venerdì 23 novembre 2018

EMILIANA


EMILIANA

P. CINQUE





La notizia del mio nuovo lavoro diventa l’argomento della domenica. Rosa è molto felice per me e lo dimostra con un gran sorriso e pacche sulle spalle. Serafina, invece, sembra scettica, e scopro le altre che parlano a bassa voce fra loro. Per la prima volta nella mia vita scopro cos’è l’invidia.
Posso immaginare cosa stanno spettegolando e le lascio alle loro stupide chiacchiere. Torno a casa pensando che la vita non regala niente, se ho ricevuto questa proposta è perché tante volte, invece di andare a fare la smorfiosa come loro, io imparavo a leggere e la matematica. Mi hanno preso in giro spesso per questa mia passione, ed ora, sono invidiose perché io ho avuto un lavoro diverso dal loro. Ho l’impressione che verrò emarginata ancora di più.

Con Giustina ho sistemato alcune gonne, ho raccolto i miei lunghi capelli sulla testa e, per la prima volta, guardandomi allo specchio, noto che ho un bel corpicino, un viso piacevole, insomma non sono niente male. Lo so che sono pensieri peccaminosi, che bisogna essere umili, ma è questo che lo specchio mi rimanda: sono una bella ragazza.

E’ lunedì mattina e sono molto emozionata. Arrivo in anticipo al lavoro. Sono talmente abituata ad alzarmi presto che non ho resistito.
Aspetto il signor Alberto. Con la sua aria sempre corrucciata e severa, sembra portare sulle sue spalle tutto il lavoro della filanda.
Per cominciare dovrò tenere i conti del magazzino poi si vedrà. Non sono abituata a stare seduta così a lungo, ma devo impegnarmi. Il lavoro non è difficile ma, a fine giornata, tutto deve quadrare, o non si torna a casa.

 Comincia così il mio nuovo incarico e mi trovo a mio agio con i numeri.
Ora gli orari non combaciano più con quelli delle mie compagne e qui sono tutti maschi. Mi sento un po’ a disagio. Sono tutti molto educati e seri, lo sanno che possono essere licenziati in tronco se commettono sciocchezze, perciò, anche se sono circondata da uomini in un mondo assolutamente maschilista vengo trattata bene.

Sono passate tre settimane e mi sembra di svolgere bene il mio lavoro. Adesso il signor Alberto mi dà incarichi più importanti; ha visto anche lui con quanta facilità tratto con i numeri e comincia a lasciarmi un po’ più di
spazio. Se dipendesse da me cambierei qualcosa, ma non ci penso a farmi avanti, è troppo presto e non voglio pestare i piedi a nessuno.

Sto aspettando di parlare con il signor Cesare. So che ho svolto bene e con impegno il mio lavoro e aspetto di sentire cosa ne pensano loro.
Entra accompagnato dal capo contabile e da suo figlio Guglielmo. Saluto educatamente e aspetto. Il signor Cesare è sempre stato di poche parole e anche stavolta non si smentisce. “Bene, signorina Emiliana, Alberto mi ha ragguagliato sul suo lavoro e lo ha trovato discreto. Se per lei va bene il contratto è il seguente: giornata piena e non si va a casa fino a che i conti non tornano, e la paga è il 60% di quella maschile.” “Non posso accettare una paga così misera, il mio lavoro è uguale a quello degli altri, posso accettare un 80% o dovrò fare la fame.” Ho azzardato molto, ma mi fa arrabbiare questa differenza di trattamento. Male che vada torno in fabbrica e amici come prima. Il signor Cesare sembra pensare alla mia richiesta e mostra un viso sofferente, come se gli costasse la vita pagarmi un po’ di più e alla fine sbotta:” va bene signorina Emiliana, ma per i primi sei mesi dovrà sostituire anche chi si ammalerà o si assenterà.” Il tutto viene sancito con una stretta di mano. Ora non sono più un’operaia ma una impiegata negli uffici della grande filanda. Non è che cambi molto, l’impegno è sempre duro, ma per la fatica fisica non c’è paragone.
Tornando a casa mi fermo dal fornaio e compro un dolce, stasera si festeggia.

Cerco un po’ di frescura sotto il portico e vedo arrivare Cecilia e Francesco con Sara, la loro bambina appena nata. Sono raggianti. Mi dicono che devono parlarmi. E’ Cecilia che non sta più nella pelle. “Emiliana, abbiamo una grossa novità. Fra poche settimane partiamo. Andiamo in Australia a lavorare. Il cugino di Francesco ha già organizzato tutto: lavoro, casa e viaggio. Perché non vieni con noi?”
Oddio! Il cuore mi si è fermato. L’Australia, penso, terra sconfinata con mare cristallino, canguri, indigeni ancora quasi primitivi, terra di assassini e delinquenti esportati da tutto il mondo nelle colonie penali, ma terra di indiscusso valore. Lì davvero, una famiglia può sperare di migliorare per sé e per i suoi cari, c’è ancora molto da fare e da scoprire, ed è così lontana.
Cecilia mi guarda e aspetta la mia risposta. Vorrei partire subito, ma non ho molto denaro, ho appena iniziato un nuovo lavoro, sono sola, senza marito (e questo è un problema). Il mio cuore direbbe subito di sì, ma la mente mi dice di andarci cauta. “E’ una splendida notizia. Vedrai che andrà tutto bene e Sara crescerà in mondo nuovo, diverso e sicuramente migliore. Ma come faccio a venire con voi? Facciamo in questo modo: voi partite e quando vi siete ambientati e conoscerete meglio il Paese, mi scriverete e vi raggiungerò. Nel frattempo avrò messo da parte un po’ di soldi per il viaggio e per tutto quello che serve. Non posso partire così all’avventura senza sapere a cosa vado incontro. Ma se voi sarete già ambientati e mi aiuterete, per me sarà più facile.”
Cecilia è un po’ delusa. Aveva sperato di non patire solo loro tre, è un tuffo nell’incertezza e l’unione fa la forza, ci aveva proprio sperato.
“Va bene. Ti prometto che appena arrivati ti scrivo così potrai prepararti con cura, come piace a te. Mi mancherete tutti, ma qui c’è poco lavoro e poca speranza. Partiamo portando nel nostro cuore la certezza di andare incontro ad un mondo migliore.” Un abbraccio, un bacio alla piccina e se ne tornano ai loro preparativi.

Cecilia se ne va. Volevo essere io la prima ad andarmene, ma l’occasione l’ha avuta lei. Provo un po’ di invidia, ma so che per me è solo questione di tempo, poi anch’io me ne andrò. Io preferisco l’America. Ho letto molto su questa terra e sembra benedetta da Dio. Molti nostri compatrioti sono già partiti e molti altri sperano di raggiungerli, e io sono fra questi.

Giustina mi guarda pensierosa ma non parla. Sa che sto meditando nel mio cuore l’amarezza per questa rinuncia. So anche che lei è felice che rimanga ancora qui.

Mentre l’estate sembra ardere ogni cosa con il suo grande calore, il mio lavoro procede bene e mi vengono dati altri compiti.
Ora, il signor Alberto si fida maggiormente di me, e mi dà incarichi importanti. Devo preparare le paghe dei lavoratori e controllare le spese. Mi accorgo che l’impegno non è indifferente e c’è chi mugugna per lavori così importanti non affidati a loro che hanno più diritti di me: femmina e pure ultima arrivata. Scopro che l’invidia non è solo femminile.

La mia vita sociale è pari a zero. Le mie compagne mi snobbano e mi vedono diversa da prima. I ragazzi si sentono intimoriti dai miei modi freddi e distaccati e mi ritrovo sempre in compagnia di Giustina o dei miei libri. Ho quasi 19 anni e non ho ancora avuto un corteggiatore.

Serafina, Anna, Elena e Giannina si sono sposate. Sono rimaste Rosa e Maria senza un uomo, come me. Ormai veniamo considerate delle zitelle, 19 anni, nessun uomo al fianco e siamo già emarginate.
A me non importa molto, sto aspettando la lettera da Cecilia e Francesco. Presto arriverà e, se tutto va bene, entro il prossimo anno li raggiungo, non vedo l’ora.
L’autunno è alle porte e ci sono grosse novità.

foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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