martedì 12 marzo 2019

ESTERINA


ESTERINA 

P. QUATTORDICI






I raccolti sono mietuti anche quest’anno. L’uva presto verrà vendemmiata e alcuni animali saranno macellati. Ancora una volta ci prepariamo per l’inverno e, ancora la guerra non è finita. Il 1917 è stato pieno di sorprese per me, la lettera di Alberto, quella di mio padre, e mi devo accontentare. Sono stata più fortunata di molti altri. Il “dannato dispaccio” non è arrivato e Albina comincia a nutrire speranza nel cuore. Nel mio non è mai cessata: la speranza e la certezza che prima o poi questo pazzo mondo dovrà tornare alla normalità. La convivenza con mia madre per ora continua senza sorprese, ma so che mi guarda spesso cercando di carpirmi i pensieri. Ho deciso che la prossima primavera troverò il modo di recarmi dal notaio. Per ora continuo la mia solita vita.

Ogni famiglia si sta preparando ad un altro inverno freddo e insidioso. La legna è pronta in ogni casa, i ragazzi hanno raccolto anche i più piccoli ramoscelli, niente viene scartato o buttato. Siamo ancora qui, sempre più tristi, sempre più vecchi e più malati aspettando la fine della guerra per avere un nuovo inizio.

01 dicembre 1917. Caro Diario. Oggi è stata una giornata tremenda. Alcuni ragazzi sono tornati. Uno senza un braccio, uno senza una gamba, uno senza gli occhi, altri talmente magri e debilitati da dover essere accompagnati da altri amici. Io non ho mai visto niente di simile! Le loro povere famiglie li hanno accolti solo piangendo. Ora dovranno essere curati, ma da chi? Manca tutto, non ci sono medicine, non c’è un dottore, tutto è sulle spalle delle loro famiglie. Ma, nonostante tutto questo, sono felici di essere tornati a casa. Ancora una volta maledico questa guerra e tutti quelli che l’hanno voluta!

Il freddo e la neve accoglie anche questo Natale che passa senza festeggiamenti e senza fronzoli. Almeno i più piccoli avrebbero diritto ad un po’ di gioia, ma nessuno riesce ad averne.

Arrivano notizie che anche il nostro re stia pensando di ritirarsi dalla guerra, ma nessuno sa se c’è qualcosa di vero in queste dicerie. C’è soltanto molta voglia che tutto questo finisca e questo fa nascere discorsi più dettati dal desiderio che dalla realtà.

E’ una stagione fredda e gelida, identica a quelle precedenti, ma molti anziani sono morti portati via dalla tubercolosi e dalla dissenteria.
In casa mia tutto è immutato, tutto è in attesa di quello che può avvenire.
Io rimango nella mia camera, leggo libri, e rileggo la lettera di mio padre.
Aspetto notizie, e il disgelo.

Anno 1918. E’ iniziato l’anno nuovo. Dio dacci finalmente la pace nel mondo.

Mentre questo inverno trascorre identico a quelli precedenti, tutti sappiamo che sarà un altro anno di guerra. Le nostre preghiere, le nostre speranze si infrangono nella realtà che ci circonda e che non ci dà motivo di essere felici.

20 marzo 1918. Caro Diario. I soldati che sono tornati a casa dal fronte non sono sopravvissuti tutti. Abbiamo già partecipato a cinque funerali dei nostri giovani. Non so descrivere il dolore delle loro famiglie: erano contenti di averli a casa anche se erano malati, storpi o amputati. Ma non ce l’hanno fatta. Quando sono arrivati in paese c’è stata quasi aria di festa, ma è durata poco. Le loro condizioni erano talmente gravi che tutta la comunità si è impegnata ad aiutarli. Erano pieni di pidocchi e di zecche, molte ferite erano infette, i loro corpi talmente magri ed emaciati che a stento siamo riusciti a riconoscerli. Nessuno di loro ha voluto, fin’ora, parlare della loro esperienza al fronte. Hanno solo tanta voglia di guarire nel corpo per poi poter guarire anche nell’anima. Molti sono fortunati perché hanno ritrovato genitori o mogli, ma alcuni non hanno più trovato nessuno della propria famiglia e sono stati ospitati da altri parenti. Ho visto Guglielmo, che era molto amico di Alberto, e mi sono fermata a parlare un po’ con lui. Ha solo 21 anni ma la faccia e l’espressione sono quelli di un vecchio. Ci siamo solo salutati, lui non aveva voglia di parlare, non mi ha nemmeno chiesto notizie di Alberto. Avrei voluto stringerlo fra le braccia e trasmettergli un po’ di calore, ma penso che, oltre che sconveniente, sarebbe stato un gesto non capito. I suoi genitori mi hanno chiesto di ritornare, ma non sono sicura di poterlo fare. In tante famiglie si stanno dannando l’anima per aiutarli e rimetterli in salute; molti genitori rinunciano al cibo per loro, per rifocillarli e per fare in modo che si riprendano in fretta. Ma il nostro re, ha mai pensato a tutto questo? Io non capisco.

Per fortuna le stagioni ci aiutano tutti. La primavera si sta preannunciando con viole e primule sparse nelle rive dei campi. Anche il bel tempo sembra sia impaziente di arrivare e, noi tutti, lo aspettiamo con nuova speranza.

In casa mia sembra di stare in una chiesa, tanto è il silenzio che c’è. Mia madre non è cambiata, continua il suo lavoro e si cura poco, apparentemente, di me.
Alberto non mi ha più scritto ma io sono sicura di essere nel suo cuore. Credo, credo, credo, che questo sarà l’anno della pace.

immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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