EMILIANA
P. OTTO
Giustina ha continuato a dare
lezioni a Martino ma ci lascia spesso da soli. Abbiamo cominciato a parlare di
tante cose e scopro che abbiamo alcuni interessi in comune. Scopro anche che
sono molto timida, non sapevo fosse così difficile parlare con un ragazzo di
cose personali. Lui è molto più estroverso di me, ha il sorriso sempre pronto e
guarda alla vita con molto ottimismo. Mi decido e gli racconto il mio più
grande desiderio, quello di partire. Vedo il suo sorriso spegnersi ed i suoi
occhi farsi più seri. “Perché te ne vuoi andare? Mi chiede. “Io qui ho tutto,
una bella famiglia, un lavoro, degli affetti e ci sei tu, Emiliana, io non ho
desiderio di andare lontano, non sono un sognatore come te. E’ qui che desidero
formare la mia famiglia, con te. Se tu continui a volare e non torni con i
piedi per terra rischi di perdere ogni occasione bella.”
Ho ricevuto uno schiaffo in pieno viso. E’ più
importante il sentimento per un uomo o il mio desiderio di vita nuova e lontana
da qui? Non ho esitazioni: io voglio andarmene.
Di uomini ne trovo ovunque,
purché in terra straniera. Ho già deciso.
Lo guardo dritto negli occhi
e scopro di aver perso la mia timidezza.
“Ho sempre portato nel cuore
un unico grande desiderio: andarmene lontano da qui. Ho sacrificato tutto a
questo mio desiderio che tu chiami sogno, e non intendo rinunciarci nemmeno
ora. Sei libero di cercarti la ragazza che fa al caso tuo, quella che vuoi non
sono io. Ti ringrazio per la tua attenzione, ma la nostra storia finisce qui.”
Non riesce ad aggiungere
altro. Scuote la testa, quasi incapace di capire la mia scelta. “Ti auguro di
trovare tutto quello che cerchi, ma ho paura che i sogni siano molto diversi
dalla realtà. Quello che leggi nei libri è solo fantasia e tu stai sprecando i
tuoi anni migliori inseguendo un sogno che non sai se si avvererà. Avremmo
potuto formare una splendida famiglia insieme, e mi mancherà la tua
intelligenza e la tua perspicacia. Sono dispiaciuto.” Esce mestamente di casa e
Giustina mi guarda in un muto rimprovero. Non serve che parli, i suoi modi
esprimono tutto il disappunto per la mia decisione.
Ora che sono sola nel mio
letto comincio ad avere dei dubbi. Possibile che abbia davvero preso la
decisione sbagliata? Sono io ad essere
diversa dalle altre? Il mio cuore è solo aperto all’avventura e non all’amore?
Cosa c’è di sbagliato in quello che desidero? Al momento non lo so, ma presto,
sono sicura, lo scoprirò.
Passano poche settimane e
circola la voce del matrimonio di Martino con Alice. Non ha perso tempo a
consolarsi. Alice è una bella ragazza e faranno insieme molti figli: tanti
auguri!
Alcune famiglie stanno per organizzare il
viaggio in Argentina. Le conosco quasi tutte, anche se superficialmente. Mi
accorgo che ho solo conoscenze superficiali, non ho amicizie vere che possano
farmi da sponda per cose importanti come può essere l’emigrare in Argentina. Ma
non mi importa. Vado a informarmi sul viaggio.
Ne parlo con Giustina e lei
cerca di farmi desistere, mi dice di aspettare la lettera di Cecilia, che qui
non mi manca niente, ma non la ascolto: voglio andarmene.
Il costo del viaggio è molto
alto ma me lo posso permettere. I documenti non mi mancano, sono ancora
minorenne e serve qualcuno che si prenda la mia tutela, ma anche questo lo
risolvo. Mi aggrego alla famiglia di Tiziana e vengo inserita nel loro gruppo.
Si parte fra un mese e sono molto emozionata.
In filanda non ho ancora
detto niente, aspetto ancora qualche giorno poi mi licenzierò. Non sto più
nella pelle, ho sempre il batticuore e mi sembra di vivere in un sogno: il mio
bellissimo sogno.
Ogni sera torno a casa
canticchiando e con la certezza che qualcosa sta cambiando. Entro in casa e
trovo il dottore che visita Giustina. Si è sentita male, il suo cuore è vecchio
e debole e deve stare a riposo. L’aiuto come posso; dopo una giornata di lavoro
anch’io sono stanca e non riesco a fare molto. Deve pensare a come fare quando
sarò partita e cerco di parlarle, ma lei non vuol sentire niente. Non importa,
quando io me ne sarà andata ci sarà sicuramente qualcuno che si prenderà cura
di lei, ha molti amici e parecchie persone le devono molto e sapranno
ricambiare. Io non mi faccio intenerire: voglio partire.
I preparativi per il viaggio
sono quasi ultimati, fra una settimana dovrò consegnare i soldi per il
biglietto e dopo mi licenzierò. Andrò a salutare mia madre e i miei fratelli,
raccoglierò tutti i miei sogni e mi imbarcherò verso un nuovo futuro. Porterò nel
cuore il mio paese, ma voglio amare anche quello che mi ospiterà, sono pronta e
mi sembra che il tempo non passi più.
Oggi è domenica, fa caldo e
mancano ancora pochi giorni al punto di non ritorno. Vedo venire un gruppo di
persone. Verranno a trovare Giustina, penso, invece vengono per me. Hanno una
proposta molto importante da farmi. Vogliono che diventi la maestra del paese,
che insegni ai bambini e anche a quelli un po’ più grandi. Sono sicura che c’è
lo zampino di Giustina in tutto questo. Il signore che sembra essere la persona
più importante mi elenca tutti i benefici che ne trarrei: la paga non inferiore
a quella che percepisco attualmente, massima libertà di insegnamento, e in più,
ho in eredità la casa e la terra di Giustina quando lei se ne andrà. Avrò il
privilegio di preparare i ragazzi per il loro futuro, così da potersene andare
ovunque con il loro bagaglio di cultura e sperare in una vita migliore. Devo
dare una risposta entro la settimana o chiederanno ad altri.
Questo è un tiro mancino! Mi
sento in trappola e non riesco a decidere.
Vado al comitato per
l’Argentina e scopro che il viaggio è rimandato di un paio di mesi, Non è la
stagione giusta per imbarcarsi e c’è molto lavoro nei campi da sbrigare prima
di partire. Purtroppo mi sono già licenziata dalla filanda e non ho un altro
lavoro.
Mestamente e molto
tristemente ritorno a casa. Mancano due mesi alla partenza per l’Argentina, due
mesi anche all’inizio della scuola che serviranno per i preparativi dell’aula e
delle lezioni ed io sono disoccupata.
Non ho scelta, ho bisogno di
lavorare e accetto di diventare la maestra del paese. Fra due mesi il lavoro
fatto non andrà perduto, chiunque prenderà il mio posto troverà tutto pronto e
io sarò comunque libera di andarmene.
Giustina si è ripresa dal suo
malore, e solo io riprendo con un nuovo dolore nel cuore.
Intanto non ho perso la
speranza: Cecilia, ti prego, scrivimi, non puoi esserti dimenticata di me. Non
voglio spegnere i miei sogni.
QUARTO CAPITOLO
Comincio i preparativi per la
nuova scuola e sono molto impegnata. L’aula da sistemare, i banchi, la lavagna
e, soprattutto, i libri che mi serviranno per cominciare le lezioni. Ci saranno
bambini e ragazzi di varie età, ma ognuno dovrà imparare dall’inizio. Cercherò
di infondere loro anche l’amore e l’interesse per terre sconosciute e lontane,
cercando di passare loro un po’ della mia passione. Poi, penso che non sarò io
a dare lezione, io sarò in Argentina. Sto pensando a questo quando il padre di
Tiziana mi viene a cercare. “Vieni Emiliana, tutto il comitato è riunito a casa
mia, ci sono novità. Corri.”
Siamo circa una trentina, e
mi accorgo subito che c’è qualcosa che non va.
Armando prende la parola:” oggi
sono andato a parlare con il signor Giuseppe per sentire la nuova data della
partenza e mi hanno comunicato che è sparito, e con lui, tutti i soldi che gli
avevamo consegnato per i biglietti e per le pratiche. Purtroppo nessuno sa dove
sia andato e noi non riavremo più i nostri quattrini.”
C’è disperazione in tutti
noi. Molti hanno già venduto tutto quello che possedevano, hanno abbandonato il
lavoro ed ora, sono praticamente rovinati. Le donne cominciano a piangere e gli
uomini sono talmente infuriati che spaccherebbero volentieri la faccia al
signor Giuseppe. Ognuno di loro dovrà reinventarsi una vita, e non sarà per
niente facile.
Ancora una volta scopro che
sono una privilegiata, io un lavoro ce l’ho. Ho perso molto denaro, ho infranto
il mio sogno, ma posso ancora rimediare. Ma loro? Cosa ne sarà di loro?
Adesso non ho più indugi,
dovrò fare la maestra e aspettare la prossima partenza. Ricomincio a sognare
l’America ma, soprattutto, aspetto la lettera di Cecilia.
E’ il primo giorno di scuola
e credo di essere io più emozionata dei miei scolari. Sono 19 e sono tutti
lavati e con i vestiti della festa. Li conosco praticamente tutti, e ora dovrò
farmi conoscere anch’io.
Una volta rotto il ghiaccio
mi accorgo di essere proprio portata per questo lavoro. E’ un’emozione profonda
riuscire a insegnare quello che so e vedere con quanto impegno e interesse
vengo seguita. Sono proprio contenta di aver accettato l’incarico.
Ora ho meno impegno di prima,
ma la mia pignoleria non mi permette di trascurare niente, così finisco per
essere impegnata per tutto il giorno e per sei giorni alla settimana.
Il primo anno trascorre così
in fretta che quasi non me ne accorgo.
Le famiglie che sono state
imbrogliate dal signor Giuseppe sono tornate a lavorare alla filanda o nei
campi, ma hanno dovuto subire uno squallido ricatto. Il signor Guglielmo, da
perfido padrone, ha imposto regole molto dure. Ha finto di essere rimasto molto
offeso dall’abbandono subito e avrebbe dato loro lavoro solo a paga dimezzata.
Purtroppo non hanno avuto scelta. Quella povera gente ha dovuto abbassare la
testa ed accettare se non voleva morire di freddo e di fame. E’ un’ingiustizia
che, spero, il Signore vorrà punire. Non è giusto approfittarsi così dei
bisogni della gente, ma qui, è sempre stato così.
foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti
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