IRINA
P. CINQUE
Mancavano
tre giorni al Natale, era il momento di agire. Non aveva la certezza che il suo
piano andasse a buon fine, ma non importava, se non ci fosse riuscita al primo
tentativo avrebbe provato e riprovato fino a quando non avesse ottenuto il
risultato che voleva.
I fogli del
suo notes li aveva bruciati. Era primo pomeriggio e la neve caduta si era
ghiacciata sulle strade che erano state ricoperte di sale. In città si
viaggiava piuttosto bene ma fuori del centro abitato non era proprio così.
Il
parcheggio sotterraneo della società aveva due uscite di sicurezza, una delle
quali era usata dal personale delle pulizie che ogni tardo pomeriggio prendeva
servizio. Gli addetti entravano alle diciotto.
Irina si era
procurata una divisa, l’aveva imbottita per camuffare il suo fisico, indossato
una cuffia e guanti di lana. Aspettò con pazienza che gli inservienti
entrassero e si intrufolò fra di loro. Nascondersi non era difficile e aspettò
che quelli prendessero i loro arnesi e salissero con l’ascensore. Sapeva che c’erano
delle telecamere e cercò, per quanto poteva di evitarle.
Raggiunse il
SUV di Lorenzo, era fortunata in quanto era nascosto dalla parete dove lei
poteva muoversi. Silenziosa tolse dalla borsa due fialette di liquido
puzzolente, quello che i ragazzini usano nelle feste e lo versò su tutta la
base del cofano, facendolo penetrare nella fessura davanti al parabrezza. Prese
una busta e la infilò sotto i tergicristalli. Rimase solo un attimo ad
osservare, poi con estrema disinvoltura uscì da dove era entrata.
Nascosta in
un punto scuro del parco si tolse il camuffamento e lo buttò nel bidone che
aveva preparato, diede fuoco a tutto e se ne andò senza voltarsi indietro.
Raggiunse la
sua stanza e recuperò i suoi bagagli. Il taxi l’aspettava per portarla alla stazione.
Salì sul
treno che l’avrebbe portata in Toscana, dalla sua unica parente ancora in vita
e si rilassò nel caldo dello scompartimento di prima classe che aveva
prenotato.
Erano le
diciannove quando Lorenzo scese al parcheggio. Finalmente aveva terminato il
suo progetto e poteva partire per la montagna con la famiglia per le vacanze di
Natale.
Fu sorpreso
di vedere la busta. L’aprì e sorrise. Un piccolo arbre magic azzurro con tanti
cuoricini disegnati a penna era chiuso in un involucro trasparente. Si chiese
chi fosse la ragazza che glielo aveva lasciato, sicuramente Gioia, l’ultima
fiamma che si era portato a letto. Sempre sorridendo posò la valigetta sul
sedile accanto al suo e vi mise sopra l’alberello. Lo avrebbe gettato non
appena fosse uscito dalla città.
La neve
aveva ricominciato a cadere e il traffico era molto rallentato. Lorenzo
cominciò a sentire un cattivo odore provenire dalla ventola dell’aria calda,
abbassò il finestrino ma la neve entrava come un piccolo vortice. Si ricordò
dell’arbre magic e lo scartò al primo semaforo rosso. Lo appese aspettando di
poter respirare l’aroma che Gioia di sicuro ci aveva messo.
Ci vollero
altri venti minuti prima di uscire dalla città e prendere la strada che ormai
conosceva molto bene. Era contento, aveva avuto un anno pieno di soddisfazioni
sotto tutti i punti di vista. Alzò lo sguardo sull’alberello e si accorse di
avere le palpebre pesanti e uno strano malessere. Faticava a respirare, abbassò
il finestrino e potè riprendere fiato. La strada era sdrucciolevole, e i suoi
sensi erano intorpiditi. Non si rese nemmeno conto quando perse il controllo
dell’auto. Il breve cavalcavia che sovrastava i vecchi binari morti della
ferrovia fu l’ultima cosa che vide prima di precipitare di sotto.
Gli
automobilisti chiamarono tempestivamente i soccorsi che giunsero a tempo di
record, ma servirono i vigili del fuoco per estrarlo dall’abitacolo.
E mentre
tutto questo succedeva Irina leggeva un libro sul treno che la portava a
destinazione.
L’ambulanza
correva a sirene spiegate verso l’ospedale. Lorenzo era privo di conoscenza ma
ancora vivo. Lo portarono direttamente in sala operatoria mentre la polizia
cercava i documenti per avvisare i parenti.
Il treno
faceva poche fermate. Irina aveva la testa appoggiata allo schienale e teneva
gli occhi chiusi. A quell’ora qualcosa doveva essere successo ma lei non
avrebbe fatto proprio niente per cercare informazioni. Non era una sciocca. La
tenuta che la vecchia zia aveva nelle campagne toscane era un ottimo rifugio e
lei intendeva isolarsi dal resto del mondo. Non erano stati facili gli ultimi
mesi e ancora non aveva finito, doveva pensare a come sistemare Riccardo e sua
moglie Lora, soprattutto lei!
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