AGHATA
P. TRENTACINQUE
I giorni
sembrava non passassero mai. Sir Cortan scrutava l’orizzonte fino a che il sole
non calava, i suoi occhi lacrimavano mentre si allenava nella radura. La sua
foga aumentava a dismisura pensando di avere di fronte i soldati del palazzo.
Aveva promesso di rimanere calmo e di aspettare notizie ma erano già passati
dieci giorni e ancora nessuno era tornato.
Fine agosto
portò la festa del villaggio. La piazza era addobbata con fiori e torce, lunghe
tavole erano predisposte con cibo e birra e alcuni suonatori rallegravano la
serata. Ester aveva costretto il suo padrone a partecipare e si erano seduti il
più lontano possibile.
Buona sera, sir Cortan, mi manda sir
Gottard. Resti calmo e seduto e faccia finta di conoscermi. Alzarono la coppa e bevvero. Le porto notizie di miss Aghata, so che
aspetta da tempo. La ragazza sta bene e viene trattata con tutti i riguardi.
Lord Sirus le chiede di raggiungere il suo palazzo. Domani mattina, prima
dell’alba troverà un drappello dei suoi soldati fuori dal villaggio, troverà
tutto il necessario per seguirli, dovrà essere molto prudente mentre
attraverserà il territorio di lord Aram, molti dei suoi soldati sono in giro a
cercare proprio lei ma non oseranno fermare i soldati con l’insegna di lord
Sirus. Non prenda niente altro che la sua spada e non parli con nessuno. Ci
vediamo domani. E se ne andò.
Ester guardò
il suo padrone, salutarono e tornarono a casa.
Era ancora
buio quando sir Cortan raggiunse il limite del villaggio, cinque cavalieri con
le insegne del loro padrone erano in attesa. Per un attimo ebbe timore a
seguirli, poteva essere un’imboscata, ma non esitò un attimo a vestirsi e
salire in groppa al cavallo. Il capo di quei soldati lo raggiunse. Benvenuto sir Cortan, ho l’ordine di
scortarla fino al palazzo di lord Sirus, siamo al corrente della prudenza che
serve, tenga ben calato l’elmo e non mostri mai il viso. Ora possiamo andare.
Il sole
stava sorgendo e loro erano già lontani dal villaggio e sulla terra di lord Aram.
Cavalcavano
tranquilli come se fossero in viaggio per una qualsiasi missione del loro lord.
Incontrarono vari drappelli di soldati ma nessuno li fermò o chiese loro di
presentarsi. Cercavano un uomo da solo e avevano ordini ben precisi.
Passarono
poco distanti dal palazzo di lord Aram e il pensiero di sir Cortan volò oltre
quelle mura, si portò la mano al petto e sentì i battiti della sua amata, si
erano parlati e più di così non poteva sperare.
Si
accamparono fuori da quel territorio e ripartirono prima dell’alba. Ci volle
ancora tutta la giornata prima di vedere il palazzo di lord Sirus, finalmente
avrebbe avuto notizie, o così sperava.
Entrarono e
lasciarono i cavalli alla stalla, un servo raggiunse l’ospite e lo accompagnò
dal suo padrone.
Sir Cortan
era stanco, sporco e affamato. Lord Sirus era seduto a tavola e la cena era
stata servita. Si sieda sir Cortan, si
lavi le mani e mangi qualcosa con me, so che è stanco. L’ospite fece quanto gli era stato chiesto e
cominciò a mangiare. Avrebbe voluto evitare quei formalismi e passare subito a
quello che gli stava a cuore ma sapeva stare al suo posto, mangiò e aspettò che
lord Sirus si decidesse a parlare.
Come stanno i suoi occhi, sir Cortan? Fu la prima domanda che gli fece.
Stanno migliorando, ma ancora non
sono guariti del tutto. Miss Aghata stava facendo un grande lavoro, prima di… gli si spezzò la voce.
La ragazza sta bene, questo glielo
posso assicurare, nessuno le torcerà un capello o le mie spie faranno quello
che devono, ricevo notizie quasi ogni giorno, può stare tranquillo. Disse mentre beveva un boccale di
vino.
Starò tranquillo quando l’avrò con
me, non mi fido di lady Lucy. Gli rispose.
Mi sono chiesto spesso come un uomo
della sua levatura e onestà abbia potuto assecondare quello che succedeva e
succede tutt’ora al palazzo di lord Aram. Io conosco di che pasta è fatto e mi
aspettavo qualche rimostranza, ciò che non è mai avvenuto. Dritto al punto.
Io sono, ero soltanto il capitano
delle guardie e a volte il consigliere del lord, obbedivo agli ordini anche
quando non li capivo, sono un soldato. Gli rispose.
Certamente, un soldato e un valido
capitano. Quello che più ho sempre apprezzato di lei è la sua onestà, la sua
lealtà. Credo che siano doti che a volte pesano in certe circostanze. Le chiedo
apertamente: come mai non mi ha mai parlato di quello che succede in quel
posto? Rimarcò di
nuovo lord Sirus.
Io non sono una spia, nel mio piccolo
cerco di fare del mio meglio. Non conosco come funzionano le cose fra i ranghi
che io non frequento. Chi mi poteva assicurare che lei non fosse d’accordo con
loro? Che poteva essere una trappola che mi si ritorceva contro? Lo guardava dritto negli occhi,
senza timore alcuno.
Ha ragione, sir Cortan, lei non è
avvezzo a certe macchinazioni è questo che mi piace di lei. Lasci che le
spieghi alcuni dettagli, noi lord non siamo i padroni dei territori che
governiamo, abbiamo delle regole non scritte da rispettare. E’ vero che il
rango significa molto, infatti nessun contadino potrebbe mai ricoprire quel
ruolo. Ci vogliono persone avvezze al comando e, me lo lasci dire anche con
molto pelo sullo stomaco, ma questo non significa maltrattare chi ti dà la
ricchezza. Io rispondo ad una stretta cerchia di lord che ha molto potere, io
stesso devo saper stare al mio posto, ed ho l’impressione che lady Lucy abbia
perso il senso della misura. Gli disse con estrema sincerità.
Perché dice proprio a me queste cose,
lord Sirus? Sir
Cortan era titubante.
Perché le serve per capire quando le
chiederò di saldare il suo debito. Ora può ritirarsi e riposare, serve tempo
per fare le cose per bene, la fretta è cattiva consigliera. Chiamò un servo e lo fece
accompagnare nella sua stanza.
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