ELOISE
P. OTTANTASEI OTTANTASETTE OTTANTOTTO
Era notte
fonda quando Leonard uscì furtivo dall’alloggio. Scuro come il buio si diresse
all’alloggio delle false guardie reali. Si avvicinò cercando di scoprire se
stessero parlando di qualcosa e vide che fuori c’erano due di loro seduti di
guardia. Doveva cambiare il piano che aveva pensato.
Tirò un
sospiro e si avvicinò a loro. Quelli si alzarono immediatamente e sfoderarono
le spade.
Calma, calma. Sono uno di voi. Sono
uscito per ispezionare i dintorni dopo che ho sentito rumori sospetti. Avete
sentito qualcosa? Chiese
loro.
I due uomini
erano sospettosi ma si comportarono da professionisti. Parlarono poco ma
dissero che sarebbero stati ancora più attenti e vigili. Poi lo salutarono
tornando a sedersi davanti alla porta.
Leonard aprì
la fialetta e, senza essere visto ne versò buona parte nell’acqua della botte
che usavano per lavarsi.
Ritornò sui suoi passi e ne versò una goccia
in altre quattro botti, in modo che non si potesse sospettare un attacco alle
guardie reali.
Sapeva di
cosa si trattava, difficilmente avrebbe ucciso qualcuno ma non sapeva se era
stato aggiunto dell’altro.
Ritornò
all’alloggio e si mise a dormire.
Ci vollero
due giorni prima che i primi sintomi dell’epidemia si facessero sentire. Tutte
le false guardie erano costrette a stare a riposo per la febbre alta e brividi
accompagnati da diarrea incontenibile.
Altri
lavoranti furono colpiti ma si ripresero in fretta.
Due
settimane passarono senza che le false guardie potessero uscire di nuovo. Nel
frattempo, Leonard e il suo collega non avevano smesso di perlustrare il
territorio in cerca di altri nemici ma non ne avevano trovati.
I
preparativi per il matrimonio erano quasi conclusi. Le cucine pronte a lavorare
a pieno ritmo, le stalle pulite e fornite di foraggio, varie postazioni pronte
per contenere le carrozze e lo spiazzo ripulito e pronto per essere sistemato
per la cerimonia.
Sir Power
stava osservando tutto quanto. Sentì un grande vuoto dentro di lui. Aveva tanto
sperato di poter portare nel suo castello e nella sua vita la donna che amava
che si sentì morire. Ancora si chiedeva per quale motivo il suo re non lo
avesse ascoltato. Non gli aveva mai chiesto niente e, davvero non se lo
aspettava.
Raddrizzò le
spalle e chiamò alcuni operai. Diede istruzioni su come procedere e rientrò
nella sua camera.
Allen e
Leonard, si scambiarono uno sguardo eloquente mentre stavano fuori dalla porta.
Che ne pensi? Chiese Allen.
Che sta soffrendo molto. Gli rispose Leonard.
Non possiamo farci niente, purtroppo.
Continuò il capo
scorta.
Forse. Rispose con un sorrisetto l’altro.
Si era fatta
sera e sir Power non era più uscito. Steven e Leroi vennero a dare loro il
cambio che ancora il buio non era sceso del tutto.
Sul tavolo
del loro alloggio c’era la cena pronta ma Leonard non si fermò. Dovrai coprire la mia assenza questa notte. Disse
prima di uscire.
Prese il
cavallo e senza preoccuparsi di non essere visto cavalcò fino alla casa del
fabbro.
Era notte
quando arrivò e legò il cavallo prima di bussare.
Fu King il
primo a sentirlo e cominciò a guaire fino a che Tom aprì la porta.
Il collega
di Leonard lo aveva visto arrivare e sorrise al pensiero di quello che il suo
amico era venuto a fare, si mise comodo e, per alcune ore potè dormire
tranquillo.
Leonard era
a tavola con la famiglia al completo. Rimase a parlare con loro fino all’alba
e, quando uscì per tornare al castello aveva il cuore leggero e contento.
Mentre
rientrava al castello incrociò le false guardie reali che uscivano, ne
mancavano due che non si erano riprese del tutto dal malore. Non alzarono lo
sguardo mentre lui passava loro accanto.
Raggiunse il
loro alloggio ed entrò. Due uomini erano addormentati. Si avvicinò, li osservò
attentamente, poi uno alla volta li pugnalò al cuore. Teneva la sua mano
premuta sulla bocca e nessuno si accorse di niente.
Uscì stando
attento a chi incontrava e andò alla stalla a consegnare il cavallo.
Ci sarebbe
stato del bel movimento da quel giorno.
Raggiunse il
suo alloggio che Allen era pronto a uscire per il suo turno. Temevo non saresti arrivato. Gli disse. Ho avuto da fare. Gli rispose quasi
sorridendo Leonard.
Mancava una
settimana al nove di settembre e tutto era pronto per il matrimonio.
L’agente del
re sentì arrivare i cavalli ancora da lontano. Si mise comodo e vide le false
guardie reali arrivare e fermarsi davanti alla casa del fabbro.
In due
scesero da cavallo, entrarono circospetti in casa e non trovarono nessuno.
Richiamarono anche gli altri e cominciarono a ispezionare ogni angolo. Il fuoco
della fucina era spento, tutte le stanze erano in ordine ma non c’era nessuno.
Quello che
doveva essere il capo uscì per osservare i dintorni. Sembrava impossibile ma
qualcuno doveva averli avvisati, e se davvero era così anche la loro copertura
era saltata. Richiamò i suoi uomini, risalirono a cavallo e tornarono
velocemente al castello.
Ora che
sapevano di essere stati scoperti erano molto guardinghi e sospettosi ma
nessuno sembrava trattarli in modo diverso dal solito. Raggiunsero il loro
alloggio e scoprirono i cadaveri degli altri due. Dovevano andarsene in fretta
se non volevano essere scoperti. I loro ordini erano chiari, oltre a portare a
termine l’uccisione di sir Power o della ragazza, meglio se di entrambi, era
tassativo che non si facessero scoprire. La fonte non doveva essere rivelata
per nessun motivo o tutto sarebbe stato inutile.
Raccolsero
velocemente le loro cose, avvolsero i due cadaveri nelle lenzuola e uscirono
dal castello come se niente fosse.
Leonard era
seduto fuori dall’alloggio quando arrivò il solito ragazzino. Non aspettò che
parlasse, prese le sue armi e uscì dal castello galoppando veloce.
Il suo
collega lo stava aspettando. Non ce la
faremo mai a ucciderli tutti. Sono ben addestrati e sanno di essere stati
scoperti. Disse Leonard.
Seguivano le
tracce del gruppo che avanzava piuttosto velocemente. Li avevano quasi
raggiunti e quelli se ne accorsero. Incitarono i loro cavalli ad aumentare
l’andatura, dovevano raggiungere il fiume ed attraversarlo il più in fretta
possibile, sull’altra sponda avrebbero trovato i loro complici ad aiutarli.
Leonard e
l’altro li raggiunsero e cominciarono a menare colpi con la spada. Due caddero
a terra, feriti gravemente. Ne rimanevano quattro ed erano molto allenati. Tre
di loro si misero di mezzo per lasciare libero il loro capo di raggiungere la
salvezza mentre loro erano disposti a dare la vita per farlo.
Fu una battaglia
davvero dura, ebbero la meglio sulle finte guardie ma il loro capo era già
lontano.
Leonard
guardò il suo compagno. Che facciamo? Gli
chiese ansimando. Non preoccuparti.
Finiamo questi ora. Gli rispose.
Due erano
morti e gli altri agonizzanti. Non ebbero pietà nel finirli, erano spie nemiche
e il loro compito era di tenere al sicuro il re e tutto il regno. Chi era
responsabile di tutto questo l’avrebbe pagata molto cara.
Eloise e la sua famiglia? Volle sapere Leonard. Sono al sicuro. Gli rispose mentre
trasportavano i corpi e li gettavano in un anfratto scosceso e nascosto. Saranno cibo per gli animali selvatici, non
meritano altro. Disse l’amico.
Non conosco il tuo nome ma conosco il
tuo valore. Gli
disse Leonard. Nemmeno io ti conosco, non
ci siamo mai incontrati. Gli rispose.
Io devo rientrare. Tu che farai? Chiese Leonard.
Lo scoprirai. Gli rispose già in sella al suo
cavallo mentre spariva.
Leonard
arrivò al castello e raggiunse subito il suo alloggio. Aveva bisogno di darsi
una ripulita. Ce l’hai fatta anche
stavolta. Sbrigati che dobbiamo dare il cambio agli altri. Gli disse Allen mentre
gli porgeva una camicia pulita.
Quel giorno
iniziarono ad arrivare carovane colme di tutto quello che poteva servire, dal
cibo agli arredi, al fieno per i cavalli e molto personale che i vari signori
avevano mandato per preparare e controllare i loro alloggi e anticipare le loro
necessità.
C’era un
movimento incredibile. Era impossibile controllare tutti ma anche i soldati
erano stati avvisati di tenere sotto controllo ogni movimento e di riferire ad
Allen qualsiasi sospetto sorgesse, anche il più piccolo.
Sir Power
era indaffarato. Controllava le stanze destinate agli invitati più illustri che
sarebbero arrivati il giorno precedente al matrimonio. Non sapeva quando
Mariclaire sarebbe arrivata ma i suoi bauli erano già nella sua stanza, la
stessa che sarebbe diventata la loro camera nuziale.
Era lì,
solitario che osserva tutta quella roba cercando di abituarsi all’idea. Non
aveva più rivisto Eloise ma non passava giorno che non fosse nei suoi pensieri.
Come stava? Cosa pensava? E quel maledetto fantasma che continuava a
lamentarsi, a sospirare, era diventato insopportabile e non sapeva come
liberarsene.
Uscì
rabbioso e mandò alcune cameriere a sistemare quel caos, rivoleva la sua stanza
ma sapeva che non sarebbe più stato così.
Furono
giorni convulsi e caotici, ma in quel caos tutto procedeva regolarmente. Le
cucine erano attive giorno e notte.
Mancavano
due giorni al matrimonio quando arrivò il vescovo. Andò a consacrare la piccola
cappella e il cimitero in compagnia solo di sir Power e della sua scorta. Era
un uomo alto e magro, sorrideva raramente e non era abituato a stare con le
mani in mano. Diede disposizione su come posizionare l’altare e le sedie,
lasciando abbastanza spazio fra una parte e l’altra per far passare gli sposi.
Ancora un
giorno, e sir Power era sempre più triste e intrattabile.
Era primo
pomeriggio quando la carrozza reale arrivò al castello. La regina scese seguita
da Mariclaire. Aveva la faccia schifata e osservava ogni cosa come se niente
fosse di suo gradimento. Sorrise solo quando il vescovo le andò incontro.
Sir Power
accolse la sua futura sposa e l’accompagnò nella sua stanza.
Mariclaire
seguì in silenzio il suo futuro sposo. Chiusero la porta alle loro spalle. Le
cameriere avevano dato una parvenza di ordine alla stanza ma c’erano bauli in
ogni angolo.
La donna
raggiunse il letto e vi si sedette. Finalmente si decise a guardare sir Power. Dobbiamo parlare. Gli disse facendogli
segno di avvicinarsi.
L’uomo
rimaneva in attesa di scoprire cosa avesse da dire la sua fidanzata e si
sedette su una poltroncina di fronte a lei.
La donna
sospirò. Nessuno di noi due ha deciso
questo matrimonio ma non possiamo andare contro il volere del re. So che è
innamorato di un’altra, e questo mi rattrista. Disse col volto addolorato. Quello che voglio dirle, sir Power, è che
farò di tutto per essere una buona moglie solo se anche lei sarà un buon
marito. Me lo può promettere? Aggiunse allungando le mani per prendere
quelle dell’uomo che rimase immobile.
Io sono e sarò sempre leale al re, e
se questo comporta la mia fedeltà matrimoniale sono disposto ad obbedire. Le rispose serio.
Impareremo a vivere in questo
meraviglioso castello, daremo una discendenza a questo posto e, sono sicura che
sapremo anche essere felici. Si alzò e gli prese il viso fra le mani, gli sorrise e gli
baciò delicatamente le labbra.
E’ quello che credo anch’io. Si sforzò di rispondere. Ora la lascio a sistemare le sue cose, le
mando le cameriere, io devo provvedere ad altro. E uscì impettito.
Il vescovo
era in compagnia della regina nel salone e parlavano fitto fra di loro. L’uomo
di chiesa si accorse dell’arrivo del padrone del castello e lo invitò ad unirsi
a loro.
Stavo spiegando a sua altezza come si
svolgerà la cerimonia religiosa e come ho destinato i posti a sedere. Alle
undici di domani mattina celebrerò il vostro matrimonio. E’ tutto pronto,
dovremo solo attendere l’arrivo del re per iniziare. Gli comunicò il vescovo.
E’ tutto in ordine. Rispose rivolto alla regina. Il nostro re è stato trattenuto? Volle
sapere.
Di
malavoglia la regina gli rispose. Il re
aveva un impegno improrogabile ma mi ha assicurato che sarà presente all’ora
stabilita.
Sir Power
fece un inchino e se ne andò.
Doveva
controllare le varie stanze, alcune erano già occupate dagli ospiti più
importanti. Si intrattenne con ciascuno di loro per sincerarsi che tutto fosse
in ordine e per informare che ci sarebbe stata una cena informale nel salone.
Andò alle
cucine e vide un gran movimento. Rimase sulla porta solo qualche secondo e si
avviò alle stalle. Anche qui era tutto in ordine, sembrava che tutto girasse
nel verso giusto e che non ci fosse bisogno di lui.
Prese il suo
cavallo e, seguito dalle sue guardie uscì dal castello.
Era facile
capire dove fosse diretto, per l’ultima volta voleva stare sull’ansa del fiume
dove aveva sperimentato il vero amore.
Vi giunse e
lasciò il cavallo. Leonard lo seguiva a distanza, non lo avrebbe disturbato in
quei momenti così dolorosi.
Dove sei, Eloise? Pensò fra sé. Dirti addio è stato ciò che di più doloroso abbia dovuto fare. Resterai
l’unico vero amore della mia vita. Spero che, ovunque andrai tu possa trovare
la felicità, perché nel mio castello è sceso un velo di tristezza che lo
ammanta in ogni angolo. Perfino il fantasma rosa è più triste del solito e,
nonostante tutto spero che non se ne vada mai finchè io vivrò lì, sarà il suo
lamento e il suo sospiro quello che mi ricorderà ciò che ho perso con te.
Addio, amore mio. Non lo avrebbe mai creduto possibile, ma aveva gli occhi
lucidi e il cuore che sanguinava.
Rimase
ancora qualche minuto, ben sapendo che non sarebbe mai più tornato lì.
Accarezzò il piccolo masso dove si era tanto spesso seduto con lei e ritornò al
cavallo.
Rientrò al
castello come un prigioniero che va al patibolo.
Prima di
raggiungere l’entrata della sua dimora raddrizzò le spalle e cancellò tutto
quello che aveva nella mente. Era ora di pensare al futuro, comunque fosse
doveva onorare la sua fedeltà al re, che era stato molto generoso con lui.
Era ora di
scendere a cena e raggiunse il salone che era già parecchio affollato. La regina
era seduta a capotavola e lo guardò storto. Gli fece cenno di sedersi a fianco
di Mariclaire e la cena iniziò.
Fu una cena
fredda sotto tutti i punti di vista. Sir Power accompagnò Mariclaire nella sua
stanza ma lui non si fermò, per quella notte poteva ancora dormire come un uomo
libero e raggiunse l’alloggio delle sue guardie.
Lo fecero
accomodare e gli offrirono un boccale di birra. Gli misero davanti un piatto di
carne e verdura e si sedettero con lui mentre, in silenzio consumava il primo
pasto della giornata.
Domani è il grande giorno. Gli disse Allen, ma sir Power nemmeno
gli rispose.
Avete una branda per me? Chiese.
I suoi
uomini più fidati lo fecero sdraiare e montarono la guardia senza dire una
parola.
Il destino
si stava compiendo.
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