lunedì 8 luglio 2019

MALLY


MALLY

PAGINA VENTOTTO


Più il tempo passava, più mi innamoravo di Nivaria. Mi spaventava il vulcano ma pregavo ogni giorno che rimanesse a dormire mentre noi facevamo di quel magnifico pezzo di isola un paradiso in cui vivere e prosperare.
Cominciarono a giungere famiglie intere accompagnate da Liana e fummo ben felici di avere tutte quelle persone, che conoscevano bene il posto ad aiutarci nei lavori.
Arrivò dicembre e il tempo cambiò. In lontananza, ma nemmeno troppo la cima del Teide si ricoprì di neve, il mare da azzurro si era fatto color piombo ma io passavo sulla spiaggia molto del mio tempo. Volevo che il mio bambino sentisse il canto delle onde, le grida dei gabbiani, il sapore della salsedine, volevo che amasse Nivaria ancora prima di nascere.
Le giornate si erano accorciate e le ore di luce venivano sfruttate per i lavori che c’erano sempre da fare, avevamo parecchi animali ora, capre, pecore, asini, mucche, animali da cortile, e una quantità di altri volatili che non conoscevo. Ora non mancava più il cibo e Tomas si lamentava soltanto perché aveva troppo da fare.
Il santuario era stato costruito in men che non si dica, era ancora spoglio, Liana ancora non mi aveva istruita su cosa fare. Cominciai a sentire freddo e rientrai.
Mi sdraiai sul rudimentale letto, mancavano circa due mesi al parto e cominciavo a stancarmi facilmente. Il tempore della stanza mi accompagnò dolcemente nel sonno, e sognai. Sognai la mia vecchia casa, la mia famiglia e tempeste, guerre e pestilenze. Mi svegliai in un bagno di sudore e sentii il mio bambino scalciare, come se anche lui si fosse spaventato. Cercai di calmarmi e come facevo spesso canticchiai per lui.
I mesi che mi separavano dal parto passarono senza novità particolari. Ogni giorno Anna veniva a trovarmi e parlavamo delle storie passate dell’isola. Ora capivo molto bene la lingua e mi esprimevo in modo appropriato. Il tempo del parto era vicino ed io, lo confesso ero un po’ spaventata.
Era la fine di febbraio e da alcuni giorni non mi alzavo dal letto. Arrivò Liana e il suo sorriso mi risollevò il morale. Sono felice di vederti. Le dissi, era da alcuni giorni che non la vedevo. Il tuo bambino mi ha chiamata ed io sono arrivata, entro domani stringerai fra le braccia il tuo primogenito. Non terminò la frase che cominciarono le doglie così all’improvviso che lanciai un urlo.Ci vollero parecchie ore di vero dolore prima che Daniel nascesse. Ero stremata quando Liana me lo sistemò fra le braccia già lavato e pronto per la poppata. Accanto a me, Robert ci guardava con gli occhi lucidi dalla commozione. Non ho mai visto niente di più bello di voi due, mia moglie e mio figlio, la mia corsara coraggiosa. Ero felice che fosse tutto finito, avevo bisogno di riprendermi, non volevo rimanere a letto nemmeno un minuto più del necessario. Li senti i nostri uomini? Stanno facendo baldoria in vostro onore, è da parecchio che stanno festeggiando e bevendo, non vedono l’ora di conoscere il loro piccolo capitano, ma sarai tu a mostrarlo a loro. Ora riposa, io sono qui vicino a te.
Liana ci guardava con uno sguardo attento, quella donna sembrava che prima di esprimere qualsiasi parola volesse leggere l’anima di chi aveva di fronte. Io stavo allattando il mio piccolo capitano e lei si avvicinò. E’ un bambino sano, appena ti sarai ripresa andremo al santuario e lo presenteremo agli spiriti buoni. Ora riposa.
Credo che come ogni madre vede il proprio figlio, io vedevo Daniel e mi sembrava il più bello del mondo. Mangiava, dormiva, era una felicità tenerlo fra le braccia. El ciquillo, affettuosamente Chiki (piccolino) compiva un mese e fuori c’era una vera tormenta di vento gelido che arrivava dal vulcano. Tutti gli uomini avevano ridotto le attività all’aperto ma non avevano smesso di lavorare, c’erano tanti lavori da fare anche all’interno sia della grande casa, che di tutte le altre. Le cisterne per la raccolta dell’acqua dovevano essere controllate, gli animali accuditi e nella casa dei formaggi stavano maturando parecchie forme di formaggi vari. Antonio era un vero maestro in questo settore e col suo lavoro e quello di molti altri, quelle squisitezze non mancavano sulle tavole di nessuno.
Mi sorpresi di vedere entrare Liana. Si avvicinò alla culla e guardò il viso addormentato di Daniel. La sentii bisbigliare qualcosa mentre lo accarezzava e lo prendeva in braccio. Vestiti, Mally, dobbiamo andare al santuario con Daniel. Avrei voluto protestare, fuori faceva molto freddo e il bambino era piccolo ma capii che dovevo seguirla. Ci coprimmo ben bene e, accompagnati da Alec ed Anna che avevano provveduto a pulire sommariamente il sentiero dalle foglie cadute andammo al piccolo santuario.
Era piccolo, poteva contenere al massimo una decina di persone quando era vuoto, ma ora vuoto non lo era più. Al centro c’era un cerchio perfetto fatto con le pietre di lava del vulcano, avevo imparato a riconoscerle. Altri sette piccoli cerchi sempre di pietra nera erano collocati in modo da formare un disegno. Molte candele erano accese e le aperture alle pareti erano state ricoperte con pelli di animali e coperte di lana. Ero a bocca aperta. Doveva aver lavorato parecchio per preparare tutto questo.
Prese Daniel dalle mie braccia.
Alla prossima, amiche mie, e scoprirete cosa successe.

immagine dal web - romanzo pubblicato su e book

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