EMILIANA
P. SEI
TERZO CAPITOLO
Quest’autunno ha cominciato
presto a piovere e sembra non avere intenzione di smettere. L’umidità entra
nelle ossa e sembra farle ingrossare con dolori sempre più forti. Giustina non
sa più cosa fare per la sua schiena e rimane spesso sdraiata sul letto o sul
sofà.
Per quelle più vecchie di me che lavorano in
filanda il mal di schiena sta diventando quasi impossibile da sopportare, e il
lavoro ne risente. I sorveglianti hanno aumentato i controlli, e i rimproveri si
sentono anche sopra il frastuono delle macchine. Ho paura che questo sia solo
l’inizio di qualcosa di peggio.
Ormai piove ininterrottamente
da più di tre settimane. Il fiume è al limite e le case vicine sono in
pericolo. Le famiglie che vivono in prossimità del fiume sono molto spaventate.
Se continua la pioggia dovranno abbandonare la loro casa e non sanno dove
andare. I vecchi raccontano le ultime piene dei loro ricordi, e sembra vogliano
aumentare l’ansia e l’angoscia che già tutti proviamo. Le strade sono
impraticabili e si viaggia solo con i carri. I cavalli affondano nel fango con
tutto lo zoccolo e le ruote devono pesare tonnellate per quelle povere bestie.
Andare al lavoro è diventata
un’impresa. Bisogna alzarsi molto prima, aspettare che passi il carro che ci
porta alla fabbrica.
Inutile dire che l’umore è il
peggiore che si possa immaginare. Nessuno ha voglia di scherzare o di ridere e,
durante la pausa, vedo facce lunghe e preoccupate. Negli uffici non è che il
clima sia diverso e c’è una preoccupazione in più.
Alberto ha sentito dire che
il signor Cesare si è ammalato e che da alcuni giorni non si alza dal letto.
Tutti sanno che se manca lui e la fabbrica passa in mano al figlio non si sa
cosa accadrà. Il signorino Guglielmo non ha mai partecipato al lavoro della
filanda e non ne capisce niente. Alberto non ha ancora detto niente a nessuno, ma
c’è già chi è a conoscenza del fatto. Le donne che vanno a servizio al castello
hanno già parlato della malattia del signor Cesare. In questo posto è
impossibile mantenere un segreto.
Fra la pioggia che non
diminuisce, il fiume che continua a crescere, la paura di perdere il lavoro e
le malattie che continuano ad aumentare, è il periodo peggiore che sto vivendo,
che sta vivendo tutta la comunità.
Le donne invocano la
protezione dei Santi e della Madonna, ma dal cielo, scende solo pioggia.
Entro in casa bagnata
fradicia e Giustina ha preparato la cena. Il fuoco per fortuna è acceso e porto
il piatto sul bordo del camino. Mangiamo in silenzio. Non abbiamo voglia di
parlare o leggere libri. Stiamo ferme cercando di catturare tutto il caldo
delle fiamme sperando che possano scaldarci e asciugarci le ossa. C’è talmente
tanta umidità che anche il pavimento non si asciuga.
Perché non sono partita per
l’Australia? Quante volte dovrò ancora pentirmi per non aver seguito Cecilia e
Francesco? Perché ancora non mi scrivono? Li immagino in quello sconfinato
paese sotto un sole cocente. La loro splendida bambina che cresce e sorride
felice. Comincia a non bastarmi più la sola compagnia di Giustina. Mi
piacerebbe avere qualcuno di più giovane per scambiare pensieri più intimi e,
forse, magari, chissà, mi manca un uomo che mi stringa fra le braccia e mi ami.
E’ la prima volta che un pensiero simile mi passa per la testa. Che cosa si
prova a dormire con un uomo? Come si baciano un uomo e una donna nella loro
intimità? Lo so come si fa, ma non so cosa si prova. Deve essere una sensazione
molto profonda se riesce a tenere uniti matrimoni a volte così scombinati. Io
non voglio un uomo solo per accasarmi, io voglio un uomo per essere amata, che
meriti il mio amore, il mio affetto. Perché non posso riuscire ad
accontentarmi? I troppi romanzi che ho letto devono aver influenzato la mia
mente, ma ancora penso che non posso rassegnarmi: io voglio qualcosa di più.
Giustina mi guarda “perché
sei così silenziosa stasera Emiliana?” Lei sembra avere una capacità
particolare di leggermi dentro, oppure sa cosa vuole una giovane donna come
sono io. Anche lei conosce i sentimenti e le speranze che si annidano nei
giovani cuori, non ha mai fatto mistero del suo amore passato e del suo cuore
spezzato.
“Sono silenziosa e
pensierosa. Questo brutto tempo mi induce in brutti pensieri e sono preoccupata
per la situazione del fiume”. Non le svelo tutto quello che ho nel cuore, non
l’ho mai fatto con nessuno e non comincerò certamente adesso.
E’ meglio andare a dormire
presto, l’alba è vicina e la stanchezza è tanta. “Buonanotte Giustina, non
alzarti domani mattina, ci penso io alla colazione. Fa riposare la tua
schiena.”
Nel silenzio della mia
cameretta, col gatto che ronfa ai piedi del letto, non riesco ad addormentarmi.
Ho dentro una strana sensazione, quasi una incertezza per quello che mi aspetta
nel futuro e per quello che invece io desidero per il mio futuro. Non riesco
nemmeno a dire le preghiere della notte, ho dentro un’inquietudine che mi
consuma. Che cosa mi sta succedendo? Ho un lavoro invidiabile, una casa
accogliente, una famiglia felice e un’amica come Giustina, non mi rompo più la
schiena sui telai e sono una bella ragazza. Che cosa mi manca? Con queste domande
che mi rigirano nella mente, finalmente mi addormento.
La nuova giornata non è
diversa dalle altre, ma almeno non sta piovendo. Il fiume è uscito dagli argini
già ieri, e le famiglie vicino alla riva si sono trasferite da parenti o amici.
Devo fare in fretta. Il carro passerà fra poco e non posso tardare al lavoro.
Il signor Alberto è già chino
sui conti e la sua faccia non trasmette niente di buono, ma lui è sempre così.
Mi chiama per darmi gli incarichi della giornata e anch’io prendo posto alla
mia scrivania. I miei colleghi sono seri e impegnati, sembra abbiano un morto
in casa, qui dentro non ho mai visto nessuno con aria serena, ho quasi
l’impressione che vivano il loro lavoro come un pesante obbligo e non riescono
a trovare motivi per rilassarsi. Avrebbero bisogno di leggere alcuni dei miei
libri e la loro mente sarebbe più aperta e portata al futuro ma, mi accorgo che
nemmeno io ho più il tempo di pensare a cose belle. Lavorare con i numeri non è
come lavorare sui telai, qui non mi posso distrarre, devo stare sempre
concentrata e comincio a risentire anch’io della situazione pesante. Guardo
fuori dalla finestra e vedo che è ricominciato a piovere.
La giornata si trascina lenta
e pesante, poi un grido squarcia il rumore. Tutti usciamo a vedere cosa succede
e rimaniamo di sasso. Angiolina è caduta e c’è molto sangue intorno a lei.
Nessuno ha il coraggio di avvicinarsi finchè arriva suo marito. La prende fra
le braccia e raccoglie il suo ultimo respiro. Antonio comincia a urlare e
piangere, inveisce contro tutto e tutti e nessuno si avvicina. Negli ultimi
cinque anni sono morte ben 15 lavoranti e ogni volta c’è solo rassegnazione.
Arrivano alcuni colleghi di
Antonio e portano Angiolina fuori dalla fabbrica. A casa hanno quattro figli,
un’altra famiglia distrutta.
Nessuno può abbandonare il
proprio lavoro, ma la voglia di farlo è davvero tanta. Qualcuno cerca di
brontolare e imprecare, ma gli sguardi degli altri fanno desistere da ogni
velleità: bisogna lavorare. Silenziosamente ognuno torna al proprio lavoro, una
tacita preghiera per Angiolina ma di più non si può fare.
Arriva il signor Cesare. Si
vede che è stato malato. Ha un brutto aspetto ma non gli manca certo la
spregiudicatezza. Poche parole di rammarico, che non sono per niente sincere e
poi, tutto come prima.
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