EMILIANA
P. QUATTRO
L’inverno è alle porte e
presto un altro anno finirà. La prossima primavera compirò 18 anni, l’età
giusta per fare qualsiasi cosa: sposarsi, fare figli, oppure continuare la
solita vita. Per il momento scelgo la solita vita, non sono ancora pronta per
maritarmi: ho ancora molto tempo a disposizione per decidere cosa voglio fare
della mia vita. Intanto continuo a sognare.
Da alcune settimane vivo con
la signora Giustina ed è un vero piacere.
La cerimonia del matrimonio di mia madre è
stata molto commovente ed allegra. I miei fratelli sembravano veri ometti al
fianco degli sposi e le due bambine erano molto carine nei loro vestitini
nuovi.
Mi trovo bene in questa casa
e in compagnia di Giustina (mi ha chiesto di chiamarla solo con il suo nome).
Passiamo serate piacevoli: dopo il lavoro, quando abbiamo finito di sistemare i
piatti della cena, ci sediamo di fronte al fuoco con i piedi appoggiati al
camino e una coperta sulle gambe. Leggiamo libri, ci scambiamo impressioni e, mi
piace molto, quando lei mi parla della sua giovinezza e della sua vita. Ha
imparato a leggere e scrivere frequentando le suore ed ha conosciuto il suo
adorato marito Giacomo quando era molto giovane. Ripete spesso che ai suoi
tempi non ci si poteva conoscere bene come succede a noi oggi e, a 16 anni, si
sono sposati. Hanno vissuto insieme per poco tempo perché lui è partito in
cerca di lavoro e non è più tornato. Giustina dice che la nave sulla quale
viaggiava è affondata e lei, non si è più ripresa dal dolore. Si è rimboccata
le maniche ed è andata a servizio. La casa dove abita è un regalo della signora
che ha accudito e, il pezzo di terra che ha ereditato le consente di vivere
senza troppi problemi. Ha aiutato molti giovani ad istruirsi, ma pochi hanno
messo a frutto i suoi insegnamenti, e spera che almeno io possa far fruttare
quello che ho imparato. Sono pochissime le ragazze delle mia età che sanno
leggere e far di conto come me.
Questa sera mi si chiudono
gli occhi. Prendo la mia borsa dell’acqua calda e mi infilo di corsa nel letto.
Mentre chiudo gli occhi sono già addormentata.
Così passa l’inverno, in
questa armonia di serenità e dolcezza che quasi mi fa sentire una privilegiata.
Da quando vivo con Giustina mi sembra che mi costi meno fatica anche il lavoro
alla filanda.
Oggi, 29 marzo compio 18
anni. E’ un giorno come gli altri: solito lavoro, solita routine, ma per me è
un giorno speciale. Stasera vado con Giustina a trovare mia madre e festeggeremo
tutti insieme. Ha formato una bella famiglia con il signor Carlo e sono tutti
molto felici. I miei fratelli, con il duro lavoro di fabbro, hanno sviluppato
una muscolatura invidiabile e sprizzano salute da tutti i pori. Le gemelle
amano sinceramente mia madre che, per la prima volta nella sua vita, ha del
tempo da dedicare alla famiglia e lo fa con sincero affetto.
C’è aria di festa in casa di
mia madre, ha preparato torta e candeline. Non ricordo sia mai successo in
tutta la mia vita di festeggiare un compleanno così. I miei fratelli mi hanno
fatto perfino un regalo: un sole con tanti raggi tutto fatto di ferro e mi
hanno dimostrato come sono diventati bravi nel loro lavoro. Le gemelle mi hanno
confezionato un mazzo di fiori secchi con un bellissimo nastro e mia madre mi
ha sorpresa più di tutti, mi ha regalato una raccolta di vecchi libri, li ha
ricoperti con carta decorata e me li ha donati come si fa con un grande tesoro.
Mi sento commossa e non riesco a trattenere le lacrime: sono le prime lacrime
della mia vita e sono di felicità. Lo prendo come un buon auspicio. Il signor
Carlo fuma la sua pipa e sorride soddisfatto, mi stringe la mano e mi dice
“ricorda, questa è sempre anche casa tua”. In questo preciso momento mi sento
la ragazza più felice e fortunata della terra, e la serata passa in allegria.
Tornando a casa, Giustina è
più silenziosa del solito. Era da tanto
tempo anche per lei che non
si verificava una serata così piacevole in compagnia; era abituata a vivere da
sola, ed ora, è come se avesse acquisito un’altra famiglia. Vado a letto felice
e con una nuova emozione nel cuore.
L’estate è alle porte.
Lavorare in filanda con il caldo è molto difficile. La polvere, l’afa, il
sudore troncano le gambe e le forze anche a noi più giovani. E’ il periodo
peggiore per lavorare in questi capannoni, ma non abbiamo alternative. Chi può
va a servizio o lavora nei campi, ma la maggior parte delle donne lavora qui
dentro, fuori di qui, per noi, c’è poco o niente da fare, e le famiglie sono
molto numerose e c’è sempre bisogno di tutto.
Sto lavorando con il sudore
che mi cola per la schiena e sono quasi a fine turno quando mi chiama il
sorvegliante. “Quando hai finito il turno ti aspetta il contabile in ufficio.” Non
so cosa pensare. Cosa vogliono da me in ufficio? Il mio dovere l’ho sempre
fatto, non sono mai mancata. Sono preoccupata e cerco di analizzare cosa posso
avere sbagliato, ho il timore di essere licenziata. Questa ultima ora passa
talmente lenta che mi sembra di impazzire. Mi lavo le mani, raddrizzo la
schiena e vado in ufficio.
C’è il signor Cesare e il
capo contabile che stanno parlando e quando entro mi guardano entrambi con
interesse. “Voleva vedermi signor Alberto?” chiedo al capo contabile. Saluto
educatamente il signor Cesare e aspetto di sentire cosa vogliono da me.
E’ il signor Cesare che mi
parla per primo. “Signorina Emiliana, lei sa leggere, scrivere e anche far di
conto?” “Certamente.” Rispondo.
“Noi abbiamo bisogno di
un’apprendista per il capo contabile e vorrei sapere se lei è interessata.
Tengo a precisarle che dovrà fare un mese di prova senza stipendio, e, se alla
fine Alberto dirà che lei è adatta, sarà pagata un po’ meno degli uomini, ma
per questo ci metteremo d’accordo”.
Questa proprio non me
l’aspettavo. Sono decisamente sorpresa e indecisa. Faccio due rapidi calcoli
sui miei risparmi e colgo al volo l’occasione. Non ci sono donne negli uffici
contabili e per me è una sfida che non mi lascio sfuggire. Silenziosamente
ringrazio Giustina per quello che mi ha insegnato e che adesso potrò mettere a
frutto.
“Va bene signor Cesare, mi
dica solo quando devo iniziare.” Mostro molta sicurezza ma le gambe mi tremano
un po’. “Si metta d’accordo con Alberto, adesso passa nelle sue mani. Noi ci
rivedremo fra un mese per decidere il suo contratto di lavoro”.
Esco frastornata da questo
incontro. Lunedì inizierò a lavorare negli uffici e ancora non riesco a
crederci. Corro a casa per raccontare tutto a Giustina e lei mi accoglie con un
sorriso. Ora capisco, questo è il suo regalo di compleanno, è stata lei
l’artefice di tutto questo. L’abbraccio e la trascino in un vortice di danza e
corro da mia madre per comunicare anche a loro la novità.
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