ESTERINA
P. NOVE
"Sei
diventato un ubriacone, non sei più nemmeno un marito, se non fosse per me non
avresti più niente. Resta chiuso nel tuo mondo, io non ho certamente bisogno di
te, ma mia figlia, ti giuro, farà come dico io.”
I suoi occhi sembrano forare i miei pensieri, so
che vorrebbe saper leggere quello che mi passa per la testa, ma non glielo
permetterò.
Non intendo nemmeno replicare a quello che ha
detto, non ha nessun valore per me, e il mio silenzio ed il mio sguardo così
fiero la fanno arrabbiare ancora di più. Lei lo sa che sarà difficile piegarmi
ai suoi voleri ma non demorderà, io non cederò, e la nostra vita futura sarà
sicuramente un inferno.
“Grazie
babbo per le belle parole, ne girano così poche ultimamente.”
Mi alzo e gli dò un bacio. Si commuove e mi
abbraccia e sento i suoi singhiozzi che gli solcano il petto. So che sta
pensando ad Alfredo, so che il dolore della sua perdita lo porterà alla morte,
so tutto questo ma so anche che mi vuole bene. Ricambio l’abbraccio e lo
accompagno nel suo studio, dove, purtroppo, continuerà a bere e fumare fino a
stordirsi.
Uno sguardo a mia madre che non si è mossa dalla
sua sedia e mi ritiro nella mia camera.
In questa atmosfera di gelo famigliare e di gelo
invernale marzo passa senza altre novità.
La primavera si avvicina, la vita comincia a
risvegliarsi. E’ la fine di aprile, quasi un anno è passato e Alberto non ha
ancora dato sue notizie.
Questa mattina mio padre è sceso insolitamente
rasato e ben vestito. Vuole uscire a cavallo e rivedere le sue terre. E’ un
sollievo rivederlo nella sua forma migliore. Solo gli occhi smentiscono il suo
abbigliamento.
Dopo tanti mesi facciamo colazione tutti insieme
e mia madre ha un’espressione perplessa. Lo saluto calorosamente e lui mi
accoglie in un abbraccio. “Esterina sei
sempre la mia bambina bellissima”.
Uno sguardo anche al posto vuoto di mio
fratello, ma lo toglie velocemente.
Mentre si allontana a cavallo si volta a
guardare la sua casa, casa che non rivedrà mai più.
Hanno trovato mio padre annegato nel fiume.
Quando il cavallo è tornato da solo alla stalla abbiamo capito che era successo
qualcosa. Non è stato difficile trovarlo. Aveva un’aria serena, di uno
finalmente in pace. Oramai niente aveva più importanza: né guerra, né raccolti,
né pace. Aveva raggiunto il suo adorato figlio e questo era tutto quello che
voleva.
Hanno detto che si è trattato di un incidente,
ma nessuno ci ha creduto fino in fondo. Adesso che è sepolto e mi ritrovo da
sola con mia madre mi sembra di essere attraversata dal gelo. Non c’è più
nessuno che stia dalla mia parte, fra me e lei è diventata una lotta alla pari,
ma lei parte in vantaggio perché io ho solo sedici anni.
31 maggio
1916. Caro Diario. Giusto un anno fa ti raccontavo di questo paese ormai senza
più giovani. E’ passato un anno, un anno durissimo sotto tutti i punti di
vista. Il freddo, la mancanza di notizie dal fronte, le malattie, la morte di
mio padre, tutto è peggiorato. La guerra sembra non voler finire e molti
giovani soldati stanno morendo al fronte. Da un anno aspetto notizie di
Alberto, ma non sono ancora arrivate. Mia madre si è vestita di nero, porta un
lutto che è solo falso, lei non aveva nessun sentimento per suo marito, ma gli
altri non lo devono sapere. Mi verrebbe voglia di gridare a tutti che è stata
colpa sua se mio padre si è tolto la vita. Fra di noi, per il momento, tutto
procede senza intoppi. Non ci sopportiamo molto e ci vediamo quasi solo per i
pasti. Sta di sicuro tramando qualcosa che mi riguarda, sto aspettando la sua
prossima mossa.
Per questa
primavera ed estate ho scelto di curare i cavalli, li ho sempre amati e mi
piace stare con loro, in più posso stare fuori di casa e lontana da mia madre.
Spero che sia un’estate piacevole per tutti e che il caldo faccia guarire chi
ancora ha la tosse.
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