò a trovare il lavoro, mentre le ragazze aiutavano le altre
donne coi lavori di tessitura.
Erano tre
ragazze dalla bellezza molto particolare, soltanto una, Inez non era una gran
bellezza, era l’ultima nata, molto timida e stava sempre in disparte.
Alla
prossima, amiche mie e scoprirete cosa successe.
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