ESTERINA
P. OTTO
Sono giunte anche alcune e frammentarie notizie
dal fronte. Ci hanno raccontato che nelle prime battaglie per tenere il confine
sull’Isonzo ci sono stati decine di migliaia di caduti. C’è la paura che
nemmeno tutti possano essere riconosciuti e che le famiglie restino senza
notizie per sempre. C’è anche una epidemia di tubercolosi e molti soldati
muoiono per malattia.
Adesso sta
arrivando anche l’inverno e la situazione sarà ancora peggiore.
Anche da noi c’è chi si è ammalato e molti
bambini non sono ancora guariti.
Arriva l’inverno, c’è ancora la guerra e Alberto
non mi ha ancora scritto.
TERZO CAPITOLO
Che tristezza! Ogni famiglia sta chiusa in casa
in cerca di calore. Fa talmente freddo che anche gli anziani non ricordavano
tanto ghiaccio e gelo. Dai tetti delle case pendono stalattiti ghiacciate che
non si sciolgono per giorni e giorni. La nebbia dura intere giornate e si fa
fatica quasi a riconoscersi per strada. Mio Dio! Come sarà la vita per i nostri
soldati? Come riusciranno a sopravvivere anche a tanto gelo?
Non riesco a immaginare che vita sia quella al
fronte, anche se ci penso proprio non riesco a immaginarla, so soltanto che
deve essere terribile.
Le feste del Santo Natale sono scivolate via
senza grandi festeggiamenti. Nessuno ha voglia di divertirsi, nemmeno i
bambini. Anche i piccoli, ormai, hanno capito quanto dolore si sta impadronendo
della nostra terra, le mamme, le mogli, le sorelle, ogni abitante di questo
paese, e di tutto il resto, soffre per se stesso e per il suo caro che si trova
al fronte.
In casa mia è ancora peggio! Mio padre sta
trascurando anche la sua persona. La sua bella barba è incolta, gli occhi sono
rossi e spiritati e non riesce a formare una frase di senso compiuto. Chiunque
ha bisogno di qualcosa si rivolge a mia madre, che, come al solito, non ha
scalfito il suo spirito generalesco nemmeno in minima parte. Sono sempre più
convinta che non sia umana.
Con questo freddo e gelo sono aumentate le
malattie. Le case non sono molto riscaldate e i vecchi e i bambini hanno tosse
e febbre. Fa paura la tubercolosi, non ci sono molti rimedi, perciò stiamo
tutti tappati in casa in attesa del disgelo.
28
febbraio 1916. Caro Diario. Ho le mani intirizzite e la fiamma del focolare
serve a poco. Sono così sola! Da quando mio fratello è morto la mia famiglia
non è più la stessa. I ruoli si sono invertiti, ora è la mamma che comanda su
tutto, e questo non mi piace, perché la sua durezza e la sua severità saranno
un grosso ostacolo anche per me. Mio padre è ormai un uomo finito, non avrei
mai immaginato si potesse ridurre così. Non ho ancora avuto notizie di Alberto,
nemmeno la sua famiglia, ma io sono sicura che sta bene e che manterrà la sua
parola e tornerà. Vivo con questa convinzione o non sarebbe più vita. Il gelo
non vuole mollare e anche gli animali nelle loro stalle cominciano a morire di
freddo. Abbiamo chiuso tutte le stanze che non usiamo e ci ritroviamo solo in
cucina e nelle nostre camere. Passo molto tempo a leggere e a pensare al mio
amore, alla promessa che ci siamo scambiati ed alle difficoltà che ci saranno
quando questa maledetta guerra sarà finita. Sono pronta ad affrontare le
difficoltà, l’importante è che Alberto torni e la guerra finisca, a tutto il
resto troverò rimedio. Ora scendo a cena.
Mentre ceniamo in assoluto silenzio e mia madre
guarda con disprezzo suo marito, mio padre alza gli occhi dal piatto, si versa
un altro bicchiere di vino e mi guarda. I suoi occhi, così lucidi e rossi
sembrano avere un lampo di gioia e mi regala un sorriso. “Come sei bella Esterina, diventi ogni giorno una donna più bella.” Poi
guarda mia madre ed il suo sguardo si fa torvo: “tu non sei per niente bella, sei sempre stata una strega che non ha
conosciuto sentimenti. Quando ti ho sposata mi sono sentito ingannato, mi sono
ritrovato al mio fianco un pezzo di ghiaccio senza cuore. Esterina non ha preso
sicuramente da te. Figlia mia, segui sempre il tuo cuore, quello non ti
ingannerà mai. Non fidarti di nessuno, ma segui sempre solo te stessa.”
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