giovedì 22 novembre 2018

EMILIANA


EMILIANA

P. QUATTRO




L’inverno è alle porte e presto un altro anno finirà. La prossima primavera compirò 18 anni, l’età giusta per fare qualsiasi cosa: sposarsi, fare figli, oppure continuare la solita vita. Per il momento scelgo la solita vita, non sono ancora pronta per maritarmi: ho ancora molto tempo a disposizione per decidere cosa voglio fare della mia vita. Intanto continuo a sognare.

Da alcune settimane vivo con la signora Giustina ed è un vero piacere.
 La cerimonia del matrimonio di mia madre è stata molto commovente ed allegra. I miei fratelli sembravano veri ometti al fianco degli sposi e le due bambine erano molto carine nei loro vestitini nuovi.
Mi trovo bene in questa casa e in compagnia di Giustina (mi ha chiesto di chiamarla solo con il suo nome). Passiamo serate piacevoli: dopo il lavoro, quando abbiamo finito di sistemare i piatti della cena, ci sediamo di fronte al fuoco con i piedi appoggiati al camino e una coperta sulle gambe. Leggiamo libri, ci scambiamo impressioni e, mi piace molto, quando lei mi parla della sua giovinezza e della sua vita. Ha imparato a leggere e scrivere frequentando le suore ed ha conosciuto il suo adorato marito Giacomo quando era molto giovane. Ripete spesso che ai suoi tempi non ci si poteva conoscere bene come succede a noi oggi e, a 16 anni, si sono sposati. Hanno vissuto insieme per poco tempo perché lui è partito in cerca di lavoro e non è più tornato. Giustina dice che la nave sulla quale viaggiava è affondata e lei, non si è più ripresa dal dolore. Si è rimboccata le maniche ed è andata a servizio. La casa dove abita è un regalo della signora che ha accudito e, il pezzo di terra che ha ereditato le consente di vivere senza troppi problemi. Ha aiutato molti giovani ad istruirsi, ma pochi hanno messo a frutto i suoi insegnamenti, e spera che almeno io possa far fruttare quello che ho imparato. Sono pochissime le ragazze delle mia età che sanno leggere e far di conto come me.
Questa sera mi si chiudono gli occhi. Prendo la mia borsa dell’acqua calda e mi infilo di corsa nel letto. Mentre chiudo gli occhi sono già addormentata.

Così passa l’inverno, in questa armonia di serenità e dolcezza che quasi mi fa sentire una privilegiata. Da quando vivo con Giustina mi sembra che mi costi meno fatica anche il lavoro alla filanda.

Oggi, 29 marzo compio 18 anni. E’ un giorno come gli altri: solito lavoro, solita routine, ma per me è un giorno speciale. Stasera vado con Giustina a trovare mia madre e festeggeremo tutti insieme. Ha formato una bella famiglia con il signor Carlo e sono tutti molto felici. I miei fratelli, con il duro lavoro di fabbro, hanno sviluppato una muscolatura invidiabile e sprizzano salute da tutti i pori. Le gemelle amano sinceramente mia madre che, per la prima volta nella sua vita, ha del tempo da dedicare alla famiglia e lo fa con sincero affetto.

C’è aria di festa in casa di mia madre, ha preparato torta e candeline. Non ricordo sia mai successo in tutta la mia vita di festeggiare un compleanno così. I miei fratelli mi hanno fatto perfino un regalo: un sole con tanti raggi tutto fatto di ferro e mi hanno dimostrato come sono diventati bravi nel loro lavoro. Le gemelle mi hanno confezionato un mazzo di fiori secchi con un bellissimo nastro e mia madre mi ha sorpresa più di tutti, mi ha regalato una raccolta di vecchi libri, li ha ricoperti con carta decorata e me li ha donati come si fa con un grande tesoro. Mi sento commossa e non riesco a trattenere le lacrime: sono le prime lacrime della mia vita e sono di felicità. Lo prendo come un buon auspicio. Il signor Carlo fuma la sua pipa e sorride soddisfatto, mi stringe la mano e mi dice “ricorda, questa è sempre anche casa tua”. In questo preciso momento mi sento la ragazza più felice e fortunata della terra, e la serata passa in allegria.
Tornando a casa, Giustina è più silenziosa del solito. Era da tanto
tempo anche per lei che non si verificava una serata così piacevole in compagnia; era abituata a vivere da sola, ed ora, è come se avesse acquisito un’altra famiglia. Vado a letto felice e con una nuova emozione nel cuore.

L’estate è alle porte. Lavorare in filanda con il caldo è molto difficile. La polvere, l’afa, il sudore troncano le gambe e le forze anche a noi più giovani. E’ il periodo peggiore per lavorare in questi capannoni, ma non abbiamo alternative. Chi può va a servizio o lavora nei campi, ma la maggior parte delle donne lavora qui dentro, fuori di qui, per noi, c’è poco o niente da fare, e le famiglie sono molto numerose e c’è sempre bisogno di tutto.

Sto lavorando con il sudore che mi cola per la schiena e sono quasi a fine turno quando mi chiama il sorvegliante. “Quando hai finito il turno ti aspetta il contabile in ufficio.” Non so cosa pensare. Cosa vogliono da me in ufficio? Il mio dovere l’ho sempre fatto, non sono mai mancata. Sono preoccupata e cerco di analizzare cosa posso avere sbagliato, ho il timore di essere licenziata. Questa ultima ora passa talmente lenta che mi sembra di impazzire. Mi lavo le mani, raddrizzo la schiena e vado in ufficio.

C’è il signor Cesare e il capo contabile che stanno parlando e quando entro mi guardano entrambi con interesse. “Voleva vedermi signor Alberto?” chiedo al capo contabile. Saluto educatamente il signor Cesare e aspetto di sentire cosa vogliono da me.
E’ il signor Cesare che mi parla per primo. “Signorina Emiliana, lei sa leggere, scrivere e anche far di conto?” “Certamente.” Rispondo.
“Noi abbiamo bisogno di un’apprendista per il capo contabile e vorrei sapere se lei è interessata. Tengo a precisarle che dovrà fare un mese di prova senza stipendio, e, se alla fine Alberto dirà che lei è adatta, sarà pagata un po’ meno degli uomini, ma per questo ci metteremo d’accordo”.
Questa proprio non me l’aspettavo. Sono decisamente sorpresa e indecisa. Faccio due rapidi calcoli sui miei risparmi e colgo al volo l’occasione. Non ci sono donne negli uffici contabili e per me è una sfida che non mi lascio sfuggire. Silenziosamente ringrazio Giustina per quello che mi ha insegnato e che adesso potrò mettere a frutto.
“Va bene signor Cesare, mi dica solo quando devo iniziare.” Mostro molta sicurezza ma le gambe mi tremano un po’. “Si metta d’accordo con Alberto, adesso passa nelle sue mani. Noi ci rivedremo fra un mese per decidere il suo contratto di lavoro”.
Esco frastornata da questo incontro. Lunedì inizierò a lavorare negli uffici e ancora non riesco a crederci. Corro a casa per raccontare tutto a Giustina e lei mi accoglie con un sorriso. Ora capisco, questo è il suo regalo di compleanno, è stata lei l’artefice di tutto questo. L’abbraccio e la trascino in un vortice di danza e corro da mia madre per comunicare anche a loro la novità.


foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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