AGHATA
P. VENTISETTE
Era una
giornata bella, soleggiata e lievemente ventilata, come quelle che solo giugno
sa dare, era il giorno della sfida e tutto era pronto. Le sagome per la gara
delle frecce, quelle per il pugnale e lo spazio necessario per la gara
decisiva: il duello con le spade e il corpo a corpo.
Un palco in
legno conteneva tre poltrone e uno spazio per alcune persone. I tre lord erano
al loro posto. Il tamburo rumoreggiava in attesa dell’inizio della sfida.
Dietro lady Lucy stava Aghata, in piedi e pronta ad obbedire alle richieste dei
suoi padroni. Sir Cortan alzò lo sguardo e incrociò quello della ragazza, due
notti nella camera di lord Sirus ma non riusciva a distinguerne i segni a
quella distanza. La sua rabbia montò ancora di più. Cercò di riprendere il
controllo delle proprie emozioni, non poteva distrarsi. Le trombe diedero i tre
squilli di rito. I due duellanti presero posizione di fronte al palco e i tre
lord si misero in piedi. Lord Aram lesse il regolamento, la prima gara con tre
frecce, la seconda con tre pugnali e la terza con la spada, fino a che uno dei
due non fosse vinto.
Aghata portò
a lady Lucy due cuscini sui quali c’erano due elmi. Fu lei stessa a consegnarli
nelle mani dei duellanti. Non ci furono passaggi di sguardi, nessun segnale che
ci potesse essere qualcosa di losco, dopo tutto la supervisione di lord Sirus
rendeva quell’incontro ancora più legittimo, l’esito finale sarebbe stato
inoppugnabile.
I duellanti
salutarono e giurarono come era previsto. Un gesto di lord Aram fece zittire le
trombe e diede inizio alla gara.
Il primo a
scoccare la freccia fu sir Cortan e andò a segno, scoccò la seconda che sfiorò
la prima, poi lasciò il posto al suo avversario. Sir Mortenn scoccò le due
frecce ma non fu preciso quanto l’altro. Entrambi si volsero verso il palco per
avere la conferma su cosa fare, ma la distanza fra i due era talmente evidente
che fu deciso di non scoccare la terza freccia. Sir Cortan aveva vinto la prima
gara.
Entrambi
sudavano molto sotto la leggera corazza e sotto l’elmo, andarono a rinfrescarsi
il viso ed asciugarsi, ognuno al proprio angolo e si riportarono in posizione.
Toccava a
sir Mortenn iniziare questa sfida. Lanciò il pugnale e centrò in pieno il
segno, lanciò l’altro e fece altrettanto, era sempre stato molto bravo in questo.
Sir Cortan
prese posto e lanciò il suo pugnale. Un mormorio si alzò dalla folla, aveva
preso il soltanto il bordo esterno della sagoma. L’uomo non capiva, si sentiva
debole ma quello che lo angustiava era la vista, i suoi occhi non sopportavano
la luce e non riusciva a mettere a fuoco, si concentrò e lanciò il secondo
pugnale che non andò a segno.
Come nella
gara precedente si volsero verso il palco e fu decretata la vittoria dello
sfidante. Erano in parità, tutto si sarebbe risolto con la spada e tutti
sapevano che sir Cortan era imbattibile in questo.
Ci furono
alcuni minuti di pausa e gli sfidanti si dissetarono prima di iniziare quella
che poteva essere una lunga contesa.
Non riesco a vedere. Disse sir Cortan al suo secondo. Bagnami gli occhi. Si rimise l’elmo e
raggiunse il centro del cortile, lo squillo di tromba diede il segnale.
Sir Mortenn
prese l’iniziativa, aveva visto la debolezza del suo avversario e calò la sua
spada con tutta la forza sul suo avversario che riuscì a parare con lo scudo,
mettendo però un ginocchio a terra. Intorno a loro il silenzio era totale. Sir
Cortan cercava di capire da dove potevano arrivare i colpi dell’altro, lo
conosceva bene e avrebbe potuto batterlo anche ad occhi chiusi ma le gambe gli
stavano cedendo, e il braccio che sosteneva la spada diventava sempre più
pesante. Non mollò e continuò a battersi per quanta forza gli era rimasta.
Tutti vedevano in che difficoltà si trovava e nessuno riusciva a capire come
fosse possibile.
Un colpo più
forte dei precedenti gli tolse lo scudo, il braccio gli doleva e non riusciva a
vedere l’avversario. Parava i colpi senza vederli ma l’altro, conscio delle sue
difficoltà aveva aumentato l’intensità della lotta. Non ci fu bisogno di un
altro colpo per togliere la spada dalla mano di sir Cortan, fu lui stesso a
lasciarla cadere, le sue forze si erano esaurite e sapeva che era giunta la sua
fine, sapeva di essere stato drogato o avvelenato ma non avrebbe più potuto
difendersi o farsi valere.
Un calcio in
pieno petto lo mandò a terra con la schiena nella polvere. I soldati presenti
sembravano non respirare e sul palco c’era molta incredulità.
Sir Mortenn
teneva un piede sul petto dell’uomo a terra e la sua spada puntata alla gola,
si voltò verso il palco prima di sferrare il colpo decisivo, era pronto a
uccidere il capitano e prenderne il posto, questa era la regola e non gli
importava di sapere come gli era riuscito. Guardò tutti i soldati intorno e si
tolse l’elmo, li sfidò con lo sguardo come a dire che ora era lui il comandante
e nessuno poteva togliergli questo privilegio. Era ora di porre fine a tutto,
prese l’elsa della spada con entrambe le mani e mise la punta sul cuore,
avrebbe usato entrambe le mani, l’ex capitano non doveva uscirne vivo e lui non
voleva sbagliare. Prese forza per l’ultimo atto.
Fermo! La voce di lord Sirus si levò nel
silenzio.
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