sabato 3 novembre 2018

IRINA



IRINA 

P. SEI




Erano le ventitré e trenta quando il treno fermò alla stazione dove sarebbe scesa. Una leggera pioggerella rendeva tutto più dolce. Un uomo alto e magro con un grande ombrello nero la stava aspettando. La zia le aveva mandato il suo autista di fiducia. Bentornata signora Olga, buon Natale. Le disse l’uomo con un sorriso mentre l’accompagnava all’auto portandole la valigia. Grazie Antonio, buon Natale anche a lei, e grazie per essere venuto a quest’ora. Le rispose gentilmente.
Si metta comoda, signora, non impiegheremo più di un’ora ad arrivare dalla signora Letizia, non c’è molto traffico a quest’ora. Mise in moto e partirono mentre la pioggia batteva sui vetri e sembrava cantare una canzone di Natale.
Puntuali, arrivarono alla tenuta della zia Letizia un’ora dopo e la vecchia e arzilla signora la stava aspettando. Salutarono Antonio e lo lasciarono libero.
Se non fossi così felice di vederti ti picchierei! Le disse la zia mentre l’abbracciava. Olga rideva e la stringeva. Ora son qui, e rimarrò a lungo, non è questo quello che conta? E raggiunsero la grande cucina per uno spuntino.
Erano le due di notte quando ognuna si ritirò nella propria camera.
Olga era stanca ma non riusciva a dormire. Da tanto tempo soffriva d’insonnia e i ricordi non l’abbandonavano mai. Era stato proprio lì, in quella stanza, coccolata dalle amorevoli cure della zia che aveva trascorso i successi tre anni dal fatto che le aveva stravolto la vita. Era Natale, e questo le faceva sentire ancora di più il suo dolore. Lacrime da troppo tempo trattenute le bagnarono guance e cuscino, poi, finalmente si addormentò.
Passò il Natale e anche l’Epifania. Olga aveva trascorso con la zia un periodo rilassante. Erano state a teatro e avevano rivisto vecchie amicizie. Zia Letizia era l’ultima parente che le era rimasta e non era nemmeno la sua vera zia, ma quello non contava.
Il dieci gennaio avrebbero festeggiato insieme gli ottanta anni della vecchietta, poi sarebbe ripartita, lo sapevano entrambe.
I bagagli erano pronti e Antonio l’aspettava per portarla alla stazione.
Abbi cura di te, mia cara. Le disse la zia con le lacrime agli occhi. Ricorda che qui sei sempre la benvenuta, è casa tua. Olga la tenne stretta cercando di non emozionarsi troppo. Lo so, zia Letizia e ti prometto che tornerò presto. Ti voglio un mondo di bene. Le baciò le scarne guance e raggiunse l’auto che già aveva il motore acceso.
Era il venti di gennaio quando Irina tornò nel bilocale. Accese subito il riscaldamento e sistemò le sue cose. Era pomeriggio e fuori nevicava, non aveva voglia di uscire. Si preparò un panino con quello che si era portata e accese lo stereo con la sua musica preferita. Il giorno dopo avrebbe saputo quello che voleva.
Il bar di Giada aveva ancora le luci colorate accese quando varcò la soglia. La barista l’accolse con un grande sorriso. Lei prese posto al solito tavolino e aspettò che la donna le servisse la colazione.
Giada si sedette di fronte a lei con lo sguardo stralunato. Qualcosa non va, mia cara? Le chiese gentilmente mentre sorbiva il cappuccino. E’ successa una disgrazia tremenda! Un gravissimo incidente al signor Lorenzo, pochi giorni prima di Natale!  Non stava più nella pelle dalla voglia di raccontarle l’accaduto.
Irina sgranò gli occhi, stavolta era sinceramente interessata al racconto. Mentre tornava dal lavoro ha perso il controllo dell’auto ed è caduto da un cavalcavia. Aveva la voce che le tremava. E’ morto? Chiese Irina. Peggio! Le rispose l’altra. Sono riusciti a salvarlo ma è ridotto ad un vegetale, dicono che non si riprenderà più. Lo sposteranno presto in una struttura in Romagna dove rimarrà finchè la sua famiglia avrà i soldi per pagare. E’ terribile!
Irina assimilava queste informazioni. Era soddisfatta del risultato ottenuto e molto felice che non fossero serviti altri tentativi, finalmente la fortuna era girata anche dalla sua parte. E’ davvero terribile! Rispose alla barista. Non ne sapevo niente. Sono dispiaciuta. Non lo conoscevo ma so che aveva una famiglia e questi sono dispiaceri. Aggiunse posando la sua mano su quella dell’altra.
Prima la famiglia di Luca che se ne è andata, poi quella di Lorenzo che se ne sta andando, sembra quasi una maledizione. Troppi avvenimenti in questo piccolo paese, e tutti così ravvicinati. Speriamo che sia finita. Aggiunse mentre si alzava per servire un cliente.
Irina aprì il portatile e cercò le notizie che riguardavano l’incidente.
Ce n’erano in abbondanza di articoli, era un personaggio influente e un grande professionista e le indagini non erano ancora terminate ma la dinamica era chiara: aveva perso il controllo per l’asfalto viscido, e questo lo avevano dichiarato anche gli automobilisti che avevano assistito all’incidente.
Nessuno avrebbe mai saputo la verità, e nemmeno lei avrebbe mai conosciuto fino in fondo com’erano andate le cose. Di come quel piccolo alberello fosse volato fuori dal finestrino rotto e caduto nei rovi che costeggiavano i binari, coperto da un cumulo di neve sarebbe diventato spazzatura nella spazzatura che troppi incivili buttavano proprio lì. E di come la schiuma sparsa dai vigili del fuoco per paura che l’auto si incendiasse aveva cancellato ogni traccia del liquido maleodorante.
Rimase ancora un po’ con Giada, poi uscì per la spesa e si ritirò nel suo bilocale: era soddisfatta ma il macigno che aveva sul cuore ancora non si era smosso. Ora tocca a voi, Riccardo e Lora. E alzò il volume della musica.

immagine dal web- diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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