DISPERAZIONE
Stare seduto
sulla riva del fiume, in pieno inverno col fiato che si condensa e sale in alto
sopra le nuvole scure, lasciando che i pensieri mi avvolgano la mente, mentre
il corpo è come paralizzato da tutto quello che provo.
L’acqua
scorre lenta e silenziosa, in questo tardo pomeriggio gli ultimi raggi di sole
non riescono più a rischiarare la terra, è quasi buio, come dentro di me.
Lacrime
amare e silenziose mi solcano il viso dalla barba incolta, non le asciugo e le
lascio cadere sul terreno già umido, dove anch’io sono seduto con i pantaloni
già fradici. Chiudo gli occhi e la rivedo, la mia splendida e adorata compagna
in quella calda giornata di sole che mi aspetta sui gradini di casa, il suo
sorriso le illumina il viso, gli occhi e mi corre incontro. Dio com’è bella, e
quanto la amo! Indossa il suo abito leggero e colorato e mi fa una danza
prendendomi per mano. Credo di sapere cosa mi deve dire. Mi guarda fisso negli
occhi e il suo sorriso diventa ancora più grande: avremo un bambino, sì amore
mio avremo un bambino. La stringo a me e le bacio il collo e i capelli, sento
il suo profumo e la sua felicità aumenta la mia, saremo una vera famiglia,
finalmente il nostro sogno si avvera.
Apro gli
occhi e guardo l’acqua che si è fatta più scura, il cielo è quasi nero e grosse
gocce di pioggia iniziano a cadere, io non le sento nemmeno e ritorno indietro
nel tempo.
La prima
ecografia è stata un’emozione, le tenevo la mano mentre sul monitor passavano
immagini che io non sapevo distinguere, ma la dottoressa diceva che tutto era a
posto e questo mi bastava, ci bastava.
Furono mesi
difficili e felici, fra nausee e malesseri vari che sparirono d’un tratto come
per miracolo.
Mi viene da
sorridere se penso a quei mesi così intensi e felici, ma poi tutto è
precipitato. Ho perso il lavoro e la disperazione è penetrata nel mio essere.
Ho cercato,
dio solo sa quanto ho cercato un’altra occupazione ma non c’è stato niente da
fare. Lei mi consolava, aveva fiducia in me mentre il suo ventre germogliava e
il nostro bambino cresceva con la voglia di nascere. Le nostre famiglie ci
aiuteranno, mi diceva, non dobbiamo abbatterci, il nostro bambino ha bisogno di
noi. Quante volte me lo ha ripetuto, e più sentivo queste parole più mi veniva
voglia di scomparire.
Che padre
posso essere se non sono nemmeno in grado di trovare un lavoro per mantenere la
mia famiglia? Che marito posso essere se non ho nemmeno il coraggio di guardare
in faccia la donna che amo più di me stesso? Che futuro posso aspettarmi se non
ho più nemmeno la forza di essere felice per loro?
Stamattina è
nato il mio bambino, splendido, sano e la mia compagna aveva gli occhi lucidi
quando me lo ha mostrato. Ho visto in quegli occhi tanto amore e tanta paura,
ho visto la mia colpa, il mio essere inutile. Ho accarezzato la testolina di
mio figlio ed ho sentito un tuffo al cuore. Mi sono sentito inadeguato. Non ho
resistito e li ho salutati. Lei mi ha seguito con lo sguardo, mi ha chiamato,
mi sono voltato e le sue lacrime sono state tante pugnalate nel mio cuore. Non
andartene, mi ha detto ma io le ho mandato un bacio e sono uscito.
Ed ora sono
qui, sulla riva del fiume a meditare sulla mia vita, sul mio futuro ma
soprattutto su quello che posso dare alle due persone che più amo al mondo e
non trovo soluzione.
Piango e i
singhiozzi mi squassano ogni fibra del corpo, le lacrime mi accecano mentre a
piccoli ma decisi passi mi avvicino al precipizio, al salto che metterà fine al
mio immenso dolore e alla disperazione.
Il cielo è
quasi buio e la pioggia si è fatta più insistente, sento il vuoto sotto di me e
l’acqua che mi circonda. Non sento nemmeno il freddo e mi lascio trasportare
dalla corrente, ho il viso rivolto al cielo che sembra si stia schiarendo. E’
un segno, il mondo sta meglio senza di me, la mia compagna, mio figlio staranno
meglio senza di me ed io troverò sollievo alla mia disperazione.
Una nullità
per il mondo, questo mi sento ma ora sono in pace.
Perdonatemi.
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