IRINA
P. SEI
Erano le
ventitré e trenta quando il treno fermò alla stazione dove sarebbe scesa. Una
leggera pioggerella rendeva tutto più dolce. Un uomo alto e magro con un grande
ombrello nero la stava aspettando. La zia le aveva mandato il suo autista di
fiducia. Bentornata signora Olga, buon
Natale. Le disse l’uomo con un sorriso mentre l’accompagnava all’auto
portandole la valigia. Grazie Antonio,
buon Natale anche a lei, e grazie per essere venuto a quest’ora. Le rispose
gentilmente.
Si metta comoda, signora, non impiegheremo
più di un’ora ad arrivare dalla signora Letizia, non c’è molto traffico a
quest’ora. Mise in
moto e partirono mentre la pioggia batteva sui vetri e sembrava cantare una
canzone di Natale.
Puntuali,
arrivarono alla tenuta della zia Letizia un’ora dopo e la vecchia e arzilla
signora la stava aspettando. Salutarono Antonio e lo lasciarono libero.
Se non fossi così felice di vederti
ti picchierei! Le
disse la zia mentre l’abbracciava. Olga rideva e la stringeva. Ora son qui, e rimarrò a lungo, non è questo
quello che conta? E raggiunsero la grande cucina per uno spuntino.
Erano le due
di notte quando ognuna si ritirò nella propria camera.
Olga era
stanca ma non riusciva a dormire. Da tanto tempo soffriva d’insonnia e i
ricordi non l’abbandonavano mai. Era stato proprio lì, in quella stanza,
coccolata dalle amorevoli cure della zia che aveva trascorso i successi tre
anni dal fatto che le aveva stravolto la vita. Era Natale, e questo le faceva
sentire ancora di più il suo dolore. Lacrime da troppo tempo trattenute le
bagnarono guance e cuscino, poi, finalmente si addormentò.
Passò il
Natale e anche l’Epifania. Olga aveva trascorso con la zia un periodo
rilassante. Erano state a teatro e avevano rivisto vecchie amicizie. Zia
Letizia era l’ultima parente che le era rimasta e non era nemmeno la sua vera
zia, ma quello non contava.
Il dieci
gennaio avrebbero festeggiato insieme gli ottanta anni della vecchietta, poi
sarebbe ripartita, lo sapevano entrambe.
I bagagli
erano pronti e Antonio l’aspettava per portarla alla stazione.
Abbi cura di te, mia cara. Le disse la zia con le lacrime agli
occhi. Ricorda che qui sei sempre la
benvenuta, è casa tua. Olga la tenne stretta cercando di non emozionarsi
troppo. Lo so, zia Letizia e ti prometto
che tornerò presto. Ti voglio un mondo di bene. Le baciò le scarne guance e
raggiunse l’auto che già aveva il motore acceso.
Era il venti
di gennaio quando Irina tornò nel bilocale. Accese subito il riscaldamento e
sistemò le sue cose. Era pomeriggio e fuori nevicava, non aveva voglia di
uscire. Si preparò un panino con quello che si era portata e accese lo stereo
con la sua musica preferita. Il giorno dopo avrebbe saputo quello che voleva.
Il bar di
Giada aveva ancora le luci colorate accese quando varcò la soglia. La barista
l’accolse con un grande sorriso. Lei prese posto al solito tavolino e aspettò
che la donna le servisse la colazione.
Giada si
sedette di fronte a lei con lo sguardo stralunato. Qualcosa non va, mia cara? Le chiese gentilmente mentre sorbiva il
cappuccino. E’ successa una disgrazia
tremenda! Un gravissimo incidente al signor Lorenzo, pochi giorni prima di
Natale! Non stava più nella pelle
dalla voglia di raccontarle l’accaduto.
Irina sgranò
gli occhi, stavolta era sinceramente interessata al racconto. Mentre tornava dal lavoro ha perso il
controllo dell’auto ed è caduto da un cavalcavia. Aveva la voce che le
tremava. E’ morto? Chiese Irina. Peggio! Le rispose l’altra. Sono riusciti a salvarlo ma è ridotto ad un
vegetale, dicono che non si riprenderà più. Lo sposteranno presto in una
struttura in Romagna dove rimarrà finchè la sua famiglia avrà i soldi per
pagare. E’ terribile!
Irina
assimilava queste informazioni. Era soddisfatta del risultato ottenuto e molto
felice che non fossero serviti altri tentativi, finalmente la fortuna era
girata anche dalla sua parte. E’ davvero
terribile! Rispose alla barista. Non
ne sapevo niente. Sono dispiaciuta. Non lo conoscevo ma so che aveva una
famiglia e questi sono dispiaceri. Aggiunse posando la sua mano su quella dell’altra.
Prima la famiglia di Luca che se ne è
andata, poi quella di Lorenzo che se ne sta andando, sembra quasi una
maledizione. Troppi avvenimenti in questo piccolo paese, e tutti così
ravvicinati. Speriamo che sia finita. Aggiunse mentre si alzava per servire un cliente.
Irina aprì
il portatile e cercò le notizie che riguardavano l’incidente.
Ce n’erano
in abbondanza di articoli, era un personaggio influente e un grande
professionista e le indagini non erano ancora terminate ma la dinamica era
chiara: aveva perso il controllo per l’asfalto viscido, e questo lo avevano
dichiarato anche gli automobilisti che avevano assistito all’incidente.
Nessuno
avrebbe mai saputo la verità, e nemmeno lei avrebbe mai conosciuto fino in
fondo com’erano andate le cose. Di come quel piccolo alberello fosse volato
fuori dal finestrino rotto e caduto nei rovi che costeggiavano i binari,
coperto da un cumulo di neve sarebbe diventato spazzatura nella spazzatura che
troppi incivili buttavano proprio lì. E di come la schiuma sparsa dai vigili
del fuoco per paura che l’auto si incendiasse aveva cancellato ogni traccia del
liquido maleodorante.
Rimase
ancora un po’ con Giada, poi uscì per la spesa e si ritirò nel suo bilocale:
era soddisfatta ma il macigno che aveva sul cuore ancora non si era smosso. Ora tocca a voi, Riccardo e Lora. E alzò
il volume della musica.
Nessun commento:
Posta un commento