IRINA
P. QUATTRO
Fu una
giornata movimentata per il piccolo paese. Le auto con le sirene e i
lampeggianti accesi sfrecciavano per le vie sostando davanti al municipio.
Ormai tutti sapevano quello che era successo e non se ne capacitavano. In molti
erano al corrente di quello che succedeva nel parcheggio del cimitero ma
nessuno avrebbe mai immaginato che Luca fosse uno dei frequentatori.
Irina si
comportò come faceva ogni giorno e aspettò il mattino successivo per andare al
solito bar.
Anche il
viso di Giada era stravolto, le portò la colazione e le si sedette di fronte.
C’è qualche novità? Le chiese Irina.
Lo hanno portato via, gli faranno
l’autopsia ma è pensiero comune che si sia incontrato con qualcuno o qualcuna e
che la cosa sia degenerata. Chi l’avrebbe mai pensato che fosse un
frequentatore di quel posto, che avesse certi vizi. Mi dispiace molto per sua
moglie e per sua figlia, mi hanno detto che sono partite, credo che abbiano
raggiunto la casa dei genitori di lei. Sarà piena di vergona, povera donna! Giada non riusciva a capacitarsi.
Io l’ho conosciuto quel pomeriggio
che mi ha accompagnata a casa, quando mi sono fatta male alla caviglia. Era
proprio un gran signore, molto gentile, ma poi non l’ho più visto. Disse gentilmente a Giada.
Entrarono
degli avventori e la barista tornò a fare il suo lavoro.
Nei giorni
successivi le chiacchiere non si arrestarono, ognuno aveva qualcosa da dire o
da aggiungere ma nessuno lo diceva ad alta voce, come se commettessero peccato
al solo esprimere quello che era evidente. Bisognava fare qualcosa per quel
posto, anche il parcheggio del cimitero era sacro e non poteva essere usato
così.
Passarono
due settimane prima che il clamore si allentasse. I carabinieri avevano fatto i
loro rilievi, avevano ispezionato l’auto ma non avevano trovato niente che
potesse portare a qualcosa.
Il Natale si
stava avvicinando e gli addobbi coloravano vetrine e strade.
Irina non si
faceva sfuggire niente, Giada era un’ottima conversatrice e quella mattina di
metà dicembre la stava aspettando. Avevano cominciato a parlare più spesso, lei
si fermava di più al bar con il suo computer e quando la barista aveva tempo la
raggiungeva e scambiavano commenti.
Ho saputo una novità! Esordì Giada. Dall’autopsia è emerso che oltre ad essere ubriaco era anche drogato e
che la droga era tagliata male, è quello che lo ha ucciso, e che aveva avuto
rapporti sessuali prima di morire. La donna aveva gli occhi spalancati.
Irina beveva
il suo cappuccino e l’ascoltava attentamente. Anche qui c’è il problema della droga? Chiese. Io non ne avevo mai sentito parlare. Le rispose la barista.
Passò la
mattinata al bar e prima di andarsene Irina disse alla barista: domani parto, passerò le feste di Natale con
alcuni parenti. Ci rivediamo dopo capo d’anno. Intanto le faccio tanti auguri
di buone feste e che l’anno nuovo sia migliore. Saluti sua sorella Lucia da
parte mia.
Sulla
corriera che la portava in città, Irina ripensava a quello che aveva fatto. Non
aveva il minimo rimorso e la stretta che aveva sul cuore non si era allentata
di un millimetro. Nessuno poteva cancellare quello che le era successo ma lei
poteva trovare un po’ di giustizia con quello che aveva fatto che avrebbe
fatto.
Ci volle
quasi un’ora per raggiungere la città. Aveva prenotato in un piccolo albergo,
doveva mettere a punto il piano per sistemare Lorenzo, era in quella città che
lavorava e le feste di Natale le avevano dato un ottimo pretesto anche per
passare inosservata in mezzo a tanta gente che andava di fretta e che non si
curava di altri.
Si sistemò
nella stanza e uscì, il cappello imbottito e la lunga giacca a vento la
rendevano irriconoscibile, gli occhiali grandi e scuri facevano il resto.
Aveva ben
studiato la piantina della città e sapeva bene come muoversi. Prese il tram e
scese dopo due fermate. Un grande palazzo si innalzava con le sue vetrate
splendenti e la grande scritta col nome della società che si illuminava a
intermittenza con le luci colorate del Natale.
Passeggiò lì
vicino, osservò ogni entrata e quando vide quello che cercava tornò indietro,
non voleva destare sospetti visto che all’entrata c’erano alla reception tre
guardie davanti a vari monitor e due signorine impegnate ai computer. Era la
più grande società della città e Lorenzo lavorava lì. Toccava a lui.
Irina cercò
di godersi, per quanto poteva quei giorni di festa. Osservava i bambini felici
e i loro genitori. Aveva il cuore che le sanguinava mentre li guardava.
Raggiunse
uno dei parchi della città, tanti alberi avevano le luci colorate accese.
Faceva molto freddo ma lei non se ne accorgeva. Si sedette su una panchina
aspettando che i ricordi la lasciassero libera di concentrarsi su quello che
doveva fare. Aprì la borsa e prese un piccolo notes, iniziò a leggere i vari
appunti che vi aveva annotato, doveva impararli a memoria per poi bruciare i
fogli. Si immerse nello studio di quegli scarabocchi fino a quando il suo
stomaco cominciò a reclamare qualcosa di solido.
Rimise il
notes nella borsa e si alzò accorgendosi che il crepuscolo era sceso già da
tempo. Raggiunse il piccolo albergo e si preparò per uscire, lì vicino c’era
una pizzeria e faceva proprio al caso suo.
Nessun commento:
Posta un commento