sabato 24 novembre 2018

EMILIANA


EMILIANA

P. SEI





TERZO CAPITOLO

Quest’autunno ha cominciato presto a piovere e sembra non avere intenzione di smettere. L’umidità entra nelle ossa e sembra farle ingrossare con dolori sempre più forti. Giustina non sa più cosa fare per la sua schiena e rimane spesso sdraiata sul letto o sul sofà.
 Per quelle più vecchie di me che lavorano in filanda il mal di schiena sta diventando quasi impossibile da sopportare, e il lavoro ne risente. I sorveglianti hanno aumentato i controlli, e i rimproveri si sentono anche sopra il frastuono delle macchine. Ho paura che questo sia solo l’inizio di qualcosa di peggio.

Ormai piove ininterrottamente da più di tre settimane. Il fiume è al limite e le case vicine sono in pericolo. Le famiglie che vivono in prossimità del fiume sono molto spaventate. Se continua la pioggia dovranno abbandonare la loro casa e non sanno dove andare. I vecchi raccontano le ultime piene dei loro ricordi, e sembra vogliano aumentare l’ansia e l’angoscia che già tutti proviamo. Le strade sono impraticabili e si viaggia solo con i carri. I cavalli affondano nel fango con tutto lo zoccolo e le ruote devono pesare tonnellate per quelle povere bestie.
Andare al lavoro è diventata un’impresa. Bisogna alzarsi molto prima, aspettare che passi il carro che ci porta alla fabbrica.
Inutile dire che l’umore è il peggiore che si possa immaginare. Nessuno ha voglia di scherzare o di ridere e, durante la pausa, vedo facce lunghe e preoccupate. Negli uffici non è che il clima sia diverso e c’è una preoccupazione in più.
Alberto ha sentito dire che il signor Cesare si è ammalato e che da alcuni giorni non si alza dal letto. Tutti sanno che se manca lui e la fabbrica passa in mano al figlio non si sa cosa accadrà. Il signorino Guglielmo non ha mai partecipato al lavoro della filanda e non ne capisce niente. Alberto non ha ancora detto niente a nessuno, ma c’è già chi è a conoscenza del fatto. Le donne che vanno a servizio al castello hanno già parlato della malattia del signor Cesare. In questo posto è impossibile mantenere un segreto.
Fra la pioggia che non diminuisce, il fiume che continua a crescere, la paura di perdere il lavoro e le malattie che continuano ad aumentare, è il periodo peggiore che sto vivendo, che sta vivendo tutta la comunità.
Le donne invocano la protezione dei Santi e della Madonna, ma dal cielo, scende solo pioggia.
Entro in casa bagnata fradicia e Giustina ha preparato la cena. Il fuoco per fortuna è acceso e porto il piatto sul bordo del camino. Mangiamo in silenzio. Non abbiamo voglia di parlare o leggere libri. Stiamo ferme cercando di catturare tutto il caldo delle fiamme sperando che possano scaldarci e asciugarci le ossa. C’è talmente tanta umidità che anche il pavimento non si asciuga.

Perché non sono partita per l’Australia? Quante volte dovrò ancora pentirmi per non aver seguito Cecilia e Francesco? Perché ancora non mi scrivono? Li immagino in quello sconfinato paese sotto un sole cocente. La loro splendida bambina che cresce e sorride felice. Comincia a non bastarmi più la sola compagnia di Giustina. Mi piacerebbe avere qualcuno di più giovane per scambiare pensieri più intimi e, forse, magari, chissà, mi manca un uomo che mi stringa fra le braccia e mi ami. E’ la prima volta che un pensiero simile mi passa per la testa. Che cosa si prova a dormire con un uomo? Come si baciano un uomo e una donna nella loro intimità? Lo so come si fa, ma non so cosa si prova. Deve essere una sensazione molto profonda se riesce a tenere uniti matrimoni a volte così scombinati. Io non voglio un uomo solo per accasarmi, io voglio un uomo per essere amata, che meriti il mio amore, il mio affetto. Perché non posso riuscire ad accontentarmi? I troppi romanzi che ho letto devono aver influenzato la mia mente, ma ancora penso che non posso rassegnarmi: io voglio qualcosa di più.
Giustina mi guarda “perché sei così silenziosa stasera Emiliana?” Lei sembra avere una capacità particolare di leggermi dentro, oppure sa cosa vuole una giovane donna come sono io. Anche lei conosce i sentimenti e le speranze che si annidano nei giovani cuori, non ha mai fatto mistero del suo amore passato e del suo cuore spezzato.
“Sono silenziosa e pensierosa. Questo brutto tempo mi induce in brutti pensieri e sono preoccupata per la situazione del fiume”. Non le svelo tutto quello che ho nel cuore, non l’ho mai fatto con nessuno e non comincerò certamente adesso.
E’ meglio andare a dormire presto, l’alba è vicina e la stanchezza è tanta. “Buonanotte Giustina, non alzarti domani mattina, ci penso io alla colazione. Fa riposare la tua schiena.”
Nel silenzio della mia cameretta, col gatto che ronfa ai piedi del letto, non riesco ad addormentarmi. Ho dentro una strana sensazione, quasi una incertezza per quello che mi aspetta nel futuro e per quello che invece io desidero per il mio futuro. Non riesco nemmeno a dire le preghiere della notte, ho dentro un’inquietudine che mi consuma. Che cosa mi sta succedendo? Ho un lavoro invidiabile, una casa accogliente, una famiglia felice e un’amica come Giustina, non mi rompo più la schiena sui telai e sono una bella ragazza. Che cosa mi manca? Con queste domande che mi rigirano nella mente, finalmente mi addormento.

La nuova giornata non è diversa dalle altre, ma almeno non sta piovendo. Il fiume è uscito dagli argini già ieri, e le famiglie vicino alla riva si sono trasferite da parenti o amici. Devo fare in fretta. Il carro passerà fra poco e non posso tardare al lavoro.

Il signor Alberto è già chino sui conti e la sua faccia non trasmette niente di buono, ma lui è sempre così. Mi chiama per darmi gli incarichi della giornata e anch’io prendo posto alla mia scrivania. I miei colleghi sono seri e impegnati, sembra abbiano un morto in casa, qui dentro non ho mai visto nessuno con aria serena, ho quasi l’impressione che vivano il loro lavoro come un pesante obbligo e non riescono a trovare motivi per rilassarsi. Avrebbero bisogno di leggere alcuni dei miei libri e la loro mente sarebbe più aperta e portata al futuro ma, mi accorgo che nemmeno io ho più il tempo di pensare a cose belle. Lavorare con i numeri non è come lavorare sui telai, qui non mi posso distrarre, devo stare sempre concentrata e comincio a risentire anch’io della situazione pesante. Guardo fuori dalla finestra e vedo che è ricominciato a piovere.
La giornata si trascina lenta e pesante, poi un grido squarcia il rumore. Tutti usciamo a vedere cosa succede e rimaniamo di sasso. Angiolina è caduta e c’è molto sangue intorno a lei. Nessuno ha il coraggio di avvicinarsi finchè arriva suo marito. La prende fra le braccia e raccoglie il suo ultimo respiro. Antonio comincia a urlare e piangere, inveisce contro tutto e tutti e nessuno si avvicina. Negli ultimi cinque anni sono morte ben 15 lavoranti e ogni volta c’è solo rassegnazione.
Arrivano alcuni colleghi di Antonio e portano Angiolina fuori dalla fabbrica. A casa hanno quattro figli, un’altra famiglia distrutta.
Nessuno può abbandonare il proprio lavoro, ma la voglia di farlo è davvero tanta. Qualcuno cerca di brontolare e imprecare, ma gli sguardi degli altri fanno desistere da ogni velleità: bisogna lavorare. Silenziosamente ognuno torna al proprio lavoro, una tacita preghiera per Angiolina ma di più non si può fare.
Arriva il signor Cesare. Si vede che è stato malato. Ha un brutto aspetto ma non gli manca certo la spregiudicatezza. Poche parole di rammarico, che non sono per niente sincere e poi, tutto come prima.

foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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